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PARTE I. LA STRUTTURA DEL SISTEMA TRIBUTARIO E DELL’IMPOSIZIONE SUI REDDITI IN PARTICOLARE

10. L’evasione fiscale

Molte audizioni si sono soffermate sulla grave questione dell’evasione fiscale, rilevandone la dimensione, la struttura, i possibili mezzi “tecnici” di contrasto adottati e ancora adottabili.

Alcune delle cause sono “insite” nel sistema sin qui delineato, tra cui:

- il fatto che, superati determinati livelli di reddito, viene progressivamente meno, sino a scomparire, sia il sistema assistenziale, sia la gratuità dell’accesso ai servizi pubblici, sia le detrazioni per oneri; ciò che spiega anche il ricorso alle separazioni fittizie tra i coniugi e ad altri mezzi finalizzati a “ripartire” gli indici di potenzialità fiscale tra i vari membri della famiglia;

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- la sempre più marcata non corrispondenza tra chi contribuisce al sistema e chi ne beneficia.

Sotto il profilo tecnico, non si contano ormai più le misure progressivamente adottate negli anni per contrastare l’evasione, tra cui un sistema sanzionatorio che forse non ha eguali al mondo – con l’eccezione di quei Paesi che prevedono la pena capitale per gli evasori, eppure gli evasori ci sono lo stesso! – e che è giunto persino ad assimilare ex lege l’evasore al delinquente abituale tramite la misura della confisca di sproporzione e ad estendere il sistema della responsabilità amministrativa degli enti che, oltre ad essere di impossibile attuazione pratica in realtà medio-piccole, è soggetto ad una giurisprudenza che spesso trae dall’avvenuto avveramento del fatto direttamente la conclusione circa l’inidoneità del modello. Un siffatto sistema sanzionatorio finisce, in realtà, per rendere il nostro sistema fiscale sempre meno appetibile per gli investitori esteri, poiché giudicato troppo rischioso.

Vorrei qui solo osservare che “a monte” di qualsiasi discorso “tecnico” e sanzionatorio si pone, preliminarmente, un problema di ordine generale, che è quello di restituire

“legittimazione” al tributo, inteso quale parte essenziale del contratto sociale.

Argomento, questo, che non ho visto richiamato in nessuna audizione, pur essendo alla base del dovere contributivo.

Il contribuente adempie essenzialmente in quanto intende contribuire alla collettività di cui fa parte, ma lo fa nel presupposto che quel suo “contributo” sarà effettivamente destinato alla collettività medesima e che questa destinazione avverrà nel migliore dei modi possibile.

Se, al contrario, questa percezione – e più in generale la fiducia in chi governa, a tutti i livelli – dovesse venir meno, sopraffatta da corruzione e malaffare di cui le cronache di questo Paese ci informano purtroppo senza sosta, il livello di Tax Morale dei singoli cittadini ne sarà inevitabilmente influenzato in modo negativo (116).

È nelle spesso poco virtuose modalità di spesa e, dunque, di impiego dei tributi acquisiti

(116) Sull’importanza della reciprocity quale motivazione della volontà di pagare le imposte (Tax Morale) dipendente dalla relazione del singolo individuo con lo Stato, si veda E.F.B. LUTTMER - M. SINGHAL, Tax Morale, in Journal of Economic Perspectives, Vol. 28, nr. 4, Fall 2014, pag. 157 ss. Per una recente dimostrazione della correlazione sinanche tra political alignment e tax compliance, si veda lo studio di J.B. CULLEN - N. TURNER - E. WASHINGTON, Political Alingment and Tax Evasion, NYU University, School of Law, Spring 2017, i quali concludono che «where a higher fraction of county residents hold a positive view of government, a lower fraction of taxes is evaded». In particolare, secondo gli A., «alignment predicts a significant 3.5% increase in the self-reporting of less visible income for the average county, a finding that is consistent with alignment causally decreasing evasion».

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(117), che si annida una delle principali giustificazioni dell’evasione fiscale, in quanto viene toccata la stessa “legittimità” dell’imposta richiesta ai contribuenti. Si tratta di tema non nuovo.

Già nei suoi Principii del 1929, Benvenuto Griziotti, trattando della distribuzione delle spese pubbliche, affermava che «vi è un limite all’esercizio della sovranità fiscale dello Stato, affinché l’imposta non sia uguale all’atto arbitrario e violento del bandito, che tiene in suo potere il viandante. La distribuzione delle spese pubbliche, in base al principio di capacità contributiva, deve farsi in misura dei vantaggi generali prodotti ai contribuenti, tanto dallo Stato, quanto dalla società e dall’economia nazionale, che lo Stato stesso rappresenta» (118).

Nell’ottica del Tax Morale la “qualità” della spesa pubblica è pertanto fondamentale e va perseguita sia colpendo gli sprechi – si tratta della c.d. spesa improduttiva – sia attraverso una maggiore efficienza del sistema istituzionale ed amministrativo (con sanzioni molto gravi per la corruzione e la concussione), che deve dimostrare ai consociati di “meritare” quanto chiede loro.

Il cittadino deve avere la chiara percezione di essere un “contribuente” nel senso autentico del termine e non un mero “soggetto passivo” di un prelievo esercitato coercitivamente e sotto minaccia di sanzioni da parte dell’autorità fiscale, per lo più destinato ad essere speso male o addirittura frutto di appropriazione altrui. Il cittadino deve sentirsi un “contribuente” attivo, parte della collettività – cui il gettito è virtuosamente destinato – e deve essere considerato tale anche dalle autorità fiscali, in un rapporto di collaborazione e non di contrapposizione. Quanto maggiore sarà la contrapposizione e la distanza tra l’essere un “contribuente” e l’essere un “mero soggetto passivo”, tanto minore sarà la volontà del soggetto di adempiere spontaneamente il tributo.

Insomma, ben vengano tutti gli strumenti anche più moderni per combattere l’evasione, il cui costo – dichiarazioni telematiche, pagamenti telematici, fatturazione elettronica, compilazione di modelli informativi di ogni genere e tipo – è peraltro stato

(117) Si legge nel discorso di insediamento del Presidente della Corte dei Conti R. Squitieri dell’11 dicembre 2013, che «poiché ormai nella nostra economia il prelievo fiscale ammonta a circa il 45% del prodotto, non si potrà avere un consistente miglioramento nell’allocazione delle risorse, e con esso un rilevante accrescimento della produttività totale e, dunque, una sensibile accelerazione della crescita economica, se non sapremo spendere, meglio di quanto ora facciamo, le ingentissime risorse derivanti dal prelievo fiscale».

(118) Principii, Principii di politica, diritto e scienza delle finanze, Padova, 1929, pag. 50.

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sistematicamente posto a carico, anche economico, del contribuente e dei professionisti (119), sempre più “ausiliari” del Fisco e sempre meno dediti a quello che dovrebbe essere il loro compito naturale di assistere l’impresa nel suo percorso gestionale ed organizzativo.

Ma ogni e qualsiasi adempimento verrà sempre percepito come vessatorio se, come detto, non si ripristinerà un adeguato livello di percezione della legittimazione del tributo.