2. LA TUTELA DELLA DIVERSITÁ CULTURALE DEGLI IMMIGRATI: QUESTIONI E
2.3 La tutela giuridica della diversità culturale degli immigrati: un quadro d'insieme
2.3.3 La Convenzione UNESCO per la protezione e la promozione della diversità delle
2.3.4.1 Un problema di terminologia: il concetto di minoranza
Il primo compito in capo alla dottrina giuridica concerne, sotto il profilo soggettivo, l'individuazione dei gruppi minoritari a cui destinare le norme di tutela, al quale segue la progettazione e l'attuazione concreta di strumenti giuridici specifici e differenziati.
Un gruppo, per essere riconosciuto come minoritario e dunque conforme ad essere oggetto di una tutela specifica, deve rispondere a due tipologie di criteri: la prima tipologia è rappresentata da criteri di tipo oggettivo, come ad esempio la residenza, la cittadinanza, la cultura, la lingua, la religione ecc. La seconda categoria corrisponde, invece, a criteri di tipo soggettivo, ossia la volontà di un individuo di appartenere ad uno specifico gruppo e l'intenzione dello stesso gruppo di mantenere le proprie particolarità e distinzioni culturali, etniche, religiose e linguistiche.135
Considerando la prima categoria qui sopra delineata, risulta molto difficoltoso elaborare una definizione precisa del concetto di minoranza poiché non esistono criteri oggettivi che permettono di identificare univocamente un gruppo. Al contrario, vi sono molteplici potenziali definizioni le quali, più che da considerazioni giuridiche, derivano da valutazioni di tipo sociale, politico, culturale.136 Di fatto, attualmente, non esiste una definizione universale e giuridicamente vincolante
del termine minoranza.
Fin dalla nascita dello Stato moderno sono stati individuati dei gruppi minoritari stanziati sui territori nazionali e progressivamente sono stati concepiti degli strumenti giuridici appositi per gestire la loro differenza. Tradizionalmente, tali gruppi sono stati identificati in base a criteri linguistici, religiosi e culturali.137 La definizione di minoranza più ricorrente ed utilizzata, adottata
anche a livello internazionale, è stata ideata dallo studioso Francesco Capotorti, la quale definisce una minoranza come “un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione di uno Stato,
in posizione non dominante, i cui membri, essendo di nazionalità dello Stato, possiedono caratteristiche etniche, religiose o linguistiche che differiscono da quelle del resto della popolazione, e mostrano, anche solo implicitamente, un senso di solidarietà, diretta a preservare la loro cultura, tradizioni, religione o lingua” [1977]. Leggendo tale definizione ci si accorge che la
135 F. Palermo, J. Woelk, Diritto costituzionale comparato dei gruppi e delle minoranze, Cedam, Milano, 2011, p. 22.
Vedi anche art. 3 della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali.
136 F. Palermo, J. Woelk, Diritto costituzionale comparato dei gruppi e delle minoranze, Cedam, Milano, 2011, p. 14. 137 F. Palermo, J. Woelk, Diritto costituzionale comparato dei gruppi e delle minoranze, Cedam, Milano, 2011, p. 13.
cittadinanza dello Stato in cui si risiede risulta essere un requisito necessario per l'attribuzione dello status di minoranza. Come già detto, questa definizione è stata adottata non soltanto dagli ordinamenti nazionali degli Stati ma anche da organismi internazionali come le Nazioni Unite, ancora negli anni '90.138
Nonostante ciò, negli ultimi anni è stato avviato a livello internazionale un processo volto a promuovere una maggiore inclusività nella definizione di minoranza, nel rispetto di gruppi che tradizionalmente non ne sarebbero inclusi. Infatti, gli organismi internazionali hanno cominciato ad orientarsi verso un allargamento del campo di applicazione degli strumenti dedicati alla tutela delle minoranze, in cui la cittadinanza non è un criterio necessario per ottenere un riconoscimento. In particolare, essi hanno dimostrato nella prassi di applicare le disposizioni contenute negli strumenti di tutela valutando caso per caso la situazione concreta, mostrando anche una certa attenzione nei confronti della protezione dei diritti dei gruppi di recente immigrazione.139 Ad esempio, nell'attività
del Comitato consultivo della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali140
alcune disposizioni contenute nel documento sono state considerate altresì per la categoria degli immigrati.141 Anche il Comitato dei diritti umani ha avuto in tal senso un ruolo importante,
prospettando una doppia nozione di minoranza: mentre la cittadinanza viene considerata necessaria per l'esercizio dei diritti politici, essa non ha alcuna influenza sulla tutela dei diritti culturali, religiosi e linguistici.142
Queste linee guida elaborate a livello internazionale, che promuovono una concezione di minoranza più inclusiva, non sono vincolanti per gli Stati, i quali rappresentano i soggetti giuridici a cui è demandato principalmente il compito di definire i gruppi minoritari stanziati sul proprio territorio a cui destinare delle misure di tutela specifiche. In molti casi, sono proprio le norme adottate dagli ordinamenti nazionali che promuovono delle concezioni restrittive del termine minoranza, limitando il campo di applicazione degli strumenti preposti ai soli possessori della cittadinanza ed escludendo, di conseguenza, i gruppi nazionali stranieri di recente immigrazione.143
Il quadro fino ad ora delineato fa emergere come nella disciplina giuridica non esista
138 F. Palermo, J. Woelk, Diritto costituzionale comparato dei gruppi e delle minoranze, Cedam, Milano, 2011, p. 19. 139 F. Palermo, Internazionalizzazione del diritto costituzionale e costituzionalizzazione del diritto internazionale delle
differenze, in M. Cermel (a cura di), Le minoranze etnico-linguistiche in Europa tra stato nazionale e cittadinanza democratica, Cedam, Milano, 2009, p. 126.
140 La Convenzione-quadro europea si riferisce espressamente alla tutela delle minoranze nazionali ma non fornisce
nessuna definizione di minoranza, v. supra par. 1.2.2.
141 S. Pinton, Il controllo sul trattamento delle minoranze in Europa attraverso la prassi degli organi internazionali, in
M. Cermel (a cura di), Le minoranze etnico-linguistiche in Europa tra stato nazionale e cittadinanza democratica, Cedam, Milano, 2009, p. 281.
142 Ibidem, pp. 278-279.
143 F. Salerno, La dimensione collettiva e le forme di autogoverno nella tutela internazionale delle minoranze, in M.
Cermel (a cura di), Le minoranze etnico-linguistiche in Europa tra stato nazionale e cittadinanza democratica, Cedam, Milano, 2009, p. 211.
un'interpretazione univoca del termine minoranza. La dottrina si è interrogata in merito all'auspicabilità del raggiungimento di una definizione precisa riconosciuta a livello universale. Tale dottrina più volte richiamata sostiene che non esistono criteri scientifici per definire ciò che può essere considerato un gruppo minoritario e che i potenziali aspetti che potrebbero essere compresi all’interno della definizione di minoranza sono molteplici (residenza, cittadinanza, lingua, religione, inferiorità numerica, cultura ecc.). Per questo non può esistere una definizione di minoranza che comprenda tutte le tipologie di gruppi presenti al mondo, ma si rende necessaria una valutazione specifica che derivi da un'analisi dettagliata di una situazione attuale e concreta. Ciò che viene auspicato è l'adozione, da parte degli organi internazionali, regionali e nazionali preposti ad implementare le misure contenute negli strumenti di tutela delle minoranze, di un atteggiamento flessibile di fronte alla relatività del concetto di minoranza.144