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I «falsi» e i veri difetti del VaR

Capitolo 1: Introduzione al risk management

2.9 I «falsi» e i veri difetti del VaR

2.9.1 I sei «falsi difetti» del VaR

I modelli VaR sono stati, nel corso del decennio che va dalla loro introduzione fino ad oggi, spesso oggetto di specifiche critiche più o meno esplicite da parte di operatori, accademici ed esponenti degli organi di vigilanza. Tali critiche, seppure del tutto fondate, sono spesso il risultato di una scarsa comprensione delle finalità che tali modelli perseguono e delle motivazioni alla base del loro sviluppo. Nello specifico, i sei «falsi difetti» del VaR sono i seguenti37:

1. trascurano gli eventi eccezionali; 2. trascurano le relazioni di clientela; 3. si basano su ipotesi irrealistiche;

4. producono risultati fortemente divergenti; 5. amplificano l'instabilità dei mercati;

6. “arrivano troppo tardi, quando il danno è fatto”.

La prima critica afferma che i modelli VaR non sono in grado di far fronte a tutti quei possibili eventi cui un'istituzione finanziaria può essere soggetta. In altre parole, definendo ad esempio il rischio come la perdita massima nel 97,5% dei casi, si trascura un 2,5% dei casi. In realtà, sebbene questa critica sia formalmente corretta, non dobbiamo trascurare tre aspetti fondamentali. Anzitutto, i modelli VaR non hanno l'obiettivo di rendere una banca “non fallibile” ma di determinare la quantità di capitale necessaria per limitare il rischio di fallimento ad una percentuale accettabile. In secondo luogo, il livello di confidenza usato nel calcolo del VaR può essere arbitrariamente aumentato o diminuito con la conseguenza di un maggiore o minore grado di protezione. Infine, è opportuno rilevare come un livello di protezione totale, ossia del 100%, non sarebbe né teoricamente né praticamente perseguibile: una banca che desiderasse un simile livello di protezione e dunque desiderasse eliminare ogni forma di rischio, verrebbe meno alla sua funzione primaria, ossia quella di misurare, prezzare e gestire il rischio.

Una seconda critica di natura generale al metodo VaR riguarda il fatto di trascurare le relazioni di clientela in quanto “ la sua meccanica applicazione potrebbe indurre la banca a porre bruscamente termine a tutte le posizioni la cui redditività corretta per il rischio risultasse inadeguata”. A tale critica è sufficiente rispondere che il metodo VaR rappresenta un semplice strumento di misurazione e gestione del rischio a cui è naturale e necessario che si affianchino le valutazioni soggettive della direzione di una banca.

Una terza critica riguarda le ipotesi irrealistiche che sono alla base dei modelli VaR. Una possibile risposta a tale critica è quella di dire che ogni istituzione finanziaria presenta un'allocazione del capitale dettata dal tipo di attività svolte e dal livello di rischio delle stesse. La differenza consiste nel fatto che alcune banche conoscono, subordinatamente ad alcune ipotesi, la natura di tale allocazione., altre, invece, ne sono del tutto all'oscuro.

La quarta critica fa riferimento ai risultati divergenti prodotti dai diversi modelli VaR. In realtà, i risultati di un modello VaR dipendono fortemente non solo dall'approccio utilizzato ma anche dalle ipotesi adottate, dall'ampiezza del campione storico, dall'orizzonte temporale di riferimento e dal numero di fattori di rischio. Se i risultati di un modello sono considerati come unica determinazione del patrimonio necessario a sostenere il rischio assunto, è chiaro che tale divergenza dei risultati rappresenta un serio problema.

La quinta critica rivolta ai modelli VaR è quella di amplificare l'instabilità dei mercati. Se tutte le banche si dotano di un modello VaR, è chiaro che, in caso di eventuali cadute dei mercati, i loro trader riceveranno probabilmente il medesimo segnale operativo. In realtà, questa critica soffre di due limiti principali. Anzitutto, i modelli VaR adottati dalle istituzioni finanziarie non sono tutti uguali e soprattutto producono misure di rischio diverse. Inoltre, nel caso in cui si dovesse verificare una crisi di mercato, gli operatori delle diverse istituzioni finanziarie tendono ad adottare comportamenti uniformi, ma ciò è dovuto alla natura umana e alle modalità di funzionamento dei mercati finanziari. Infine, un'ultima critica alle misure di VaR riguarda il ritardo con il quale esse riflettono eventuali shock di mercato e la conseguente inefficacia nel prevenire le perdite. Tale ritardo è dovuto al fatto che i modelli VaR si basano sulla stima della volatilità storica per la previsione della volatilità futura.

In ogni caso, è importante riflettere su due aspetti. In primo luogo, l'incapacità di anticipare le variazioni estreme dei mercati rappresenta un limite di qualunque tecnica previsionale. In secondo luogo, la finalità di un modello VaR non è anticipare i possibili crolli ma generare in modo uniforme e coerente misure di rischio fondate su condizioni “normali”.

2.9.2 Due veri difetti del VaR

Dopo aver analizzato le principali critiche rivolte al modello VaR, passiamo ad analizzare due aspetti che sono oggettivamente veri, sono limitazioni metodologiche del VaR che non lasciano ampio spazio alla contestualizzazione. I due principali limiti del VaR sono38:

1. la dimensione delle perdite; 2. la violazione della sub-additività.

Per quanto riguarda il primo punto, come ho già accennato nel corso dell'elaborato, il VaR è una misura di tipo probabilistico che assume valori diversi in corrispondenza di differenti livelli di confidenza. Indicando con c il livello di confidenza e con L la perdita si ha infatti:

pr (L>VaR)=1−c

Ciò che è importante, dunque, è la probabilità che la perdita effettiva ecceda il VaR. Se dovesse verificarsi ciò, il modello non è in grado di fornire alcuna informazione circa la dimensione di tale eccedenza. Il VaR quindi potrebbe nascondere una perdita effettiva molto importante rispetto a quanto annunciato. Il secondo aspetto riguarda, invece, la violazione della regola della sub-additività. Questo termine si riferisce al fatto che il rischio di un portafoglio composto da più posizioni deve risultare non superiore alla somma dei rischi delle singole posizioni.

Per qualsiasi misura di rischio r sub-additiva vale la seguente condizione:

r (x+ y )≤r (x)+r ( y)

Tuttavia, in alcuni casi, tale proprietà può non essere soddisfatta e può accadere che:

VaR(x+ y )>VaR(x )+VaR( y)

Ciò avviene tipicamente quando la distribuzione congiunta dei fattori di mercato è caratterizzata da code spesse che quindi il VaR non coglie. Inoltre può essere causato dal fatto che il VaR relativo alle singole posizioni sottostima il rischio delle stesse ignorando completamente la dimensione delle perdite in eccesso.

Capitolo 3: L'Expected Shortfall (ES)

Premessa

Durante la seconda metà degli anni ’90, la letteratura si focalizza su modi alternativi per superare i limiti del VaR. Viene introdotta una nuova misura di rischio che si è diffuvsa velocemente tra le istituzioni finanziarie in quanto supera i due problemi del VaR descritti nel capitolo precedente ovvero la mancata considerazione della dimensione delle perdite eccedenti il VaR e la violazione della sub-additività. Questa misura alternativa è denominata Expected Shortfall39(ES).

Fonte: StatPro

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