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Eventi catastrofici naturali lungo la costa Egiziana

Capitolo 5. Alessandria d’Egitto

5.2 Eventi catastrofici naturali lungo la costa Egiziana

La costa dell’Egitto è una zona attiva dal punto di vista tettonico; tale area si estende in direzione est-ovest per circa 500 km, da Alessandria a Salloum ed è posizionata al limite tra la placca Africana e quella Euroasiatica; per questo motivo, negli ultimi 2.000 anni, è stata colpita da numerosi eventi sismici e da tsunami. In particolare, dallo studio delle testimonianze storiche, sembra che almeno sei tsunami (23 a.C.; 365 d.C.; 1303; 1759; 1870; 1908), causati da terremoti generati nell’arco Ellenico, abbiano impattato Alessandria e l’area del delta del Nilo153.

Nel bacino del Mediterraneo, inoltre, il distacco e l’accumulo di clasti di grandi dimensioni lungo le coste sono ritenuti degli indicatori dell’impatto di onde ad elevata energia e sono quindi messi in relazione con eventi catastrofici, quali appunto tsunami e violente tempeste, che normalmente generano onde di notevole altezza; sulla costa Egiziana è stata individuata la presenza di grandi massi presso la zona di Alam-El-Rum154.

Numerose fonti antiche riportano vari eventi sismici avvenuti nel Mediterraneo orientale; di questi, il terremoto del 365 d.C. risulta essere quello maggiormente descritto. Lo storico romano Ammiano Marcellino (325-391), ad esempio, ci informa che lungo le coste Egiziane si verificò un ritiro delle acque marine in seguito ad un violento terremoto e che, successivamente, il mare

153 Morhange et al. 2014, p. 41. 154

inondò la terraferma, causando la morte di decine di migliaia di persone; in particolare, nomina la città di Alessandria quando parla delle imbarcazioni che furono trasportate sui tetti delle abitazioni: “Other big vessels pushed out of the sea by the fury of winds ended on the top of the roofs, which occured in Alexandria…”155; benché sia una narrazione piuttosto realistica non è totalmente affidabile; fonti successive, infatti, sembrano dimostrare che la devastazione connessa a questo tsunami sia stata limitata all’area dell’Eptastadio156.

L’epicentro del terremoto che ha innescato lo tsunami si ritiene sia in prossimità di Creta157 e che abbia colpito varie aree del Mediterraneo orientale, tra cui appunto Creta, Cipro, Libia, Egitto e Palestina158.

Nello studio condotto da Hamouda (2010), in cui vengono riesaminati la posizione, la direzione, l’altezza e il tempo di arrivo dello tsunami del 365 d.C. lungo le coste Egiziane, è stata calcolata una magnitudo superficiale del terremoto pari a 8.5 e un’intensità di 3; inoltre, si stima che le onde dello tsunami abbiano raggiunto le località litoranee in diversi momenti: a Salloum dopo 52 minuti, ad Alessandria dopo 83 minuti e ad El-Arish (Sinai) dopo 115 minuti; le onde si propagano, infatti, più lentamente dove il fondale è relativamente poco profondo (partendo dalla Piana Abissale di Erodoto sono arrivate poi al lieve pendio che caratterizza l’area di fronte al Delta del Nilo). Infine, sono state ricavate anche le altezze delle onde: a quelle massime sono state registrate ad Alessandria (9.5 m) e a Rashid (7.1 m), mentre le minime a Salloum (2 m) (Fig. 15-16).

Lo tsunami del 365 d.C. sembra, tuttavia, non aver lasciato tracce evidenti nei depositi sedimentari del porto di Alessandria; per spiegare questa apparente assenza di segni lasciati da questo evento, Morhange et al. (2014) hanno proposto due ipotesi: la prima riguarda l’errata collocazione geografica dello tsunami, il quale non si sarebbe verificato ad Alessandria d’Egitto ma in Asia Minore, ad Alessandria Troade; tale ipotesi è sostenuta anche da Goiran grazie al

155 Pagnoni et al. 2015, p. 2672. 156

Stiros 2010, pp. 55-56; Secondo Pararas-Carayannia G. (2011) e Pagnoni et al. (2015), danni maggiori, tra cui la distruzione del Faro, sarebbero stati causati dallo tsunami del 1303 d.C.

157 Come dimostrazione dell’origine del terremoto nella zona di subduzione dell’arco Ellenico è

stato indicato il sollevamento di circa 9 m dell’area occidentale di Creta, fenomeno datato dai geologi nello stesso periodo dell’evento sismico.

158

ritrovamento di una facies portuale apparentemente omogenea e continua, senza segni di perturbazioni di elevata energia; la seconda spiegazione attribuisce, invece, la scomparsa delle tracce dello tsunami alla manutenzione del porto effettuata con dragaggi, che possono aver rimosso tali depositi159. Solamente Stanley e Bernasconi sembrano aver trovato probabili testimonianze (associazioni biocenotiche, crolli sedimentari e alcune lacune negli strati) dello tsunami del 365 d.C. nella baia orientale di Alessandria160.

Fig. 15 – Altezza delle onde dello tsunami lungo le coste Egiziane (da Hamouda 2010, 699).

Fig. 16 – Tempo di percorrenza della prima onda dello tsunami del 365 d.C. (da Hamouda 2010, 697).

All’interno dei depositi sedimentari del porto orientale di Alessandria sono stati comunque identificati alcuni strati comprendenti delle importanti lacune, che possono documentare sia episodici eventi di tempesta, di attività sismica e di

159 Morhange et al. 2014, p. 41. 160

tsunami, sia l’impatto delle attività umane, che hanno provocato appunto una deformazione sedimentaria161 (Fig. 17).

Fig. 17 – Testa in granito attribuita a Cesarione (Tolomeo XV), figlio di Giulio Cesare e Cleopatra VII, datata al I secolo a.C. e rinvenuta all’interno dell’antico porto di Alessandria, di fronte all’isola di Antirodi (da http://www.franckgoddio.org/projects/sunken- civilizations/alexandria.html; ultima consultazione 19/02/2017).

Come visto in precedenza, la foce del Nilo costituisce un’area costiera piuttosto instabile, la cui geomorfologia è condizionata principalmente dall’aumento del livello del mare e dall’apporto di sedimenti fluviali; la baia di Abukir, ad esempio, situata nel delta nord-occidentale del Nilo, si è formata in seguito all’abbassamento e alla degradazione della foce Canopica. Strutture come i frangiflutti e le dighe si ritiene possano aver modificato il normale processo di sedimentazione, creando ulteriore difficoltà nella distinzione tra depositi naturali e quelli connessi ad azioni antropiche. Alcuni studiosi hanno attribuito lo sviluppo di diversi strati di fango, databili tra 2.200-1.800 anni BP, alla realizzazione dell’Eptastadio, la strada rialzata che permetteva di connettere Alessandria con l’isola di Faro162. L’analisi al radiocarbonio di alcuni campioni

161 Morhange et al. 2014, p. 41. 162

Olocenici e i dati ottenuti dagli scavi archeologici registrano una notevole incidenza della destabilizzazione sedimentaria e dei movimenti terrestri nell’area portuale di Alessandria a partire dalle prime occupazioni antropiche nel corso del I millennio a.C.

Ad Alessandria sono state, inoltre, effettuate anche delle analisi sugli isotopi del piombo per ricostruire la storia del paleo-inquinamento antropico nella città. Il piombo rappresenta, infatti, un buon indicatore per lo studio delle società umane del passato, in quanto la contaminazione ambientale dovuta a questo metallo è legata ai processi di estrazione e di fusione. Tali ricerche non solo hanno mostrato l’utilità del piombo per individuare antichi centri di attività e lavorazione, ma hanno contribuito alla conoscenza dello sviluppo delle città marittime del passato163.

Infine, recentemente sono stati condotti alcuni studi per comprendere l’impatto economico dello tsunami del 365 d.C. ad Alessandria; nell’area del delta del Nilo, infatti, l’agricoltura era di primaria importanza non solo per il sostentamento della regione egiziana, ma per tutto l’impero. Sarebbe dunque logico supporre che le onde dello tsunami abbiano avuto un effetto devastante sulla produzione agricola; tuttavia, non sembrano non essere presenti tracce di crisi economica conseguenti all’anno di tale evento catastrofico. Secondo Naco Del Hoyo e Nappo (2013) tale assenza può essere spiegata in due modi: l’impatto dello tsunami lungo le coste dell’Egitto fu di intensità limitata, perciò le sue conseguenze economiche risultano poco visibili; oppure, questo evento ha portato degli sconvolgimenti soltanto sull’economia a breve termine, dimostrando che l’impero romano era in grado di assorbire, senza troppe difficoltà, i danni causati da tali disastri naturali.