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Le riforme neoliberiste: tra crescita economica e insuccesso educativo

3.1. Introduzione

Ḥosnī Mubārak sale al potere nel 1981, in seguito all’assassinio di Sādāt (1970-1981), ma è il 1991 a rappresentare una svolta significativa nella politica perseguita da Mubārak. Il primo decennio del governo di Mubārak si caratterizza per un approccio cosiddetto ‘tollerante’, fino alla svolta del 1991, che segna l’inizio della fase di ‘neo-autoritarismo’68. Il neo-autoritarismo di

Mubārak è un approccio politico, inteso nei termini di restrizioni di libertà fondamentali dell’individuo69, ma è anche un approccio di tipo economico. In questo senso, le riforme

economiche intraprese all’inizio degli anni Novanta, vengono considerate come uno strumento, non tanto di crescita economica, quanto di consolidamento del potere politico e garanzia di stabilità70.

Nel 1991, il Paese è sull’orlo di una grave crisi economica, conseguenza del fallimento di una crescita economica guidata e controllata dallo Stato71. Per ricercare le ragioni di questo fallimento bisogna andare in dietro nel tempo. Un breve excursus storico sulle politiche economiche dell’Egitto risulta necessario per comprendere, non solo quelli che sono gli elementi che hanno portato alla crisi economica del Paese nel 1991, ma anche e soprattutto per cercare di comprendere le scelte neoliberiste attuate dal governo di Mubārak, e dunque per analizzare le dinamiche instauratesi tra l’Egitto e la Banca Mondiale (BM). Quest’ultima, come anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI) rappresentano i maggior sostenitori della politica neoliberista.

                                                                                                                                       

68 Joel Beinin, “Neo-Liberal Structural Adjustment, Political Demobilization, and Neo-Authoritarianism in Egypt,” in The Arab State and Neo-Liberal Globalisation, the Restructuring of State Power in the Middle

East, ed. Laura Guazzone and Daniela Pioppi, Ithaca Press, 2009,pag. 21

69 In seguito all’assassinio di Sadat, il 6 Ottobre del 1981, Mubarak proclama lo stato di emergenza per il Paese, il cui prolungamento per oltre trent’anni, rappresenta la più grande limitazione delle libertà fondamentali, giustificando di fatto uno Stato autoritario

70 Maria Cristina Paciello, Egypt  : Changes and Challenges of Political Transition, MedPro Mediterranean

Prospects, Medpro Technical, and Report No. ? 2011; Ralph Miliband, The State in Capitalis Society, New

York: Basic Books, 1969.

71 Cammett et al., A Political Economy of the Middle East, 212.  

L’analisi delle politiche economiche realizzate da Mubārak e il sodalizio con la Banca Mondiale risulta necessaria per poter al fine di contestualizzare e comprendere le politiche educative del rais, soprattutto in riferimento alle riforme per l’istruzione superiore.

3.2. Mubārak e l’avvento delle riforme neoliberiste

L’ascesa al potere di Mubārak è segnata da uno dei crolli più drammatici dell’economia egiziana. Dopo un decennio di relativa crescita economica, il Paese si trova ad affrontare, a partire dal 1985, una delle più gravi crisi economiche. Il crollo del prezzo del petrolio, in seguito allo shock petrolifero del 1979, determina una drastica riduzione delle entrate statali, circa il 70% in meno del 1986. Nel caso dell’Egitto, per shock petrolifero non si intende solo la caduta del prezzo del petrolio esportato, ma anche la netta riduzione delle rimesse dai Paesi del Golfo72. A ciò si aggiunge il fardello costituito dal settore pubblico sulle casse dello stato. La Banca Mondiale nel rapporto del 1983 sottolinea l’insostenibilità dell’apparato pubblico egiziano, che si traduce in un deficit di circa il 20% nel rapporto tra la spesa pubblica (60% del Pil totale) e le entrate (40% del Pil)73. Tutti questi elementi sono aggravati dalla pressione dei tassi di interesse del debito internazionale, pari al 70% dei proventi delle esportazioni. La combinazione di questi elementi rende necessario un nuovo processo di negoziazioni con il FMI e la Banca Mondiale, nel 198774. Ancora una volta, però il Paese è incapace di mantenere le promesse fatte e per questo il FMI blocca i finanziamenti.

Intanto la performance economica del Paese non migliora e alla vigilia della guerra del Golfo (1991) l’economia egiziana è nel caos: il debito internazionale ha raggiunto circa 50 miliardi USD, i salari reali dei lavoratori egiziani non qualificati precipitano, mentre la disoccupazione è aumentata enormemente e la qualità dei servizi pubblici, quali la sanità, l'educazione e i trasporti, è drasticamente peggiorata. Inoltre, l’aumento della disoccupazione determina l’espansione del settore dell’economia ‘informale’75. Mubārak è conscio della situazione disastrosa dell’economia egiziana e al contempo è particolarmente sensibile alle pressioni dell’opposizione al processo di liberalizzazione politica. Tuttavia l’incapacità del Paese di rispondere alla crisi economica spinge Mubārak ad accettare i dettami del FMI e della Banca Mondiale, espressi nei dieci punti del Washington Consensus76.

                                                                                                                                       

72 Butter David, “Debt and Financial Policies,” London University, 1987.

73 The World Bank, “Egypt - Issues of trade strategy and investment planning” (1983): 1–507.

74 Roger Owen and Pamuk Sevket, A History of Middle East Economies in the Twentieth Century, I.B. Tauris, 1998, 138.

75 Cammett, A Political Economy of the Middle East, 248–249.

76 “Washington Consensus” è il termine coniato da John Williamson, ed indica una serie di politiche, dieci per l’appunto, che hanno come obiettivo lo sviluppo dell’economia dei Paesi in via di sviluppo. Alla base

Il piano economico promosso intende agire su due lassi temporali differenti. Dapprima una stabilizzazione economica nel breve termine, per poi procedere con un aggiustamento strutturale nel lungo termine77. Il processo di stabilizzazione prevede riforme di austerità mirate a ridurre la

spesa pubblica. L'apparato statale eretto da Nāṣir pesa enormemente sulle casse dello Stato e si è rivelato incapace di fornire in maniera adeguata i servizi di prima necessità. Nella fase successiva, quella di aggiustamento strutturale, si pone ancor più l'accento su questo aspetto, promuovendo il processo di privatizzazione delle imprese statali, la liberalizzazione del settore finanziario e del commercio, e la riduzione del ruolo dello stato nell'economia.

Mubārak fa delle riforme economiche un mezzo di potere, attraverso un’applicazione selettiva e controllata. Ciò significa, innanzitutto, un avviamento del processo di liberalizzazione graduale, in modo tale da mitigare gli effetti negativi sul piano sociale78. Difatti, il processo di privatizzazione viene rimandato ad una seconda fase, in modo tale da evitare significativi cambiamenti strutturali in seno alla società egiziana, che potrebbero compromettere la stabilità del governo. In secondo luogo, il processo di liberalizzazione avviene in maniera mirata, senza compromettere gli interessi dell’élite, ma anzi favoreggiandoli. Si rafforza il sistema di capitalismo clientelare, eredità del governo di Sādāt, nel quale il processo di privatizzazione viene inteso come uno strumento per la distribuzione di privilegi79.

L’approccio di Mubārak sembra esser valutato positivamente, perlomeno, in ambito internazionale. La Banca Mondiale esalta i risultati ottenuti dall’Egitto. Difatti, il Paese riesce ad ottenere risultati positivi per quanto riguarda la stabilizzazione economica. Il piano di riforma finanziaria determina un calo significativo del deficit governativo, dal 20% prima del 1991 al 4.7% nell’anno fiscale 1992/1993, e un ulteriore abbassamento a circa il 2% negli anni successivi. Percentuale che rimarrà invariata fino ai primi anni 200080. Nonostante questi elementi positivi, in realtà, la situazione politico-economica dell’Egitto non è facilmente riassumibile nelle percentuali

                                                                                                                                       

di queste riforme vi è l’idea secondo la quale l’economia di mercato favorisce la crescita economica più che un un’economia statalista. Difatti, il Washington Consensus si presenta come una risposta alle contraddizioni e alle iniquità determinate da un processo economico guidato dallo Stato.

77 Kienle, Politics from above, politics from below: the Middle East in the age of economic reform. 78 Maria Cristina Paciello, “Income Distibution in the Middle East and North Africa, 1960-2000,” in Flat

World, Big Gaps: Economic Liberalization, Globalization and Inequality (ed. Kwame Sundaram Jomo and

Baudot Jacques, Zed Books, 2007), 277.

79 Paciello, Technical, and No, Egypt  : Changes and Challenges of Political Transition, 5. 80 Cammett, A Political Economy of the Middle East, 249–250.  

positive sopra menzionate. Le riforme attuate da Mubārak hanno certamente determinato una crescita economica del Paese, ma le stesse riforme hanno inasprito le disuguaglianze sociali, determinando un forte bipolarismo: un élite sempre più ricca, che beneficia delle politiche di liberalizzazione economica, e dall’altra parte le classi meno abbienti fortemente colpite dal processo di privatizzazione e dalla riduzione dei servizi primari, quali educazione e sanità.

Come è stato detto, uno dei punti fondamentali nell’agenda neoliberista è la riduzione della spesa pubblica, includendo in ciò anche il sistema di welfare. Se nella prima fase del processo di riforma strutturale Mubārak aveva proceduto cautamente su questo punto, sebbene dal 1993 al 2003 ben 197 aziende pubbliche fossero privatizzate, è a partire dai primi anni 2000 che si ha la svolta decisiva. Protagonisti di questa nuova fase sono: Ǧamāl Mubārak, figlio di Ḥosnī Mubārak, e il Primo ministro Aḥmed Naẓīf, in carica dal 2004. Con la formazione del nuovo governo, Ahmad Naẓīf ha il compito di portare a termine il programma di aggiustamento strutturale, intensificando il processo di privatizzazione e riducendo al minimo la spesa pubblica. L’approccio neoliberista si riflette anche nella composizione strutturale del governo, ora dominata da esponenti della nuova élite economica. Nell’elezione del governo nel 2005, ben sei imprenditori vengono nominati a capo dei più importanti ministeri, quali: il ministero del commercio e dell’industria, dei trasporti, della sanità, dell’edilizia, dell’agricoltura e della previdenza sociale. A ciò si aggiunge la creazione del ministero degli investimenti nel 2004, nato con lo scopo di coordinare le politiche di investimento in modo tale da creare un ambiente favorevole agli investimenti privati. Attraverso queste decisioni si esplica chiaramente la volontà del governo, incoraggiata dal FMI, verso la piena realizzazione delle riforme neoliberiste tramite un drastico taglio alla spesa pubblica e in particolare ai sussidi al consumo. Dal 2006 l’aumento dei prezzi nella fornitura di servizi quali le comunicazioni, i trasporti e l’energia elettrica mirano a ridurre sempre più il ruolo dello Stato e a introdurre le dinamiche dell’economia di mercato. Associato all’aumento dei prezzi, è la riduzione del tasso di imposta per le imprese private, mantenendolo invece inalterato per le imprese pubbliche: secondo la legge di mercato, le imprese pubbliche saranno allora costrette alla privatizzazione per poter competere con le imprese private81.

Benché le politiche economiche del Washington Consensus abbiano come obiettivo principale lo sviluppo e la crescita economica, nel caso dell’Egitto come nella maggioranza dei Paesi in via di sviluppo, le riforme neoliberiste realizzate fanno sprofondare il Paese nella

                                                                                                                                       

81 Nadia Ramsis Farah, Egypt’s Political Economy (Cairo: American University in Cairo Press, 2009), 24– 29.

povertà.82 Gli effetti del programma di aggiustamento strutturale sulla società egiziana sono stati controversi, e hanno interessato tutti gli aspetti: quelli meramente economici ed anche, e soprattutto, quelli sociali. Difatti il programma di riforme proposto dal FMI e dalla Banca Mondiale considera solo i valori macroeconomici, sottovalutando l’impatto sulle variabili microeconomiche e sociali. Le valutazioni, perlopiù positive sull’andamento dell’economia egiziana, del FMI e della Banca Mondiale hanno raramente preso in considerazione elementi quali: il tasso crescente di povertà, la disoccupazione e più in generale lo sviluppo umano83.

                                                                                                                                        82 Ibid., 23.

83 K V Nagarajan, “Egypt ’ s Political Economy and the Downfall of the Mubarak Regime”International

3.3. Mubārak: dall’era dell’entusiasmo all’era del disincanto

L’eredità che Mubārak riceve dai suoi predecessori nell’ambito dell’istruzione e, nel caso specifico del sistema universitario, si presenta complessa e ambigua, se considerata in rapporto al valore che l’istruzione ha nel determinare coesione sociale e sviluppo economico. L’ascesa al potere di Mubārak è segnata da una situazione di caos, a livello economico e politico. Tutto il sistema costruito da suoi predecessori sembra non essere più in grado di reggere e così anche il sistema universitario. Lo stesso Mubārak pone l’accento su questo aspetto in un’intervista nella quale dichiara di “aver ricevuto in eredità un Paese in condizioni disastrose, con un’economia disastrosa, con un debito estero altissimo e senza infrastrutture”84. L’elenco degli elementi negativi continua menzionando anche tutto quello che è il sistema sociale, e nello specifico il sistema dell’istruzione.

La strategia di sviluppo del sistema d’istruzione superiore messa a punto dai predecessori di Mubārak, con un particolare riferimento alla politica di Nāṣer sembra non aver preso in considerazione un importante elemento, ossia una visione a lungo termine degli effetti collaterali di una politica populista. Il modello di uno Stato benefattore, in grado di garantire istruzione gratuita per tutti e un impiego pubblico a tutti i laureati in quello che è il sistema universitario più grande di tutto il Medio Oriente, può esser considerato sostenibile solo in determinate condizioni economiche.

A tal proposito, numerose sono le posizioni che sostengono che il fallimento del sistema di istruzione superiore egiziano sia dovuto esclusivamente ad una riduzione delle risorse economiche in seguito alla crisi economica degli anni Ottanta.85 Tuttavia, sebbene il taglio dei fondi rappresenti un elemento fondamentale, non può esserne ritenuto la sola causa, almeno che non si voglia adottare lo stesso atteggiamento miope tipico della politica governativa egiziana verso il sistema universitario. Nello specifico, l’atteggiamento portato avanti da Nāṣir, poi da Sādāt sino ai primi anni del governo trentennale di Mubārak è quanto definito passive risk approach.

Nei paragrafi successivi si intende analizzare l’atteggiamento politico di Mubarak, il suo passare da passive risk approach a diffuse risk approach, ossia attraverso un andamento cauto introdurre importanti cambiamenti nella struttura del sistema di istruzione superiore/universitario. Al fine di

                                                                                                                                       

84 Howard Schneider, “Mubarak’s method: Overshadowed by predecessors Nasser and Sadat, Egypt's leader has served longer, honed economy”Washington Post. , 27 Jun. 1999.

comprendere questo lento processo, si è deciso di dividere il trentennio mubārakiano in tre fasi principali corrispondenti ai tre decenni al potere del rais e indicanti le diverse politiche educative adottate.

3.3.1. Il primo decennio (1981-1990)

Mubārak sale al potere in una fase di assoluto caos, in seguito all’assassinio del suo predecessore, senza avere il tempo di poter elaborare una visione chiara e strategica inerente alle politiche universitarie. Il rais comprende la crucialità di questo aspetto nella politica interna del Paese, e ne percepisce l’esplosività sociale. Per tale ragione, decide di agire cautamente, ossia secondo quanto definito precedentemente come passive risk approach86, e cercando di eludere le pressioni internazionali.

In riferimento alle politiche economiche dell’Egitto descritte precedente, è noto che negli stessi anni in cui Mubārak è al potere, il Paese è stretto nella morsa delle politiche di aggiustamento strutturale, le quali prevedevano un netto taglio della spesa pubblica per lasciare un maggior margine d’azione al settore privato. Se si considera questo aspetto in relazione allo sviluppo del sistema d’istruzione superiore in Egitto, si comprendono le aspre critiche della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale alla politica educativa dell’Egitto. Le riforme per l’istruzione portate avanti fino ad allora si erano fondamentalmente concentrate sullo sviluppo del sistema d’istruzione superiore-universitario a danno dell’istruzione di base. Allorché la Banca Mondiale, sulla base del rapporto di Pritchett, afferma a partire dagli anni Ottanta, l’importanza per lo Stato di investire sull’istruzione di base e lasciando più libertà d’azione al settore privato per lo sviluppo del sistema superiore-universitario, così come è stato analizzato nel primo capitolo.

Per quanto concerne il sistema universitario egiziano, in questa prima fase (1981-1990) sulla base delle indicazioni della Banca Mondiale, il governo di Mubārak individua tre obiettivi principali per la riorganizzazione del sistema di istruzione superiore: l’abolizione della garanzia di un impiego pubblico; lo sviluppo di un nuovo sistema di accesso all’istruzione superiore in modo che vi sia una maggiore attinenza con le esigenze economiche per lo sviluppo nazionale; e il miglioramento della qualità dei programmi di istruzione superiore87. Individuate le aree di

                                                                                                                                       

86 Jamil Salmi, “The higher education crisis in developing countries: Issues, problems, constraints and reforms”International Review of Education. 38.1 (1992): 28.

azione, il governo si impegna nella preparazione di una nuova strategia, supportata dalla Banca Mondiale.

Il primo punto della strategia di Mubārak, nel primo decennio al potere (1981-1990), è da considerare in relazione alla capacità quantitativa del sistema d’istruzione superiore, essendo questa non più in grado di accogliere un numero in continuo aumento e con delle risorse finanziarie limitate, o per meglio dire mal distribuite88. Le strutture universitarie accolgono un numero di

studenti cinque volte maggiore rispetto alla capacità per le quale sono state progettate e costruite89. Un rapporto troppo elevato per poter garantire un’istruzione di qualità, e ancora un numero di difficile assorbimento nel settore pubblico egiziano, ormai saturo e incapace di assicurare un impiego a tutti i laureati90. Si fa riferimento alla politica approvata da Nāṣer che garantiva un impiego pubblico per tutti i laureati e diplomati, politica che resta in vigore anche con Sādāt e Mubārak, e di come questa abbia alterato l’equilibrio tra domanda e offerta91. A tal proposito, la prima azione del governo di Mubārak, al fine di ristabilire un equilibrio tra la crescente domanda per l’istruzione universitaria e l’offerta di mercato, è la sospensione della garanzia di un impiego pubblico per tutti i laureati. In realtà non si tratta di un’abrogazione formale della legge quanto più di una modifica volta a scoraggiare le aspettative dei giovani egiziani. Secondo la legge del 1973, il periodo di attesa per poter richiedere un impiego nel settore pubblico, presentando domanda al Ministero del Lavoro (Wizārat al-quwā al-ʻāmila wa al-hiğra), era di due anni per i laureati e di tre anni per i diplomati degli istituti tecnici-professionali; nel 1984 il periodo di attesa viene esteso, passando a tre anni e mezzo per i laureati e a quattro anni per i diplomati tecnici-professionali, per poi essere ancora esteso nel 1987, passando rispettivamente a cinque e a sei anni92. Sebbene non vi sia mai stata un’abrogazione ufficiale della legge e vi siano ancora dei registri contenenti tutti i nomi di laureati e diplomati, i dati di fatto mostrano che, dai primi anni del 2000, le assunzioni dei

                                                                                                                                       

88 Assaad Ragui, “Institutions, Household Decisions and Economic Growth in Egypt,” in Explaining

Growth in the Middle East (ed. Jeffrey Nugent and Hashem Pesaran, Elsevier, 2007), 391.

89 Beryl Lieff Benderly, “Education,” in Area Handbook for Egypt, Washington DC: U.S Government Printing Office, 1976, 92.

90 A.A. El Koussey et al., University Education and the Labour Market in the Arab Republic of Egypt (Oxford: Pe, 1982), 61; Howard Sacher, “Egypt and Israel” (New York: Richard Marek Publishers, 1981),177.

91 Assaad, “Institutions, Household Decisions and Economic Growth in Egypt,” 393.

92 Heba Handoussa, “The Burden of Public Service Employment and Remuneration: The Case of Egypt,” in Government and Its Employees (ed. Wouter Van Ginneken, Ginevra: International Labor Office, 1989).

laureati nell’amministrazioni pubblica hanno subito un arresto. Infatti, il 2004 rappresenta l’ultimo anno nel quale è stato offerto un impiego pubblico attraverso il sistema centralizzato del Ministero del Lavoro al gruppo di laureati del 1984 e ai diplomati del 198393. Questa politica, associata ad

altri importanti fattori che verranno analizzati nel capitolo successivo, ha determinato il fenomeno noto in tutto il Medio Oriente, e in particolar modo nel caso dell’Egitto, con il nome di “waiting

generation”94.

Mentre una grossa percentuale dei giovani egiziani resta bloccata in una fase di stand-by nell’illusione di poter ancora ottenere un impiego pubblico, dall’altra parte, la strategia del governo per alleggerire le casse dello stato è quella di limitare direttamente l’accesso all’istruzione universitaria. A tal proposito è necessario dire che le dinamiche che regolano l’accesso all’istruzione universitaria risultano essere fortemente elitarie o comunque basata su delle iniquità di fondo. Si tratta del fenomeno del Maximally Maintained Inequality95, secondo il quale nonostante un più ampio accesso all’istruzione superiore e una riduzione delle disparità di genere, le discriminazioni sociali e geografiche sembrerebbero aumentare96. Infatti, sebbene in Egitto l’accesso sia garantito a tutti, l’ammissione all’istruzione superiore è regolata da un rigido sistema di valutazione (General Secondary Exam), il cui punteggio rappresenta uno standard arbitrario,

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