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3. UNA PROPOSTA METODOLOGICA DI TRADUZIONE AUDIOVISIVA

3.2 Gli strumenti della traduzione audiovisiva

Poiché l’elaborazione di questo metodo di traduzione è stata condotta tenendo come punto di riferimento un approccio d’analisi interculturale, i problemi strettamente tecnici e linguistici rischiavano di rimanere un neo all’interno del sistema, o, meglio, una toppa mutuata da studi di traduttologia tradizionale giustapposta al tessuto teorico della TAV. Per quanto fondamentalmente valide, infatti, le tecniche tradizionali proposte da Gottlieb (1992) nel suo studio sulla traduzione in sottotitoli, prese così come sono proposte dallo studioso, presentano delle falle logiche importanti se inserite in un discorso omogeneo che faccia della traduzione un fatto culturale prima che linguistico. Pur essendo evidente che non esistono corrispondenze immediate fra lingue e che il senso del testo va decodificato prima di tutto dall’interno della sua cultura di provenienza, la strumentazione proposta da Gottlieb rimane valida sul piano applicativo, ma la prospettiva che ispira la fase d’analisi testuale precedente all’adattamento del testo muta radicalmente. Prima di procedere oltre, viene dato l’elenco delle principali strategie segnalate da Gottlieb, seguendo la dicitura italiana in Diadori e Micheli (2010) e integrandole con la terminologia di Petillo (2012) e con la lezione originale in parentesi:

a) espansione (expansion): detta da Petillo “esplicazione”. Aggiunta di spiegazioni supplementari per integrare un passaggio oscuro nella TLC di destinazione;

b) parafrasi (paraphrase): cambiamento di qualche elemento della frase; c) trasposizione (transfer): traduzione letterale;

d) imitazione (imitation): riproduzione di alcuni tratti della lingua di partenza

e) slittamento (transcription): uso di mezzi linguistici diversi per mantenere lo stesso effetto;

f) restrizione (dislocation): detta da Petillo “condensazione” o “riduzione parziale”. Riassunto del testo originale senza perdite di significato;

g) riduzione (condensation): eliminazione di una parte del testo originale contenente significati non essenziali;

h) cancellazione (deletion); detta da Petillo “eliminazione” o “riduzione totale”. Eliminazione totale di una parte di testo con perdita di significati;

i) rinuncia (resignation): soluzione che non soddisfa le esigenze linguistiche o semantiche del testo di partenza, poiché tralascia qualsiasi tipo di intervento di fronte all’incapacità di resa di un passaggio incomprensibile o intraducibile per limiti del traduttore.

Per illustrare l’intuizione che sta alla base del cambiamento di prospettiva sinora adottata, passando da una ricerca di equivalenze semantiche a una più complessa traduzione interculturale, il concetto di “mondo possibile” menzionato da Eco (1976, pp. 45-46), assimilabile al way of life e al way of thinking di scuola anglosassone, aiuta a far chiarezza. Nel momento in cui ci si accinge alla traduzione di un testo, il traduttore deve inferire, attraverso la propria conoscenza enciclopedica del mondo e delle due culture di cui si fa mediatore, in che misura il pubblico di destinazione riuscirebbe a percepire come possibile e coerente l’universo che appare attraverso il prodotto visionato. È legittimo chiedersi che cosa rimanga di quell’insieme coeso - il film - che qui è indicato come “mondo”, nel momento in cui esso viene trasferito lungo l’asse diamesico in formato scritto e adattato alla TLC. Non si tratta semplicemente di selezionare, trasporre, condensare o parafrasare un testo e un contesto, ma un intero mondo possibile la cui validità è sorretta da una complessa rete di verosimiglianza filmica. È proprio questa verosimiglianza a costituire il mondo possibile di cui il film non ne espone che una piccola porzione. Il livello strettamente filmico, dove avviene il passaggio diamesico e il montaggio vero e proprio dei sottotitoli, rimane il terreno comune in cui il registra e il traduttore incontrano il pubblico. Ecco che una traduzione disattenta rischia inevitabilmente di compromettere tutto, tanto la logica narrativa del film quanto quella dell’universo culturale, sia esso di fantasia o meno, nel quale il film è ritagliato. Il traduttore nutre costantemente il dubbio che la struttura logica in cui il ST è nato, possa collassare una volta che vengano mutate la lingua e il mezzo in cui è recitato. Tuttavia, dando per assodato che la traduzione è possibile, egli dovrà immaginare degli scenari possibili in cui realizzarla. In questo senso, un modo per salvaguardare il mondo culturale contenuto nell’audiovisivo consiste nel costruire delle mappe concettuali sintetiche che rendano conto delle strutture logiche di fondo, così da valutare quanto

queste possano subire degli stress adattativi senza provocare danni macroscopici. Gli elementi culturo-specifici sono delle spie molto significative di questa problematica, poiché un piccolo riferimento a un dato culturalmente connotato può rimandare a uno sfondo narrativo complesso, condizionando così l’interpretazione del testo da parte di un pubblico straniero. Solo dopo un’attenta analisi sarà possibile intervenire sul sottotitolo applicando le tecniche sopracitate.

Questa competenza interculturale deve integrare l’analisi linguistica dell’audiovisivo, cogliendolo nella sua intera portata comunicativa. Poiché il presente studio non affronta il vasto tema dell’analisi conversazionale, disciplina che fonda la propria letteratura su materiale linguistico spontaneo, non si è voluta porre eccessiva attenzione sugli aspetti distintivi della lingua orale. Tuttavia, considerando che il lungometraggio analizzato nella sezione II presenta un ricorso all’improvvisazione attoriale abbastanza frequente, è parso opportuno eseguire quantomeno delle rapide incursioni sulle peculiarità della lingua come oggetto spontaneo, laddove tale spontaneità costituiva un ostacolo diretto alla traduzione scritta. Evitando una disanima eccessivamente purista circa il materiale scelto, qui interessa più che altro un metodo d’analisi testuale che possa interfacciarsi con l’oralità, sia essa spontanea o, secondo la terminologia proposta da Lupe Romero (2011)41, “prefabbricata”. In altre parole, una buona traduzione audiovisiva, nel corso della sua realizzazione, deve mantenere un altro grado di sensibilità al linguaggio orale in tutte le sue manifestazioni. Sebbene il modello di Romero trascuri volutamente la dimensione intenzionale che motiva qualunque atto linguistico, dando ampio spazio a uno studio morfologico e fonetico dell’oralità, è possibile prendere spunto dalla sua ricerca integrandola con altre strategie d’indirizzo pragmatico. Questo non significa, tuttavia, che le indicazioni riportate qui di seguito non costituiscano di per sé un ottimo punto di partenza per scomporre la colonna sonora in un oggetto maneggiabile analiticamente:

                                                                                                               

41  Romero, L., (2011), When Orality Is Less Pre-fabricated: An Analytical Model for the Study of

Colloquial Conversation in Audiovisual Translation, in Incalcaterra McLoughlin L., Biscio M., Ní

Mhainnín, M. Á., (a cura di), (2011), Audiovisual Translation Subtitles and Subtitling. Theory and

a) Organizzazione testuale:

a.1) coesione tramite giustapposizione;

a.2) coesione tramite marcatori del discorso (ma, cioè, e quindi ecc.); a.3) intensificazione dei marcatori del discorso;

a.4) coesione tramite ripetizione; a.5) deissi;

a.6) elissi;

a.7) discorso diretto;

a.8) coesione tramite pause. b) Morfosintassi:

b.1) interruzione;

b.2) marcatori dell’ordine del discorso; b.3) intensificazione morfosintattica; b.4) attenuazione morfosintattica;

b.5) morfosintassi con registro informale; b.6) aspetto del verbo;

b.7) modo del verbo. c) Lessico:

c.1) lessico a registro informale; c.2) lessico a registro volgare; c.3) ripetizioni lessicali. d) Fonetica:

d.1) pause fonetiche; d.2) allungamenti fonetici; d.3) perdita o aggiunta di suoni.

Va ricordato ancora una volta che questo elenco non costituisce uno strumento esaustivo di traduzione, ma resta comunque un’ottima guida per condurre una

ricognizione testuale nelle due fasi di visione e di ricerca sull’audiovisivo, già indicate da Borghetti (2011)42 come essenziali in qualsiasi traduzione. Attraverso l’analisi dei tratti linguistici indicati da Romero, il traduttore può circoscrivere quei passi la cui marcata oralità esige uno sforzo maggiore nella fase di traduzione, poiché il passaggio diamesico è tanto più complesso quanto più il linguaggio utilizzato nelle battute è regolato dalle norme su cui è organizzato il testo scritto. Per facilitare la comprensione di queste indicazioni teoriche, nella sezione II vengono proposti delgi esempi applicativi.

                                                                                                               

PARTE II

4. WANDĀFURU RAIFU, UNA PROPOSTA DI TRADUZIONE

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