Attraverso il percorso di analisi qui proposto, si può concludere come in queste opere la figura della madre sia nella maggior parte dei casi “salvata” agli occhi del lettore: procedendo a illustrare brevemente gli elementi a sostegno tale tesi, si può osservare che questa tipologia di personaggio, con il ruolo che riveste, presenta quasi sempre alcune caratteristiche positive, talvolta essendo delineata in questo modo sin dal principio, oppure in altri casi guadagnandosi la benevolenza della figlia – e, insieme a lei, del giovane lettore – grazie all'acquisizione, nel corso della vicenda e dello svolgersi della trama narrativa, della capacità di trovare la via per riscattarsi, per farsi perdonare, risolvendo così una situazione di tensione e conflitto, generata dai più disparati motivi, dimostrando di essere disposta e favorevole alla riconciliazione, che naturalmente appare di volta in volta differente, a seconda delle premesse, delle circostanze e dei caratteri dei personaggi che animano il romanzo.
Bianca Pitzorno in Principessa Laurentina ritrae una figura di madre senza dubbio molto lontana dalla perfezione, talvolta distratta, corresponsabile del fallimento del proprio matrimonio e assorbita dall'impegno che le richiede la bambina minore, concepita con il suo secondo marito e nata da poco, ma in realtà si deduce che ami anche la figlia più grande; quest'ultima, dal canto suo, seppure nella complessità della situazione, non sembra disposta a compiere alcun passo concreto per andarle incontro e per riallacciare i rapporti, cercando di mostrarsi più comprensiva, paziente e disponibile, tant'è che dopo la tragedia che le sottrae per sempre la madre cerca una via per mettere a tacere i rimorsi che porta nella coscienza e che, indirettamente, simboleggiano il proprio pentimento, i sensi di colpa e la tacita ammissione dei propri errori nei confronti della madre, con la quale non è mai riuscita a chiarire le cause delle tensioni per rappacificarsi in maniera definitiva: ne emerge, dunque, attraverso il punto di vista della figlia, che prima la disprezza e ne mette in luce solo i difetti e poi entra nella fase del pentimento e dell'ammissione delle proprie colpe, una figura non perfetta, ma di certo nemmeno totalmente condannabile.
Beatrice Masini, invece, rappresenta una madre premurosa, attenta, amorevole, completamente dedita alle figlie, in particolare alla più piccola, della quale nel romanzo ci restituisce il punto di vista: figura ideale e quasi perfetta in vita, ricostruita attraverso i
ricordi e le immagini che conserva nella mente, ai suoi occhi appare ancora in grado di sostenerla con il proprio aiuto, difenderla e aiutarla con la sua saggezza e i suoi insegnamenti anche dall'aldilà. Da una donna così la figlia ha tutto da apprendere, è per lei modello ed esempio da seguire, ed è probabilmente solo grazie all'amore materno incondizionato che ha saputo donarle durante suoi primi anni di vita, che alla fine la bambina orfana può giungere all'accettazione del dolore e della perdita; dell'operato e dell'educazione impartitale dalla madre, attenta a rilevare i suoi ideali morali ed etici ineccepibili, la figlia tace – o proprio non registra – colpe, fallimenti ed errori, cosicché al lettore giunge il ritratto di una figura pura e ideale che, non essendo l'esito di un percorso di formazione e cambiamento, più che salvata va conservata e riproposta nella sua interezza come modello di un amore incondizionato e, se ricondotto alla relazione con la figlia, viscerale e reciproco.
Il personaggio della madre in Aldabra è delineato secondo un profilo decisamente negativo, dal momento che è accusata di aver tenuto un comportamento scorretto e crudele, di essere responsabile di un tradimento nei confronti della madre anziana, ovvero la nonna della protagonista. Nel corso della narrazione, la figlia ne sottolinea errori e difetti, spesso non comprende l'atteggiamento e le scelte della madre e, nello stesso tempo si sente incompresa; le manifestazioni di affetto nei suoi confronti non sono del tutto assenti, ma non bastano per farla una buona madre. Nemmeno i suoi sforzi e il tentativo di riconciliazione che ad un certo punto mette in atto non la riscattano in modo definitivo: sarà però il riavvicinamento finale all'anziana madre e, di conseguenza e in contemporanea, alla figlia, che renderanno possibile la sua “salvazione”; in questo romanzo si ha la sensazione che sia in parte compito del lettore giustificare la figura della madre e difenderla nel ruolo che sta ricoprendo, dato che, se da un lato le sue scelte appaiono quasi sempre errate agli occhi della figlia e se il suo carattere la rende intollerante di fronte alle stranezze e a chi non possiede il suo stesso canone di normalità, dall'altro è pur vero che la situazione che si trova ad affrontare è assai problematica e richiede che la donna si assuma responsabilità piuttosto gravose. La riconciliazione generazionale, che viene messa in scena nel lieto fine, comunque, rappresenta il riscatto morale della figura della madre all'interno della vicenda, senza lasciare alcun dubbio in merito alla sua condotta nel lettore, che anzi è portato a guardare con affetto questo personaggio, apprezzando i suoi sforzi e la coraggiosa scelta finale, quasi dimenticando le sue scelte nel passato, ora compensate dalla
dimostrazione di un forte amore verso la figlia e dalla volontà di comprensione nei confronti della madre, sentimenti che, grazie alla forza e alla sincerità che vengono loro attribuite, si rivelano in potere di annullare gli errori compiuti in precedenza.
Anche Giusi Quarenghi in Ragazze per sempre propone la figura di una madre che si trova a vivere una situazione alquanto problematica, che rende difficile e conflittuale il rapporto con la figlia e che presenta ricadute soprattutto sul suo precario equilibrio psicologico, già messo a dura prova dalla sua adolescenza e dal suo passato e ora reso ancora più debole da una serie di circostanze, tra le quali per esempio i ripetuti tradimenti del marito. Sebbene non vi sia mai un vero e proprio riavvicinamento tra le due neppure nel finale, molte scene e descrizioni lasciano intendere che, al di là delle tensioni e delle liti che fomentano il malessere e allungano ancor più le distanze fra loro, al di là della mancanza di rispetto ed educazione che si riscontra più volte nel corso della narrazione, alla base vi sono anche sentimenti di affetto sincero, un tentativo di comprensione da parte di Wanda nei confronti della figlia che sta attraversando la delicata fase adolescenziale, e reale dispiacere da parte di Eugenia nel momento in cui comprende che la madre possiede in realtà un carattere molto debole e che per questo le risulta difficile affrontare e contrastare il padre. Le azioni e i propositi di Wanda verso il finale della vicenda, inoltre, fanno intuire che ci sia in lei la volontà di scoprire la verità sul suo passato e di essere finalmente disposta a dimenticare e perdonare, smettendo così di fingere a se stessa e facendo chiarezza per prima cosa dentro di sé, per poi predisporsi anche ad un avvicinamento alla figlia.
Infine nell'ultimo dei romanzi considerati, Paola Zannoner conduce il lettore a condannare – quasi senza possibilità per lei di riscatto morale – Venus, una delle due figure di madre presenti nella vicenda, ma la delinea come un caso “anomalo”, simbolo di comportamenti scorretti e talvolta diseducativi nei confronti della figlia; mettendo in luce la negatività di un tale ritratto, d'altro canto bilancia e crea equilibrio tra i personaggi con l'altra tipologia di madre, che dedica attenzioni ai figli e si prende cura della famiglia, affrontando in modo sereno le difficoltà e i sacrifici quotidiani che il ricoprire questo ruolo spesso comporta. Sebbene vi siano difficoltà e divergenze d'opinione anche nell'ambito di questa relazione madre-figlia, tra le due si registra una maggiore intesa e disponibilità alla comprensione e all'ascolto: anche in questo romanzo, dunque, attraverso un confronto istruttivo che vuole indurre a scartare un esempio di materno per insegnare ad apprezzarne,
invece, un altro totalmente opposto, la figura della madre si può considerare protetta e salvata agli occhi del lettore.
Anche in alcuni romanzi a cui si è solo fatto accenno le autrici presentano delle figure di madre che si rivelano in fondo provviste di quell'amore materno necessario ai figli per crescere in modo sereno e adeguato: si può considerare a tal proposito, per esempio, il personaggio delineato in un altro romanzo di Giusi Quarenghi, Niente mi basta, dove il comportamento della madre appare costantemente criticato e condannato senza riserve dalla figlia, della quale viene anche proposto in modo diretto il punto di vista; tenendo conto, però delle problematiche della ragazzina che vive con molte difficoltà il periodo adolescenziale, trovandosi a fare i conti anche con gravi disturbi alimentari, la negatività che si incontra nella lettura sembra un'interpretazione piuttosto parziale, che è opportuno invece integrare e compensare con gli sforzi compiuti dalla madre per aiutare la figlia e con la dedizione che comunque si premura di riservarle, nonostante lei la rifiuti con fermezza.