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Colonizzazione

La colonizzazione da Candida è il principale fattore di rischio di infezione: diversi elementi supportano l’ ipotesi che la colonizzazione sia un pre-

requisito di una successiva infezione (69).Solomkin nel 1980 ha dimostrato che

lo sviluppo di candidemia è preceduto, in modo sequenziale, dalla diffusione dell’infezione dalla cavità addominale ad altre sedi. La crescita notevole di Candida in campioni di liquido peritoneale è predittiva di sviluppo di infezione (70).

In uno studio, il precoce isolamento di Candida nelle urine, nel liquido peritoneale, nell’aspirato tracheale o nel materiale da ferita nella prima settimana successiva ad un intervento di chirurgia addominale, sembra essere

associato ad un aumento della morbilità e della mortalità (71).

Più siti contemporaneamente colonizzati rappresentano un fattore di rischio indipendente di sviluppo di un’infezione grave. Dati recenti correlano l’incremento del rischio all’aumentare dei siti coinvolti e della densità di colonizzazione (72).

Altri autori confermano quest’ipotesi in pazienti neutropenici e non neutropenici: la colonizzazione o l’infezione superficiale da parte di ceppi genotipicamente identici di Candida generalmente precedono infezioni

severe o candidemia (73). Ulteriori studi dimostrano che gravi infezioni si

sviluppano raramente nei pazienti critici non colonizzati dal fungo in alcuna sede.

È però difficile riuscire a distinguere la colonizzazione dall’infezione in questo tipo di pazienti. Circa il 5-15% degli ospedalizzati è già colonizzato all’ammissione, ma la percentuale cresce irrimediabilmente all’aumentare del

tempo di degenza e di esposizione ai fattori di rischio. Una percentuale che varia tra il 50% e l’86% dei pazienti ricoverati in UTI è suscettibile di colonizzazione da Candida durante un ricovero prolungato (> 10 giorni): solo

il 5-30% di questi pazienti svilupperà un’infezione grave (74).

Risulta complessa anche la valutazione clinica della significatività di ripetute colture positive per Candida all’interno di un quadro di sorveglianza multipla. Alcuni autori suggeriscono che, nel sospetto clinico, la colonizzazione di più di due siti diversi sia sufficiente a predire lo svilupparsi

di infezione severa e richieda l’introduzione di una terapia antifungina (75).

Tale approccio non è mai stato analizzato in uno studio prospettico: sensibilità e specificità potrebbero risultare basse.

Antibiotici

I pazienti ricoverati in UTI costituiscono meno del 20% della popolazione ricoverata, ma l’uso di antibiotici ad ampio spettro è considerevolmente più elevato rispetto agli altri reparti. Nelle UTI polivalenti la terapia antibiotica viene somministrata in circa il 90% dei pazienti, inizia come profilassi post chirurgica e di norma viene continuata durante la degenza in UTI.

Inoltre sono spesso utilizzati nella terapia empirica rivolta a quadri settici che non hanno ancora ricevuto una conferma microbiologica e la risposta dell’antibiogramma. L’esposizione precedente o concomitante ad antibiotici

è uno dei maggiori fattori di rischio di sviluppo di infezione da Candida (76).

Lo studio Wey pone in risalto come l’associazione di più antibiotici sia il fattore più significativo. Ad esso si aggiunge lo studio Fraser: circa il 94% dei pazienti con infezione da Candida è stato precedentemente esposto a terapia antibiotica e di questi il 61% è stato trattato con quattro differenti

antibiotici simultaneamente. Il rischio, infatti, cresce in modo esponenziale ad ogni classe di antimicrobico usato.

Gli antibiotici ad ampio spettro e la durata del trattamento amplificano ed aumentano il rischio.

Neutropenia

La neutropenia è stata identificata precocemente come uno dei maggiori fattori di rischio di infezione invasiva da Candida. In un recente studio, circa il 50% dei pazienti neutropenici o sottoposti a trapianto di midollo osseo e il 5-20% dei trapiantati d’organo sono risultati affetti da un’infezione fungina

(77).

Meyers e Atkinson nel 1983 hanno sottolineato quanto incida la neutropenia e soprattutto la durata di quest’ultima: in un campione di pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo si assiste allo sviluppo di infezione severa da Candida nel 21% di pazienti rimasti neutropenici per meno di 3 settimane contro il 57% dei neutropenici per più di 6 settimane.

Accessi vascolari

Sia le infezioni fungine locali che quelle sistemiche possono scaturire dalla contaminazione di dispositivi intravascolari. Nel monitoraggio di un paziente critico in UTI sono necessari multipli accessi: la frequenza di episodi di candidemia in questa categoria di pazienti sembra essere associata alla

presenza di cateteri in una percentuale oscillante dal 35% all’80% (78).

La sepsi catetere correlata è stata valutata in dettaglio: le cause di sepsi associate al dispositivo sono correlate sia alla produzione che alla contaminazione durante l’uso della sostanza.

Autori ritengono che sia il tratto di inserzione del catetere a fornire la principale via di ingresso ai microbi invasori: molti studi hanno riconosciuto come la colonizzazione attorno alla sede di inserzione del catetere sia un significativo fattore di rischio (79).

Anche la composizione del catetere influenza il rischio: Rotrosen ha dimostrato un aumento dell’aderenza di specie di Candida ai cateteri di polivinilcloruro paragonati ai cateteri di Teflon. Si può ipotizzare che i materiali che facilitano l’aderenza microbica possano essere associati con un aumento del rischio di infezione catetere correlata.

Nutrizione parenterale

Il posizionamento, il trattamento e la cura dei cateteri usati per TNP negli ultimi anni hanno ricevuto molta attenzione: in molti aspetti la nutrizione parenterale totale può essere considerata come fattore di rischio di colonizzazione e sviluppo di infezione.

La composizione del liquido di infusione facilita la crescita di vari organismi,i più rilevanti dei quali risultano essere i funghi ed in particolare Candida albicans. E’ spesso necessario che questi cateteri rimangano in sede molto più a lungo rispetto alle cannule venose periferiche o centrali. L’ipertonicità della soluzione tende a causare trombosi e può comportare un aumento del rischio di infezione. Infine, anche se non meno importante, i pazienti che richiedono TPN sono spesso gravemente malati a causa di neoplasie, traumi o grave immunodepressione e ciò contribuisce ad innalzare il rischio di candidemia (80).

Curry e Quie hanno riportato un’incidenza di candidemia nel 16% di pazienti riceventi TPN. In un altro studio prospettico su 131 pazienti post operatori che hanno ricevuto TPN 13 pazienti sono stati individuati per lo sviluppo di

lesioni corioretiniche in accordo con la diagnosi di endolftalmite ematogena da Candida, 7 dei pazienti avevano emocolture positive per Candida.

Nonostante la maggior parte di queste infezioni si presume origini dalla contaminazione con lieviti alla sede di ingresso del catetere, sono state segnalate epidemie di infezioni da Candida dovute a soluzioni di TNP intrinsecamente contaminate.

Iperalimentazione

L’iperalimentazione può favorire una eccessiva crescita della Candida a causa dell’iperglicemia, rappresentando probabilmente un fattore di rischio

indipendente dalla presenza del catetere intravenoso (81).

Ventilazione meccanica

Sia l’ intubazione a breve termine per scopi chirurgici che quella a lungo termine per insufficienza respiratoria si associano con maggiori frequenze

segnalate (17-20%) di polmonite nosocomiale (82). Tali pazienti sono spesso

quelli più gravemente malati e la presenza di un tubo endotracheale elimina l’azione del sistema di filtrazione inerte del naso, del sistema di conduzione delle vie aeree e di clearance mucociliare. Inoltre, l’irritazione meccanica ed il danno alla mucosa respiratoria, predispongono alla colonizzazione locale delle vie aeree con potenziali patogeni, batterici e fungini.

Altri

Attraverso un’ attenta analisi dei più recenti studi presenti in letteratura sono stati individuati fattori di rischio addizionali di sviluppo di infezione fungina severa .

• Diverse procedure chirurgiche

• La presenza di insufficienza renale

• L’uso di steroidi e di H2 bloccanti

• APASCHE II score

• La durata del ricovero in UTI (>10 giorni)

Alcuni tra questi fattori non sono predittivi di candidemia in maniera indipendente; altri costituiscono più dei markers di malattia che specifici fattori di rischio di infezione.

Più elevato è il numero e più lunga è la durata dell’esposizione a tali fattori, più il rischio di infezione aumenta (83).

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