Dalla terra di Caravonica in quel dO neglia sul principio del secolo X V I venne in Genova, e vi si accasò, un Poncello o Pon- selo o Ponzelo, forse capo d’ opera od architetto; ma di questo primo fattosi abitatore della nostra città, non vi è alcuna par
ticolare notizia, onde non si può accertare s’ egli fosse G ia
como padre d’ un omonimo, oppure Battista da cui nacque Domenico. Di questi due discendenti abbiamo sicura memoria, poiché li troviamo nominati nella convenzione fatta li 3 di
cembre 1555 dagli Esecutori della fabbrica della chiesa di Cari- gnano, per la provvista e lavorazione di una quantità di pietre di Fin ale; diversa è però l ’ arte da essi esercitata, il primo es
sendo indicato come scopelinus, 1’ altro in qualità d’ architector.
Giacomo s’ incontra poi in una istruzione di Galeazzo Alessi dell’ 1 1 maggio 15 6 7 , deputato ad alcuni lavori pel coro di detta chiesa. Trovasi eziandio un altro di questa famiglia per nome Giovanni fra i capi d’ opera, che ai 24 gennaio del 157 4 danno il loro parere intorno al luogo da preferirsi per edificarvi la casa dei canonici (1). Ora a questo stesso
(1) V a rn i, Spigolature artistiche nell’ archivio della basilica di Carignano, 4 , 3 5 , 6 1 .
G io v a n n i ai 2 4 gennaio del 15 7 5 viene concessa in locazione u n a c a sa su l ponte Spinola dai Padri del Com une, i quali a 3 fe b b ra io d e ll’ anno successivo lo eleggono architetto del-1 U ffic io . S e m b ra che in questa carica ei durasse fino al 1585, p o ic h é g li o tto febbraio vediam o nominato Andrea Ceresola- V a n n o n e ; m a l ’ anno dopo ai 26 settembre è richiamato in u ffic io , e n e l dicem bre del 15 8 8 gli viene aumentata l’ annua r e tr ib u z io n e . L e carte ci affermano come nel 1590 fossero p a g a te a G io v a n n i lire cento « ob assiduam diligentiam et labores continuos adhibitam et latos auctione pontis Calvorum », e c o m e i P a d r i il 9 m aggio approvassero il modello pre
se n tato da lu i, per la riform a della gradinata della chiesa di S . D o m e n ic o ; ci danno altresi notizia di una cappella costrutta so p ra i su o i disegni in Santa Maria delle Vigne nel dicembre del 1 5 9 1 ( 1 ) . In quest’ anno medesimo opera più importante g li e ra c o m m e s sa ; derivare cioè le acque di una sorgente, che sca tu riv a fu o ri le m ura dell’ Acquasola nella villa delle mo
n ach e In te ria n e e condurle a Palazzo; ma, qual se ne fosse la c a g io n e , l ’ opera non ebbe effetto (2).
N è q u este soltanto furono le opere alle quali attese Gio
v a n n i. A lu i si deve la chiesa di S. Ambrosio ricostruttao su lla m e tà d el secolo X V I , il palazzo Bianco in via Nuova in co m in cia to n el 1 5 6 5 , e l’ altro già dei Cambiaso, ora G a m b a ro , e h ’ ebbe principio nel medesimo anno (3). Nel T5 7 5 1° v ed iam o spedito dal D’ Oria nel suo feudo di L o a n o , « il cui a b ita to , cinto di antiche mura, volle G io v a n n i A n d re a più solidamente fortificare ed abbellire, m e rc è la edificazione di un palazzo con giardini, e varie o p e re di p ietà ». Due anni più tardi lo incaricò « di dirigere
( 1) V a r n i, E len co di documenti artistici, 20, 2 1 . — Ne r i, Noter elle arti
stiche n el G io r n a le Ligustico, anno IV , 318.
( 2 ) Po d e s t à, L ’ acquedotto di Genova, 4 4 .
(3) A l i z e r i, G u id a di Genova (ediz. 1875), 86, 155, 207.
la costruzione della rocca e di un palazzo » nell altio feudo di T o rrig lia ; e subito dopo gli affidava in Genova i lavori di quella parte dello storico palazzo, « che a partire dalla porta d’ ingresso a levante si sviluppa verso il mare, e quivi piegando a ponente circoscrive il giardino fino alla sua estre
mità ». N el 15 8 1 disegnava « con rara eleganza » insieme a Giuseppe Forlano i loggiati dei giardini inferiori in conti guità della sottoposta marina, e nel 1592 presiedeva ai ie- stauri della chiesa gentilizia di S. Benedetto, aggiungendovi Γ abside e il pronao nella pubblica via ( 1) .
Una sola volta mi è occorso il ricordo di Simone Pon- cello architetto, che nel 1578 riceve dai Padri del Comune una certa somma per non so quale lavoro (2).
Di Tom m aso e Sebastiano fratelli lascio memoria il So prani ( 3 ) , con pochi particolari, molte generalità, e lodi forse maggiori del vero. Afferma infatti del primo che « po chi furono gli edificii, che si dovevano fare in G enova, 1 quali non fossero da esso guidati, e con la pianta e con la direttione » ; aggiunge essersi la Repubblica servito di lui a preferenza d’ ogni altro « in opere di pregio e di valoie sia nella città come nel dominio » ; finalmente ci fa sapei e come sia stato ucciso di buona età da un suo cugino car
nale. Ma io lo trovo deputato nel 1603 da Giovanni Andrea D ’ Oria a costrurre una loggia presso al lago 0 serbatoio della villa soprana di Fassolo (4); nel 1605 presenta con altri architetti ai Padri del Comune i disegni pei magazzini
(1) Me r l i e Be l g r a n o, II p a la lo del Principe D' Oria negli Atti Soc.
L ig . Stor. Pat. X , 51, 52, 53, 6 1, 72.
(2) Va r n i, Elenco c it., 2 0 .
(3) Vite dei pittori, scultori ed architetti genovesi, ecc. Genova 1674 , 194, 195.
(4) Atti cit., 20.
dell’ A n n on a ( i ) ; così per mandato dei medesimi studia nel 16 0 7 e j6o9 intorno al prolungamento ed alle migliorie
del pubblico acquedotto (2).
A n ch e Sebastiano, secondo il Soprani, ebbe fama ed onori dai suoi concittadini, essendogli stati commessi molti lavori così pubblici come privati. Dal governo fu mandato a Sa
vona per sovrintendere alle fortificazioni di quella città, sotto la direzione del P. Vincenzo Maculano da Firenzuola. Ma 10 vediam o comparire in altri documenti: espone nel 1626 11 suo avviso circa alcuni lavori all’ Acquasola; ottiene licenza due anni dopo dai Padri del Comune di estrar pietre dalla C ava, e domanda nel 1640 il saldo del suo credito, per l’ o
pera prestata alla fabbrica della cortina tra il ponte Calvi e la D arsena (3). Per ultimo più volte è ricordato nelle carte che riguardano il pubblico acquedotto , intorno al quale in
siem e ad altri architetti fece molti studj dal 1623 fino quasi alla sua m orte, avvenuta nella peste del 1657 (4).
H o tralasciato avvisatamente di parlare con ampiezza di D o m en ico , nominato appena sul principio, perchè meritava un cenno speciale, come quello che seppe procacciarsi mag
gior fam a, anche per lavori eseguiti fuori della sua patria.
E g li dunque comparisce per la prima volta nel 1548 pre
posto alla distruzione del palazzo Fieschi in Via Lata; quindi nella citata convenzione del 1555 ; e Γ anno seguente con altri m aestri presenta due relazioni circa la fabbrica della canonica di Carignano, alla quale poi fa alcune addizioni approvate dall’ Alessi. N el 1560 attende alla erezione del palazzo Im periali, ora Scassi in Sampierdarena, a ciò
pre-( 1 ) V a r n i , Elenco c it. 2 1 . ( 2 ) Po d e s t à o p . c it. 4 6 , 4 7 .
( 3 ) Va r n i Elenco c it. 2 2 , 2 3 . — Al i z e r i, Guida di Genova (ed izio n e 1 8 7 5 ) , 2 5 0 .
Γ D EST A , o p . c it. 50, 5 2 , 5 5 , 56.
scelto dallo stesso Alessi, cui se ne deve il disegno, e cinque anni dopo insieme a Giovanni dà opera allo innalzamento del già ricordato palazzo bianco ( i) .
Ma già fino dal 1/60 egli era entrato al servigio del duca Emanuel Filiberto; poiché pensando questi di condurre un canale da Cuneo a Casalgrasso in beneficio dell' agricoltura e del commercio « ne diede carico al molto diletto architetto nostro M . Domenico Pannello; aggiungendogli di trasferirsi per visitare et livellar i luoghi, dove detto naviglio avrà da farsi » (2). E poco dopo colla convenzione dei 29 dicembre gli commet
teva la costruzione della nuova cittadella di Vercelli.
Dell’ opera del nostro Domenico rimase tanto soddisfatto il duca, specialmente per la fabbrica del forte di Montal- bano e per la difesa del porto di Villafranca, che con patenti del 14 febbraio 15 6 1 gli concedeva la nobiltà ere
ditaria, lasciandogli libera l’ aggregazione alla cittadinanza nizzarda o d i qualsivoglia altra città 0 luogo de’ nostri stati, dove g li sarà più comodo et a proposito di abitare, colla facoltà d’ usare lo stemma gentilizio consistente in « uno scudo d’ azzurro 0 sia celeste, nel quale vi siano un com
passo , una squadra et una riga nella parte soprana, et nella inferiore vi sia un lioncorno bianco corrente per un verdeggiante prato, et sopra esso scudo un bollettino con questa iscrizione: « virtus nobilitatem parit ». Questa onori
ficenza gli era conferita dal duca con parole di gran lode :
« Considerando le lodevoli et honorate qualità si d’ animo come della persona del molto diletto nostro messer Dome
nico Poncello, cittadino di Genova, il quale dalla tenera sua età sempre ha speso il suo tempo in oneste e lodate opere,
(1) Va r n i, Spigolature cit. 6 , 8, 1 0 .— Al i z e r i, op. cit. 155, 357, 647.
(2) Pr o m is, G li ingegneri militari che operarono 0 scrissero in Piemonte dal ijo o al 1650, nella Misceli, di Stor. Ital. XII, 464.
et rite n u to n elli servitii n o s t r i, sempre si è con molta sod- d isfa ttio n e nostra adoperato in tutte le cose da noi commessegli et m a s s im e n el dissegnar et fabricar il nostro forte di Monteal- b an o , et castello fatto per la difesa del nostro porto di Villafranca nel co n ta d o di Nizza, li quali col suo bello ingegno et industria si artificio sam en te ha fabricati, che nel tempo delle passate g u e r r e v e n e n d o grande armata de’ turchi per soggiogar il detto n o stro p o r to , poiché ebbero veduto et riconosciuto essi forti, a n c o rc h é n o n fossero perfetti ed atti alla difesa di esso porto, n o n eb b ero animo di a ssa lirlo , il che non solo è stato di g ra n g io v a m e n to per la conservatione de’ nostri stati, ma u n iv e rsa le beneficio a tutta la cristianità; et maiormente per a v e r p o i rid o tto esso castello in modo che se ne può ralle
g ra r e o g n i nem ico della maomettana setta. Et lasciando per b re v ità di esprim ere particolarmente tante sue lodate] attioni, d ire m o solam en te che per tutte sì ben si è adoperato nelli s e rv itii n o s t r i , et fattosi da noi conoscere sì meritevole del fa v o r e et g ra tia nostra, che ancorché l’ abbiamo deputato ar
ch itetto n o stro generale per tutti i nostri stati, lo giudi
ch ia m o d e g n o di essere onorato di maiori honori et premi ».
P a s sa ro n o dieci anni; nel qual tempo essendosi fatti esperti n e lla p ro fessio n e paterna anche i figli del Poncello, vennero dal duca nom inati architetti ed ingegneri a’ 1 6 gennaio 15 7 1.
« H a v e n d o noi negli anni passati tolto aìli servici nostri il n o b ile D o m en ico Poncello et deputatolo per nostro archi
tetto ed in g e g n e rò , nella qual arte egli con soddisfattione n o stra ha fatto quanto gli abbiamo com messo, et havendo n otizia d e lla sufficienza nella medesima arte di Bastiano e C e sa re P o n c e lli suoi figliu oli; persuadendoci che all’ imitar del p ad re deb b an o servirci con molto contento nostro, giunta 1’ affectio n e ch e hanno al servizio nostro, perciò ci è parso per q u este di co stitu irli e deputarli, come li costituiamo e deputiamo p er n o stri architetti et ingegneri ». Altri documenti ci mani
festano, com e Domenico oltre ai mentovati lavori attendesse alle fortificazioni di Torino, di Cuneo e di R iv o li, per cui ebbe un donativo di scudi 1500 e l’ annua pensione di scudi 600, coll’ obbligo di servire la corte ducale per tutta la vita. Il figlio Cesare lo vediamo occupato nei lavori di difesa a Villanova d’ Asti, a Fossano insieme con Ferrante Vitelli, e poi a Villafranca intorno a certe opere di riatta
mento nel palazzo ducale ( 1) .
A giusta ragione il C laretta, correggendo il Prom is, col conforto delle carte accennate, rilevava la patria di Dome
nico e dei figli, e mostrava come non debbano poisi nel novero dei semplici « impresarii 0 capomastri » esecutori dei disegni altrui, ma bensì in quello degli ingegneri.
A.' Ne r i.
V A R I E T À
D U E C O R RISPO N D EN TI GENO VESI DI SCIPIONE M AFFEI.
Ippolito Pindemonte, accennando alla gioventù dell erudito veronese, tocca dei suoi viaggi in alcune delle principali città d’ Italia, ed afferma che « in Genova si strinse d amicizia col gesuita Pastorini, che gli pose in mano il Chiabrera » , e ciò avvenne nel 1698. Or ecco una lettera che conferma sì fatta amicizia (2) :
( 1 ) C l a r e t t a , Ferrante Vitelli alla corte di Savoia, 10 . — P r o m is , 1. c.
(2) Si conserva autografa nella Biblioteca capitolare di Verona fra la Corrispondenza di Scipione Maffei, donde, col gentile consentimento di Monsignor Carlo de’ conti Giullari, la trascrisse il sig. avv. Pietro Sgul- mèro, del che mi piace qui ringraziarlo.
I l l : no Sig.re mio Sig.re e Proti. Col.mo.
Da quel tem po, eh’ io ebbi l’ onore di conoscere V . S.
Ill.ma ancor giovanetto in questa Casa Professa (di cui per sua e mia disgrazia or sono al governo) , ho sempre avuta presente e viva nell’ animo la cara Immagine delle gentili maniere, dell’ indole generosa, del raro ingegno, e dell’ in
tensa voglia non men di sapere che di giovare alle Lettere, eh’ io scorsi assai tosto nella sua Persona. Molto più poi questa Immagine del suo valore s’ è renduta col tempo bella e perfetta nella mia m ente, dopo che ho veduti con mio sommo piacere i bellissimi Parti della sua Penna. Due soli fin’ ora ne ho potuti avere sotto all’ occhio : ma bastar ben potrebbero a mio credere questi due soli per renderla glo
riosa nel grido, et immortale nel Nome. L ’ uno è la Merope, di cui mandommi esemplare il Sig. Marchese Orsi : e di questo io non saprei altro dire nè di meglio nè di più vero, che confermando a bocca piena tutte quell’ alte e ben dovute lod i, che quel virtuosissimo e gentilissimo cavaliere ne ha pubblicate, ponendole in fronte della stessa Tragedia. L ’ altro è il Dialogo in tre Libri diviso della Scienza che chiamasi Cavalleresca : e di questo (datomi solamente tre giorni sono in prestanza dal Sig. Lorenzo de M ari, e da me divorato nello spazio di soli due giorni) ciò eh’ io ne senta, ho cre
duto di doverlo in qualche foggia spiegare nel presente So
netto, che caldo caldo m’ esce di testa, e che potrà dar un saggio a V . S. Ill.ma di quel poco eh’ io possa, e di quel molto eh’ io pur vorrei contribuire alla gloria del suo Nome già sì sonoro. Quando senza suo incommodo Ella potesse favorirmi d’ un esemplare di questo suo incomparabile com
ponimento, come ancora degli altri fin’ ora pubblicati, ne re
sterebbe questa nostra Libreria non meno da L ei arricchita
che a L ei obbligata ; giacché qui, per cercarne eh’ io m ’ abbia fatto, non m’ è mai riuscito di poterli trovar veli. Ma os
servi se sono importuno, e se voglio farle costar caro un mi
serabile mio Sonetto in sua lode; perchè aggiugner debbo altra preghiera per altro favore che molto mi preme. Un certo Signor Gian Maria Cambiagio, onorato cittadino di Genova, e molto agiato de’ beni di fortuna, pretende d’ aver origine da’
Signori Scaligeri di Verona. Già sono più anni che va tra
vagliando et indagando memorie antiche quante ne può per fondare il suo pensiero. E tanto ha fatto e tanto ha pescato, senza perdonare nè a fatica nè a spesa, che gli è riuscito di trovarne non poche favorevoli al suo disegno. Io più d’ un lume gli ho dato di non suo picciolo giovamento. Per com
pimento delle sue inchieste saper vorrebbe se trovisi in Verona istoria alcuna manoscritta o stampata di Francesco Canobio o d’ altro Autore, la quale circa gli anni 1325 dica queste 0 simigliami parole: Alcuni di questi Signori Scaligeri si ritira
rono nelle Valli Ligustiche. Amerebbe ancor di sapere se fra tanti Scrittori che han fatto raccolta d’ Iscrizioni, trovisi la seguente : Sepulcrum Segurani de Camblasio, Haeredum et Suc
cessorum suorum, Oui fu it Vicarius Imperialis in Liguria anno 13 2 7 . Come ancora se altra memoria vi fosse di quel tale Vicario Imperiale ; poiché dicendo gli Storici Genovesi che tal dignità egli avesse da Lodovico il Bavaro, pare che di tal Uomo qualche luce aver si potesse dagli Archivj della Ser.ma Casa di Baviera. Mi perdoni V . S. Hl.ma un tanto ar
dimento di richiederla di queste notizie (0 mel rimetta, 0 mel condoni come meglio torna di parlare secondo le leggi della Scienza Cavalleresca) e mi creda eh’ io sono e sarò sempre fino eh’ io viva con tutto lo spirito e con tutto Γ ossequio
Di V . S. 111.™
Genova 17 15 , 15 Giugno Dev.”'° ed Obb.”'° Ser.or vero
G i a n B a t t a P a s t o r i n i d.a Comp.a di Gesù.
In fine a lla lettera si legge il sonetto nella stessa annun
ziato :
T e m p o verrà (deh tosto ven ga, o Dio) C h e quel d’ Italia in cuore alzato tanto D ’ O nor bugiardo Idolo vano e rio ,
C a d e r $edrò da tua gran Penna infranto.
A ll o r non più del fiero Nume a canto F u m a r vedrò del più bel sangue un rio , N è d’ orbe Madri o d’ orbe Spose il pianto R ig a r le gote in negro manto e pio.
T e m p io allor di Virtù 1’ Italia io scemo (C h e per falso valo re or giace al fondo) E tornar la Vendetta al patrio Inferno (i).
E g ià in quel Tem pio (alto Scrittor profondo) V e g g o ’ l tuo V o lto , e dico: ecco l’ Eterno M astro de 1’ Onor vero al nobil Mondo.
Il P a s to rin i, nato in G en ova ai 19 novembre 1650, entrato n ella co m p a g n ia di G esù nel 1666 dove professò nel 1684, e m o rto in patria li 26 m arzo del 17 3 2 , ebbe fama di buon p o eta e m e ritò le lodi del Salvini e del Muratori, dal quale v e n n e o n o ra to nella sua Perfetta Poesia. Del suo amore al- 1’ arte p o e tica ci rimane in prova un zibaldone di studj sopra alcu n i c la s s i c i , e specialmente sopra D ante, dove s’ incon
tran o qua e colà acuti rilievi (2).
È c u rio sa quella parte della lettera in cui domanda notizie g e n e a lo g ic h e intorno alla famiglia Cambiaso, perchè mostra il d e sid e rio che avevano questi patrizi di derivare la loro o rig in e d a g li Scaligeri. S i rivolse perciò Gio. Maria anche al M u ra to ri, e direttamente ( 3 ) , e per mezzo di Buonaventura
(1) R ia vendetta (variante autografa di G. B. Pastorini). — Farsi, e torn ar vendetta a l patrio Inferno (variante autografa di Scipione Maffei).
(2) M s. n e lla Biblioteca U niversitaria di Genova.
(3) N e ll’ a rch ivio muratoriano v i è una lettera di Giovan Maria Cam
biaso del 1 7 1 6 ( Mu r a t o r i, Scritti inediti; 263).
de Rossi ; ne ottenne qualche schiarimento, ma non in tutto conforme ai suoi desideri. Ben vi fu chi gli estorse danaro ingannandolo, come si ha da una lettera del de Rossi al Muratori in cui è detto : « Un nobile veneziano ha cavato da lui un gran profluvio di grossi denari per una piastra d’ argento trasmessagli con questa inscrizione, e con una serie di cani, di bandiere, di accette, armi, turcassi, come in festone scolpiti sopra Γ argento in forma di bandieruola, e con parole che dicono, in carattere figurato all’ antica, ma con scaltrezza : Canis Francisons primus prae altitudine animi et corporis db omnibus dictus magnus, prae amabilitate vultus et tractus a pluribus dictus Basius, quasi basia seu oscula trahens. Floruit Veronae anno M C C C F ad M C C C X X V III in quo omnium plo
ratu obiit Tarvisii. Nomine Magnus, opere Maximus. Se volessi c... il prossimo (compatisca V. S. Ill.ma questo termine) figurerei ancor’ io delle pastocchierie su un pezzo di marmo o di carta, ma perduto il concetto non si riacquista mai più, e la coscienza non mi permette di vendere falsità per cavarne borse d’ oro, come han cavato tanti birbanti che gli hanno portati quadracci vecchi, scritture chimeriche, ombre e simili c... di casa Scaligera » ( i ) . Di questa famiglia Cambiaso detto una compiuta istoria Pietro Paganetti, facendola, s’ in
tende , derivare dagli Scaligeri (2).
Ma tornando al Maffei, dirò come ei fosse in corrispon
denza anche con un altro genovese ; e questi fu Domenico Maria Muzio archivista del Collegio dei Notari, raccoglitore esperto e sollecito di memorie patrie, secondo ne fanno
(1) Delle lettere del Rossi ebbi copia dal eh. March. G. C am p o ri, al quale concesse cortesemente di estrarle dall’ Arch. Muratoriano il signor Pietro Soli Muratori.
(2) Il manoscritto avea per titolo : Istoria genealogica della fam iglia Scala Cambiaso; era alcuni anni or sono nelle mani di D. Luigi Grillo, ma dove sia finito non so. (Giornale degli studiosi, 1873, p. 34).
fe d e i m o lti m anoscritti che si conservano nella nostra Bi
b lio te c a c iv ic a . Dobbiam o alle sue premure se il Muratori p o tè sta m p a re nella sua gran raccolta lo Stella e il Mon- t a ld o , di ch e ci porgono manifesta prova le sue lettere al
l ’ in sig n e m o d an ese, e le risposte; oltreché se ne ha ricordo n e lle p re fa z io n i agli autori ricordati ( i ) .
O r a il M u zio avendo letta la Storia Diplomatica, ed essen
d o g li in un tem po venuti a mano non pochi documenti ri
g u a rd a n ti la fam iglia Maftei, così scriveva all insigne erudito.
g u a rd a n ti la fam iglia Maftei, così scriveva all insigne erudito.