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Il fallimento delle politiche educative e la delusione della gioventù egiziana

4.1. Introduzione

Nel capitolo precedente sono state analizzate le dinamiche politico-economiche che stanno alla base delle riforme per l’istruzione superiore realizzate da Mubārak, e che come si è visto sono state dettate da scopi puramente economici. Infatti, come è stato ribadito dallo stesso ex Presidente egiziano, “il mondo è business”, e anche l’istruzione diventa un nuovo settore del business egiziano. Si assiste alla commercializzazione dell’istruzione senza alcuna considerazione dei possibili effetti collaterali. A partire da queste conclusione, si analizzeranno in questo capitolo le conseguenze che tali politiche hanno avuto sulla società egiziana, e in particolar modo sulla sua gioventù.

Nella prima parte del presente capitolo, si prende in esame l’interrelazione tra l’alto tasso di disoccupazione dei giovani laureati in Egitto e il fallimento del sistema d’istruzione. Il risultato delle politiche educative realizzate nel trentennio di Mubārak è la creazione di un sistema fortemente iniquo e basato su degli standard qualitativi molto bassi che non forniscono ai giovani universitari le competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro. A tal proposito, il tasso di disoccupazione tra i giovani laureati/istruiti è tra i più alti al mondo in Egitto. Questa discrepanza dà origine ad un senso di disillusione, e poi, di indignazione nei giovani che avevano creduto alla retorica dell’edu-deal138, secondo la quale l’educazione universitaria determina automaticamente l’accesso diretto al mondo del lavoro.

La seconda parte del capitolo analizza il concetto di “waithood”139, ad indicare il tempo indefinito di attesa dei giovani egiziani prima di transitare nell’età adulta durante la quale i giovani laureati, tagliati fuori dalla società ed incapaci di trovare il loro posto nel mondo adulto, vivono in uno stato di limbo nel quale speranza e delusione convergono. Infine, il capitolo analizza, attraverso un approccio socio-economico, la relazione che intercorre tra questo sentimento di delusione e l’attivismo politico, per poi concludere con lo studio dei movimenti giovanili egiziani che, negli anni Duemila, hanno animato lo scenario politico in risposta al fallimento delle riforme socio-economiche, alla corruzione dilagante e all’assenza di libertà politiche.

                                                                                                                                       

138George Caffentzis, “University struggles at the end of the edu-deal”Mute. , 15 Apr. 2010.

4.2. Asimmetria tra il sistema d’istruzione ed il mercato del lavoro

Le riforme per l’istruzione attuate da Mubārak, sotto l’egida della Banca Mondiale, sono state ben accolte dalla comunità internazionale che si è complimentata con il rais per i successi ottenuti, benché questi non possano essere considerati tali. Sin dagli anni Novanta, la Banca Mondiale ha sostenuto l’importanza di ridurre la presenza nello Stato nell’ambito dell’istruzione superiore/universitaria. Si è visto, infatti, come la riforma del settore pubblico verso la privatizzazione abbia rappresentato un imperativo nell’agenda governativa di Mubārak140. Tuttavia, le valutazioni della Banca Mondiale non considerano alcuni importanti elementi, in

primis, la responsabilità politica del governo. In tal senso, le riforme per l’istruzione superiore

realizzate durante gli anni di Mubārak fanno del sistema d’istruzione un mezzo di stratificazione sociale che annulla il valore dell’istruzione nel progresso sociale141; il valore reale di ciò che i giovani egiziani ricevono è l’illusione di un futuro migliore realizzabile attraverso l’istruzione, un’illusione che manca di concretezza per due ragioni fondamentali: la prima risiede nella scarsa qualità dell’istruzione e nella gestione “commerciale” del sistema d’istruzione superiore che non permettono ai giovani studenti di acquisire le competenze necessarie per accedere al mondo del lavoro. Il secondo fattore è costituito invece dall’alto tasso di disoccupazione tra i giovani laureati.

È stato ribadito il ruolo fondamentale dell’istruzione superiore nel determinare lo sviluppo di un Paese, allo stesso modo politiche educative sbagliate possono risultare altrettanto significative nel compromettere il suddetto processo di sviluppo142. Si è osservato come l’Egitto abbia incrementato significativamente il suo budget per l’istruzione, tuttavia, l’efficienza e la coerenza delle risorse allocate resta discutibile soprattutto in rapporto agli standard qualitativi della formazione fornita e al grado di pertinenza di questa con il mondo del lavoro.

Una formazione superiore di livello è il punto cardine per la crescita e lo sviluppo socio- economico e a livello nazionale, ma anche e soprattutto a livello internazionale nell’economia

                                                                                                                                       

140 United Nations Development Programme, The Arab Human Development Report 2002 Creating

Opportunities for Future Generations (New York: United Nations Publications, 2002), 95.

141 Ibid., 54.

142 Mary Tyler E. Holmes, “Higher education reform in Egypt: preparing graduates for Egypt’s changing political economy”Education, business and society: Contemporary Middle East Issues. 1.3 (2008): 175– 185.

globale143. Dall’analisi condotta nel capitolo precedente è emerso che la qualità del sistema d’istruzione egiziano è indubbiamente carente. Il metodo didattico basato esclusivamente su un approccio mnemonico144 limita le possibilità di sviluppare quelle che sono, ad oggi, le competenze

richieste dal mercato del lavoro, quali problem solving e expert thinking145, elementi cruciali per poter competere nella così detta knowledge economy.

Il concetto di knowledge economy include un aspetto che è importante sottolineare, ossia come lo sviluppo del capitale umano non sia basato esclusivamente sulle competenze acquisite, ma anche e soprattutto sulla capacità di apprendere146. Alla luce di questo concetto, appare chiaro come un approccio didattico basato sulla memorizzazione e volto solo all’ottenimento di una valutazione positiva in sede d’esame non possa esser considerato come il metodo giusto per sviluppare le capacità di apprendimento degli studenti.

I successi vantati dalla Banca Mondiale e dalla comunità internazionale sulle riforme attuate da Mubārak vengono allora considerati sotto una nuova luce. La stessa Banca Mondiale ha riconosciuto che il divario tra il miglioramento nel tasso di iscrizione all’istruzione superiore e il mancato sviluppo dell’aspetto qualitativo dello stesso sistema rappresenta una delle cause dello stallo nella crescita economica del Paese147.

Le riforme d’istruzione realizzate si sono rivelate fallimentari nel momento in cui non sono riuscite a comprendere che il vero obiettivo del processo educativo è lo sviluppo di capacità e competenze che possano determinare il ruolo dell’individuo all’interno della società. Sulla base di questa constatazione e ampliando tale concetto all’ambito economico, il fallimento delle politiche educative egiziane consiste nella mancata connessione tra la conoscenza che i giovani acquisiscono, nel corso della loro vita da studenti, e quanto sono chiamati a fronteggiare nel mondo

                                                                                                                                       

143 Dhillon and Tarik, Generation in Waiting. The Unfulfilled Promise of Young People in the Middle East, 70.

144 Mattias Lindgren, “Does Scholing Make Sense? A Household Perspective on the Returns to Schooling for Self-Employed, Farmers and Employees in Egypt,” (Lund University, 2005).

145 World Bank, The Road Not Traveled: Education Reform in the Middle East and Africa.

146 Bengt Ake Lundvall, “The learning economy: Challenget to economic theory and policy”in Institutions

and economic change. Ed. K. Nielsen and B. Johnson, vols. (Cheltenham, UK: Edward Elgar Publishers,

1998).

147 M Chloe Mulderig, “An Uncertain Future  : Youth Frustration and the Arab Spring An Uncertain Future,”

del lavoro148.

Quanto appena menzionato spiega in parte l’alto tasso di disoccupazione tra i giovani, soprattutto tra i laureati149. Il tasso di disoccupazione150 in Egitto risulta essere in media pari al 9%

del totale della forza lavoro, media percentuale nel decennio compreso tra il 2000 e il 2010, un valore che cala drasticamente nel 2011151. È importante tener presente questa percentuale per poter

meglio comprendere la proporzione significativa del tasso di disoccupazione giovanile. I due grafici di seguito permettono di comprendere due importanti relazioni: il Grafico 1 indica il rapporto tra il tasso di disoccupazione come percentuale del totale della forza lavoro e il tasso di disoccupazione giovanile, mentre nel Grafico 2 viene messo in evidenza il rapporto tra il grado d’istruzione e il tasso di disoccupazione.

Fonte: World Development Indicators

                                                                                                                                       

148 Alaa Abdel-Rahman and David Fuller, “Education and Employment in Egypt: The Policies, Discrepancies and Possible Solutions” (University Library of Munich, 2014).

149 Reem Abou El-Fadl, Revolutionary Egypt: Connecting domestic and international struggles, Ed. Reem Abou El-Fadl, vols. (Routledge, 2015).

150 Secondo la definizione della Banca il tasso di disoccupazione è quella parte della forza lavoro inoccupata ma disponibile a lavorare e in cerca di lavoro.

151 World Bank, World Development indicators

http://databank.worldbank.org/data/reports.aspx?source=2&country=EGY&series=&period=# [ultimo accesso 5 Giugno 2016]

Grafico 2 Rapporto tra il grado d’istruzione e il tasso di disoccupazione

Fonte: World Development Indicators

Le informazioni che emergono sembrano evidenziare una relazione negativa tra il grado d’istruzione e il tasso di occupazione152. In primo luogo, è possibile fare una constatazione di carattere generale osservando l’alto tasso di disoccupazione giovanile che ammonta al 25% del totale della popolazione considerata nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni. L’altro importante aspetto da evidenziare è la relazione tra disoccupazione e grado d’istruzione. Si osservi, infatti, la differenza nel tasso di disoccupazione tra i giovani che hanno completato l’istruzione superiore, in media il 35% con una punta del 39.7% nel 2010, ed il tasso di disoccupazione tra i giovani che hanno completato la scuola primaria come più alto grado d’istruzione, che oscilla tra il 3% nel 2008 fino a toccare punte del 7.5 nel 2011, percentuali nettamente inferiori rispetto ai giovani laureati e/o diplomati153. È interessante, inoltre, notare una sostanziale variazione nel tasso di disoccupazione in rapporto al grado di istruzione e soprattutto al tipo di formazione. Infatti, si è osservato che, alla fine degli anni Novanta, il tasso di disoccupazione era maggiore tra gli studenti diplomati da istituti tecnici-professionali, mentre a partire dal 2006 la tendenza si inverte, con una crescita esponenziale nel tasso di disoccupazione tra i giovani laureati. Invero, la percentuale di disoccupazione dei giovani laureati è la sola ad esser aumentata, rispetto agli altri livelli

                                                                                                                                       

152 Ahmed Galal, The paradox of education and unemployment in Egypt, 2002.

153 World Bank, World Development indicators

http://databank.worldbank.org/data/reports.aspx?source=2&country=EGY&series=&period=# [ultimo accesso 5 Giugno 2016]

d’istruzione, dal 1998 ad oggi154. Quanto emerge è una prospettiva del mercato del lavoro particolarmente incerta per i giovani istruiti155.

Tra le cause che stanno alla base del fenomeno di disoccupazione giovanile, alcuni studiosi hanno indicato gli impedimenti creati da parte di uno Stato fortemente regolatore e al contempo poco efficiente che intralciano lo sviluppo di imprese indipendenti e di attività di business156. Lo

studio dell’economia politica dell’Egitto, affrontato precedentemente, ha evidenziato come il Paese negli anni abbia costruito le basi per una politica economica neoliberista nella quale un ruolo importante è rivestito dal settore privato. L’applicazione dei principi neo-liberisti viene incentivata soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, in quanto considerata l’unica soluzione possibile per la crescita socio-economica di questi. Tuttavia, il caso dell’Egitto, così come degli altri Paesi della “Primavera Araba” sembrano smentire tale constatazione, laddove alla dubbia efficacia delle politiche neoliberiste si associa il contesto distorto, patriarcale e cleptocratico nel quale queste vengono applicate. La combinazione di questi elementi non ha fatto altro che alimentare la corruzione rallentando ancora di più una crescita economica già stentata e soprattutto moltiplicando il numero di disoccupati157.

Difatti, le politiche di liberalizzazione economica perseguite da Mubārak, soprattutto nell’ultimo decennio del suo governo, hanno fallito nel creare opportunità di lavoro adeguate al crescente numero di giovani laureati158. Le cause di ciò possono essere imputabili a due aspetti: da una parte, alla morsa stringente della corruzione, male atavico della società egiziana; e dall’altra parte, a cause di natura strutturale, che il processo di riforme economiche non è riuscito a modificare159. Riguardo a quest’ultimo punto è necessario considerare la struttura produttiva dell’economia egiziana: un’economia poco diversificata, dipendente in parte dal settore agricolo,

                                                                                                                                       

154 Dhillon and Tarik, Generation in waiting. The unfulfilled promise of young people in the Middle East. 155 Filipe R. Campante and Davin Chor, “Why was the Arab World poised for revolution?”Journal of

Economic Perspective. 26.2 (2012).

156 John Cassidy, “Prophet Motive”The New Yorker. , 2011.

157 “The economics of the Arab spring: Open for business?”The Economist. , 2011.  

158 Maria Cristina Paciello, “Youth Exclusion in North African Countries: Continuity or Change?,” in

Reversing the Vicious Circle in North Africa’s Political Economy Confronting Rural, Urban and Youth- Related Challenges, Mediterranean Paper Series, 2012.

159 Emna Gana-Oueslati and Jean-Yves Moisseron, “La Crise Ou La Fin Du Mythe de L’émergence En Égypte,” Maghreb - Machrek 206, no. 4 (2010): 17–39.

caratterizzato da una domanda di lavoro non qualificata; mentre, dall’altra parte, il settore energetico genera limitate opportunità di lavoro in quanto richiede specifiche competenze160. Ciò

dimostra come il fallimento della politica economica di Mubārak, così come della politica sociale, è dato da una mancata e superficiale analisi del contesto economico egiziano. Il rais non è stato in grado di sviluppare un contesto favorevole tale da determinare la crescita economica del Paese e soprattutto tale da poter garantire sviluppo e giustizia sociale, riducendo il tasso di disoccupazione tra i giovani laureati. Lo Stato riduce il suo ruolo di garante della gioventù egiziana ma non è in grado di sviluppare un sistema sostitutivo nel settore privato.

La mancanza di opportunità nel settore pubblico così come nel settore privato ha come conseguenza diretta lo sviluppo dell’economia informale, la sola capace di assorbire, seppur parzialmente, l’alto tasso di disoccupazione. A partire dagli anni Ottanta si è assistito ad una rapida crescita del settore informale nell’economia egiziana, con una percentuale di circa il 27% del Pil totale nel 1980 ad una media del 35% nel decennio compreso tra il 2000 e il 2010161. Date le percentuali qui indicate, si comprende come tale settore abbia un impatto significativo nel determinare il tasso di occupazione del Paese. In riferimento al tasso di occupazione giovanile, infatti, il settore informale assorbe il 50% della forza lavoro giovanile, in riferimento all’anno 2010/2011162. Tuttavia, ciò non può esser considerata come una soluzione sostenibile per lo sviluppo dell’economia e del capitale umano egiziano. Gli impieghi offerti dal settore informale sono per lo più stagionali o a tempo determinato, mal retribuiti, e soprattutto non contribuiscono alla formazione delle competenze per una migliore occupazione163. Ne risulta che la maggior parte di coloro che ottengono un primo impiego nel settore informale difficilmente riescono ad uscirne. Infatti, solo una percentuale irrisoria dell’11% di coloro impiegati nell’economia informale riesce, poi, ad inserirsi nell’economia formale164.

Alla luce degli aspetti fino ad ora considerati, le politiche di Mubārak sembrano aver fallito su due fronti: da una parte la promozione di un modello economico che non è stato in grado di

                                                                                                                                       

160 Paciello, “Youth Exclusion in North African Countries: Continuity or Change?”

161 Hany M. Elshamy, “Measuring the Informal Economy in Egypt,” International Journal of Business

Management and Economic Research 6, no. 2 (2015): 140 si veda Table 1.

162 International Labour Office, Statistical update on employment in the informal economy, vols., 2012.   163 Mulderig, “An Uncertain Future  : Youth Frustration and the Arab Spring An Uncertain Future,” 13. 164 Ragui Assad, Christine Binzel, and May Gadallah, “Transition to Employment and Marriage among Young Men in Egypt” (Washington DC, 2010), 12.

determinare la crescita del Paese attraverso il coinvolgimento della sua componente giovanile, lasciata ai margini nell’economia informale; e dall’altra, il fallimento del sistema d’istruzione, soprattutto superiore/universitaria. Quest’ultima fallisce nel realizzare le condizioni del così detto “edu-deal”165, secondo il quale l’istruzione superiore e l’ottenimento di un diploma rappresentano il requisito necessario per entrare nel mercato del lavoro, intendendo con ciò il settore formale dell’economia. Non solo l’istruzione superiore non è in grado di generare il ritorno economico auspicato, ma si presenta anche come un meccanismo di stratificazione sociale, perpetuando divisioni all’interno della società egiziana. In questo senso, gli aspetti qui considerati risultano avere un impatto negativo nello sviluppo socio-economico del Paese.

                                                                                                                                       

4.3. “Waithood”: il tempo dell’attesa

L’analisi condotta sul rapporto tra istruzione e tasso di disoccupazione ha messo in evidenza il margine limitato di guadagno dell’investimento nell’istruzione superiore, soprattutto in contesti con deficit strutturali e in difficili situazioni economiche. Gli elementi fino ad ora considerati determinano lo sviluppo di una nuova fase nella vita dei giovani studenti, definita negli studi di settore come: emerging adulthood166, sebbene questa definizione acquisisca una rilevanza diversa nel caso dei giovani egiziani. Al fine di chiarire questo aspetto, è necessario spiegare cosa s’intenda esattamente con l’espressione emerging adulthood.

“Emerging adulthood è una fase della vita nella quale molte direzioni possono essere intraprese, quando ancora si sa ben poco del futuro, quando le possibilità di scoprire il mondo in modo autonomo sono così alte come in nessun’altra fase della nostra vita”167.

Una fase della vita che si distingue per alcuni tratti dall’età adulta vera e propria in quanto fase di transizione verso la piena realizzazione della propria vita, intesa in termini professionali e personali. La manifestazione di questa fase avviene in due dimensioni basilari e, in un certo modo, consequenziali ovvero quella economica e quella culturale. Lo sviluppo della knowledge economy ha determinato dei nuovi paradigmi produttivi basati su specifiche competenze e alti livelli conoscitivi acquisibili attraverso il processo educativo, e ciò ha legittimato il concetto di indispensabilità dell’istruzione superiore/universitaria considerata come il solo mezzo per l’ottenimento delle capacità richieste dal mercato del lavoro. Questa estensione del periodo “scolastico-educativo” ha prodotto una dilatazione del periodo di giovinezza, ossia quanto definito come emerging adulthood, come dire che questa fase della vita non è altro che un prodotto dell’era post-industriale168. L’elemento economico ha un impatto sull’aspetto culturale di una società, per

tal ragione il fattore culturale si presenta come il secondo elemento fondamentale nel definire l’emerging adulthood, che risulta esser caratteristica di quelle culture nelle quali l’entrata nel mondo adulto è posposta: il matrimonio e la genitorialità sono, in genere, rinviate fino alla fine del periodo di formazione, per poi avere un periodo di ricerca da un punto di vista sentimentale prima del matrimonio, e allo stesso modo da un punto di vista professionale prima di ottenere un impiego

                                                                                                                                       

166 Jeffrey J. Arnett, “Emerging adulthood”American Psychologist. 55.5 (2000): 469–480. 167 Ibid., 469.

168 Mayssoun Sukarieh and Stuart Tannock, Youth rising? The politics of youth in the global economy, vols. (New York & London: Routledge, 2015).

in grado di garantire il sostenimento finanziario di un nucleo familiare, concludendo così la fase dell’emerging adulthood169.

L’emerging adulthood è un fenomeno che caratterizza anche la gioventù egiziana, sebbene con una connotazione differente rispetto a quanto enunciato precedentemente. Infatti, dall’analisi della definizione data, questa fase è vista come un’opportunità di scoperta, mentre per i giovani egiziani si presenta come una trappola. La gioventù egiziana si sente imprigionata in uno stato di prolungata giovinezza che compromette la totale partecipazione dei giovani nella società170. Il fallimento delle politiche economiche e sociali neo-liberali e l’instabilità politica hanno prolungato e reso ancor più difficile la transizione dei giovani studenti egiziani verso l’età adulta. In questa accezione negativa, tal periodo di transizione viene definito come: “waithood”171, sotto intendendo il tempo di attesa per la transizione verso l’età adulta. Laddove il passaggio a quest’ultima è determinato fondamentalmente da due fattori: l’indipendenza economica e, quindi, la formazione del proprio nucleo familiare. Nel momento in cui vengono a mancare questi elementi si crea un vuoto, una bolla temporale nella quale le speranze, i sogni e al contempo le delusioni e le frustrazioni dei giovani egiziani si fondano in un tutt’uno. In questa fase, uomini e donne si ritrovano a improvvisare le loro vite al di fuori di strutture familiari, economiche e politiche

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