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Il terzo step è il cuore del laboratorio. I bambini con il mio incoraggiamento vengono fatti avvicinare alla cattedra dove sono disposti tutti i materiali con ordine casuale, senza rispettare la suddivisione circa il loro utilizzo per le cinque tecniche. Tenendo a disposizione le immagini proiettate alla lim, i bambini devono riconoscere:

1. La parte di tela anonima, presentata all'inizio dell'incontro, che risulta la più simile alle opere proiettate. Da qui il bambino intuisce la prima parte di tela che si andrà a riproporre in modo creativo e personale.

2. Quali sono i materiali necessari per la realizzazione di quella tecnica. Sono i bambini infatti che autonomamente, un po' come una caccia al tesoro, devono indovinare quali sono i materiali giusti. A volte la tecnica inganna, e non è semplice risalire alla tipologia di strumento da utilizzare. Ai bambini viene lasciato il tempo necessario per formulare alcune ipotesi: nel caso in cui esse siano scorrette, l'educatore guida il bambino, senza imposizioni, verso l’individuazione della natura dell'errore e alla riformulazione della propria ipotesi. Quando tutti i materiali e gli strumenti vengono individuati, i bambini sono pronti per cominciare.

Una volta seduti sui banchi e indossato il grembiule (ricavato da un sacchetto grande per i rifiuti), l'educatore mostra ai bambini la tecnica. Lo spazio riservato al linguaggio verbale è minimo: tutto verte sull'azione pratica e sull'esempio, molto più velocemente assimilabile. Una volta distribuite le poche semplici, chiare indicazioni ai bambini vengono distribuiti i materiali. Alle proiezioni delle opere, che continuano ad essere disponibili, si aggiungono le immagini stampate delle stesse, in formato A5, che vengono fatte passare tra i bambini e lasciate a disposizione tra i tavoli.

In questo modo il bambino sceglie se avere come guida un supporto di tipo cartaceo, o se muoversi dalla sua postazione di tanto in tanto per scrutare il supporto digitale. Il bambino solitamente in aula è sottoposto ad una pressione costante, vissuta più o meno intensamente in base ai caratteri personali, che deriva dall'obbligo di rimanere seduto. La possibilità data dalla proiezione digitale in questo caso amplifica le possibilità mobili del bambino che può

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alternare il momento di stasi, mentre si accinge alla creazione della sua opera, al momento di movimento che permette anche il confronto e il dialogo con i compagni che osservano come lui ingrandita l'immagine dell'opera.

La fase produttiva coinvolge due aspetti circa il rapporto instaurato tra il bambino e l'opera:

Aspetto a). Apprendimento ed esecuzione

Questa fase prevede il confronto con la 'regola'. Una volta fornite le istruzioni - guida, il bambino ripete quello che ha appreso. Questa operazione viene eseguita su fogli di carta di seconda mano, ritagli utili per provare e sperimentare. Questo momento permette al bambino di accrescere il suo bagaglio di conoscenze attraverso l'esperienza e l'azione, e quindi un rapporto attivo con i materiali. Tuttavia il bambino non impara la tecnica ufficiale adottata dagli autori, ma piuttosto un modo alternativo per realizzarla con materiali semplici ed alternativi. Questo si accorda con gli obiettivi di progetto, che non riguardano l'apprendere la tecnica così com'è stata concepita, ma piuttosto l’avvicinare i bambini ad una realtà, quella dell'arte contemporanea, calandola in una situazione in cui i materiali scelti sono quelli più umili, disponibili nella quotidianità. E' importante che il bambino giunga ad un rapporto sereno con gli strumenti e la loro gestione, e sopratutto che scopra come da uno stesso strumento di partenza possano derivare mille nuove opzioni. Parlo infatti di 'possibile' tecnica proprio perché la priorità non è data all'adozione dei medesimi materiali di cui si son serviti gli artisti (non tutti i materiali utilizzati sono corrispondenti in tutto e per tutto alle opere prese come modello).

Al bambino viene offerta come esempio una delle soluzioni possibili, che simula quanto più possibile la resa originaria, ma che si cala nella realtà dei materiali semplici. In questa fase il bambino è invitato a fare esperienza con ciò che viene prima dell'opera finale. Non mira quindi al coinvolgerlo dal punto di vista critico riflessivo, rispetto al tema o al significato di un’opera, argomenti adatti ad un fruitore adolescente e invece inadatti all'età dei bambini in oggetto; punta quindi al processo e all’apparato di gesti e fasi che ha generato quell'opera.

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Aspetto b). Elaborazione personale

E' lo step successivo che prevede l'istintivo apporto personale del bambino che, nella sua fisiologica tendenza a valutare il mondo attraverso il suo filtro, è portato a sommare il proprio intervento a quanto è stato assorbito. Si tratta del momento più entusiasmante: al bambino, una volta appresi i dati proposti dall'educatore, sono garantiti spazio e tempo (una mezz'ora abbondante) per accingersi alla tela con il proprio universo. E' la fase di elaborazione personale, cui segue quella produttiva che si emancipa dalla mera 'copia' di ciò che è già stato fatto e dà libero sfogo alla creatività individuale. Protagoniste di questo momento sono le variazioni, le modifiche, i capovolgimenti della 'regola'. La regola è infatti indispensabile per il bambino; senza di essa non vi sarebbe produzione, perché senza un limite non si potrebbe superarlo. La regola d’altronde, serve soprattutto per essere rovesciata. Munari ricorda che ogni problema di comunicazione visiva è dotato sempre di una regola, altrimenti sarebbe solo confusione,106 ma sottolinea al contempo la necessità di trovare soluzioni altre a quello schema di base.

Ogni bambino, dopo le sperimentazioni sulla propria carta di prova, procede con l'intervento sulle tele, utilizzate su un solo lato, ad eccezione dei laboratori di Alberto Burri e Jean Mirò che sono stati realizzati facendo uso sia del fronte che del retro del supporto. Questa scelta rappresenta un esempio della 'rottura della prassi' che normalmente vincola ad un utilizzo parziale della tela; in questo caso viene sperimentata la possibilità di sfruttare totalmente lo spazio a disposizione, dotando la tela di ben due opere realizzate dai bambini.

Altra particolarità riguarda il supporto 'di prova' utilizzato in occasione dell'incontro dedicato a Jackson Pollock. I fogli di piccolo formato sono stati sostituiti da un grande foglio unico di carta da pacchi, posizionato su sacchetti di plastica appositamente fissati e fatti aderire al pavimento in via protettiva. In questo caso l'esperienza di elaborazione e produzione è stata realizzata collettivamente: ogni bambino munito di pennelli di diverse taglie e di tempera dei colori primari più il nero, ha partecipato alla realizzazione del grande foglio,

106 Giancarlo Politi, “Le regole del gioco,” Flash Art, n. 163 (1991). http://www.munart.org/doc/bruno-munari-g-politi-flash-art-1991.pdf

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sperimentando la caratteristica 'danza pittorica' che caratterizza le produzioni dell'autore americano. Per l'intera durata della fase produttiva l'attività dei bambini era accompagnata da un accompagnamento sonoro che poteva stimolare reazioni diverse nel libero utilizzo del pennello e dei colori. Si trattava di musica scelta dal repertorio classico, variata nella dinamica e nell'atmosfera che suggeriva, proprio per amplificare dal punto di vista emotivo la partecipazione attiva dei bambini.

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