Scaletta standard con fune inox da 3 mm di diame-tro, a confronto con un moschettone a ghiera (foto di Ettore Scagliarini)
ti ad acetilene. Su suo suggerimento, iniziai a far produrre parabole inox da un tornitore a lastra, tutte uguali e con identico fuoco. Ne abbiamo vendute a tanti gruppi speleologici. Pipette in ot-tone porta beccuccio su casco di otot-tone tornito e con innesto saldato per fissaggio senza morsetti del tubo di gomma proveniente dalla lampada.
Innesto, sempre in ottone tornito, sulla lampada per la partenza del tubo di gomma, sempre senza morsetti. Tutti i componenti degli impianti di illu-minazione vennero standardizzati: viti di ottone 3 MA. La lampada a carburo fu fatta modificare fa-cendo inserire al suo interno una parte in acciaio inox quale fondo del serbatoio dell’acqua a con-tatto con il sottostante carburo di calcio.
Fu così eliminato uno dei più gravi problemi di dette lampade: la corrosione del diaframma ac-qua-carburo con conseguente sfondamento ed inutilizzo dello strumento di illuminazione.
Il discensore cavatappi
Ed eccoci giunti all’ultima invenzione. Invece di utilizzare il sistema a carrucole, impiegai la logica
Casco con impianti di illuminazione: parabola inox tornita a lastra, affiancata ad un impianto elettrico di emergenza, stagno (foto di Ettore Scagliarini)
Il discensore “cavatappi” con corda inserita (foto di Ettore Scagliarini)
dell’avvolgimento e svolgimento della corda che, entrando in un anello di apposite dimensioni, si inseriva in una spirale di tondino di acciaio tratta-to nella quale veniva inseritratta-to un moschettratta-tone di aggancio all’imbrago. Né la corda né il moschetto-ne potevano uscire accidentalmente.
Il peso e l’ingombro erano modestissimi, il costo adeguato e il Kr pari o superiore a quello della corda impiegata. Per vario tempo fu il discenso-re più usato da molti speleo d’Italia. Pochi anni fa facemmo delle prove termiche sul riscaldamento dei vari tipi di discensori e risultò essere quello che riscaldava meno il nylon.
La ragione? Il principio di funzionamento non era legato esclusivamente alla superficie di attrito.
Con un certo orgoglio, queste auto produzioni fanno bella mostra di sé nelle esposizioni del Mu-seo di Speleologia L. Fantini del GSB-USB.
1977, il Nano in risalita con la tecnica Nanet’s Pro-gression ed il bloccante Dressler al piede (foto di Velio Boncompagni)
Il Discensore The Nanet Paolo Nanetti
Nel lontano 1969, alla spedizione intergruppi organizzata da Giorgio Pasquini dello Speleo Club Roma per la prima ripetizione dell’abisso di Monte Cucco, vidi per la prima volta impiegare il discensore tipo Petzl per la discesa su corda nei pozzi armati ancora con le scale. Successe anche che questo discensore risultasse poi inutilizzabile con una corda Cassin dal diametro di 11 mm.
Nelle lunghe ore di attesa sul fondo del pozzo Gizmo, di 178 m, girovagando nella vicina galleria trovai nel fango un discensore tipo Petzl autocostruito dai Perugini.
In quel periodo scendevo pozzi profondi anche 100 m in tecnica “doppia” su corda singola, e non era proprio piacevole farsi passare sulla spalla oltre 100 m di corda bagnata che sfiocinava a strappi fra le mani. Appena tornato a Bologna, ripresi in mano il discensore dei Perugini e comin-ciai quindi ad utilizzarlo e provarlo.
Dall’esame del discensore in funzionamento mi resi subito conto che questo si configurava come una leva di primo genere, e che quindi variando la lunghezza del braccio tra il fulcro della carru-cola bassa ed il foro di aggancio del moschettone al delta dell’imbrago, il discensore cambiava l’inclinazione e quindi modificava la velocità di discesa. Facendo una coppia di fori sulle flange del discensore a distanze diverse dalla carrucola inferiore si poteva così disporre di una scelta rapida tra due velocità.
Il discensore che avevo trovato aveva le carru-cole in lega alquanto consumate dall’uso quindi mi venne l’idea di sostituirle in acciaio. Testando-le, ai primi metri di discesa mi resi subito conto però che il discensore era diventato velocissimo, perché la corda sull’acciaio non subiva lo stes-so attrito come con la lega. Fui costretto quindi ad aumentare gradatamente il diametro delle pulegge portandole alla fine a 46 mm, valore ottimale in termini di velocità e controllo del di-scensore.
Allargai anche leggermente la gola delle due carrucole permettendo l’uso del discensore con corde fino a 12 mm di diametro. Mi resi conto che la velocità del discensore dipendeva anche dall’interasse fra le due carrucole e quindi decisi di fare due fori non centrati nella carrucola infe-riore, in questo modo potevo disporre la scelta su quattro interassi reali, due con la carrucola posta in un senso e due con la carrucola ruotata di 180°.
Con quattro posizioni diverse della carrucola bassa a due velocità, avevo trasformato il
discen-sore Petzl in un discendiscen-sore con un totale di otto possibili varianti di velocità. Avendo le carrucole in acciaio inox, esse non si consumavano minimamente mantenendo sempre la loro sezione origina-le, specialmente quella superiore a “V”, che con la carrucola originale in lega si arrotondava invece velocemente, rendendo la frenatura molto più difficile e critica.
Per alleggerirlo ulteriormente, forai ripetutamente le due carrucole in acciaio inox portando il peso totale del nuovo discensore a 419 g rispetto ai 230 g dell’originale. Con il tempo realizzai le due carrucole in titanio, facendone scendere il peso a 363 g.
La discesa su corda con questo discensore era molto più lineare e scorrevole rispetto al discensore Petzl, inoltre l’attrito dipende in maniera minima dalle condizioni della corda, in quanto l’acciaio delle carrucole non viene abraso dalla sabbia presente sulla corda stessa.
Il discensore “The Nanet” (foto di Paolo Nanetti)