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EZEN 4 MEŠ LÚ.MEŠ ŠU.GI EZEN 4 MEŠ MUNUS MEŠ AMA.DINGIR ⌈LIM⌉ EZEN

Le cerimonie ittite del tuono

43 EZEN 4 MEŠ LÚ.MEŠ ŠU.GI EZEN 4 MEŠ MUNUS MEŠ AMA.DINGIR ⌈LIM⌉ EZEN

da-ḫi-ia-aš

44 EZEN4MEŠ LÚMEŠ ú-pa-ti-ia-aš EZEN4MEŠ pu-u-l[a]-aš EZEN4MEŠ ḫa-aḫ-

ra-an-na-aš

45 na-aš-ma-aš ku-iš im-ma ku-iš EZEN4-aš URUḫ[a-a]t-tu-ši-kán še-er

46 na-aš ma-a-an IŠ-TU GU4ḪI.A UDUḪI.⌈A⌉ NINDA KAŠ Ù IŠ-TU

GEŠTIN

47 ḫu-u-ma-an-da-az ša-ra-a ti-ia-an-ta UL e-eš-ša-at-te-ni

48 na-at pé-eš-kán-zi ku-i-e-eš nu-uš-ma-aš šu-me-eš LÚMEŠ É.DINGIRLIM

49 ḫa-ap-pár da-aš-kat-te-⌈ni⌉ DINGIRMEŠ-aš-ma-at-kán ZI-ni wa-ak!-ši-ia-

nu-ut-te-ni

_____________________________________________________________ (39-41’) “Festa dell’anno, festa del mese, festa ayali-, festa dell’au[tun]no, festa della primavera, festa del tuono, festa del ḫiyara-, festa del pudaḫa-, festa ḫišuwa, festa del šatlašša, festa del rhyton, feste dei sacerdoti SANGA, feste degli anziani,

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feste delle “madri del dio”, festa del daḫiya-, festa degli uomini upati-, festa “delle sorti”, festa del ḫaḫratar, o qualunque festa a Ḫattuša, se non le celebrerete insieme con i tutti buoi, le pecore, il pane, la birra e il vino disposti, ma voi, “uomini del tempio”, prenderete il pagamento da coloro che lo fanno, le farete mancare (scil. le offerte) al volere degli dèi.”

Come osservato da A. Taggar-Cohen116, la lista delle feste è concepita con un criterio razionale. Alla menzione delle grandi feste stagionali di tradizione anatolica come la festa d’autunno e di primavera, nel cui insieme si colloca anche la festa del tuono117, seguono cerimonie come la festa del ḫiyara-, la festa del pudaḫa-, e la festa del šatlašša-118. La presenza di queste feste è da considerarsi un diretto riflesso della politica religiosa di corte, all’epoca della redazione del testo, i cui testimoni si datano al XIII secolo ma le cui origini sono probabilmente da ricondurre al Medio Regno119, fortemente influenzata da concezioni ḫurrite e nord-siriane. La festa ḫiyara, la festa

pudaḫa- e la festa ḫišuwa- sono menzionate in KBo XXII 246, Vo III 21’ (CTH 698)120

tra le tredici feste regolari celebrate a Ḫattuša nel culto della coppia costituita dal dio della Tempesta di Aleppo e dalla dea Ḫepat.

La lista prosegue con la menzione di una serie di cerimonie direttamente legate al personale templare cui il testo è rivolto, molte delle quali al plurale, e dunque celebrate probabilmente più volte nel corso dell’anno. Interessante notare come l’elenco non abbia pretesa di completezza. L’espressione “o qualunque festa a Ḫattuša” indica chiaramente che si tratta di una lista parziale. La discussione relativa al grado effettivo di partecipazione del sovrano alle cerimonie elencate non è in questa sede rilevante. Ciò che interessa è rilevare la presenza delle feste del tuono in un elenco chiaramente indicativo di quello che possiamo chiamare culto di stato, o, per usare le parole di A. Taggar-Cohen121, “a systematic list from the point of view of the king”. Il testo, secondo la studiosa, “does indeed reflect festivals celebrated under the care of the court in Ḫattuša itself.”

116 A. Taggar Cohen, 2006, p. 122.

117 Contra P. Taracha, 2009, p. 137: “Some of these festivals belonged to the old tradition, while the festivals of thunder, ḫiyara, pudaḫa and šatlašša were celebrated for Teššub of Ḫalab and deities from his circle” (…).

118 Su queste feste si veda D. Schwemer, 2001, pp. 497-498. Sulla festa ḫiyara- si veda in particolare M. Hutter, 2002, pp. 187-196.

119 Si veda in proposito le osservazioni di A. Taggar Cohen, 2006, pp. 91-93, 135-139. 120 Con il duplicato KUB XLII 103 IV. Cf. V. Souček – J. Siegelová, 1974, pp. 48ss. 121A. Taggar Cohen, 2006, p. 122.

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Parallelamente, la tradizione delle feste del tuono è proseguita in ambito locale, dove esse, come riportato dagli inventari cultuali, hanno continuato ad occupare un posto rilevante nel calendario religioso di numerosi centri periferici. Come è ovvio, di tali feste locali non ci sono giunti resoconti analoghi a quelli contenuti nelle tavole del tuono, essendo le descrizioni di festa riservate di norma a cerimonie di rilevanza “statale”. Le feste del tuono a noi giunte ci forniscono certo alcuni elementi indicativi delle modalità di svolgimento di questa tipologia di cerimonie, ma non è detto che la festa locale non abbia subito modifiche anche profonde nel passaggio da una celebrazione tradizionale, legata evidentemente anche alle consuetudini locali, ad una celebrazione “ufficiale”, eseguita in presenza del sovrano in un contesto radicalmente diverso. Lo scopo stesso della cerimonia, destinata in ambito statale principalmente alla tutela rituale del sovrano, diverge evidentemente da quello attribuito alla festa del tuono in ambito locale. Mi sembra, in altre parole, che si possa tracciare un parallelo evidente tra questo tipo di celebrazione e la cosiddetta “festa del mese”, o festa “mensile”. Di questa cerimonia, celebrata in occasione della luna nuova in un gran numero di centri locali, come documentato negli inventari cultuali, esiste fin dall’età antico ittita una versione “statale” estremamente articolata, la quale presenta senza dubbio una fisionomia ben diversa rispetto alle cerimonie di ambito locale122. Alcuni momenti di questa celebrazione sono stati con molta probabilità inglobati in feste maggiori, come la grande festa primaverile dell’AN.TAḪ.ŠUMSAR 123.

2.1.2.b. Quando erano celebrate?

M. Cammarosano ha suggerito, di recente, la possibilità che la successione delle feste menzionate negli inventari cultuali non sia casuale ma rifletta in qualche modo una successione cronologica124. Gli elenchi di feste mostrano in effetti una struttura regolare, in cui la festa dell’autunno precede di norma la festa di primavera e quella del tuono, e queste sono a loro volta seguite dalle feste d’estate. La stessa successione si trova nel testo di istruzioni KUB XIII 4 menzionato poco sopra. Secondo J. Hazenbos, l’antecedenza dell’autunno rispetto alla primavera rifletterebbe una tradizione arcaica,

122 Per l’edizione di CTH 591 si veda J. Klinger, 1996, pp. 286-614. 123 Si veda in proposito il commento alle pp. 311-313.

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in cui l’anno, modellato sul calendario agrario, si faceva cominciare d’autunno125. Se l’ipotesi è corretta, e la successione di feste nelle liste rispecchia effettivamente un ordine cronologico, le feste del tuono sarebbero cerimonie primaverili, effettuate in occasione dello scoppio dei primi tuoni che in Anatolia annunciano le piogge di primavera. Sull’altopiano anatolico, in effetti, la stagione primaverile, il cui inizio si colloca tra la fine di marzo e gli inizi di aprile, è caratterizzata ancora oggi da forti precipitazioni126. Se si assume che la situazione meteorologica attuale sia almeno in parte simile a quella di epoca ittita, si può immaginare che le feste collegate ad eventi atmosferici come la pioggia e il tuono fossero in effetti caratteristiche di questo momento dell’anno. Se per quanto riguarda la festa della pioggia, EZEN4 ḫeuwaš, EZEN4 ZUNNI, la sua collocazione cronologica appare confermata dalla menzione di una festa della pioggia celebrata dal sovrano ad Ankuwa nel corso del 38° giorno della festa AN.TAḪ.ŠUMSAR 127, la situazione delle feste del tuono appare più complessa.

Gli inventari di culto collegano esplicitamente la celebrazione delle feste di primavera allo scoppio del tuono. La descrizione della festa in questi documenti è introdotta solitamente dalla formula:

GIM-an DIŠI/ḫamešḫanza DÙ-ri tetḫai DUGḫarši gēnuanzi (KBo II 7 passim) “Quando viene la primavera (e) tuona, aprono il vaso ḫarši”.

Di questa sono documentate anche forme parzialmente diverse, come le seguenti:

GIM-an-ma DI12-ŠI DÙ-ri te-et-ḫi-ma-an iš-ta-ma-aš-ša-nzi (KUB XVII 35, Ro II 12’)

“E quando viene la primavera (e) odono il tuono, ...”

GIM-an-ma ḫa-mi-iš-ḫi DÙ-ri te-et-ḫa-i DUGḫar-š[i-ia-al-li-kán gi-nu-wa-an- zi] (KUB XXV 23, Ro I 8’)

“ E quando viene la primavera (e) tuona [aprono il vaso] ḫar[ši-]” 128

125 J. Hazenbos, 2003, p. 169. È anche possibile, come suggerito da M. Cammarosano, 2012, p. 181, che l’ordine rifletta più semplicemente la precedenza logica dell’operazione di riempimento e chiusura del vaso ḫarši- che caratterizza la festa autunnale rispetto alla sua apertura durante la festa di primavera. 126 H. A. Hoffner Jr., 1974, p. 18.

127 Come confermato dalla tavola di riepilogo KBo X 20, Vo IV 19 (CTH 604).

128 Accolgo l’interpretazione di M. Cammarosano, 2012, p. 234, il quale, seguendo C. Carter, 1962, p. 185, ritiene ḫamišḫi una forma agrammaticale. La frase potrebbe essersi formata per contaminazione tra

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GIM-an-ma ḫa-mi-iš-ḫi te-et-ḫa-i nu-kán DUGḫar-ši-ia-a-li / ge-nu-wa- an-zi (KUB XXV 23, Ro I 38’-39’)

“E quando in primavera tuona, aprono il vaso ḫaršiyalli.” La formula può infine trovarsi in forma estremamente ridotta:

GIM-an-ma te-et-ḫa-i (KUB XXXVIII 32, Vo IV 13’) “Quando tuona, ...”

Sono documentate anche formule prive di riferimenti al tuono, ma è evidente come, di norma, sia quest’ultimo a segnalare il momento di avvio della festa di primavera. Essa, come è noto, iniziava con l’apertura del vaso ḫarši- o ḫaršiyalli-129 in cui era contenuto il cereale dell’anno precedente130. Questo, impastato e trasformato in pane, veniva quindi offerto alla divinità nel corso delle cerimonie che ne accompagnavano lo spostamento dal tempio cittadino al santuario extra urbano. La processione della statua divina fino al ḫuwaši- e i riti ivi celebrati rappresentano il momento culminante della festa di primavera, la quale aveva solitamente una durata di due o tre giorni, a differenza dell’altra grande festa stagionale ittita, quella d’autunno, della durata abituale di un solo giorno.

Le fonti non indicano dunque il momento esatto dell’anno in cui aveva luogo la festa di primavera, limitandosi a collegarne il momento d’inizio con la percezione del rumore del tuono. È dunque probabile, seppur non certo, che le date di celebrazione fossero caratterizzate da un certo grado di variabilità e che cambiassero da località a località. Come si collocano, su tale sfondo, le feste del tuono? Tanto l’indicazione fornita dalle liste di feste degli inventari cultuali quanto le formule con le quali in questi documenti viene introdotta la festa di primavera sembrano indirizzare verso una collocazione di questo tipo di cerimonie nel periodo di primavera.

Un problema di non secondaria rilevanza, in questo contesto, è costituito dalla presenza di testi che sembrano collegare la festa del tuono all’inverno. Si tratta di due

questa e la forma impersonale GIM-an ḫamišḫi tetḫai- presente nello stesso testo. Contra H. A. Hoffner Jr., 1974, p. 19, che traduce: “and when it happens in spring (that) it thunders”.

129 Sull’equivalenza delle due denominazioni di recipiente all’epoca della redazione dei testi si veda M. Cammarosano, 2012, pp. 183ss.

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resoconti oracolari, CTH 563 e 564, relativi alla scelta della città in cui il re e la regina dovranno trascorrere il periodo invernale131.

KUB V 4 + KUB XVIII 53, Ro I (CTH 563)

16 [D]UTUŠI ke-e-da-ni MU-ti I-NA URUḫat-ti SÈD i-ia-zi

17 [nu-z]a EZEN4MEŠ SAG.UŠ EZEN4 MU-ti EZEN4 BÚN-na-aš I-NA

URUḫat-ti DÙ-zi

(16-17) “La Maestà in quell’anno trascorrerà l’inverno a Ḫatti e celebrerà a Ḫatti le feste regolari, la festa dell’anno, la festa del tuono.”

Il testo, che riflette la prassi dell’indagine oracolare ittita, procede attraverso una serie di domande, rispetto alle quali viene dato di volta in volta un responso favorevole o sfavorevole. Nella ripetizione della formula la forma logografica BÚN e quella fonetica tetḫeššar sono usate indifferentemente:

37’ DUTUŠI ke-e-da-ni [MU]-ti I-NA URUhat-ti SÈD [i-ia-zi]

38’ nu-za EZEN4MEŠ SAG.UŠ E[ZE]N4 MU-ti EZEN4 te-et-ḫe-eš-n[a-aš I-

NA URUḫat-ti DÙ-zi]

La frase, più volte ripetuta nel corso dell’indagine oracolare, è sintatticamente ambigua. La festa dell’anno e la festa del tuono, che nel testo sono costantemente associate, rientrano tra le EZEN4MEŠ SAG.UŠ oppure si limitano a precederne la menzione nell’elenco e devono essere distinte da queste? Nel primo caso ci si attenderebbe la presenza di un elemento come ŠÀ, che in funzione avverbiale viene usato per introdurre la parte di un insieme. L’interpretazione della riga non è priva di significato ai fini della comprensione dell’esatta natura delle feste del tuono. L’uso dell’aggettivo SAG.UŠ, “regolare”, “costante” corrispondente all’ittita ukturi- e all’accadico KAYYAMĀNU, in riferimento ad una cerimonia festiva è però tutt’altro che chiaro. Il testo KUB XXV 27 (CTH 629) costituisce un documento particolarmente importante nell’ottica di uno studio sulle “feste regolari”132. Esso rappresenta, come

131 Su questi testi si veda principalmente A. Archi, 1975b, pp. 122-124, 141.

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espressamente indicato nel colofone, il resoconto delle feste regolari che il sovrano deve celebrare nel corso dell’anno. In esso, come è stato dimostrato133, sono confluite sezioni della festa di primavera dell’AN.TAḪ.ŠUMSAR e della festa autunnale nuntarriašḫaš. Lo stato estremamente frammentario del testo non consente purtroppo di trarne indicazioni relative alle “feste del tuono” né di comprenderne la relazione con le feste di primavera e d’autunno.

I. Singer134 ha messo in relazione l’espressione EZEN4SAG.UŠ con EZEN4 GAL, “grande festa”, ipotizzando che con la prima gli scribi ittiti intendessero definire la versione “regolare” di una festa, celebrata a cadenza annuale come molte delle cerimonie documentate negli inventari cultuali. L’espressione “grande festa”, allorché riferita alla medesima cerimonia, indicherebbe invece una versione, forse più estesa, di quest’ultima, distinta da questa e celebrata soltanto in determinate occasioni135. Come esempio lo studioso porta la presenza della duplice espressione in riferimento alla festa KI.LAM e alla festa della casa ḫešta- nel testo KUB XXX 68, appartenente alla tavola di catalogo CTH 278.1136. Anche della festa del purulli- esisteva una versione “grande”, come documentato nella medesima tavola, a Vo III 2 , oltre che negli Annali di Mursili II, in KBo II 5, III 14-22.

L’ipotesi di I. Singer, seppur affascinante, non prende in considerazione la presenza delle “grandi feste” negli inventari cultuali. Si veda a titolo di esempio KUB XXXVIII 12 (CTH 517)137:

Ro I

19 NINDA.GUR4.RA UDMI-ši EZEN4 ITUKAM 11 EZEN4-ši MUKAM me-e-ia-

na-aš

20 ⌈ŠÀ⌉ 1 EZEN4 GAL 1 EZEN4 tag-ga-an-ti-pu-ú 1 EZEN4 še-e-li-ia-aš 21 1 EZEN4 ḫar-na-ia-ia-ašŠAR 1 EZEN4GIŠTIR 1 EZEN4 zé-e-na-an-da-aš 22 1 EZEN4 ZU-UN-NI 1 EZEN4 e-eš-ša-ia-aš 1 EZEN4 ḪUR.SAGkán-ta-ḫu-ia-aš 23 1 EZEN4GIŠGEŠTIN tuḫ-šu-u-wa-aš MU-aš me-ia-na-aš

24 1 EZEN4ḪUR.SAGša-ku-tu-nu-wa I-NA MU 3KAM-an e-eš-ša-an-zi

133 Cf. Ph. Houwink ten Cate, 1986, pp. 99-100. 134 I. Singer, 1983, pp. 37-48.

135 Basandosi sulla menzione, negli Annali di Muršili II (AM IV 41), delle “grandi feste del sesto anno” (EZENMEŠ GALMEŠ ŠA MU 6KAM), l’autore arriva ad ipotizzare una celebrazione di queste cerimonie ad intervalli di sei anni. Cf. I. Singer, 1983, p. 48.

136 Su cui si veda P. Dardano, 2006, pp. 190-209.

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(19-24) “Per lei (scil. DKAL URUkaraḫna): la pagnotta giornaliera, la festa del mese e undici feste nel corso dell’anno138, di cui: una “grande festa”, una festa

taggantipū-, una festa del šēli-139, una festa della pianta ḫarnaiaia-, una festa del

bosco, una festa d’autunno, una festa della pioggia, una festa eššaiaš, una festa della montagna kantaḫuia-, una festa della vendemmia, nel corso dell’anno, e celebrano una festa della montagna šakutunuwa- ogni tre anni.”

Una “grande festa” rientra dunque nel gruppo di cerimonie in onore della divinità DKAL per le quali a Karaḫna è prevista una celebrazione annuale. Il testo non fornisce purtroppo indicazioni più specifiche relative alla natura di questa festa. Troviamo menzione di una EZEN4 GAL anche nei testi di inventario KBo XIII 252, Vo III 7’ e KuSa I/1.5, Ro 4’ (dove il termine compare al plurale).

Il dato mi sembra in contrasto con l’ipotesi di I. Singer di una distinzione tra feste “regolari” celebrate a cadenza annuale e “grandi feste” eseguite soltanto in determinate occasioni. La spiegazione di P. Dardano – “Mit dem Adjektiv akk. kajjamānu(m), sumerographisch SAG.UŠ, hethitisch ukturi- sind die großen Festen, das EZEN4 KI.LAM, sowie das EZEN4 purulliyaš bezeichnet”140 – lascia irrisolto il problema. Secondo G. Del Monte141, l’aggettivo “grande” indicherebbe quelle feste locali inglobate in età imperiale nelle più ampie celebrazioni della festa nuntarriašḫaš e dell’AN.TAḪ.ŠUMSAR. In questo senso, l’espressione “grandi feste” non indicherebbe, in definitiva, che le feste d’autunno e di primavera (a cui l’autore aggiunge ipoteticamente quella d’inverno o di capodanno) L’analisi del testo oracolare KUB V 4+ sopra menzionato potrebbe portare nuovi elementi alla discussione.

La celebrazione annuale di una festa del tuono caratterizzava il calendario cultuale di molti centri locali, come emerge dall’osservazione degli inventari di culto. Da questi testi, come abbiamo visto, si ricava l’immagine di una cerimonia dal carattere stagionale eseguita in un momento preciso dell’anno. In questo senso, l’uso di un aggettivo come SAG.UŠ – quale che sia il significato preciso ad esso attribuito – per definire le feste del tuono, non stupirebbe. Il problema è semmai costituito, come vedremo, dal carattere di occasionalità che sembra proprio di questo tipo di cerimonia, e che sembra in contrasto

138 Sull’espressione MUKAM meianaš si veda E. Rieken, 2001, pp. 73-79. 139 Su cui si veda M. Cammarosano, 2012, pp. 163-164.

140 P. Dardano, 2006, p. 202. 141 G. Del Monte, 1993, pp. 27-28.

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con una celebrazione a cadenze prestabilite. Non si hanno invece attestazioni certe dell’uso dell’espressione EZEN4.GAL in riferimento a feste del tuono142.

Se invece si interpreta la sequenza EZEN4MEŠ SAG.UŠ EZEN4 MU-ti EZEN4

tetḫešnaš/BÚN semplicemente come una enumerazione di feste si pone il problema di come interpretare la distinzione tra le feste “regolari” e la coppia costituita dalla festa del tuono e dalla “festa dell’anno” o “annuale”. Dagli inventari cultuali, dove entrambe le cerimonie sono ben attestate, non emergono differenze tra queste e le altre cerimonie festive menzionate. Nel già citato resoconto KUB LV 1, Vo IV 14143 esse compaiono, ad esempio, assieme alla festa del mese, alla festa “delle messi” e alla festa “della stele” nello stesso elenco di celebrazioni. Volendo tenere separata l’espressione EZENMEŠ SAG.UŠ dall’indicazione delle feste che seguono nel testo KUB V 4 (il che appare comunque improbabile), si potrebbe pensare ad una successione cronologica, in cui alla celebrazione delle “feste regolari” dell’inverno segue quella della festa del tuono, all’inizio della primavera e, nello stesso periodo, l’esecuzione della festa dell’anno. I testi ittiti forniscono poche indicazioni sulle feste celebrate in inverno. Scarni accenni si trovano negli inventari cultuali KBo II 8, dove si menziona, alla riga IV 6’, una “festa dell’inverno”, EZEN4 SÈD-aš, e KUB XXX 37, I 9, dove è attestata una “festa invernale”, EZEN4 INA gēm[i]144. A queste si può aggiungere la festa SÈD ḫarpiya-145, celebrata in inverno e ragionevolmente da distinguere dalla festa d’estate

ḫarpaš/ḫarpiyaš146. Nessuna di queste cerimonie mi sembra avere importanza tale da

giustificare l’uso dell’espressione “feste regolari”, senza ulteriori specificazioni, per indicarle.

Il problema dell’interpretazione del passo è legato – è evidente – anche al significato attribuito all’espressione EZEN4 MU-ti. Questa può essere compresa soltanto sullo sfondo della tripartizione fondamentale del culto ittita in feste e riti “giornalieri”, “mensili” e “annuali”, strutturata sull’evidenza delle scansioni temporali più evidenti in natura, quella tra giorno e notte, quella basata sul ciclo lunare e quella regolata sul cambiamento di stagione147. Il calendario cultuale ittita prevede in effetti offerte giornaliere alle varie divinità, indicate negli inventari cultuali con l’espressione

142 Si veda però il frammento Bo 9116, 1-4 (CTH 832): […B]ÚN GAL ZÌ.DA DUGḫar-ši-ia-aš / […] i-ia- an-zi 1 NINDA GUR4.RA ŠA 3 BÁN / […]-a? i-ia-an-zi / […] NINDA.GUR

4.RA GU4 UDU. 143 Cf. pp. 44-45.

144 Cf. M. Cammarosano, 2012, p. 171.

145 Per la attestazioni si veda M. Cammarosano, ivi, pp. 168-169.

146 Si vedano in proposito le considerazioni di M. Cammarosano, ivi, pp 164-168. Cf. anche C. Carter, 1962, p. 182.

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“pagnotta giornaliera”, NINDA.GUR4,RA UDMI. Al passaggio del mese o in occasione della luna piena, e dunque alla sua metà, si deve collocare invece la celebrazione delle “feste mensili”, mentre nella festa “annuale” rientrano a mio avviso i riti connessi al passaggio dell’anno. La distinzione tra questi 3 momenti fondamentali del culto ittita emerge con evidenza dalla preghiera di Arnuwanda e Ašmunikal KUB XVII 21, Vo I 21’-22’ (CTH 375)148: UD-aš ITI-aš MU-ti me-ia-ni-ia-aš SÍSKURḪI.A EZEN4ḪI.A, “(…) riti e feste del giorno, del mese, dell’anno (…)”149.

Non vi è accordo tra gli studiosi sul momento di inizio dell’anno ittita, che viene variamente collocato in periodo invernale150 o all’inizio della primavera151. Negli Annali

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