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LA FAMOSA RELAZIONE SUL PROCESSO CENCI COSTRUITA AD ARTE

La storia giudiziaria e familiare dei Cenci non si mantenne viva nel ricordo popolare solo per semplice romanticismo o per una combinazione fortuita. Infatti, la vicenda era stata, in un certo modo, “riscritta” per motivi tutt’altro che elevati dai legittimi figli di Bernardo, Michel Bernardo e Francesco, e fatta circolare periodicamente sotto forma di resoconti. Queste relazioni erano tutte pressoché identiche e dal titolo

Relazione del parricidio di Francesco Cenci, origine e morte di Giacomo, di Beatrice Cenci e Lucretia Petronia loro matregna seguita in Roma l’anno 1599 alli

238 Mori, La famiglia Cenci cit., p. 362. 239 Ivi.

77 11 di settembre di sabbato. Il proposito dei due fratelli era quello di dimostrare

l’avvenuto riscatto della famiglia dal delitto e l’innocenza del loro padre Bernardo Cenci, graziato dalla morte e regolarmente scagionato dietro pagamento di 25.000 scudi alla compagnia di San Marcello in occasione della festa di Santa Croce. Poco importava se Bernardo Cenci aveva in realtà dovuto subire sei anni di prigionia tra Castel Sant’Angelo e le galee di Civitavecchia e un anno di esilio prima della libertà, se il marito della sorella maggiore di Beatrice si chiamava Lutio Savelli e non Gabrielli e se le età dei fratelli erano state tutte diminuite. L’essenziale era convincere della bestialità e ferocia di Francesco Cenci e creare un legame empatico tra i lettori e Beatrice, a favore della quale “la Relazione trova un valido movente al comportamento […] ma non la difende, considera la sua condanna giusta e inevitabile, la presenta non come una fanciulla indifesa, ma come indomita guerriera che spinge i sicari all’omicidio deridendone l’indecisione”240

.

Nella Relazione è presente anche una dettagliata descrizione dell’estremo supplizio, funzionale alla sensibilizzazione del pubblico, un continuo accostamento per somiglianza fisica della figura di Beatrice, già cara al popolo, a quella di Bernardo e un finale magistrale, nel quale si riferisce della fantomatica liberazione del fratello minore e della sua discendenza, tralasciando completamente di nominare i figli di Giacomo.

Inoltre non sembra esservi alcuna polemica antipapale, come sottolinea Elisabetta Mori nel saggio La famiglia Cenci: il percorso della memoria. L’unica recriminazione fatta a Clemente VIII è quella di “sordità agli appelli dei fratelli Cenci, e il suo non aver dato alcuna risposta ai memoriali di Beatrice”241.

La paternità di questi resoconti fittizi è stata attribuita recentemente a Michel Bernardo e Francesco Cenci, grazie a un attento confronto tra gli eventi cruciali della storia familiare e patrimoniale dei due figli di Bernardo e gli anni di maggiore diffusione di tali scritti. Il risultato è stato quello di una curiosa corrispondenza: la

Relazione più antica risale al 1661, lo stesso anno in cui morì il primogenito Michel

Bernardo senza figli. In quell’anno la discendenza di Giacomo reclamò lo scioglimento del patto del 1626, essendosi già estinta la discendenza maschile primogenita di Bernardo, ma per decisione rotale l’accordo continuò a essere in

240 Mori, La famiglia Cenci cit., p. 351. 241 Ibid., p. 354.

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vigore e il beneficiario divenne Francesco, fratello minore di Michel Bernardo per l’appunto. Il secondo picco di diffusione avvenne nel 1742 e anche in questo caso vi fu una singolare coincidenza. Infatti, al figlio di Francesco, Giovanni Cenci, morì proprio quell’anno l’unico figlio maschio e si dovette ricorrere alla discendenza maschile di un’altra sua figlia, Emma Giustina Cenci, sposata con Mario Accoramboni. Il momento era estremamente delicato, il patto del 1626 era nuovamente a rischio, ma l’impasse si risolse anche questa volta in favore dei discendenti di Bernardo e la trasmissione di quei beni continuò in linea femminile senza intoppi fino alla morte di Filippo, il figlio di Emma Giustina, e alla conseguente eredità della vedova Virginia Pepoli. A questo punto, infatti, i discendenti di Giacomo passarono alle vie legali per ottenere lo scioglimento dei loro obblighi, contratti nel 1626, nei confronti degli scomodi parenti e per riappropriarsi dei beni ereditati dalla Pepoli. Le vertenze del 1807 e del 1808 ebbero successo e la vedova dovette restituire l’intera eredità corrispondente a Bernardo e passata a Filippo per via della madre, la transazione fu ultimata solo nel 1836 a favore delle famiglie Maccarani e Sampieri, i nuovi legittimi eredi del fedecommesso Cenci. Malgrado l’epilogo sfavorevole per i pronipoti di Bernardo, le Relazioni ebbero certamente un forte impatto sull’opinione pubblica, della quale ne orientarono e determinarono il giudizio, e un’importante responsabilità nel mantenere vivo il triste ricordo del processo Cenci e dei suoi protagonisti.

Tra il Settecento e l’Ottocento, poi, crebbe la necessità che queste copie, presenti in modo massiccio nelle biblioteche italiane, fossero considerate coeve e quindi autentiche, di qui l’utilizzo del tempo presente e il modo di scrivere più antico nelle trascrizioni di quegli anni. L’operazione riuscì, tanto che furono considerate copie di resoconti e memorie di contemporanei al processo da letterati e scrittori come Stendhal242, Percy Bysshe Shelley243, Ludovico Antonio Muratori244, Francesco Domenico Guerrazzi245 e Filippo Scolari246. Scolari addirittura sostenne che

242 Stendhal, I Cenci cit. 243

Shelley, The Cenci cit.

244

Muratori, Annali d'Italia cit.

245 Guerrazzi, Beatrice Cenci. Storia del secolo XVI cit. 246 Scolari, Beatrice Cenci. Causa celebre criminale cit.

79 la Relazione nascerebbe da una procedura seguita nei processi clamorosi e nei grandi fatti di cronaca: “si dava incarico a’ rispettivi curiali di fare un sommario del processo e questo mandarlo riservatamente alle corti perché n’avessero piena contezza”.247

La comunanza di fonti tra gli scrittori dell’Ottocento non determinò, comunque, un giudizio concorde e scevro da polemiche e discussioni e di questo se ne presenterà un esempio nel seguente paragrafo grazie a due brani significativi tratti dal romanzo storico di Guerrazzi e dall’opera di Scolari.

Tornando ai primi geniali ideatori del “piano delle Relazioni”, è stata un’ulteriore conferma della loro identità e dell’intenzionalità degli errori presenti in quei documenti il ritrovamento di Elisabetta Mori nell’archivio Cenci Bolognetti della

Relazione datata 1661. Lo scritto presenta numerose postille effettuate evidentemente

da qualcuno in possesso delle carte processuali, le quali furono detenute dalla discendenza di Giacomo fino al 1760, perciò, considerando anche la datazione, si può dedurre che l’autore di quel lavoro di revisione fu Cristoforo Cenci, fratello di Felice e promotore del famoso accordo del 1626. Il fatto poi che nelle successive

Relazioni non siano assolutamente presenti tali correzioni, porta a concludere che

quel ramo dei Cenci era totalmente estraneo alla circolazione di quei resoconti, fatto da imputare, a questo punto a maggior ragione, ai due figli di Bernardo.

IL DELITTO CENCI CONTINUA A FAR PARLARE: LE