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3. UNA PROPOSTA METODOLOGICA DI TRADUZIONE AUDIOVISIVA

3.1 Le fasi della traduzione audiovisiva

Il discorso teorico presentato nei primi due paragrafi è servito a inquadrare la posizione della TAV in ambito accademico e la deontologia del traduttore di audiovisivi, sottolineando come l’interculturalità implicita nel processo di traduzione generi degli ostacoli talvolta insormontabili, su cui la teoria traduttologica si dibatte tuttora senza riuscire a raggiungere alcun risultato definitivo. Tuttavia, è apparso altresì evidente come l’assenza di una sistematicità interna alla disciplina non può né deve scusare una mancanza di metodo, poiché si può affermare con certezza che l’individuazione di alcuni parametri fissi, congiuntamente ad altri strettamente contestuali, ha permesso uno sviluppo sempre più puntuale della disciplina, facendone apprezzare l’alto valore artigianale anziché esasperandone una meccnicismo probabilmente irraggiungibile né tantomeno auspicabile.

Chi si occupa di TAV deve disporre di un bagaglio strumentale specifico, imprescindibile per un buon risultato. Quanto detto sinora ha rivelato come la ricerca d’una corrispondenza biunivoca fra significati e parole appartenenti a due linguaculture differenti non sia che una mera utopia, e come la traduzione - non potendo realizzarsi a livello sistemico, data l’incommensurabilità semantica e strutturale soggiacente a qualsiasi coppia di lingue - avvenga esclusivamente fra singoli testi. Questa discrezionalità della traduzione è motivata dalle peculiarità stesse della pragmatica, la cui dimensione contestuale non consente l’elaborazione di alcuna teoria normativa. Nonostante ciò, l’esperienza ormai decennale maturata in ambito di traduzione audiovisiva ha prodotto materiale sufficiente per elaborare delle metodologie applicabili su ampia scala e ordinate secondo una prassi ricorrente. Seguendo il modello indicato da

Borghetti (2011)37, si propone di seguito uno schema procedurale con cui inquadrare le varie fasi della TAV. Sì è altresì provvisto ad apporre alcune modifiche rispetto allo schema di riferimento, motivate dal passaggio da una prospettiva glottodidattica a una prettamente traduttologica che risultasse modellata sui primi due paragrafi della presente ricerca. Tali fasi sono:

a) visione completa dell’audiovisivo; b) ricerca;

c) timing e traduzione;

d) editing a analisi dei feedback;

A livello operativo, queste fasi seguono uno sviluppo cronologico che non esclude tuttavia uno scambio d’informazioni dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto. Infatti, quanto più si manterrà biunivoco il contatto fra i diversi passaggi, tanto più la versione finale dell’audiovisivo presenterà una coesione e organicità commisurate al potenziale comunicativo iniziale, sia in termini linguistici che culturali. Segue l’esposizione dettagliata dei singoli passaggi dell’analisi testuale.

a) Visione completa dell’audiovisivo

Visionare interamente il film è fondamentale per prendere coscienza del prodotto in tutta la sua portata, così da ottenere, già in prima battuta, una panoramica generale su dati fondamentali quali il linguaggio adoperato, i registri impiegati, le classi sociali coinvolte, gli elementi culturo-specifici presenti, la dimensione culturale di sfondo e i possibili nodi tecnico-linguistici da affrontare in sede di traduzione. In questa fase vengono chiamate in causa le conoscenze enciclopediche del traduttore, in modo da attivare sin da subito il processo di decodifica del testo, verbale e non. Al lavoro sull’audiovisivo si deve affiancare la formulazione di domande e d’ipotesi circa il film, il pubblico di partenza e il pubblico d’arrivo, come, ad esempio, qual è il genere del                                                                                                                

37    Borghetti, C., (2011), Intercultural Learning through Subtitling: The Cultural Studies Approach, pp.

111-137, in Incalcaterra McLoughlin L., Biscio M., Ní Mhainnín, M. Á., (a cura di), (2011),

testo originale e se la traduzione deve o può coincidere con la stessa varietà testuale (Morini: 2007, p. 104)38, o quale sia il pubblico ideale per il film in questione (Eco: 2004)39, in modo da calibrare una traduzione che si attagli alle competenze degli spettatori. Si deve poi considerare l’esistenza d’equivalenti funzionali nella TLC di un fenomeno specifico della SLC, poiché il linguaggio, come osservato in § I.2.1, porta tracce idiosincratiche culturalmente determinate. Infine, è di massima importanza condurre un’attenta valutazione della lingua in sé, analizzandola nelle sue variazioni diatopiche, diastratiche e diafasiche e cercando una possibile equivalenza nella TL. b) Ricerca

In questa fase, il traduttore tenta di verificare le proprie ipotesi e di rispondere alle domande iniziali. L’utilizzo di internet, dizionari, pubblicazioni cartacee, esperienza personale, corpora, ma anche domande rivolte a madrelingua della SL, sono di fondamentale importanza per dominare il materiale esaminato. In realtà, questo processo di documentazione deve continuare per tutta la durata della traduzione, poiché si configura come un’operazione di arricchimento linguistico e culturale, al cui progredire migliora anche la capacità di decodifica delle informazioni raccolte nel testo. Ci si accorgerà che il modello proposto di seguito, per i primi due punti procede parallelo al materiale teorico proposto nelle prime due sezioni, pertanto se la ricognizione presentata al punto a) ingloba le riflessioni esposte in § I.2.1 circa la necessità d’individuare possibilità e limiti della traduzione, il punto b) coincide con le problematiche testuali espresse in § I.2.2, laddove si è riconosciuta l’importanza di un’analisi dettagliata degli aspetti paralinguistici (cinesica, prossemica ecc.), socioculturali (intuizioni di Hofstede e Lotman-Uspenskij) e delle potenziali fonti di misunderstanding, preservando ovviamente la doppia visione intra e interculturale auspicata sin dall’inizio.

                                                                                                               

38  Morini, M., (2007), La traduzione: teorie, strumenti, pratiche, Sironi, Milano, in Borghetti, C.,

(2011), Intercultural Learning through Subtitling: The Cultural Studies Approach, pp. 111-137, in Incalcaterra McLoughlin L., Biscio M., Ní Mhainnín, M. Á., (a cura di), (2011), Audiovisual

Translation Subtitles and Subtitling. Theory and Practice, Peter Lang, Bern.  

39  Eco, U., (2004), Lector in fabula: la cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani,

Milano.

c) Timing e traduzione

Qui comincia finalmente la vera e propria fase di traduzione, in cui il linguaggio e la dimensione diamesica dello stesso assumono posizione centrale, e tutta la documentazione teorica raccolta sinora, insieme alle informazioni immanenti al testo audiovisivo dedotte sia dal livello uditivo sia da quello iconico, vanno convogliate nel sottotitolo. In questa fase più che in altre le decisioni del traduttore devono essere vagliate in base a limiti tecnici assenti nell’oralità, poiché, in accordo con Hatim e Mason (1997)40, il passaggio da oralità a scrittura, lo spazio e il tempo finito in cui il

sottotitolo deve scorrere, la sincronizzazione di testo e audio e, infine, eventuali riduzioni del testo originale, fanno sì che la riflessione teorica iniziale si concretizzi in degli adattamenti basati talvolta su dei veri e propri aut-aut in cui si produce una dissipazione semantica irrecuperabile. In § I.3.2 tratterò nel dettaglio questa fase c), tralasciando tuttavia l’operazione di timing, in quanto parte di un processo prettamente meccanico che non pertiene all’impostazione traduttologica intorno a cui ruota il presente studio.

d) Editing e analisi dei feedback

Borghetti (2011, p. 132) considera l’editing come la fase di riflessione finale in un processo d’apprendimento glottodidattico rivolto agli studenti di una qualsiasi L2, ma le stesse domande autovalutative proposte nel suo articolo possono essere comunque utilizzate per stilare un rendiconto qualitativo su di un qualsiasi lavoro di traduzione audiovisiva. I capi d’analisi sono:

i) autore e testo: i sottotitoli rispettano la durata del film? Le scelte lessicali e sintattiche sono appropriate? È possibile assimilare il pubblico modello del                                                                                                                

40  Hatim, B., Mason, I., (1997), The Translator as Communicator, Routledge, London, pp. 65-66, in

Borghetti, C., (2011), Intercultural Learning through Subtitling: The Cultural Studies Approach, pp. 111-137, in Incalcaterra McLoughlin L., Biscio M., Ní Mhainnín, M. Á., (a cura di), (2011),

Audiovisual Translation Subtitles and Subtitling. Theory and Practice, Peter Lang, Bern.  

TT a quello del ST? Cosa potrebbe obiettare il regista o lo sceneggiatore alla resa testuale in TT?;

ii) cultura del ST: l’immagine data dal testo scritto originale appare di per sé credibile al pubblico cui è destinata la traduzione? Essa rispetta differenze e peculiarità se comparata con l’immagine che pubblico della TT ha della ST?; iii) cultura del TT: i sottotitoli sono facili da leggere? Il pubblico d’arrivo riesce a

relazionarsi ai sottotitoli senza che questi obliterino il contesto culturale originale presente in sottofondo? Il pubblico del TT si relaziona al film nello stesso modo in cui lo farebbe quello del ST?

Lungi dall’essere oziosi, questi interrogativi aiutano a puntualizzare alcune sviste inevitabili che spesso occorrono durante la scrittura dei sottotitoli, e a riportare il focus dell’analisi sul piano interculturale, valutando così la performance traduttologica anche in base al feedback ricevuto dal pubblico. Uno dei rischi maggiori della TAV, infatti, è che il traduttore perda coscienza del fatto che le proprie competenze linguistiche e socioculturali, superiori a quelle del pubblico, rischiano di produrre elementi testuali chiari solo a un addetto ai lavori. Successivamente verrà chiarita l’esistenza di due approcci orientativi diametralmente opposti circa la conservazione inalterata o la traduzione degli elementi culturo-specifici, ma per ora basti sapere che più materiale idiosincratico si mantiene così com’è, più elevate dovranno essere le competenze richieste dagli spettatori coinvolti nella fruizione dell’audiovisivo.

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