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Dal momento che si incontrano riferimenti storici relativi a un'epoca ben precisa, questo romanzo offre l'opportunità per una riflessione di carattere storico-sociale relativa al percorso che ha condotto le donne al raggiungimento di nuove coscienze e condizioni, che hanno portato a loro volta a rinnovate e mutate identità femminili: quest'evoluzione segue un succedersi progressivo di tappe, che vede di volta in volta il prevalere di determinati caratteri piuttosto stereotipati delle giovani generazioni, e prende avvio con l'emergere delle “piccole donne” nel dopoguerra, prosegue con le rivoluzionarie degli anni Settanta, per giungere alle cosiddette “bambole” dei giorni nostri.

Tale processo di cambiamento della condizione femminile ha subito una notevole accelerazione proprio a iniziare dal secolo scorso e la “questione delle donne” è divenuta rilevante soprattutto in Occidente, dove a partire dal 1945 si sono superati numerosi pregiudizi nei confronti di donne e bambine all'interno di diversi ambiti – Costituzione, lavoro, famiglia, società, istruzione – e si è giunti, seppure faticosamente, a una prospettiva di accettazione del principio di uguaglianza fra i sessi. A partire dagli anni Settanta, poi, con la nascita e la diffusione del femminismo, oltre a proseguire con fatti concreti la battaglia per il diritto alle pari opportunità in campo politico e sociale, sorge un nuovo orientamento culturale, che prevede un'effettiva uguaglianza tra uomo e donna anche nella sfera privata, ossia nelle relazioni interpersonali, nell'organizzazione della vita e perciò anche nel rapporto con i figli, senza trascurare il riconoscimento da parte della società dell'alto valore attribuito alla maternità tramite l'istituzione di servizi che la supportino (scuole per l'infanzia statali e comunali, asili nido per le madri lavoratrici).

Per quanto riguarda la situazione dell'Italia nello specifico, si sottolinea come sia stata interessata negli ultimi sessant'anni da significativi cambiamenti di tipo economico e sociale, che naturalmente hanno avuto ripercussioni anche sulla mentalità e sulla cultura, sull'educazione, sui costumi e sul tempo libero delle bambine. Si possono distinguere allora tre categorie di bambine: le bambine “perbene”, nate dopo la guerra, che hanno ricevuto un'educazione tradizionale, basata sui rigidi principi della religione cattolica, il cui abbigliamento è ancora quello consueto di “piccole donne” ma che rispetto alle madri vedono prospettarsi davanti a loro un futuro di autonomia ed emancipazione, caratterizzato

dalla forte domanda di istruzione e lavoro, sebbene il sogno che tutte vorrebbero vedere realizzato sia quello di creare una famiglia e svolgere la professione di casalinga – un eventuale lavoro da single viene, infatti, abbandonato nel momento del matrimonio. A rendersi protagoniste di un secondo tempo storico sono le bambine “libere e liberate”, ovvero le figlie di donne adulte, ragazze e giovanissime che partecipano attivamente al neo-femminismo degli anni Settanta, le quali fondano il loro essere donne su una nuova identità femminile che mira a rivendicare la separazione dei generi e a basare il proprio pensiero sul valore della differenza; rifiutando il perbenismo, in conformità al quale sono state educate dalla loro famiglia, praticano invece la liberazione sessuale e una libera scelta del partner, e si battono contro la mercificazione del corpo femminile e anche delle bambine; persino il rapporto con il proprio corpo e l'abbigliamento che prediligono sono rappresentativi delle loro idee e conformi alle loro scelte politiche, e così le loro figlie spesso crescono divise tra il vecchio e il nuovo modo di essere donne, talvolta anche in una precarietà psicologica dovuta a cambiamenti troppo frequenti, alla continua ricerca da parte delle madri di una nuovo senso di sé e della propria identità che – all'estremo opposto e, pertanto, allo stesso modo esagerato rispetto alla tipologia di educazione che era stata loro impartita – non permettono loro di godere di alcun punto fermo e stabile, alcun saldo principio necessario alla loro maturazione, condannandole quindi a una crescita caratterizzata dall'incertezza e dall'insicurezza. Infine hanno dominato la scena le bambine “ri-condizionate”, nate negli anni Ottanta e Novanta, cresciute in conformità a una più stabile identità femminile, dal momento che le madri hanno trasmesso loro la consapevolezza di aver raggiunto un posto sicuro nella società e nella famiglia, essendo riuscite – seppure con immenso sacrificio – a conciliare famiglia e lavoro: le figlie di queste madri appaiono affidabili e autonome, lontane da pregiudizi e discriminazioni per il loro essere donne, si vestono seguendo le mode, non risentono di rigorosi controlli, pesanti divieti o tabù.

3.5.3. Analogie

La figura di una madre poco attenta alla propria figlia – così come si mostra Venus – compare anche in un altro romanzo di Paola Zannoner, Dance!, in cui risulta quasi del tutto assente: la ragazzina protagonista, Robin, vive con il padre, il quale ha chiuso ogni contato diretto con la madre, Shane, da quando quest'ultima ha deciso di inseguire la sua passione,

anche a costo di rinunciare alla famiglia, compresa quindi la figlia, e di dedicarsi completamente a una sorta di missione umanitaria, che la vede impegnata nei paesi straziati dalla guerra, in mezzo ai profughi dei campi di raccolta. Sebbene si tratti di due personaggi dal carattere e dagli interessi totalmente differenti, Shane e Venus appaiono entrambe piuttosto egoiste, accomunate dall'incapacità di abbandonare i propri sogni, con la differenza che la prima si rivela assente anche fisicamente nei confronti della figlia, mentre la seconda le sta accanto e le due vivono sotto lo stesso tetto, ma ciò nonostante non sembra occuparsene molto, né garantendole l'educazione di cui un'adolescente necessita, né prendendosene cura dal punto di vista affettivo.

Robin non si sente amata dalla madre, è consapevole di essere stata spesso un peso per lei, soprattutto quand'era più piccola e, dunque, non ancora autonoma e indipendente, doveva essere affidata a chi offriva di volta in volta la propria disponibilità ad accudirla, in ogni occasione in cui la donna veniva interpellata per qualche impegno umanitario. Le due si rivedono raramente e mantengono perlopiù un rapporto di tipo epistolare, ma Shane non sembra interessarsi molto della vita della figlia nemmeno attraverso le lettere, dove emerge la sua necessità di parlarle in maniera dettagliata delle proprie missioni, piuttosto che rivolgersi a lei secondo un vero – seppur distante – rapporto tra madre e figlia; questo atteggiamento provoca dolore e delusione in Robin, che si sente così abbandonata e tradita:

Fino a poco tempo fa, Robin scriveva regolarmente lunghi messaggi a sua madre, raccogliendo con cura pezzetti sfavillanti di un'esistenza così opaca nella sua normalità. Si sforzava di raccontare come fatti eccitanti l'arrivo di una nuova insegnante o l'ultima lite tra due compagni, inviava la e-mail come uno che manda un messaggio in bottiglia, sperando che mamma capisse quanto le mancava.

Ma da qualche tempo, all'incirca da dopo il compleanno, ha la sensazione di aver subito un imbroglio. Si sente tradita nella sua ingenua speranza di essere compresa. Le lunghissime lettere di sua madre non sono né più né meno che reportage giornalistici, come se Robin fosse un indistinto pubblico di lettori assetati di notizie sulle conseguenze della guerra patita dai poveri e sulla tragedia dei profughi.

Quando vede apparire il nome di sua madre sulla casella della posta, non prova più l'euforia di un tempo, ma un senso di fastidio, un grumo di rabbia per quella donna che le manda dal cielo una sorta di dogma, con tutte le sue considerazioni sull'ingiustizia e sulla violenza dei potenti sui deboli. Come se volesse, da tanto lontano, catechizzare lei, Robin, una perfetta sconosciuta.120

Come già si evidenziava in Tutto sta cambiando, anche qui viene proposto un confronto con una famiglia opposta a quella della protagonista, in tal caso quella dell'amico di Robin, dove la figura della madre è sempre presente e molto attenta e dedita nei

confronti del proprio figlio: in questo modo le differenze, le anomalie, le mancanze con cui si trova a fare i conti la ragazzina come conseguenza dell'assenza della madre, sono aspetti messi in evidenza dalla situazione più felice che lei stessa può osservare nel nucleo familiare del suo amico.

È interessante notare come l'autrice prenda posizione a favore di una concezione di maternità nella sua prospettiva più tradizionale e forse ormai sorpassata, che riteneva opportuno e doveroso che la donna si occupasse solo della prole, trascurando altri sogni, progetti, inclinazioni e aspirazioni professionali; attraverso i personaggi delle sue vicende emerge una critica nei confronti della figura della madre che non ricopre il proprio ruolo di dedizione esclusiva verso i figli: anziché provare a comprendere le ragioni della donna in carriera e sostenerla affinché i suoi obiettivi siano più facilmente raggiungibili, si condanna e si colpevolizza una figura della modernità che con ogni diritto è in ascesa e in affermazione nella società contemporanea, e non si riconosce il suo tentativo – per quanto non sempre riuscito – di conciliare la famiglia con le aspirazioni personali e il successo professionale.