PUBBLICO E PRIVATO
2.3 EVOLUZIONE DEL CONTRATTO A TERMINE NEL SETTORE PUBBLICO ED IL RUOLO MARGINALE DELLA CONTRATTAZIONE
COLLETTIVA
Per rispondere ai bisogni del mercato del lavoro, nel pubblico impiego, il contratto a termine è stato modificato da diverse riforme.
Questo grande processo di riforma è cominciato con il d.lgs. n.29 del 1993 (attuativo della prima legge delega di privatizzazione, n.421 del 1992) che riprendendo quanto già stato stabilito dal d.p.c.m. n.127/1989, delineava un’apposita normativa per la definizione di rapporti di lavoro nel settore pubblico.
Il Decreto fissava che nelle pubbliche amministrazioni erano possibili: “rapporti di lavoro a tempo determinato, pieno o parziale, per qualifiche,
categorie o profili professionali ascritti a qualifiche funzionali non superiori alla settima, di durata non superiore ad un anno, prorogabile per eccezionali esigenze a due anni.”
Veniva poi precisata l’eccezionalità della tipologia contrattuale in questione nel pubblico impiego dall’art. 2, comma 2, d.lgs. n.29/1993.
L’articolo n.2, comma 2 affermava che: “i rapporti di lavoro dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni sono disciplinati dalle disposizioni delle sezioni I e III, capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato dell’impresa, in quanto compatibili con la specialità del rapporto e con il perseguimento degli interessi generali nei
50 termini definiti dal presente decreto”. Questo determinava una sorta di
specialità del rapporto di lavoro nel pubblico impiego.
L’art.36, comma 4, d.lgs. n. 29/1993, stabilisce il divieto nel settore pubblico di instaurare rapporti di lavoro a tempo determinato di durata maggiore a tre mesi.
Inoltre è stata cancellata la parte che riguarda la “specialità del rapporto” contenuto dall’art. 2, comma 2, creando perplessità sulla natura del rapporto di pubblico impiego e privato, in riferimento all’applicabilità della disciplina privatista vigente. 91
Con l’art.36, comma 7, d.lgs. 29/1993 per le pubbliche amministrazioni diventa possibile attivare delle politiche per il reclutamento del personale attraverso tipologie contrattuali atipiche stabilite dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato.
Infine il d.lgs. 165/2001 che ha sostituito il complesso dei precedenti decreti legislativi, costituendo un vero e proprio testo unico del rapporto di lavoro privatizzato alle dipendenza di pubbliche amministrazioni.
Per quanto riguarda quello che troviamo nell’art.36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001 rimane tutto invariato. Resta fermo il divieto di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato a causa di violazioni di disposizioni che riguardano l’assunzione o l’impiego dei lavoratori.
La norma lascia invariata ogni responsabilità e sanzione. Stabilisce il diritto del lavoratore all’ottenimento del risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di norme imperative costringendo la pubblica amministrazione a riscattare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili se la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
In questo caso la legge permette quindi il risarcimento del danno che può derivare dalle violazione delle norme.
La legge n.80 del 2006 si caratterizza perché mette in evidenza la differenziazione del contratto a termine tra pubblico e privato, introducendo
91 Preteroti A., “Il contratto a termine nel settore pubblico tra le novità legislative, primi
riscontri giurisprudenziali e nuovi orizzonti”, in Lav. Pubb. Amm., 2009, 1089 ss.
Mainardi S., “Piccolo requiem per le flessibilità del lavoro nelle pubbliche amministrazioni” a proposito della L. 9 marzo 2006, n.80, in Lav. Pubb. Amm. 2006, I, 12 ss.
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la possibilità per le amministrazioni di ricorrere a tipologie contrattuali atipiche: “solo nel caso di esigenze temporanee ed eccezionali” determinando quindi l’avvio di una fase diversa rispetto a quanto stabilito dall’art. 1 del d.lgs. n.368/2001.
Vi è poi quanto indicato dal art. 3 comma 79 della legge finanziaria del 2008. Tale articolo stabilisce infatti che: “le pubbliche amministrazioni assumono
esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e da tutte quelle leggi su lavoro subordinato se non per esigenze stagionali o per periodi non superiori a tre mesi, a parte le sostituzioni per maternità relativamente alle autonomie territoriali.”
E’ seguito l’intervento della legge 133/2008, che da una parte sottolinea nuovamente quanto indicato dall’art.36 nella sua forma originaria, dall’altro lato introduce anche delle novità che lo contraddistinguono rispetto al settore privato. Nel pubblico impiego è possibile avvalersi del contratto a termine nel caso dell’esistenza di esigenze temporanee ed eccezionali. La finalità della normativa in questione è quella di disincentivare l’uso di forme contrattuali atipiche attraverso l’obbligo della sussistenza di cause giustificative.
La legge n.102 del 2009 interviene nuovamente sul contratto a termine introducendo nuovi proibizioni e limiti. Come già introdotto dalla legge n.133/2008, vi è l’obbligo di compilare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un rapporto dove devono essere indicate le tipologie di lavoro flessibile utilizzate, che devono essere comunicate ogni anno ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo interno di cui al d.lgs. n.286/1999. Vi è anche il divieto di redistribuzione del risultato al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile.
Si può riscontrare una tara nella lettera della legge relativamente al fatto che la formulazione generica ed astratta della norma non permette di individuare il limite della responsabilità dei dirigenti. Tale confusione mette in evidenza alcune problematiche, per le quali diventa sempre più importante l’applicazione di una disciplina omogenea tra contratto a termine
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nel settore pubblico e nel privato con il fine di evitare lacune o tutele diverse tra un settore e l’altro.
Il D.lgs. n.150/09 ha modificato diversi aspetti della contrattazione collettiva nel pubblico impiego. Ad esempio la valutazione della performance, merito e premi, rinnovo e revoca, trattamento economico collegato al raggiungimento degli obiettivi.
L’accordo del 23/07/1993 aveva definito essere quattro anni la durata (normativa) dei contratti e previsto una sessione intermedia ogni due anni per il rinnovo della parte economica. Successivamente con l’art.63 del d.lgs. 150/2009 è stato esteso anche al pubblico impiego la valenza dei contratti collettivi è stata portata a tre anni sia per la parte economica che per quella normativa.
Per quanto riguarda la parte economica conservano efficacia, anche dopo il termine, le clausole attinenti alla retribuzione e viene prevista l’indennità
di vacanza contrattuale in modo tale da garantire la retribuzione dall’erosione derivante dall’inflazione. 92
Il fatto che manchi un supporto contrattuale adeguato ha creato e poi accentuato il ruolo delle circolari e direttive ministeriali nel chiarire come la normativa sui contratti di lavoro debba venire applicata nell’ambito del pubblico impiego.