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Fattori di inclusione/esclusione delle persone di origine immigrata negli spazi museali

3. LA DIVERSITÁ CULTURALE: UNA SFIDA PER I MUSEI

3.3 Fattori di inclusione/esclusione delle persone di origine immigrata negli spazi museali

Una volta stabilito il potenziale ruolo che il museo può rivestire nell'incoraggiare processi di inclusione sociale e di integrazione tra la popolazione autoctona e i nuovi residenti di origine immigrata è necessario interrogarsi sul modo in cui esso può raggiungere risultati efficaci. Dove e come è necessario intervenire affinché venga sviluppato un approccio interculturale all'interno dei

182 J. Clifford, Strade. Viaggio e traduzione alla fine del secolo XX, Bollati Boringhieri, Torino, 1999, pp. 238-239 e

261.

183 Il suddetto Statuto è stato adottato dalla 16a Assemblea generale dell’ICOM (L’Aja, Paesi Bassi, 5 settembre 1989) e

modificato dalla 18a Assemblea generale dell’ICOM (Stavanger, Norvegia, 7 luglio 1995) nonché dalla 20a Assemblea generale (Barcellona, Spagna, 6 luglio 2001).

musei?

Richard Sandell individua tre principali categorie sulle quali l'istituzione museale può adoperarsi al fine di favorire la maturazione di uno spazio che sia inclusivo e condiviso: l'accesso, la partecipazione e la rappresentazione.184

Per quanto riguarda la dimensione dell'accesso, essa consiste nella possibilità da parte degli individui di godere dei servizi culturali offerti.185 Le problematiche che possono limitare tale

possibilità non riguardano esclusivamente barriere finanziarie o fisiche, come ad esempio il prezzo del biglietto, la scarsa visibilità del museo o l'austerità dei luoghi ecc., ma interessano anche ostacoli di tipo cognitivo e culturale. In particolare questi si riferiscono ad esempio all'assenza negli spazi del museo di un sistema di comunicazione che sia comprensibile a tutti o di un'adeguata rappresentazione delle diverse forme di espressione culturale, alla cattiva contestualizzazione delle opere esposte o alla percezione dell'istituzione come un luogo esclusivo.186

La seconda categoria della partecipazione si riferisce invece all'aspetto del coinvolgimento attivo della comunità in cui un museo è inserito nelle fasi di programmazione e di produzione culturale.187

Tale coinvolgimento può essere favorito attraverso l'implementazione di progetti di consultazione e di progettazione in collaborazione con le comunità che si vogliono rappresentare. Ciò può avvenire a vari livelli e interessare il processo decisionale, quello creativo, quello espositivo ecc.

Infine, l'ultima categoria proposta da Sandell concerne la rappresentazione, la quale consiste nella possibilità che un individuo ha nel vedere adeguatamente espresso il “proprio patrimonio culturale” all'interno degli spazi del museo.188 Ciò necessita l'attuazione di processi di acquisizione, di

esposizione e di comunicazione che siano appropriati al fine di includere e rappresentare gruppi e culture “alternativi”, andando al di là della promozione dei meri valori dominanti di una società. Nel tentativo di conservare e di valorizzare la diversità che caratterizza le società multiculturali gli interventi e i metodi che un museo può utilizzare all'interno delle tre categorie sopracitate variano in parte a seconda dell'ambito di cui si occupa l'istituzione stessa, ossia se essa ha a che fare ad esempio con il mondo dell'arte contemporanea, dell'arte moderna, dell'etnografia o delle scienze naturali. Tuttavia, ciò che qui preme sottolineare riguarda la possibilità per un museo di adottare un

184 R. Sandell, Museums as agents of social inclusion, in Museum Management and Curatorship, vol. 17, n. 4, 1998, pp.

409-410; dello stesso autore vedere anche Misurarsi con la diversità e l'uguaglianza: il ruolo dei musei, in S. Bodo, M. R. Cifarelli (a cura di), Quando la cultura fa la differenza. Patrimonio, arti e media nella società multiculturale, Meltemi, Roma, 2006, pp. 136-148.

185 R. Sandell, Museums as agents of social inclusion, in Museum Management and Curatorship, vol. 17, n. 4, 1998, p.

410.

186 C. Da Milano, S. Mascheroni (a cura di), Periferie, cultura e inclusione sociale, Collana Quaderni dell'Osservatorio

Fondazione Cariplo, n. 1, 2009, pp. 12-13.

187 R. Sandell, Museums as agents of social inclusion, in Museum Management and Curatorship, vol. 17, n. 4, 1998, p.

410.

approccio interculturale che prescinde dalla tipologia delle collezioni possedute e che coinvolge l'istituzione nel suo complesso in una prospettiva di lungo periodo. Nell'adottare questo tipo di orientamento, il museo non si pone più come mero contenitore della memoria e dell'eccellenza artistica ma diventa un luogo che contribuisce a dare vita a esperienze conoscitive, di aggregazione sociale, di crescita civile e di ridefinizione identitaria, in virtù della nuova composizione delle società contemporanee che vede la presenza di persone di origine immigrata come un fattore ormai strutturale.189 Si tratta dunque di stabilire quale ruolo e quale significato si vuole attribuire al

patrimonio culturale, definendo così l'approccio con cui il museo interpreta la propria missione.190

In tale ottica, le collezioni possono essere concepite, non solo come oggetti da proteggere e da conservare, ma altresì come una risorsa collettiva che funge da tramite per riflettere, interrogarsi, conoscersi, relazionarsi, emozionarsi, crescere e mettersi in gioco.191 Simona Bodo parla di rendere

comunicativo il patrimonio culturale.192 Questa espressione contiene in sé la sostanza del discorso

sin qui affrontato: concepire il patrimonio culturale come un possibile veicolo per innescare processi di dialogo, di interazione e di scambio tra le diverse componenti della popolazione di una società, in conformità con il senso dinamico e processuale che gli studi antropologici gli hanno assegnato.193

Nel tentativo di tutelare e di promuovere la diversità culturale, cogliendo la valenza sia culturale che sociale del patrimonio, il museo è chiamato a ripensare in chiave interculturale tutte le sue funzioni, dall'attività di esposizione, ai processi di interpretazione e di costruzione dei significati, alle modalità di allestimento, alle metodologie di comunicazione ecc. Affinché ciò avvenga è necessario che esso favorisca al proprio interno la formazione di professionalità dotate di competenze interculturali. Inoltre, il museo deve intervenire anche sui fattori che facilitano il consumo di cultura e sulle condizioni sociali, culturali ed economiche che limitano l'accesso e la partecipazione degli individui di origine immigrata in particolare.194

A tal proposito meritano considerazione i risultati ottenuti da una ricerca effettuata da Alessandro Bollo e Elena Di Federico volta ad indagare il fenomeno del consumo e della partecipazione

189 S. Bodo e M. Demarie, Introduzione. Perchè il museo relazionale, in S. Bodo (a cura di), Il museo relazionale.

Riflessioni ed esperienze europee, Fondazione G. Agnelli, Torino, 2000, p. IX.

190 S. Bodo, Il “patrimonio ricreato”. Nuove sfide per la promozione del dialogo interculturale nei musei, in

Antropologia museale, n. 20/21, 2008, p. 22.

191 S. Bodo, Progettare insieme per un patrimonio culturale, Quaderno ISMU 1, 2007, pp. 23-24.

192 S. Bodo, Sviluppare “spazi terzi”: una nuova sfida per la promozione del dialogo interculturale nei musei, in A. M.

Pecci (a cura di) Patrimoni in migrazione: accessibilità, partecipazione, mediazione nei musei, Angeli, Milano, 2009, p. 75. Questo concetto è stato espresso in Besozzi 2007, p. 24.

193 V. supra par. 2.3.

194 A. Bollo, E. di Federico, “A casa propria”. La cultura e i musei nelle abitudini, nei consumi e negli stili migranti, in

A. M. Pecci (a cura di), Patrimoni in migrazione: accessibilità, partecipazione, mediazione nei musei, Angeli, Milano, 2009, p. 46.

culturale da parte degli stranieri immigrati.195 Si tratta di una ricerca effettuata nel 2006 che consiste

in 15 interviste a gruppi familiari di origine africana insediati in diverse province della Regione Piemonte. Interrogati sul proprio tempo libero, i soggetti intervistati hanno manifestato l'esigenza di dedicarsi ad attività caratterizzate da una forte valenza sociale e collettiva. Il bisogno di condividere e di rinforzare i legami sociali appare come una priorità e fa si che il migrante trascorri il proprio tempo libero soprattutto insieme alla famiglia e alla propria cerchia di amici. Queste occasioni di ritrovo vengono utilizzate, oltre che per discutere e confrontarsi sui problemi quotidiani derivati dalla propria condizione di straniero, anche per riavvicinarsi alle abitudini dei Paesi di origine attraverso il cibo, il vestiario tradizionale, particolari pratiche o liturgie religiose. Per la stessa dimensione socializzante di questi tipi di incontri anche la partecipazione a feste, sagre, eventi “folkloristici” e interculturali risulta frequente. Meno consueta invece è la frequentazione di istituzioni culturali come i musei. In merito a questo punto, sono particolarmente significative le considerazioni che vengono effettuate dagli intervistati. Infatti, tale distanza viene spiegata in parte dalla percezione che i soggetti intervistati hanno nei confronti dell'istituzione museale: in particolare ad essa viene attribuita una funzione di conservazione e di educazione, la quale viene ricondotta prevalentemente alla dimensione poco accattivante della scuola. Inoltre, un ulteriore importante ostacolo riguarda un rischio più psicologico e culturale legato al timore di non riuscire a capire, di non sentirsi a proprio agio o adeguatamente coinvolti. Queste difficoltà si sommano ad altre barriere di tipo fisico (localizzazione del posto, problemi di mobilità ecc.), finanziario o che riguardano la mancanza di tempo o di interesse. Per concludere, agli intervistati è stato chiesto di fornire dei suggerimenti per favorire la partecipazione degli stranieri all'offerta culturale proposta dai musei del Paese ospite. Dalle risposte fornite emerge il bisogno di spazi che siano coinvolgenti, dinamici e che offrano occasioni di “svago”, nonché l'esigenza di essere accompagnati durante la visita da un'attività di mediazione. Infine, viene suggerito di utilizzare dei canali di informazione e di comunicazione adeguati al fine di raggiungere effettivamente il pubblico degli stranieri per quanto riguarda la divulgazione delle notizie e delle iniziative legate al museo.

Nell'indagine appena citata emergono alcuni elementi che vengono individuati anche tra le cause di insoddisfazione nei confronti delle istituzioni culturali riconosciute da Nina Simon nel suo lavoro “The participatory museum”.196 In tale opera l'autrice sostiene che le istituzioni culturali per essere

davvero partecipative debbano proporsi come luoghi “where visitors can create, share, and connect

with each other around content”.197 Affinché ciò avvenga si rende necessario un lavoro che incida

195 Ibidem, pp. 46-60.

196 N. Simon, The participatory museum, Santa Cruz: Museum 2.0, 2010, consultabile all'indirizzo

http://www.participatorymuseum.org/read/, prefazione.

positivamente sulla percezione che molti individui hanno nei confronti delle istituzioni museali. La Simon individua in particolare cinque forme di insoddisfazione su cui è necessario intervenire. La prima riguarda la sensazione che le istituzioni culturali siano irrilevanti per la vita di un individuo: in questo caso, attraverso un rinnovato interesse nei confronti delle idee e delle storie del visitatore e un'adeguata azione di sollecitazione dello stesso è possibile potenziare il senso di coinvolgimento dei fruitori del museo. La seconda concerne l'impressione che l'istituzione culturale non cambi mai e che quindi un'unica visita sia sufficiente: l'ideazione di iniziative che favoriscano l'incontro e il confronto tra individui può favorire la nascita di vere e proprie esperienze diversificate. La terza fonte di insoddisfazione si presenta nel caso in cui il museo non includa il punto di vista del visitatore o non fornisca informazioni adeguate per far comprendere a tutti il suo contenuto: mediante la presentazione di molteplici voci e prospettive è possibile rendere migliore la partecipazione degli individui portatori di istanze culturali “altre”. La quarta interessa le difficoltà dell'individuo di riuscire ad esprimere la propria creatività all'interno del museo: attraverso lo sviluppo di politiche e di pratiche volte a favorire la partecipazione dei diversi pubblici, è possibile coinvolgere maggiormente chi è interessato ad intervenire attivamente piuttosto che limitarsi ad osservare. Infine, l'ultima causa di insoddisfazione riconosciuta dalla Simon riguarda la percezione del museo come uno spazio poco confortevole e poco adatto a mettere in moto processi di socializzazione: questo problema può essere ovviato attraverso la creazione di luoghi e di reali opportunità che incoraggino l'interazione e il dialogo tra i fruitori del museo.198

Il lavoro che le istituzioni museali sono chiamate ad intraprendere nel tentativo di dare vita a pratiche miranti a migliorare la percezione che le persone hanno del museo in quanto istituzione e a coinvolgere l'intera comunità composta da autoctoni e stranieri non è facile ma appare necessario se tali istituzioni si vogliono proporre come ideali interlocutori all'interno di una società multiculturale.

3.4 NUOVI APPROCCI AL PATRIMONIO CULTURALE IN CHIAVE