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5.1.1. Expo 2015 come leva di crescita

L’Expo rappresenta un importante spartiacque nella traietto-ria di sviluppo del paese. Lo è, innanzitutto, perché si inserisce in una contingenza storica particolare. Siamo, infatti, nel corso di una crisi che ha severamente colpito l’intera economia mon-diale. L’Esposizione Universale, dunque, rappresenta l’evento attraverso cui molti Paesi possono ridefinire la propria imma-gine e il proprio posizionamento nel nuovo scenario competi-tivo che si va delineando. In questa prospettiva, inoltre, pone e propone l’Italia al centro del dialogo e degli scambi tra Paesi nei prossimi sei mesi sui temi strategici del cibo e dell’alimenta-zione. Ma evidentemente con l’opportunità di poterla rinnovare lungo le traiettorie della sostenibilità, della responsabilità e della cooperazione internazionale.

Expo2015 emerge, quindi, come espressione di una triplice elica, dinamica e integrata: generatore di sviluppo glocale nella varietà; acceleratore di investimenti pubblici e privati, mate-riali e immatemate-riali e di trasformazione urbana per una crescita di lungo periodo; attrattore di nuovi talenti tra culture e regioni della terra quale integrale eco-sistema planetario.

Questo capitolo è di Andrea Ganzaroli e Luciano Pilotti, Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi dell’Università Statale di Milano. Il paragrafo 5.3 è di Marco Omizzolo, Visiting professor presso la Guru Nanak University e Lovely University (India) e direttore editoriale di Istisss Editore.

Lo è perché l’Italia, diversamente da molti Paesi, non è solo entrata in crisi, ma la crisi ne ha messo a nudo, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, i limiti strutturali di un paese che non cresce ormai da più di un trentennio. La crisi, perciò, ci ha resi, forse, più consapevoli della necessità di cambiare attivando nuove traiettorie evolutive ricercando strade eco-sistemiche di innovazione e riqualificazione delle nostre produzioni.

In questo senso, quindi, Expo2015 non rappresenta solo un’occasione  –  dettata dal fatto di essere un evento di enormi dimensioni – per innescare la crescita, ma indica anche una via di sviluppo di lungo periodo. Una via capace di valorizzare le risorse e le competenze specifiche del paese a partire dagli eco-sistemi locali e dalle città.

Per decenni, in Italia si sono importate ricette per la crescita e lo sviluppo da altri contesti nazionali, non avendo tuttavia né classi dirigenti adatte, né infrastrutture appropriate. L’esempio tipico è rappresentato dalla costruzione di Parchi scientifici e tecnologici in cui concentrare attività di ricerca e sviluppo in-novative, nella speranza di alimentare lo sviluppo locale attra-verso esternalità positive generate dalla produzione di nuova conoscenza. Molto spesso, però, queste esperienze, che hanno funzionato in altri Paesi, si sono rivelate delle «cattedrali nel deserto», perché largamente scollegate dal sistema delle piccole e medie imprese, dalle risorse e dalle competenze specifiche, spesso limitandosi a offrire una semplice first entry o rappre-sentando pure macchine di valorizzazione immobiliare di breve periodo.

Expo2015, diversamente, è incentrato su due temati-che  –  cibo e sostenibilità responsabile  –  la cui combinazione può dare luogo a una traiettoria di sviluppo di lungo periodo. L’industria agroalimentare e i settori a essa correlati, infatti, non solo hanno un ruolo essenziale nell’economia del paese, ma rap-presentano una delle risorse culturali su cui il paese è fondato. Il cibo, come ci ha insegnato Carlo Petrini, non è solo pro-dotto, ma è allo stesso tempo comunità, convivialità e territo-rio. Quando degustiamo un bicchiere di vino, non esploriamo solo una bevanda, ma selezioniamo la storia di una comunità, un modo di stare assieme, un approccio al pensiero e la bellezza di un paesaggio e quindi una sorta di primordiale «atto crea-tivo». In questo risiede l’essenza stessa del Made in Italy. Tutte

le nostre produzioni – dalle automobili Ferrari ai freni Brembo passando per il Barolo... – non possono essere capite e, quindi, pienamente apprezzate al di fuori di questo trittico.

In questa prospettiva, turismo consapevole, artigianato e manifattura di qualità e nuove tecnologie della comunicazione devono rappresentare nuovi motori dello sviluppo. In partico-lare in chiave di superamento di quelle separazioni che la pro-duzione di massa ci aveva consegnato tra ’800 e ’900.

Infine, l’Expo rappresenta anche un’importante occasione di sviluppo per Milano capitale finanziaria del paese. Una città che si candida a completare il salto dell’ultimo miglio, ma che diversamente da altre metropoli europee non è riuscita ancora a trovare appieno la sua identità nel nuovo panorama della com-petizione tra reti di città globali. Expo2015, quindi, offre l’op-portunità per riavviare un cammino rimasto a metà partendo, anche in questo caso, dalle competenze storiche della città che, tuttavia, non è solo moda, design e cibo, ma anche  –  e forse soprattutto  –  farmaceutica e meccatronica, ICT e domotica, fi-nanza e logistica, alta formazione, nanotech e biotech.

Per fare ciò, non è sufficiente offrire trasporti, sistemi di comunicazioni e luoghi di lavoro efficienti  –  già largamente di-sponibili in molti altri luoghi del mondo. I creativi, come soste-nuto da Florida [2002manca in biblio], si insediano in luoghi

dove possono esprimere e vivere appieno la loro diversità nella valorizzazione della varietà come fonte di nuova conoscenza. Expo2015, in questo senso, è orientato ad attrarre generativa-mente nuova creatività nel territorio.

5.1.2. Economia dell’immigrazione e Social Smart City

L’immagine che è stata sinora proiettata dai media sul rap-porto tra Expo ed economia immigrata è parte di un film già largamente visto. Nello specifico, l’immagine è quella tipica della vacacy chain, ovvero della forza-lavoro immigrata che so-stituisce la manodopera autoctona nella realizzazione dei padi-glioni dell’Expo perché disposta a lavorare per un salario più basso, per più ore, «in nero», e al di fuori delle norme di si-curezza. I dati ci diranno quanto questa immagine aderisce alla realtà. Ma è noto che i protocolli firmati tra Expo e le

organiz-zazioni sindacali fanno da barriera a esiti di questo tipo con un monitoraggio sistematico del quadro contrattuale. Al di là del caso specifico di Expo, ciò non toglie che continuare a parlare di immigrazione in questi termini sia funzionale a innescare la consueta discussione politica tra chi è aprioristicamente contra-rio e chi a favore, ritardando, ancora una volta, lo sviluppo di un serio dibattito sul significato e sul valore dell’immigrazione come motore di sviluppo e, di conseguenza, della definizione di una politica dell’accoglienza capace di sostenere la crescita di lungo periodo.

Se guardato in questa prospettiva, Expo2015 può, in po-tenza, produrre due possibili impatti. Primo, può favorire lo sviluppo e il radicarsi di una piena consapevolezza multi-cultu-rale sul significato e il valore del cibo oltre che del ciclo agro-alimentare in diverse culture. Il cibo, infatti, rappresenta un importante filtro culturale per studiare e leggere il dinamismo delle società. Studiare la cultura alimentare di un altro paese permette di meglio comprenderne riti, usi, costumi, paesaggio, coltivazioni, territorio, tecnologie produttive, produzioni emer-genti e loro eventuale diffusione nel mercato globale.

La ristorazione, inoltre, rappresenta uno dei principali set-tori entro cui gli immigrati fanno impresa. L’Expo, in questo senso, può contribuire a estendere la sensibilità e l’apertura verso il nuovo in questo ambito sia per culture alimentari, sia per modalità di erogazione, sia per modelli produttivi. L’am-pliarsi della varietà in una filiera strategica per la competitività futura del nostro paese non può che accrescerne la capacità creativa e innovativa attraverso l’attivazione di processi diffusi di contaminazione e ibridazione nei modelli di consumo e nei sistemi di produzione e riproduzione.

Secondo, la progettazione e la realizzazione del sito, Expo ha richiesto uno sforzo creativo, di engineering e di design dif-fuso, che ha coinvolto molteplici Paesi e molteplici culture se-condo modelli condivisi. Molti progettisti si sono insediati, an-che solo temporaneamente, nella zona di Milano e sono entrati in relazione con imprese e competenze nel territorio. Questo ha dato luogo al formarsi di un capitale multi-culturale di grande ricchezza che non può e non deve essere disperso, ma deve essere ottimizzato per fare di Milano una città capace di con-tinuare ad attrarre talenti da tutto il mondo, ponendo le

fonda-menta per uno sviluppo che non è di un solo paese, ma diventa transnazionale.

5.2. La presenza straniera nel settore agro-alimentare in Italia