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Il sistema penale minorile è il risultato di un processo di maturazione della coscienza civile che sempre più nel tempo ha riconosciuto la necessità di creare una struttura specifica che trattasse della minore età e dei problemi ad essa inerenti.

Già dall‟Illuminismo il sistema repressivo era feroce, crudele ed arbitrario. Il delinquente era qualcuno che offendeva gli usi e i costumi accettati dalla maggioranza, che reagiva per istinto di conservazione e difesa. Così, la prima reazione alle aggressioni personali contrarie alle condizioni di base dell'esistenza fu rappresentata dalla vendetta privata, che era il diritto penale delle popolazioni che si trovano in un range poco strutturato e non possono contare su una forza centrale capace di inibire i loro impulsi selvaggi.

Dalla vendetta privata si è passati alla punizione eseguita dal capo tribù, che usava comunque un' estrema violenza. Era la legge dell‟“occhio per occhio, dente per dente”, l'indennizzo del male con il male stesso, adottata dal Codice di Hammurabi (re della Babilonia nel secolo XIII a.C.) e che appariva anche nell‟Esodo e nel Levitico. Più tardi, sorge l‟idea di indennizzare il male attraverso una transazione pecuniaria, la compositio, che non riusciva, però, ad impedire che il delinquente commettesse nuovi delitti. Appare così la pena corporale, che rappresentava la doppia idea dell‟intimidazione del delinquente e dell‟espiazione della colpa.

Contro le terribili barbarie e crudeltà con cui erano trattati i condannati, viene pubblicata, nell‟anno di 1764, un‟opera di valore inestimabile intitolata Dei Delitti e delle Pene, dell'immortale Cesare Beccaria, che difende la limitazione del potere punitivo del sovrano e condanna l‟arbitrarietà con cui erano inflitte le pene ai condannati.

Sorse allora la Scuola Classica che contribuì all‟affermazione di nuovi ed importanti principi, sulla scorta delle dottrine illuministiche di Beccaria e del suo maggiore teorico italiano, Francesco Carrara. La teoria fondamentale della nuova scuola è la credenza nel libero arbitrio, che come

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conseguenza porta a una concezione della giustizia che attribuisce alla pena una funzione esclusivamente retributiva, stabilita esclusivamente in base alla gravità del reato.

Per la giustizia minorile la Scuola Classica è intervenuta riguardo alla questione dell‟imputabilità del minore e della sua capacità di intendere e di volere. Basate sui principi difesi dalla Scuola Classica, nacquero le prime istituzioni specificamente minorili, a partire dal XVIII secolo. Queste istituzioni avevano il compito di fronteggiare il problema dei minori abbandonati, vagabondi, incontrollati ed incontrollabili da una società in continua trasformazione.45 La caratteristica fondamentale di questi istituti è la preoccupazione di riformare e controllare i minori, separandoli dagli adulti più per ragioni pratiche che ideologiche.

A Firenze, nel 1650, fu fondata da Ippolito Francini la prima “casa di correzione” di giovani, con funzione educativa di scuola e lavoro. Subito dopo, nel 1653, il sacerdote Filippo Franci creò l‟Ospedale di S. Filippo Neri, che accoglieva giovani sotto i 16 anni. Nel 1703, sorse a Roma presso l‟Ospizio di S. Michele in Ripa un istituto come quello fiorentino, per ordine di Papa Clemente XI,46 dove, in forza della normativa contenuta nella Motu Proprio, dovevano essere imprigionati tutti i minori condannati da un qualsiasi tribunale per motivi penali. Fu il primo documento ufficiale che differenziava il trattamento ai minori.

La “Real casa di correzione per donne e minori traviati” fu fondata a Palermo nel 1786. Anche la Sicilia può vantare una legislazione minorile assai avanzata, quando nel remoto 1231 Federico II compara l‟infante omicida al pazzo, vietando per lui l‟applicazione della pena di morte; nel 1653 fu previsto un trattamento differenziato per i minori di 10 anni (considerati non imputabili), ed i minori di 15 anni. Inoltre, si stabiliva un trattamento diverso per i minori tra i 15 e 18 anni. Nel 1759 fu la volta di Milano di avere la sua “Casa di Correzione” e anche di Napoli con la sua prigione speciale per giovani. Pochi anni dopo, sorse a Torino il riformatorio “La Generala”, conosciuto per gli inflessibili metodi adottati nel riguardi della minore età.

Il trasferimento dei giovani corrigendi dall‟istituto di S. Michele alle carceri di Via Giulia, determinato dal Papa Leone XII nel 1827, rappresentò un notevole indurimento della vita carceraria dei giovani, che di notte erano isolati e di giorno, durante le ore lavorative, vigeva l‟assoluto silenzio, come nel modello di Auburn.

Nell'Ottocento si sviluppa un nuovo modo di vedere il delinquente, basato sul metodo sperimentale attraverso dati oggettivi e misurabili. Così, col metodo induttivo e l‟indagine sperimentale, ha dato origine la Scuola Positiva di cui i principali esponenti sono Cesare Lombroso, Enrico Ferri e Rafaelle Garofalo.

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G. De Leo, La giustizia dei minori, Einaudi, Torino, 1981, p. 4. 46C. Rugi, La decarcerazione minorile, in altrodiritto.unif.it.

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Lombroso ha iniziato l‟antropologia criminale e l‟indirizzo individualistico nello studio della criminalità che condiziona sia lo sviluppo del diritto penale, sia gli studi circa il trattamento dei delinquenti. Ferri e Garofalo sostenevano, invece, che il libero arbitrio dalla Scuola Classica è un‟idea fittizia e, essendo il criminale affetto da patologia, la pena gli è applicata come misura di prevenzione o cura.

In relazione ai minori, la Scuola Positiva ha creato un‟accesa discussione sulle problematiche criminologiche riferite all‟universo minorile. Il fatto che <<a comportamenti „diversi‟ dovesse far sempre riscontro una diversità come patologia dei rispettivi autori sembrò particolarmente evidente riguardo ai minori „delinquenti‟ per i quali la diversità, la non normalità, la condizione di non responsabilità erano fra l‟altro considerate ovvi attributi dell‟età.>>47

Così proprio l'età dei minori è stata la condizione fondamentale per farli diventare oggetti della scienza positiva.

Alla fine del secolo la creazione di organi giudiziari minorili era, ormai, una richiesta improrogabile. In Italia, però, il Tribunale Minorile fu creato nel 1934 con il R. D. 1404, anche se nel Codice Penale del 1859 esistevano disposizioni concernenti la minore età.48 Infatti, esso stabiliva che la responsabilità piena si dava solo ai maggiori di 21 anni. I minori di 14 anni dovevano essere accolti in apposite Case di custodia o in stabilimenti pubblici di lavoro, dove andavano anche giovani vagabondi, mendicanti, oziosi, minori di 16 anni .I minori tra 14 e 21 anni godevano di una riduzione di pena che era, comunque, scontata nei carceri comuni.

La Legge di Pubblica Sicurezza si occupò dei giovani vagabondi, oziosi e mendicanti negli articoli 113 al 116.49

Anche il Codice Civile del Regno d‟Italia aveva disposizioni sui minori, quando stabiliva nell‟articolo 222 che <<il padre che non riesca a frenare i traviamenti del figlio, può allontanarlo dalla famiglia, assegnandogli secondo i propri mezzi gli alimenti strettamente necessari; e ricorrendo, ove sia d‟uopo, al presidente del tribunale, collocarlo in quella casa, o in quello istituto di educazione o di correzione, che reputi più conveniente a correggerlo e migliorarlo. L‟autorizzazione può essere chiesta anche verbalmente, ed il presidente provvederà senza formalità di atti e senza esprimere i motivi del suo decreto.>>50

Fino all'entrata in vigore del codice Zanardelli del 1889 vi era stato un tentativo di unificare, sistematizzare e rendere organica la legislazione minorile. Il codice riferito stabilì che l‟età minima per l‟imputabilità erano i nove anni (art. 53), fra i nove e i quattordici anni il ragazzo era imputabile,

47G. De Leo (a cura di), L‟interazione deviante. Per un orientamento psicologico al problema norma-devianza e

criminologia, Giuffrè, Milano, 1981, p. 4.

48Codice penale per gli Stati di S. M. il Re di Sardegna colle modificazioni portate de sei R:D. per adattarlo al Regno

d‟Italia e coll‟aggiunta della Legge e Regolamento sulla pubblica sicurezza, Stamperia Reale, Paravia, Torino, 1871.

49Legge sulla Pubblica Sicurezza del 30 giugno 1889, Regi Decreti 8 novembre 1889, 19 novembre 1889, 12 gennaio

1890, Pietrocola, Napoli, 1908.

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ma solo se il giudice ne avesse accertato il “discernimento”(art. 54); dai quattordici ai diciotto anni era ugualmente imputabile, nel senso che si partiva dalla presunzione di imputabilità (art. 55).51Anche se il minore era considerato imputabile veniva applicata una pena ridotta avendo comunque meno di ventuno anni. E' importante ricordare che, comunque, non esisteva ancora il giudice minorile specializzato,e i minori erano valutati dallo stesso giudice degli adulti.

Dalle disposizioni del Codice Zanardelli e della Legge di Pubblica Sicurezza, furono tracciate quattro categorie di minori corrigendi: gli autori personali di delitti (trattati dal Codice Penale), i corrotti e diffamati e gli oziosi, vagabondi o mendicanti (trattati dalla Legge di Pubblica sicurezza), e per ultimo quelli trattati dal Codice Civile, cioè minori allontanati dalla casa paterna o ribelli all‟autorità paterna.

I minori trattati dal Codice Penale erano destinati alle Case di correzione. A quelli sotto i nove anni che avevano commesso un delitto punibile con reclusione o detenzione inferiore ad un anno e a quelli tra nove e quattordici anni che commettevano reato senza discernimento, era applicato l‟Istituto di educazione e correzione. Invece, quelli considerati oziosi, mendicanti o vagabondi o dediti al meretricio, erano inviati all‟Istituto di educazione correzionale. Per finire, i minori ribelli all‟autorità paterna erano destinati agli Istituti di correzione paterna.

In questo modo viene a formalizzarsi la separazione istituzionale fra condannati e corrigendi ; gli istituti riservati ai minori corrigendi furono, per lo più, riformatori privati. Fin dall‟Unità d‟Italia, infatti, la direzione delle carceri si avvalse di due tipi di istituzioni per il ricovero e la correzione dei minori: quelle governative e quelle private con le quali venivano stipulate convenzioni per la parte amministrativa.52

Con il “Regolamento per i riformatori governativi”, nel 1904, fu affrontato per la prima volta il problema della delinquenza giovanile, non più solamente riguardo al contenimento e alla repressione, ma nel senso dell‟educazione e della riabilitazione. Nel 1906 fu fondato il primo “Patronato italiano per minorenni condannati condizionalmente”, grazie alle associazioni di volontariato, ai cui membri venivano affidati i giovani condannati.53

Nel 1908 una circolare emanata dal Ministro Orlando, Guardasigilli, ha difeso l‟individualizzazione del trattamento nei riguardi del pubblico minorile, fornendo anche le premesse affermative del principio della specializzazione del giudice, della non pubblicità del processo quando sia presente un imputato minore d‟età e anche la necessità d‟indagine sulla personalità del minore delinquente. Nell‟anno successivo, 1909, il Decreto del 7 novembre, nominò il senatore Quarta a presiedere una commissione che aveva il compito di provvedere ad una “Magistratura dei Minorenni” che doveva

51Codice Penale del Regno d‟Italia, Barbera, Firenze, 1890. 52

C. Rugi, La decarcerazione minorile, studio cit.

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vigilare sulla tutela, correzione, istruzione e assistenza dei minori; il progetto però non arrivò mai in parlamento per la discussione.

Enrico Ferri, nel 1921 presiedette una nuova commissione che elaborò un progetto di riforma che vedeva nella delinquenza un insieme di cause sociali, familiari, psicologiche, ma anche ereditarie ed evolutive, con una visione “plurifattoriale” nell‟interpretazione della devianza. Il successivo progetto Orlandini del 1922 semplificò l‟essenza del progetto Quarta, ma nessuno dei due progetti fu mai trasformato in legge.

Nel 1930, il Codice Rocco elevò il limite d'età per la presunzione di non imputabilità assoluta, dai nove ai quattordici anni. Invece, dai quattordici ai diciotto anni il minore fu considerato imputabile solo se in possesso della “capacità di intendere e di volere”, che doveva essere valutata singolarmente. La pena, comunque, in caso di condanna doveva essere ridotta. Per valutare l‟imputabilità, la medicina legale e la giurisprudenza hanno introdotto il termine “immaturità”, mai comparso prima in nessun testo legislativo e il termine “discernimento” fu sostituito con quello della “capacità di intendere e di volere” che, dopo i diciotto anni, veniva presunta senza previsione di riduzione di pena.

I minori non imputabili considerati pericolosi per la società, indipendente dell‟età, possono essere sottoposti alle misure di sicurezza del riformatorio giudiziario, nella forma del collocamento in comunità o della libertà vigilata.

Il Codice Rocco ha stabilito che i minori di anni diciotto che dovevano scontare una pena fossero separati dagli adulti e che durante le ore non destinate al lavoro dovessero avere un‟istruzione diretta soprattutto in senso morale. La libertà condizionata prevista nel nuovo codice rappresentò la prima misura alternativa alla detenzione. E' importante ricordare anche l‟istituzione del perdono giudiziale, per le sue caratteristiche depenalizzanti.

Nel 1934, con il R.D.L. del 20 luglio n. 1404, fu istituito il Tribunale per i Minorenni, organo autonomo rispetto agli altri Tribunali penali e civili, dato il suo organico diverso e la sua competenza territoriale differenziata e più ampia rispetto a quella del Tribunale ordinario. Fin dalla sua istituzione il Tribunale per i Minorenni, con tre settori di competenza: penale, civile e amministrativa, si occupò sia della devianza penale dei giovani (competenza penale), sia del disadattamento (competenza amministrativa). La competenza civile del Tribunale riguardò soprattutto il settore dei provvedimenti delimitanti la patria potestà. Per la prima volta, vennero garantiti ai minori il diritto ad un giudice specializzato ed a forme particolari di procedimento. Il regime fascista, negli anni prima della guerra, adottò una politica di parificazione e classificazione ordinate dei minori. Non era accettato il fatto che il giovane deviante infrangesse volontariamente la legge, consapevole di quello che stava facendo. Il recupero del minore in

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quest‟epoca fu guidato verso la sua separazione dagli ambienti o dalle persone che lo “contagiavano”, per allontanarlo da ogni cattiva influenza, finendo per non riuscire mai a recuperarlo e a etichettarlo ancora di più come delinquente.

Dopo la seconda guerra mondiale e durante tutti gli anni cinquanta non si ebbe nessun‟altra politica veramente utile nei riguardi dei giovani. Nonostante tutto, il passaggio da un regime autoritario come quello fascista a uno stato democratico ha cambiato l‟atteggiamento rispetto al pubblico minorile, e ha portato a considerare l'applicazione della pena in funzione rieducativa e risocializzante del minore deviante. Fu introdotta così la figura dell‟assistente sociale, con il compito di controllo e di sostegno del minore e con la facoltà di realizzare contatti con la famiglia. Il culmine dell‟importanza dell‟assistenza sociale ai minori si ebbe con la legge n. 885/56 che introdusse tra le misure rieducative l‟affidamento ai servizi sociali.54

Il settore più utilizzato di controllo del minore era quello amministrativo, in cui le misure più largamente applicate erano l‟affidamento del minore al servizio sociale e il collocamento in una Casa di rieducazione o in un Istituto psico-medico-pedagogico, avvalendosi, per la prima volta, dei servizi specializzati di medici, psicologi e psichiatri.

Nonostante la visione positiva nel senso dell'individualizzazione del trattamento dei minori e l‟intendimento della funzione riabilitativa e rieducativa del deviante, il trattamento “scientifico” della devianza minorile entrò in crisi. Si osservò che il sistema rieducativo, in realtà, copriva esigenze di carattere assistenziale, non essendo efficace nella prevenzione della devianza minorile e incapace di rieducare i giovani devianti.

L‟istituzionalizzazione stessa entrò in crisi quando, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, la criminologia iniziò a discutere sulle problematiche devianti, passando ad esaminare le radici e le forme della definizione sociale della criminalità. Le teorie interazionistiche consideravano che la „formazione‟ della devianza si dovesse alla visione che la società aveva nei confronti dell‟individuo che era stigmatizzato ed etichettato come delinquente, progredendo da una devianza occasionale a una sistematica.55 Chapman credeva che “la prigione crea il criminale”, producendo l‟adattamento dei detenuti “alla vita di una società chiusa” e quindi, provocando nevrosi istituzionale, desocializzazione e deterioramento della personalità.56

La riforma penitenziaria del 1975 (legge n. 354 del 26 luglio) non ha mostrato molta attenzione per la situazione minorile. In generale, questa normativa ha contribuito a rendere ancora più discussa la

54L‟effettivo riconoscimento degli uffici di servizio sociale è avvenuto con la legge n. 1085 del 16 luglio 1962, che ha determinato l‟ordinamento e le funzioni del personale sia direttivo che operativo.

55Cfr. Lemert E. M., Devianza, problemi sociali e forme di controllo, Giuffrè, Milano, 1981; Becker H. S., Outsiders:

Saggi di sociologia della devianza, Grupo Abele, Torino, 1991; Chapman D., Lo stereotipo del criminale, Einaudi,

Torino, 1971.

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realtà penitenziaria minorile, facendo emergere l‟idea della de-carcerizzazione come migliore metodo per realizzare la pretesa sanzionatoria statale.

Invece, un'importante modifica è stata realizzata dal D.P.R. n. 616 del 1977 quando, nell'art. 23., “c”, ha trasferito dagli uffici del Servizio Sociale del Ministero di Grazia e Giustizia agli Enti Locali le attività concernenti agli interventi in favore del minore, subordinati alle cure dell‟Autorità Giudiziaria minorile nell‟ambito delle competenze amministrativa e civile toccando, da allora, agli Enti Locali la responsabilità di prendersi cura della devianza minorile.

Il processo di consolidamento dei diritti dei fanciulli ha seguito lo sviluppo dei diritti dell‟uomo e si è snodato, non a caso, insieme con l‟evolversi dei diritti della donna e dei soggetti marginali. In ambito internazionale, i primi passi nella direzione del riconoscimento del minore come soggetto di diritti è rappresentato dalla “Conferenza di diritto privato” realizzata all‟Aja, nel 1902, che portò all‟approvazione di una Convenzione sulla tutela del minore. Nel 1913, a Bruxelles, si tenne la “Conferenza internazionale per la protezione dell‟infanzia” che ha contribuito nel favorire la collaborazione internazionale sul tema dei minori. Il diritto minorile in ambito mondiale è stato promosso dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, detta OIL, che ha il merito di avere stabilito l‟età minima per il lavoro dei bambini nelle industrie ai 14 anni e impedito il lavoro notturno ai minori di 18 anni.

La “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”, detta Dichiarazione di Ginevra, approvata della società delle Nazioni il 24 settembre 1924, ha rappresentato un grandissimo passo avanti in tema minorile, considerando il minore come soggetto di diritto e cittadino. Ugualmente importante per avere riconosciuto i diritti umani come oggetto di tutela mondiale e per avere affermato la dignità della persona umana, è stata la “Dichiarazione universale dei diritti dell‟uomo”, enunciata nel 1948. La “Dichiarazione dei diritti del fanciullo” del 1959 ha delineato un vero diritto per i minori, affermando che <<il fanciullo, a causa della sua immaturità fisica ed intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali, compresa un‟adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita.>>

Nello specifico dell‟amministrazione della giustizia minorile e della devianza giovanile, si collocano, nel novembre del 1985, le “Regole minime per l‟amministrazione della giustizia minorile”, dette Regole di Pechino, approvate al VI „Congresso delle Nazioni Unite‟.Questo documento rappresenta il principio ispiratore dei più recenti codici minorili, incluso quello italiano, che ha accolto le sue indicazioni e nel nuovo Codice di Procedura Minorile (D.P. R. n.488 del 1988), ha recepito anche le determinazioni della Raccomandazione n. 87/20 redatta dal Consiglio d‟Europa, relative alle risposte sociali alla delinquenza minorile (Strasburgo, 17 settembre 1987).

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Documento vincolante per gli stati che l‟hanno ratificata è la „Convenzione ONU sui diritti del bambino‟ del 20 novembre 1989, che tratta della tutela e promozione del minore.

Il VII Congresso ONU del 27 agosto 1990 ha prodotto uno dei più innovativi interventi in tema di prevenzione della delinquenza minorile e di protezione del minore, con le “Direttive delle Nazioni Unite per la prevenzione della delinquenza minorile”, dette „Direttive di Ryad‟ e anche col “Regolamento delle Nazioni Unite per la protezione dei minori privati della loro libertà”, contribuendo ad intensificare, a livello internazionale, i processi di riconoscimento dei minori come persone in età evolutiva, meritevole di un processo che assicuri i loro interessi con la principale finalità di garantire il completo sviluppo della loro personalità.

Per quanto riguarda l‟Italia, il Decreto del Presidente della Repubblica di 22 di settembre 1988, n. 488, intitolato “Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”, ha introdotto per la prima volta nello Stato una legislazione penale specifica alla situazione minorile. Ugualmente, per la prima volta appaiono nel panorama legislativo penale le espressioni “interesse del minore”, “esigenze educative” e “tutela del minore” come punti da osservare da parte del giudice che debba prendere decisioni in un processo penale con imputato minorenne.

Riferito decreto ha forte influenza dei dibattiti e delle analisi internazionali sviluppatisi negli ultimi decenni sul modo di trattamento e di cura dei minori che infrangono la legge. Infatti accogli le raccomandazioni generali dettate dalle Regole Minime delle Nazioni Unite emanate nel 1985 in