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Evoluzione normativa del Sistema Previdenziale Nazionale

Capitolo 3: Focus sui Fondi Pensione in Italia

3.3 Evoluzione normativa del Sistema Previdenziale Nazionale

Il processo di riforma del sistema previdenziale nazionale vede molteplici interventi governativi che si succedono a partire dagli anni Novanta. I principali provvedimenti adottati dai governi per definire il nuovo assetto del sistema pensionistico italiano sono i seguenti138:

 Legge n. 421 del 23 ottobre 1992, legge delega che ha fornito le linee guida per la riforma del sistema previdenziale pubblico, delegando il governo ad emanare in materia specifici decreti legislativi;

Decreto legislativo n. 503 del 1992, Norme per il riordinamento del

sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, attuativo della

legge delega n. 421 del 1992;

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http://www.covip.it/wp-content/uploads/COVIP-agg_to_MarApr2015.pdf

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 Decreto legislativo n. 124 del 21 aprile 1993, o "riforma Amato", che ha introdotto nel nostro ordinamento la prima disciplina regolamentare della previdenza complementare collettiva, cioè i fondi pensione;

 Legge n. 335 dell'8 agosto 1995, nota come "riforma Dini", che ha apportato sostanziali modifiche al sistema previdenziale in precedenza delineato. Tale legge ha infatti determinato il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo per il calcolo della pensione pubblica139;

 Decreto legislativo n. 47 del 12 aprile 2000, relativo al riordino della disciplina fiscale delle forme di previdenza complementare, sia collettiva che individuale;

 Legge n. 243 del 2004, nota come "riforma Maroni", che ha delegato il governo a regolamentare forme di sostegno alle forme pensionistiche complementari prevedendo il conferimento del Trattamento di fine rapporto (TFR) maturando;

 Decreto legislativo n. 252 del 2005, attuativo della legge delega Maroni, che ha apportato la c.d. "riforma del Tfr" nell'ambito della previdenza complementare.

Ripercorrendo sinteticamente le tappe dell' evoluzione normativa che rigenera il sistema previdenziale italiano è importante sottolineare come già la legge n. 421/1992, prendendo atto della necessità di compensare un graduale, ma pur sempre crescente "ritiro" dello Stato dal settore previdenziale, avesse delegato il Governo ad emanare decreti legislativi volti a favorire la costituzione su base volontaria collettiva o individuale, di forme di previdenza per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari140.

A questo riguardo il D.Lgs. n. 503/1992 costituisce il primo intervento legislativo concreto della storia previdenziale italiana teso al contenimento della spesa

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Per l'attuazione della nuova normativa è stata prevista una certa gradualità, individuando un periodo transitorio che durerà fino al 2035, anno in cui i primi pensionati avranno una pensione calcolata interamente con il nuovo metodo, all'interno del quale i lavoratori sono stati divisi in tre diverse generazioni: i neoassunti dopo il 31 dicembre 1995; i lavoratori che a tale data avevano maturato almeno 18 anni di contributi; coloro che al 31/12/95 avevano maturato meno di 18 anni di contributi. Spataro, (2015), p.50

70 pubblica ed alla razionalizzazione del sistema. I provvedimenti principali di tale riforma possono riassumersi in: periodo minimo di contribuzione per poter ottenere le pensioni si anzianità pari a 35 anni per tutti i lavoratori ed eliminando, così, uno dei maggiori elementi discriminatori tra i dipendenti pubblici e le altre categorie di salariati141; innalzamento per la pensione di vecchiaia da 55 a 60 anni per le donne e da 60 a 65 per gli uomini, incrementando il requisito minimo di contribuzione per questo tipo di pensione da 15 a 20 anni142.

Ma ciò che ha avviato la costruzione del "secondo pilastro" è stata l'emanazione, sotto il governo Amato, del D.Lgs. n. 124/1993, provvedimento fondamentale che ha introdotto e regolamentato nel nostro ordinamento i fondi pensione per la prima volta. Tale riforma si è posta un duplice scopo, da un lato andava a disciplinare in modo organico il settore del risparmio previdenziale (già prima della legge, per i dipendenti delle banche e delle assicurazioni, esistevano forme di risparmio previdenziale assai eterogenee: i fondi "preesistenti" che, tuttavia, sono destinati a perdere di importanza perché dopo il 1993 le nuove forme di risparmio previdenziale devono rientrare tassativamente in una delle categorie previste dalla legge) e dall'altro, sviluppare la previdenza complementare "al fine

di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale". Il testo prevedeva

due tipologie di fondi: i fondi pensione chiusi, di natura contrattuale e associativa, ed i fondi aperti, a carattere individuale, nati per iniziativa di un soggetto abilitato alla gestione di una forma pensionistica complementare. Vengono dettate le regole fondamentali per il funzionamento dei fondi pensione, stabilendo modalità di costituzione, gestione delle risorse, modalità di contribuzione e di erogazione delle prestazioni finali, viene inoltre stabilito il principio dell'adesione volontaria ai fondi pensione143.

La seconda svolta epocale è la legge presentata dal governo Dini nel 1995, tale normativa prefiggendosi lo scopo di ridurre la spesa previdenziale pubblica, oltre

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Le pensioni di anzianità sono legate non all'età del lavoratore ( si parla in questo caso di pensione di vecchiaia) ma alla sua anzianità di servizio. Aver elevato il periodo minimo di contribuzione a 35 anni ha eliminato la possibilità delle pensioni "baby" prevista nel 1973 per i soli dipendenti pubblici, con un diritto alla pensione dopo 20 anni di contribuzione, che venivano ridotti a 15 per le donne coniugate.

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Quirici,( 2010), p. 270 e seg.

71 a quello di favorire la reale affermazione dei fondi pensione, ha determinato il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo per il calcolo della pensione di base. A questo proposito tale riforma fissa in maniera arbitraria un limite e divide i lavoratori in tre categorie ovvero tutti i lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano maturato più di 18 anni di anzianità lavorativa mantenevano, per il calcolo della pensione, il vecchio regime retributivo, per coloro invece che al 31 dicembre 1995 non avevano maturato almeno 18 anni di anzianità lavorativa viene fatto un "calcolo pro-rata", infatti per gli anni già maturati si mantiene il sistema retributivo e a partire dal 1 gennaio 1996 viene utilizzato il sistema contributivo, per finire tutti i neolavoratori dal 1996 entrano nel mondo del lavoro con il sistema contributivo144.

Di particolare importanza è poi il D.Lgs. n. 47/00 che ha riformato interamente la materia da un lato introducendo accanto alle forme pensionistiche complementari collettive forme pensionistiche individuali, dall'altro rivedendone il regime fiscale. Viene così regolamentato il "terzo pilastro" del sistema previdenziale, finalizzato alla tutela pensionistica integrativa individuale permettendo l'adesione anche a soggetti non titolari di reddito di lavoro o di impresa, nonché a persone fiscalmente a carico di altri soggetti, consentendo così l'accesso a forme di copertura previdenziale anche a soggetti che non godevano della previdenza di base o che svolgevano, senza vincoli di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari145.

Il regime fiscale dei fondi pensione viene ulteriormente modificato con D.Lgs. n. 252/05, il quale apporta importanti semplificazioni oltre alla "riforma del Tfr"146.