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Colonizzazione da Candida albicans delle vie aeree nei pazienti critici : fattori di rischio.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Tesi di laurea:

COLONIZZAZIONE DELLE VIE AEREE DA

CANDIDA ALBICANS NEI PAZIENTI

CRITICI:

FATTORI DI RISCHIO.

Relatore:

Prof. Francesco GIUNTA

Candidato: Toma Lucia

(2)

Anno Accademico 2006-2007

(3)

Indice Analitico

1. Introduzione

2. Infezioni fungine in UTI

2.1.Morfologia

2.2.

Epidemiologia

2.3.Patogenesi

2.4.Interazione fungo – ospite

2.5.Manifestazioni cliniche

2.6.Diagnosi

2.7.Principi di trattamento

2.8.

Farmaco resistenza

2.9.Morbilità e mortalità

3. Fattori di rischio

4. Indici di colonizzazione

5. Studio clinico

5.1.

5.2.Materiali e metodi

5.3.Risultati

6. Conclusioni

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1. INTRODUZIONE

Le infezioni nosocomiali contribuiscono in maniera significativa alla morbilità e alla mortalità, cosi come all’ aumento dei costi di degenza dei pazienti ospedalizzati. Nell’ ultima decade si è assistito ad un significativo aumento delle infezioni micotiche e la Candida è uno dei più frequenti patogeni nosocomiali nei pazienti critici ricoverati in UTI. Nonostante numerosi studi abbiano contribuito alle attuali conoscenze su epidemiologia e patogenesi delle infezioni fungine, alcuni aspetti, come chiarire quali meccanismi molecolari intervengano nella transizione della Candida dallo stato di commensale a quello di patogeno, meritano ulteriori approfondimenti.

(5)

2. INFEZIONI FUNGINE IN UTI

2.1.Morfologia

I funghi crescono sotto due forme principali: come lieviti e come muffe. La crescita sotto forma di muffa produce colonie multicellulari filamentose. Tali colonie sono composte da tubuli cilindrici ramificati, dal diametro 2-10 micron, che prendono il nome di ife. La massa di ife intrecciate che si forma

durante le crescita attiva prende il nome di micelio (1).

I lieviti sono organismi unicellulari, di forma sferica o ellissoidale ed un diametro variabile da 3 a 15 micron. Si riproducono per gemmazione ed il proseguimento di tale processo porta alla formazione di una catena di cellule lievitiformi allungate, le pseudoife. Tutti i funghi possiedono una essenziale parete cellulare rigida che ne condiziona anche la forma. Le pareti cellulari sono composte in gran parte da larghi strati di carboidrati, da lunghe catene di polisaccaridi, da glicoproteine e da lipidi. Alcune specie di funghi, come la Candida albicans, sono dimorfiche: sono cioè capaci di crescere nei tessuti come forme lievitiformi gemmanti ovali (diametro 3-6 micron), come pseudoife e sotto forma di vere ife (2).

Candida albicans fa parte della normale flora microbica della cute, delle mucose e del tratto gastrointestinale: colonizza l’uomo durante o subito dopo la nascita. Al contrario di molti degli organismi patogeni ha la capacità di sopravvivere e proliferare in in condizioni diverse, adattandosi a variazioni di temperatura e pH ed alla carenza di nutrienti.

Si tratta di un lievito che può essere coltivato facilmente su agar sangue e in glucosio di Saboraud in 24-48 ore. L’identificazione presuntiva di C.albicans può essere effettuata in 2-3 ore in base alla positività del “germ test” (caratteristiche modificazioni morfologiche che si osservano dopo

(6)

incubazione della colonia di lieviti in una provetta contenente siero).

L’identificazione definitiva di specie richiede altri 2-3 giorni (3). Su questo

tipo di terreni le specie di Candida producono colonie molli, color crema. A seconda della specie la consistenza delle colonie può essere pastosa, liscia, brillante o asciutta, rugosa ed opaca. Le pseudoife si presentano come crescita sommersa sotto la superficie dell’agar (fig.1).

Due semplici test morfologici permettono la distinzione tra C.albicans, specie patogena più frequente, dalle altre specie. Dopo incubazione nel siero per circa 90 minuti a 37 gradi, i lieviti di C.albicans cominciano a formare ife vere o tubi germinativi e su terreni nutritivi carenziali C.albicans produce

grandi clamidospore sferiche (4).

I test di fermentazione degli zuccheri ed i test di assimilazione possono essere utilizzati per confermare l’identificazione e classificare secondo la specie i più comuni isolamenti di Candida, come C tropicalis, C parapsilosis, C krusei, C Glabrata ed altre.

(7)

Epidemiologia

In generale, le infezioni fungine hanno un tasso di prevalenza in UTI maggiore rispetto ad i reparti di medicina generale. Spesso si sviluppano a livello del tratto urinario e del torrente ematico. Durante gli anni ottanta le specie di Candida hanno causato il 10% di tutte le infezioni del torrente ematico ed il 20% di tutte le infezioni del tratto urinario (5).

Candida albicans rappresenta il principale fungo patogeno, ma la prevalenza delle singole specie può variare con l’età. Ad esempio, la candidosi tra i neonati è fondamentalmente dovuta a C.albicans e C.parapsilosis e raramente a C. glabrata o ad altre specie di Candida. Nell’adulto predominano C.glabrata e C.albicans. Le differenti età nell’isolamento delle singole specie possono avere importanti ripercussioni sul controllo dell’infezione,sul dosaggio e sulla selezione degli agenti antifungini nei pazienti critici anziani(6). L’ incidenza di infezioni fungine sistemiche (in particolare

Candida) in pazienti ricoverati in UTI è aumentata in modo sostanziale nell’ultima decade. Il miglioramento delle tecniche di supporto vitale ha incrementato la popolazione maggiormente suscettibile di infezione: pazienti

anziani ed immunocompromessi (7). A ciò si aggiungono altri fattori, incluso

l’utilizzo diffuso di antibiotici a largo spettro, di cateteri intravascolari e urinari, della ventilazione meccanica e di altre metodiche invasive. L’1-8% dei pazienti ricoverati in ospedale sviluppa un’infezione invasiva da Candida

e questa percentuale sale al 10% nei ricoverati in UTI (8). Studi condotti in

Europa e in USA (Vincent, Pfaller) dimostrano come i funghi siano al quarto posto tra i patogeni nosocomiali, responsabili del 17% delle infezioni acquisite in ospedale.

(8)

Anche l’ EPIC, un importante studio europeo sull’incidenza delle infezioni nosocomiali in UTI, che include 10038 pazienti da 1417 unità di terapia intensiva di 17 paesi europei, conferma tale percentuale: il 17% di tutte le infezioni nosocomiali è dato da un’infezione invasiva da Candida.

La candidemia è considerata come la punta dell’ iceberg di tutte le possibili

manifestazioni dell’infezione fungina: ne rappresenta il 10-20% (9).

Studi condotti in USA evidenziano un incremento dell’incidenza di candidemia del 400% dal 1980 al 1992, con Candida responsabile del 10-15% di tutte le batteriemie nosocomiali, e del 10% di quelle avvenute in UTI(10) (figura 2).

FIGURA 2 VARIAZIONE IN PERCENTUALE DI CANDIDA ALBICANS ISOLATA DA EMOCOLTURE DAL 1981 AL 

1992  

(NUMERO ISOLATI PER 10000 PATIENT­DAYS )      (P=0,001,ADATTATO DA   PITTET E WENZEL 1995)

Il tasso di candidemia nosocomiale è aumentato del 500% circa nei grandi ospedali universitari e del 200% o più nei picoli ospedali universitari e nei grandi ospedali non universitari.

(9)

Dati più recenti, provenienti da 790 UTI appartenenti al sistema National Nosocomial Infection Surveillance (NNIS) tra il 1990 ed il 1999, dimostrano che la Candida è responsabile del 5-10% di tutte le batteriemie, ed è al quarto posto tra i patogeni responsabili, preceduta da stafilococchi

coagulasi-negativi, da Stafilococcus Aureus e dagli enterococchi (11).

In una serie di 294 pazienti, ricoverati in un centro di riferimento tra il 1989 e il 2000, l’ incidenza di candidemia oscilla tra 0.21 e 0.56 per 10000

patient/days con il valore più alto nel 1993 e quello più basso nel 2000 (12).

Tutti questi studi confermano che un’infezione invasiva da Candida non debba più essere considerata come un evento poco frequente, limitata ai pazienti neutropenici od immunocompromessi. Interessa tutti i tipi di pazienti, in modo particolare quelli con gravi patologie sottostanti che necessitano di procedure diagnostiche e terapeutiche aggressive.

Patogenesi

I meccanismi di difesa della cute integra contro l’infezione cutanea da Candida albicans sono di primaria importanza: qualsiasi processo causi macerazione della pelle rende il sito coinvolto suscettibile all’invasione del fungo. Quando il patogeno invade la cute o penetra nel circolo sanguigno i leucociti polimorfonucleati giocano un importante ruolo difensivo grazie alla loro capacità di danneggiare le pseudoife e fagocitare e distruggere le blastospore. Oltre ai neutrofili, anche i monociti ed i granulociti eosinofili fagocitano e distruggono il fungo: studi in vitro dimostrano come l’azione

dei monociti sia addirittura più efficace di quella dei polimorfonucleati (13).

Numerosi studi suggeriscono che la secrezione di mieloperossidasi, di perossido di idrogeno,e la produzione di anioni superossido sono i

(10)

meccanismi più importanti responsabili dell’uccisione intracellulare di Candida albicans (14).

A questi si aggiunge la secrezione di chimotripsine. Queste proteine cationiche probabilmente agiscono alterando la permeabilità di membrana del fungo (15).

Il ruolo dei linfociti nello sviluppo di un’immunità cellulo-mediata è estremamente complesso e si evidenzia da tre osservazioni cliniche:

• Pazienti con candidosi mucocutanea cronica devono quest’infezione ad

una disfunzione del sistema linfocitario.

• Reazioni di ipersensibilità ritardata sono presenti in circa il 70-80% della

popolazione.

• I pazienti affetti da Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) sono estremamente suscettibili di infezioni cutanee da Candida.

Diverse osservazioni analizzano il ruolo dei fattori umorali nelle difese immuni: IgG ed altri costituenti del siero opsonizzano Candida albicans,e

pazienti con infezione disseminata hanno un elevato titolo anticorpale (16).

Quest’organismo commensale diventa patogeno se vengono meno le normali difese immunitarie dell’ ospite per immunocompromissione iatrogena o naturale.

1.4.Interazione fungo-ospite

L’insorgenza di infezione sintomatica è principalmente sotto il controllo dell’equilibrio che si instaura tra il sistema immunitario dell’ospite e la virulenza del ceppo infettante. C.albicans possiede un vasto numero di fattori di virulenza: adesione, dimorfismo, switching fenotipico, la secrezione di enzimi idrolitici quali proteasi e fosfolipasi. Importante sottolineare la sua

(11)

capacità di instaurare infezioni intracellulari da cui sono derivate le nuove ipotesi sui meccanismi di persistenza nell’organismo ospite.

La complessità dei meccanismi patogenetici associati allo sviluppo delle micosi opportunistiche è aumentata anche dalla plasticità genomica caratteristica di molti funghi patogeni ed è ampiamente studiata in C.abicans

tramite analisi del DNA polimorfico (17).

Tali studi hanno consentito di stabilire correlazioni genetiche tra isolati clinici, sia indipendenti che sequenziali, di ricavare informazioni sulla sorgente e sulla via di trasmissione dell’infezione e sull’eventuale selezione di un ceppo nelle infezioni resistenti e recidivanti (18).

Recenti studi di cariotipizzazione hanno dimostrato che due distinti cariotipi di C.albicans (b e c ) producono livelli significativamente diversi di proteasi secretorie suggerendo anche un diverso potenziale di virulenza. A conferma di ciò è stato recentemente dimostrato, mediante esperimenti di co-coltura di C.albicans con cellule macrofagiche di derivazione umana, che i ceppi di C.albicans con cariotipo b e c interagiscono in modo significativamente diverso con i macrofagi, elementi fondamentali nella resistenza dell’ospite alle infezioni fungine opportunistiche: il primo è suscettibile all’attività

(12)

Manifestazioni cliniche 2.5.1 Infezioni cutanee e mucose

a) Intertrigine.

La Candida causa spesso infezione nelle zone caldo-umide quali le pieghe ascellari, la regione inguinale e quella perianale. Le regioni interdigitali di mani e piedi sede di infezione si presenteno come aree cutanee eritematose e macerate definite come erosioni digitali blastomicetiche. La diagnosi si ottiene per trattamento con idrossido di potassio al 12-20% del materiale ottenuto dalle lesioni (20).

b) Candidosi orale.

Il mughetto può verificarsi in individui sani, ma è più comune in pazienti con i seguenti fattori predisponenti: recente terapia antibiotica, assunzione di corticosteroidi per via inalatoria o sistemica o di altri farmaci

immunosoppressori, malattie concomitanti come quali neoplasie o AIDS (21).

Le lesioni appaiono come placche bianche rilevate sulla lingua e sulle altre mucose buccali. Il mughetto può anche presentarsi come lesione atrofica o come una cheilite angolare. Il raschiamento di una lesione dovrebbe evidenziare una base epidermica ed il materiale osservato al microscopio ottico è costituito da lieviti gemmanti con pseudoife.

c) Candidosi esofagea.

L’ esofagite compare in genere in individui immunocompromessi. Sintomi più comuni disfagia e dolore retrosternale alla deglutizione. Nella maggioranza dei casi è presente contemporaneamente un’infezione della cavità orale.

(13)

d) Infezione del tratto gastro-enterico.

Compare principalmente nei pazienti affetti da neolasia maligna (22). L’uso di

antibiotici sopprime la normale flora batterica favorendo la proliferazione delle colonie commensali di Candida che in queste condizioni possono dar luogo ad un processo invasivo. Lo stomaco, dopo l’esofago è l’organo più frequentemente coinvolto. La Candida può determinare un’importante gastrite e causare ulcere superficiali nell’intestino tenue e crasso. In questi casi è spesso presente un’infezione disseminata.

e) Candidosi vulvovaginale

Patologia molto frequente: alcuni studi clinici hanno dimostrato che il 75% delle donne adulte presenta almeno un caso di vulvovaginite da Candida durante la vita . Nel 90% dei casi l’agente eziologico è rappresentato da

C.albicans (23). L’uso di antibiotici a largo spettro, inibendo la normale flora

batterica, ed un elevato livello di estrogeni plasmatici favoriscono la crescita del fungo. I pazienti con deficit dell’immunità cellulo-mediata possono avere una malattia grave e recidivante.

2.5.2 Candidosi mucocutanea cronica

Questo gruppo di disordini è caratterizzato da infezioni da Candida persistenti e ricorrenti a livello cutaneo, ungueale e mucoso. La CMC si manifesta con vaste e deturpanti lesioni cutanee e non è generalmente presente una candidosi disseminata. In alcuni pazienti si associa ad endocrinopatie quali l’Addison, l’ipotiroidismo e l’ipoparatiroidismo. In molti pazienti, inoltre, sono state documentate diverse anomalie immunologiche, la principale delle quali è risultata essere un’alterazione

(14)

funzionale dei linfociti T dimostrata dall’anergia ai test per ipersensibilità ritardata (24).

(15)

2.5.3 Candidosi disseminata

Importante malattia nosocomiale il cui quadro clinico può variare dall’interessamento diffuso di diversi organi in un paziente gravemente compromesso alla candidemia isolata non associata ad invasione tissutale. La disseminazione può presentarsi come una febbre di eziologia sconosciuta oppure con un quadro di shock settico con brividi, alte cuspidi febbrili, ipotensione. Generalmente sono interessati molti organi con la formazione di microascessi diffusi. Molto frequente l’interessamento renale: la diffusione a livello cerebrale, polmonare, epatico e splenico è indice di una gravissima compromissione delle difese dell’organismo e compare spesso negli stadi terminali della malattia (25). In questa fase possono essere colpiti tutti gli

organi ma l’ interessamento oculare e cutaneo è particolarmente indicativo e fornisce informazioni importanti per la diagnosi.

a) Le lesioni cutanee macronodulari rappresentano focolai embolici : sono

lesioni di colore rosa o rosso, singole, multiple o generalizzate (26).

b) L’ endoftalmite si verifica in circa il 20-50% dei pazienti con infezione

disseminata ed è strettamente correlata con l’ interessamento di più organi viscerali (27). Può causare offuscamento della vista, scotomi, dolore

oculare, ma estese lesioni possono anche sussistere in assenza di sintomi. La diagnosi è clinica e richiede generalmente l’esame del fondo oculare che evidenzia essudati bianchi, circoscritti a fiocco di cotone, con margini filamentosi localizzati nelle strutture corioretiniche estesi al vitreo. Un esame oftalmologico approfondito è quindi estremamente importante in ogni paziente a rischio di malattia disseminata. Candida albicans è la specie che più frequentemente determina coinvolgimento oculare.

(16)

2.5.4 Infezioni specifiche degli organi interni

a) Candidosi epato-splenica

Si verifica tipicamente nei pazienti con leucemia acuta ed una prolungata

neutropenia (28). Recentemente questa condizione è stata denominata

candidosi cronica disseminata per via ematogena e risulta caratterizzata da macro- e micro ascessi diffusi nel fegato, milza, rene e polmoni. Le manifestazioni comprendono febbre persistente, dolore addominale, epato-splenomegalia, aumento della fosfatasi alcalina e leucocitosi.

b) Endocardite da Candida

Particolarmente frequente nei sogetti con cateteri endovenosi in situ per lungo tempo, negli eroinomani e nei pazienti chirurgici sottoposti ad un intervento di cardiochirurgia (29).

c) Infezioni genitourinarie

Candida albicans colonizza spesso le vie urinarie, specialmente pazienti diabetici, dopo uso prolungato di antibiotici, e portatori di catetere di Foley(30). Sfortunatamente non ci sono criteri stabiliti per distinguere una

colonizzazione da un’infezione : la prima è asintomatica e non richiede terapia antifungina, la seconda è meno frequente. La diagnosi clinica di infezione delle vie urinarie da Candida è avallata dalla presenza di fattori di rischio come cateteri, anomalie anatomiche, assunzione di diversi agenti antibatterici, immunosoppressione e/o leucopenia, due o più urinocolture positive per Candida (>100000 CFU) (31).

d) Infezioni del sistema nervoso centrale

L’interessamento celebrale cronico si manifesta spesso con cefalea, rigidità nucale, papilledema ed anomalie neurologiche focali. L’ organismo può

(17)

essere generalmente isolato dal liquor. Fattori di rischio per l’infezione del SNC sono i traumi e gli interventi di neurochirurgia.

e) Peritonite

La peritonite da Candida è una complicanza della dialisi peritoneale o della chirurgia del tratto gastroenterico.

f) Polmonite

L’interessamento polmonare è generalmente secondario a disseminazione ematogena e si manifesta con febbre e tosse. Un esame dell’espettorato positivo, comune in molti pazienti ospedalizzati, spesso rappresenta solo una colonizzazione. La diagnosi definitiva richiede la biopsia e la dimostrazione istologica dell’invasione tissutale. La polmonite primitiva da Candida è estremamente rara eccetto che nell’ospite immunocompromesso nel quale

(18)

Diagnosi

La presentazione clinica di un’infezione fungina è variabile e poco specifica. Un aspetto critico di queste infezioni da patogeni opportunisti, incluse le infezioni del torrente ematico aggressive ed a rapida evoluzione, è l’assenza di quadri clinici differenziali a seconda della specie infettante, e per le quali invece un precoce intervento antimicotico sarebbe molto importante.

Alcuni pazienti con candidemia possono non apparire seriamente

compromessi, mentre altri possono presentare subito uno shock settico (33).

Il quadro clinico più comune è quello di una febbre resistente (> 38) che non recede alla somministrazione di antibiotici ad ampio spettro dopo 96 ore di somministrazione della terapia (34). La febbre ricorre in circa l’80% dei

pazienti (35), sebbene è spesso assente nei pazienti sottoposti a terapia con

corticosteroidi. Altre manifestazioni cliniche includono la presenza di candiduria di elevato grado nei pazienti chirurgici ricoverati in UTI, le lesioni cutanee e l’ endoftalmite da Candida. Epatomegalia e splenomegalia associate a dolore addominale sono presenti frequentemente in pazienti con infezione cronica disseminata.

Un’accurata diagnosi, quindi, si può ottenere con la combinazione di dati clinici e di laboratorio. La diagnosi definitiva di malattia sistemica può essere posta solamente con la dimostrazione istologica che il microorganismo invade i tessuti o mediante l’isolamento di Candida da sedi corporee normalmente sterili. Emocolture dovrebbero essere fatte sempre nel sospetto di infezione severa disseminata e l’ isolamento di un fungo è indicazione assoluta per la terapia antifungina.

L’ isolamento della candida dal sangue dipende da una serie di fattori: la quantità del campione, il numero dei campioni prelevati e le tecniche di rilevamento (36).

(19)

La diagnosi generica si basa sull'evidenziamento di cellule lievitiformi e/o pseudomicelio nei preparati istologici dei tessuti parassitati o microscopici diretti del materiale clinico. Alcuni funghi, compresa la candida, hanno una crescita scarsa in conzidioni anaerobiche e determinate tecniche sono state sviluppate per perfezionarne l’ isolamento da emocolture. L’introduzione di terreni di coltura bifasici, disponibili in commercio, e successivamente della lisi centrifugazione (Dupont Isolator) offre alcuni vantaggi rispetto ai tradizionali mezzi di coltura, nella percentuale e nel tempo di rilevazione di

una fungiemia da Candida (37).

L'identificazione specifica, eseguibile mediante numerosi sistemi commerciali, manuali e automatizzati, può avere anche importanza a fini epidemiologici.

La diagnosi sierologica di infezione è la più frequente e complessa da effettuarsi in micologia medica a causa delle caratteristiche endogene di Candida albicans.

La metodologia più largamente utilizzata per la ricerca di anticorpi diagnostici è la doppia immunodiffusione in agar gel di Outcherlony che permette l'evidenziamento di bande di precipitazione il cui numero ha un valore prognostico (38).

Tale metodica, per quanto generalmente adottata, non ha ancora superato tutte le obiezioni sulla sua assoluta specificità diagnostica per candidosi profonde. Le differenti valutazioni possono essere attribuite non solo alla variabilità della popolazione dei pazienti ed alla non ancora definitiva standardizzazione delle metodologie, ma anche all'uso di differenti antigeni commerciali e non.

Usando il metodo della doppia immunoelettroforesi bidimensionale è stato possibile dimostrare l'esistenza di 78 differenti antigeni idrosolubili in

(20)

C.albicans (39). Si può presumere che gli antigeni somatici di natura proteica

siano tanto più specifici quanto più risultino privi di mannani, antigeni della parete cellulare ritenuti responsabili, oltre che di false positività nella diagnosi anticorpale di infezioni profonde, anche della maggior parte delle

reazioni crociate con altri generi e specie (40). La relativa reattività crociata

interspecifica delle specie del genere Candida rappresenta, peraltro, un cospicuo vantaggio procedurale, in quanto un unico antigene (ricavato solitamente da un ceppo di C. albicans di riferimento) risulta efficace nella diagnosi di infezione ad eziologia specifica varia, evitando la necessità di esaminare il siero del paziente con un indefinito numero di antigeni specie specifici. Un incremento di sensibilità può essere ottenuto con un'opportuna colorazione della reazione di immunodiffusione. Il saggio di immunodiffusione è semplice ed informativo, ma il suo valore è limitato dal tempo (48-72 ore) necessario per l'evidenziamento delle bande di precipitazione e dalla relativa sensibilità. Un miglioramento è apportato dall'elettrosineresi che fornisce risultati nell'ambito di due ore e mostra una

buona correlazione con la reazione di doppia immunodiffusione (41).

Il saggio di doppia immunodiffusione può consentire anche una valutazione quantitativa facendo reagire una quantità costante di antigene contro diluizioni progressive del siero del paziente ed esprimendo, come titolo, la più alta diluizione che ancora permette di visualizzare una banda di precipitazione.

Agglutinine contro antigeni di C. albicans, presumibilmente da riferirsi a mannani della parete cellulare, sono determinabili in quasi tutti gli adulti sani tanto che la loro mancanza è da considerarsi come indice di grave deficienza immunitaria. Il saggio di agglutinazione diretta, tuttavia, può spesso risultare

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un utile mezzo diagnostico in relazione alla presenza di titoli anticorpali ritenuti significativi (42).

Il saggio di agglutinazione indiretta con particelle inerti (emazie, lattice) (Cand-Tec) alle quali viene adsorbito un antigene di C. albicans si è rivelato un utile mezzo di diagnosi per infezioni profonde e ha valore sia diagnostico sia prognostico. La sua specificità è minore di quella del saggio in immunodiffusione pur presentando notevoli vantaggi di rapidità e sensibilità(43).

Molto efficace, per quanto ritenuto non ancora completamente specifico, è il saggio di agglutinazione passiva su particelle di lattice (od altri supporti) adsorbiti con anticorpi anti-C. albicans indicato per la ricerca di vari antigeni in circolo.

Questo saggio si rivela particolarmente efficace nella sierodiagnosi di infezione in pazienti immunodepressi, che sono i più esposti all'infezione e per i quali può non essere riscontrabile un adeguato titolo anticorpale.

Il saggio di immunofluorescenza indiretta ha un significato diagnostico simile a quello determinato dalla dimostrazione di agglutinine nel siero. Titoli relativamente bassi determinati mediante immunofluorescenza indiretta sono riscontrabili nella popolazione normale, mentre valori anticorpali più alti od incrementanti sono da considerarsi buoni indicatori di infezione disseminata.

Il saggio di sensibilità cutanea alla candidina è utile quasi esclusivamente per rilevare eventuali deficienze dell'immunità cellulo-mediata. Reazioni di ipersensibilità ritardata sono spesso assenti nei pazienti affetti da candidosi

croniche muco cutanee (44).

Il problema diagnostico, qualunque sia la metodologia adottata, rimane delicato nella discriminazione tra infezione e malattia. Varie metodiche sono

(22)

state sviluppate (inibizione dell'emoaggIutinazione, gas-cromatografia, saggi radioimmunologici ed immunoenzimatici ELISA) per l'evidenziamento di reazioni antigeniche che compaiono in circolo in caso di infezione disseminata (45).

Particolare importanza rivestono i mannani parietali che si riscontrano per la maggior parte legati ai rispettivi anticorpi sotto forma di immunocomplessi circolanti, che devono essere dissociati (digestione con alcali o calore e

successiva dialisi) prima della determinazione quantitativa (46).

L'uso di anticorpi monoclonali, diretti contro specifici determinanti antigenici proteici riscontrabili esclusivamente nel corso di infezioni disseminate, potrebbero elevare la specificità della sierodiagnosi.

Recenti ricerche indicano come l’enolasi specifica di Candida albicans, se presente nel sangue, possa diventare un nuovo marker di infezione disseminata: i livelli sierici di enolasi sembrano essere indice di infezione

profonda anche in assenza di candidemia documentata (47).

La determinazione quantitativa di metaboliti (mannoso, arabinitolo) di specie appartenenti al genere Candida nel siero di pazienti può essere effettuata mediante gascromatografia e rappresentare un utile sussidio diagnostico nei casi di infezione disseminata (48).

Metodiche molecolari potrebbero potenzialmente superare l’ostacolo della scarsa sensibilità e specificità delle indagini sierologiche.

La PCR è tra le tecniche migliori, ma è costosa e non accessibile a tutti gli ospedali o laboratori. E’ in grado di rivelare specifiche sequenze di DNA fungino, fino ad un pg di DNA genomico, con estrema precisione (sensibilità 100% e specificità 98%) : necessiterebbe quindi di una validazione tramite studi più ampi (49).

(23)

Principi di trattamento

Nei pazienti critici non neutropenici ricoverati in unità di Terapia Intensiva la candidosi disseminata ematogena, causata da un’infezione fungina nosocomiale, può rappresentare una complicanza potenzialmente letale.

Decidere quando iniziare la terapia antifungina spesso è davvero problematico. Un’ emocoltura positiva per Candida albicans è sempre significativa ed impone l’ introduzione della terapia, comunque, la scarsa predittività delle emocolture (< 70%) di individuare un’infezione disseminata

complica il management (50).

Attualmente non ci sono linee guida circa l’ inizio di terapia antifungina successiva al riscontro di siti colonizzati dalla Candida albicans: diversi autori (Solomkin, Anaissie) sottolineano principalmente l’importanza di alcuni parametri come la densità di colonizzazione ed il numero dei siti colonizzat. Nel 1994 la British Society for Antimicrobial Chemiotherapy (BSAC) ha proposto delle linee guida che individuano 4 tipi di approccio alla terapia antimicrobica (53):

-Profilassi : interessa solo una popolazione ben definita di pazienti (ad es

AIDS,trapianto di midollo osseo). La BSAC sconsiglia assolutamente questo approccio nei pazienti in UTI o postchirurgici. Ad oggi non ci sono dati sufficienti circa l’ uso routinario di una profilassi fungina in UTI ed a ciò si aggiunge la preoccupazione di selezionare ceppi di Candida sempre meno sensibili, resistenti alla terapia. Al contrario, studi sulla terapia profilattica, condotti su pazienti neutropenici (51-52), dimostrano una diminuizione delle

infezioni ematogene conseguenza della riduzione od eliminazione della colonizzazione fungina. Il fluconazolo è l’unico farmaco utilizzato nella terapia di profilassi antifungina, in particolar modo dei pazienti neutropenici.

(24)

-Terapia precauzionale: trattamento preventivo di individui che presentino

un’alta probabilità di sviluppare micosi in mancanza di qualunque evidenza di infezione fungina. L’inizio del trattamento è basato sulla valutazione di specifici fattori di rischio tra cui la persistente colonizzazione ed altri markers laboratoristici di infezione. Pazienti ad alto rischio, sottoposti a chirurgia addominale o con pancreatite, possono beneficiare di una terapia preventiva (54).

-Terapia empirica (per una sospetta infezione profonda): è il trattamento un

quadro clinico suggestivo di una infezione fungina ma senza ma senza alcuna evidenza microbiologica, sierologica od istologica. Fino a quando la diagnosi di infezione fungina rimarrà cosi problematica, la terapia empirica continuerà ad essere necessaria.

-Terapia mirata: trattamento di un’infezione grave documentata.

Per i 4 tipi di approccio precedentemente descritti i farmaci di maggiore impiego in UTI risultano essere i seguenti antifungini sistemici:

Polieni (Amfotericina B)

L’amfotericina B desossicolato (amB-d), un agente antifungino polienico, distrugge le membrane biologiche, aumentandone quindi la permeabilità. E’in grado di stimolare il rilascio di citochine, che a sua volta causa vasocostrizione arteriolare a livello vascolare renale. L’amB-d causa reazioni infusione correlate che includono ipotensione, febbre, brividi nel 70% circa dei pazienti. Può anche produrre fenomeni di tossicità dose-dipendente, inclusi nefrotossicità, aumento dell’azotemia, acidosi tubulare renale, anomalie elettrolitiche, aritmie cardiache ed anemia.

L’ amfotericina B complesso lipidico (ABLC), l’amfotericina B dispersione colloidale (ABCD), l’amfotericina liposomiale B (LAmB) sono formulazioni

(25)

lipidiche dello stasso farmaco di provata efficacia in modelli animali di micosi sistemica ed hanno dimostrato un’efficacia almeno equiparabile all’ amB-d negli esseri umani. Possono essere somministrate ad più alte dosi quotidiane per periodi più lunghi rispetto al primo farmaco. Di fondamentale importanza è che hanno tutte scarsa tendenza a produrre episodi di nefrotossicità rispetto all’ amB-d (55).

Agenti azolici

In genere, gli azolici somministrati per via sistemica esercitano i loro effetti attraverso un effetto micostatico per inibizione dose-dipendente del citocromo P450(CYP)-dipendente 14 - demetilasi,l’enzima necessario alla conversione del lanosterolo in ergosterolo. Ciò conduce alla riduzione dell’ergosterolo, lo sterolo essenziale per la parete cellulare fungina, ed infine compromette l’integrità di parete. Il grado di inibizione varia tra i differenti agenti azolici e spiega le differenze nello spettro di attività.

I derivati dell’azolo possono essere suddivisi in due categorie: imidazolici (con due atomi di azoto) , che includono ketoconazolo e miconazolo, e triazolici (tre atomi di azoto) tra cui fluconazolo e itroconazolo.

Triazolici hanno una maggiore affinità per l’enzima fungino CYP450 rispetto agli imidazolici e di conseguenza mostrano una maggiore attività antifungina ed un minore profilo di tossicità.

Il fluconazolo, triazolo di prima generazione, è considerato la prima scelta nel trattamento delle infezioni severe. L’ itroconazolo ha un ampio spettro d’azione ed i campioni isolati resistenti al fluconazolo non necessariamente cross reagiscono con esso (57) .

(26)

Questa clesse di antifungini include i primi nuovi antimicotici introdotti in quasi 20 anni. E’ una classe di agenti fungicidi e distrugge la sintesi della parete cellulare inibendo un nuovo target, la 1,3 - D-glucan sintetasi. Questo enzima è presente nella maggior parte dei funghi patogeni, ma non è presente nelle cellule dei mammiferi. Attualmente solo la caspofungina acetato viene utilizzata: è bel tollerata ed in alcuni trial clinici l’incidenza di eventi avversi era significativamente inferiore rispetto all’amB (58).

5-Fluorocitosina

E’ una pirimidina fluorata ed inibisce la sintesi del DNA e dell’ RNA fungino. Viene trasportata all’ interno delle cellule suscettibili da un enzima, permeabile alle citosine, e poi trasformato da una citosina-deaminasi in fluorouracile o fluxouridina. Una volta incorporato nell’RNA, il 5-fluorouracile inibisce la sintesi del DNA, mentre la fluxouridina inibisce la

timidina sintetasi(59). L’ enzima citosina-deaminasi è presente esclusivamente

nelle cellule fungine e ciò è alla base della sua tossicità selettiva. Se usato in regime di monoterapia, si sviluppa rapidamente resistenza.

Di seguito in Tabella 1 sono riportate le linee guida IDSA per infezione da Candida.

(27)
(28)

Farmacoresistenza

Fino al 1980, la resistenza ai farmaci antifungini veniva considerato come un fenomeno raro, limitato a pochi casi di resistenza all’amfotericinaB o meglio documentata alla flucitosina.

Tuttavia, come nel caso degli antibatterici, l’aumento dell’uso di tali farmaci ha condotto alla selezione di ceppi resistenti, ed alla sostituzione della natura dei patogeni infettanti.

Per molti anni non sono esistiti test di sensibilità antifungina rilevanti. Di conseguenza, la terapia antifungina del paziente critico era per lo più empirica e non formulata sulla scorta della sensibilità. Test di sensibilità antifungina clinicamente rilevanti si sono sviluppati nel corso degli ultimi due decenni: sono però limitati da scarsa riproducibilità e rilevanza clinica ancora incerta.

Risultati discrepanti sono da attribuire ad una serie di fattori tra cui pH, sito di inoculo, al terreno di coltura, al tempo ed alla temperatura di incubazione(59).

Nell’ ultima decade il National Committee for Clinical Laboratory Standards (NCCLS) ha sviluppato alcune procedure standardizzate per testare la suscettibilità micotica in vitro.

La metodica proposta per i lieviti di interesse clinico è il M27-A, un test standardizzato che valuta la suscettibilità fungina ed utilizza macro e micro diluizioni dei brodi di coltura.

Importante caratteristica di questa procedura è l’ alta riproducibilità intra ed interlaboratoristica. Negli ultimi anni queste metodiche sono state applicate per correlare i risultati in vitro con il risultato clinico delle infezioni fungine.

(29)

I meccanismi alla base della resistenza agli azolici sono vari: può essere dovuta ad un alterato accumulo intracellulare del farmaco, ad un’alterata composizione degli steroli di membrana, ad alterazione dell’ERG11 (il gene che codifica l’ enzima lanoserolo-14 - demetilasi, bersaglio di questi

farmaci), o ad una alterazione della funzionalità delle pompe di efflusso (60).

Questi ultimi due meccanismi sono quelli più frequentemente chiamati in causa.

L’alterazione dell’enzima bersaglio può essere legato sia ad una up-regolazione del gene che lo codifica sia a mutazioni del gene stesso. Nel primo caso si crea il bisogno di una più elevata concentrazione intracellulare di azolici per poter complessate tutte le molecole enzimatiche presenti nella cellula, mentre nel secondo caso si assiste alla produzione di un enzima

modificato nei confronti del quale il farmaco presenta una ridotta affinità (61).

Questi meccanismi sono stati descritti in isolati di C.albicans.

L’ altro meccanismo di resistenza agli azolici descritto in più specie di Candida, compresa C.albicans può verificarsi per l’incapacità degli agenti antifungini ad accumularsi nella cellula a causa di un elevato efflusso del farmaco a sua volta dovuto ad un’ alterazione della funzionalità di

trasportatori presenti sulla membrana del micete (62).

La resistenza ad amfotericina B è rara. Alla base vi è una alterazione significativa nella composizione lipidica della membrana con conseguente riduzione dell’affinità del farmaco per il bersaglio (63). Al contrario la

resistenza alla 5-fluorocitosina e frequente: questo farmaco infatti viene somministrato in combinazione con altri agenti antimicotici a causa del rapido instaurarsi di resistenza secondaria (64).

E' di primaria importanza individuare nuovi agenti antifungini, con meccanismi d'azione diversi da quelli dei farmaci antifungini convenzionali,

(30)

che abbiano un più ampio spettro d'azione, non inducano sviluppo di farmacoresistenza, possibilmente abbiano attività sinergica con farmaci antimicotici, e consentano, quindi, di ridurre la loro posologia e tossicità.

(31)

Mortalità e morbilità

Tra tutte le infezioni disseminate quelle fungine possiedono la più alta mortalità. Le ragioni di questa elevata mortalità includono la severità della patologia dei pazienti ricoverati in UTI, la mancanza di un’effettiva terapia antifungina, l’interazione dei farmaci antimicotici con farmaci immunosoppressori,e la ancora incerta data di inizio della terapia profilattica. Le infezioni da Candida invasive e disseminate sono diventate la fonte

maggiore di morbilità e mortalità nelle moderne UTI(65).

L’infezione del torrente ematico da Candida è gravata da una prognosi sfavorevole, a causa in parte della difficoltà di porre la diagnosi. Indipendentemente dalla causa, la mortalità attribuibile globale delle batteriemie nosocomiali tra i pazienti critici è del 35% (66).

Questo tasso di mortalità in generale è confrontato al tasso di mortalità dovuto a candidemia in tutti i reparti di un ospedale ed in UTI: quest’ultimo

risulta essere del 35-69%, con una mortalità attribuibile del 38% (67).

Alcuni centri riportano che il tasso di mortalità associato a candidemia e tra i più elevati di qualsiasi batteriemia a prescindere dall’eziologia. Nello specifico, Pittet, utilizzando un’analisi multivariata, ha evidenziato come, tra le batteriemie nosocomiali, la Candida sia l’unico microorganismo che in maniera indipendente influenza l’ esito del ricovero.

In un ampio studio la mortalità dei pazienti con candidemia è stata stimata intorno al 38%. Utilizzando un’analisi univariata, la mortalità risulta significativamente associata alla gravità dell’APACHE II score valutato all’inizio della candidemia e al tempo trascorso tra l’episodio di batteriemia e l’inizio della terapia antifungina (> 48 ore). Pazienti con APACHE II score <

(32)

21 all’ inizio della candidemia hanno una probabilità di sopravvivenza

(33)

3. FATTORI DI RISCHIO

Colonizzazione

La colonizzazione da Candida è il principale fattore di rischio di infezione: diversi elementi supportano l’ ipotesi che la colonizzazione sia un

pre-requisito di una successiva infezione (69).Solomkin nel 1980 ha dimostrato che

lo sviluppo di candidemia è preceduto, in modo sequenziale, dalla diffusione dell’infezione dalla cavità addominale ad altre sedi. La crescita notevole di Candida in campioni di liquido peritoneale è predittiva di sviluppo di infezione (70).

In uno studio, il precoce isolamento di Candida nelle urine, nel liquido peritoneale, nell’aspirato tracheale o nel materiale da ferita nella prima settimana successiva ad un intervento di chirurgia addominale, sembra essere

associato ad un aumento della morbilità e della mortalità (71).

Più siti contemporaneamente colonizzati rappresentano un fattore di rischio indipendente di sviluppo di un’infezione grave. Dati recenti correlano l’incremento del rischio all’aumentare dei siti coinvolti e della densità di colonizzazione (72).

Altri autori confermano quest’ipotesi in pazienti neutropenici e non neutropenici: la colonizzazione o l’infezione superficiale da parte di ceppi genotipicamente identici di Candida generalmente precedono infezioni

severe o candidemia (73). Ulteriori studi dimostrano che gravi infezioni si

sviluppano raramente nei pazienti critici non colonizzati dal fungo in alcuna sede.

È però difficile riuscire a distinguere la colonizzazione dall’infezione in questo tipo di pazienti. Circa il 5-15% degli ospedalizzati è già colonizzato all’ammissione, ma la percentuale cresce irrimediabilmente all’aumentare del

(34)

tempo di degenza e di esposizione ai fattori di rischio. Una percentuale che varia tra il 50% e l’86% dei pazienti ricoverati in UTI è suscettibile di colonizzazione da Candida durante un ricovero prolungato (> 10 giorni): solo

il 5-30% di questi pazienti svilupperà un’infezione grave (74).

Risulta complessa anche la valutazione clinica della significatività di ripetute colture positive per Candida all’interno di un quadro di sorveglianza multipla. Alcuni autori suggeriscono che, nel sospetto clinico, la colonizzazione di più di due siti diversi sia sufficiente a predire lo svilupparsi

di infezione severa e richieda l’introduzione di una terapia antifungina (75).

Tale approccio non è mai stato analizzato in uno studio prospettico: sensibilità e specificità potrebbero risultare basse.

Antibiotici

I pazienti ricoverati in UTI costituiscono meno del 20% della popolazione ricoverata, ma l’uso di antibiotici ad ampio spettro è considerevolmente più elevato rispetto agli altri reparti. Nelle UTI polivalenti la terapia antibiotica viene somministrata in circa il 90% dei pazienti, inizia come profilassi post chirurgica e di norma viene continuata durante la degenza in UTI.

Inoltre sono spesso utilizzati nella terapia empirica rivolta a quadri settici che non hanno ancora ricevuto una conferma microbiologica e la risposta dell’antibiogramma. L’esposizione precedente o concomitante ad antibiotici

è uno dei maggiori fattori di rischio di sviluppo di infezione da Candida (76).

Lo studio Wey pone in risalto come l’associazione di più antibiotici sia il fattore più significativo. Ad esso si aggiunge lo studio Fraser: circa il 94% dei pazienti con infezione da Candida è stato precedentemente esposto a terapia antibiotica e di questi il 61% è stato trattato con quattro differenti

(35)

antibiotici simultaneamente. Il rischio, infatti, cresce in modo esponenziale ad ogni classe di antimicrobico usato.

Gli antibiotici ad ampio spettro e la durata del trattamento amplificano ed aumentano il rischio.

Neutropenia

La neutropenia è stata identificata precocemente come uno dei maggiori fattori di rischio di infezione invasiva da Candida. In un recente studio, circa il 50% dei pazienti neutropenici o sottoposti a trapianto di midollo osseo e il 5-20% dei trapiantati d’organo sono risultati affetti da un’infezione fungina

(77).

Meyers e Atkinson nel 1983 hanno sottolineato quanto incida la neutropenia e soprattutto la durata di quest’ultima: in un campione di pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo si assiste allo sviluppo di infezione severa da Candida nel 21% di pazienti rimasti neutropenici per meno di 3 settimane contro il 57% dei neutropenici per più di 6 settimane.

Accessi vascolari

Sia le infezioni fungine locali che quelle sistemiche possono scaturire dalla contaminazione di dispositivi intravascolari. Nel monitoraggio di un paziente critico in UTI sono necessari multipli accessi: la frequenza di episodi di candidemia in questa categoria di pazienti sembra essere associata alla

presenza di cateteri in una percentuale oscillante dal 35% all’80% (78).

La sepsi catetere correlata è stata valutata in dettaglio: le cause di sepsi associate al dispositivo sono correlate sia alla produzione che alla contaminazione durante l’uso della sostanza.

(36)

Autori ritengono che sia il tratto di inserzione del catetere a fornire la principale via di ingresso ai microbi invasori: molti studi hanno riconosciuto come la colonizzazione attorno alla sede di inserzione del catetere sia un significativo fattore di rischio (79).

Anche la composizione del catetere influenza il rischio: Rotrosen ha dimostrato un aumento dell’aderenza di specie di Candida ai cateteri di polivinilcloruro paragonati ai cateteri di Teflon. Si può ipotizzare che i materiali che facilitano l’aderenza microbica possano essere associati con un aumento del rischio di infezione catetere correlata.

Nutrizione parenterale

Il posizionamento, il trattamento e la cura dei cateteri usati per TNP negli ultimi anni hanno ricevuto molta attenzione: in molti aspetti la nutrizione parenterale totale può essere considerata come fattore di rischio di colonizzazione e sviluppo di infezione.

La composizione del liquido di infusione facilita la crescita di vari organismi,i più rilevanti dei quali risultano essere i funghi ed in particolare Candida albicans. E’ spesso necessario che questi cateteri rimangano in sede molto più a lungo rispetto alle cannule venose periferiche o centrali. L’ipertonicità della soluzione tende a causare trombosi e può comportare un aumento del rischio di infezione. Infine, anche se non meno importante, i pazienti che richiedono TPN sono spesso gravemente malati a causa di neoplasie, traumi o grave immunodepressione e ciò contribuisce ad innalzare il rischio di candidemia (80).

Curry e Quie hanno riportato un’incidenza di candidemia nel 16% di pazienti riceventi TPN. In un altro studio prospettico su 131 pazienti post operatori che hanno ricevuto TPN 13 pazienti sono stati individuati per lo sviluppo di

(37)

lesioni corioretiniche in accordo con la diagnosi di endolftalmite ematogena da Candida, 7 dei pazienti avevano emocolture positive per Candida.

Nonostante la maggior parte di queste infezioni si presume origini dalla contaminazione con lieviti alla sede di ingresso del catetere, sono state segnalate epidemie di infezioni da Candida dovute a soluzioni di TNP intrinsecamente contaminate.

Iperalimentazione

L’iperalimentazione può favorire una eccessiva crescita della Candida a causa dell’iperglicemia, rappresentando probabilmente un fattore di rischio

indipendente dalla presenza del catetere intravenoso (81).

Ventilazione meccanica

Sia l’ intubazione a breve termine per scopi chirurgici che quella a lungo termine per insufficienza respiratoria si associano con maggiori frequenze

segnalate (17-20%) di polmonite nosocomiale (82). Tali pazienti sono spesso

quelli più gravemente malati e la presenza di un tubo endotracheale elimina l’azione del sistema di filtrazione inerte del naso, del sistema di conduzione delle vie aeree e di clearance mucociliare. Inoltre, l’irritazione meccanica ed il danno alla mucosa respiratoria, predispongono alla colonizzazione locale delle vie aeree con potenziali patogeni, batterici e fungini.

Altri

Attraverso un’ attenta analisi dei più recenti studi presenti in letteratura sono stati individuati fattori di rischio addizionali di sviluppo di infezione fungina severa .

(38)

• Diverse procedure chirurgiche

• La presenza di insufficienza renale

• L’uso di steroidi e di H2 bloccanti

• APASCHE II score

• La durata del ricovero in UTI (>10 giorni)

Alcuni tra questi fattori non sono predittivi di candidemia in maniera indipendente; altri costituiscono più dei markers di malattia che specifici fattori di rischio di infezione.

Più elevato è il numero e più lunga è la durata dell’esposizione a tali fattori, più il rischio di infezione aumenta (83).

(39)

4. INDICI DI COLONIZZAZIONE

L’ importanza della colonizzazione da Candida è stata ben documentata nei pazienti chirurgici ricoverati in UTI a seguito di interventi di chirurgia addominale: in tutte le tipologie di pazienti risulta difficile differenziare lo stato di colonizzato da quello di infetto

Innovativo è l’approccio di Pittet ed Eggimann: il grado di colonizzazione da Candida viene studiato utilizzando un indice specifico associato a dati epidemiologici. Si tratta dell’indice di colonizzazione (ICC): rapporto tra il numero di siti colonizzati da ceppi genotipicamente identici di candida (escluse le emocolture) ed il numero totale dei siti analizzati.

L’ CCI è stato creato per migliorare il valore predittivo positivo della sorveglianza colturale multipla in UTI: è d’ aiuto nell’identificazione di quella popolazione di pazienti che trarrebbe beneficio da un trattamento antifungino precoce.

Valido anche per ottenere una quantizzazione del processo di colonizzazione: oltre al grado, anche il numero dei diversi siti colonizzati riflette l’intensità della colonizzazione da Candida.

Quello di Pittet è uno studio prospettico a coorte di sei mesi su pazienti chirurgici ricoverati in unità di terapia intensiva. I pazienti che sono stati inclusi rispondono a determinati criteri che definiscono una significativa colonizzazione da Candida.

Per colonizzazione si intende la presenza di Candida in tre o più campioni, prelevati dallo stesso sito corporeo o da siti differenti, per un minimo di due giorni consecutivi.

Il paziente è considerato infetto se si documenta o un caso di candidemia o un’infezione severa tale da richiedere l’uso di terapia antifungina sistemica.

(40)

L’ obiettivo dello studio è stato quello di determinare il ruolo della colonizzazione nello sviluppo di successive infezioni fungine.

Su di un totale di circa 650 pazienti ammessi in UTI, 29 sono stati classificati come colonizzati : di questi 11 hanno sviluppato infezione fungina severa ,inclusa candidemia (8 casi), e 18 no.

E’ stato calcolato l’indice di colonizzazione per ogni paziente, sia infetto, sia colonizzato. (figura3)

FIGURA 3 INDICE DI COLONIZZAZIONE CALCOLATO PER I 29 PAZIENTI INCLUSI NELLO STUDIO:  CERCHI BIANCHI = PAZIENTI COLONIZZATI       CERCHI NERI = PAZIENTI INFETTI

La media del ICC dei pazienti colonizzati è significativamente differente da quella dei pazienti infetti (0,47 vs 0,70 rispettivamente p<0,01).

(41)

tutti i pazienti che alla fine sviluppano infezione raggiungono questo valore soglia già prima dell’infezione.

Importante sottolineare come l’indice di colonizzazione di questi pazienti abbia raggiunto un valore significativo in media sei giorni prima del riscontro dell’ infezione.

Lo stesso studio (Pittet ed Eggiman) descrive poi un’importante ed

immediata applicazione dell’ICC: chiarire le dinamiche di colonizzazione confrontando tale indice tra un gruppo di pazienti cui viene somministrata terapia antifungina profilattica ( fluconazolo) ed un gruppo di pazienti trattato con placebo. (figura 4)

FIGURA 4 CERCHI BIANCHI = GRUPPO TRATTATO CON FLUCONAZOLO        CERCHI NERI  = GRUPPO PLACEBO

La colonizzazione da Candida albicans si riscontra nel 53% (29/55) dei pazienti trattati con fluconazolo e non colonizzati all’ammissione in UTI ,

(42)

Infezione severe da Candida si osservano meno frequentemente nel gruppo con fluconazolo ed il 90% dei casi di Candidemia si ha nel gruppo placebo. Si chiarisce così l’utilità pratica dell’indice di colonizzazione descritto da Pittet: è un mezzo utilizzato per individuare i pazienti critici maggiormente a rischio di infezione fungina invasiva e che potrebbero beneficiare di una terapia antifungina precoce.

Più semplice l’approccio di Leon : l’obiettivo di questo recente studio è quello di creare un semplice sistema di punteggio che aiuti il clinico a differenziare l’infezione dalla colonizzazione da Candida albicans, e lo aiuti nella scelta di trattare o meno il paziente con profilassi antifungina.

Il nuovo “Candida score” si basa su di un valore predittivo specifico per alcuni fattori di rischio di infezione indipendenti:la colonizzazione da candida albicans in siti corporei multipli, la nutrizione parenterale totale, interventi chirurgici durante il ricovero in UTI e le manifestazioni cliniche di sepsi severa.

Il punteggio semplificato attribuisce un valore pari ad 1 alla colonizzazione in sedi multiple,alla nutrizione parenterale ed alla chirurgia; valore uguale a 2 per le manifestazioni cliniche di sepsi grave.

I pazienti con punteggio superiore a 2,5 hanno un elevato rischio (circa 7

volte maggiore) di sviluppare un’infezione fungina invasiva.(85)

(43)

5. STUDIO CLINICO

Determinare i principali fattori di rischio di colonizzazione fungina delle vie aeree da parte di Candida albicans.

5.1.OBIETTIVO

Obiettivo del presente lavoro di tesi è un’analisi descrittiva dei principali fattori di rischio di colonizzazione delle vie aeree da parte di Candida albicans in pazienti ricoverati presso l’Unità di Terapia Intensiva polivalente

dell’Ospedale S.ta Chiara di Pisa nel periodo compreso dal 1/01/2006 al

31/08/2007 .

MATERIALI E METODI

Materiali

È stato realizzato uno studio di coorte retrospettiva, per il quale sono stati arruolati tutti i pazienti con BAL risultato positivo per Candida albicans e negativo per crescita microbiologica.

La fonte dei dati utilizzata è il database “Margherita”, uno strumento informatico nato ad opera del gruppo GiViTi, utilizzato per la raccolta sistematica dei dati relativi alle degenze che avvengono in UTI. La struttura modulare che è alla base del software permette di integrare la raccolta dei dati di base (il “CORE” di Margherita) con specifiche per progetti di ricerca

(44)

centrati su argomenti diversi, svolti anche contemporaneamente (i cosiddetti “PETALI”).

Il “Core” di Margherita consiste in una raccolta elettronica di dati relativi ai pazienti ammessi nella UTI, considerando le caratteristiche anagrafiche, la diagnosi al momento del ricovero, il reparto di provenienza, lo status

chirurgico, le comorbilità, le patologie insorte durante la degenza, il SAPS 2,

gli interventi e le procedure effettuati e l’outcome.

Nel nostro studio si è usufruito oltre che del “Core” di Margherita anche del Petalo Infezioni.

Il Petalo Infezioni consiste in una raccolta elettronica di dati relativi all’epidemiologia delle infezioni in UTI: prevede l’inserimento dei dati relativi alle diverse tipologie di infezione diagnosticate, alla loro gravità, alle caratteristiche della flora batterica prevalente e all’incidenza di infezioni sostenute da germi multi-antibiotico resistenti. Inoltre, per quei pazienti che risultavano avere crescita di Candida albicans nel liquido di broncolavaggio, sono state ricercate nelle cartelle cliniche e presso il laboratorio di microbiologia affiliato, informazioni aggiuntive, quali la data di comparsa delle infezioni e le eventuali resistenze antifungine.

Metodi

In prima istanza, le principali caratteristiche cliniche dei pazienti arruolati nello studio verranno esposte mediante analisi descrittiva.

Successivamente verrà realizzata un’analisi univariata dei fattori di rischio determinanti colonizzazione, strategia preferibile in condizioni di piccola numerosità del campione ad una più raffinata analisi multivariata.

(45)

Verrà calcolato l’ Odds Ratio per ciascuna delle seguenti variabili: sesso, età, nutrizione parenterale totale, terapia cortisonica, ventilazione assistita, durata del ricovero, punteggio sapsII all’ammissione.

(46)

RISULTATI

Analisi descrittiva

Sono stati studiati 60 pazienti sottoposti a lavaggio broncoalveolare. Tra questi 12 pazienti (20%) sono risultati avere BAL negativo per crescita microbiologica mentre 20 pazienti (33,3%) hanno presentato crescita

esclusiva di Candida albicans, in assenza di crescita microbica. Al contrario

11 pazienti (18,3%) hanno presentato contemporaneamente presenza di

Candida albicans e germi gram+ e gram- e 18 (30%) esclusiva crescita batterica ( principalmente Stafilococcus aureus, Pseudomonas Aeruginosa, Escherichia Coli ed altri gram-).

Abbiamo considerato pertanto ai fini dello studio la popolazione con BAL esclusivamente positivo per Candida albicans e la popolazione con BAL negativo per crescita microbica ed abbiamo descritto per ciascuna popolazione in oggetto, oltre che per la popolazione totale :

• La distribuzione per età

• La gravità all’ammissione (punteggio SAPS II)

• Status all’immissione

• Il motivo del ricovero

• La durata della degenza

• L’esito

(47)

Distribuzione per età

La popolazione totale, nonché quella dei pazienti con BAL positivo per Candida e negativo per qualsiasi crescita microbiologica presenta una distribuzione per età in cui la classe più rappresentata è quella con età maggiore di 75 anni seguita dalla classe 60-75. La popolazione con BAL positivo sembra essere più anziana delle altre essendo pari al 55% la percentuale di soggetti sopra i 75 anni ed al 45% la classe 60-75. In questa sottopopolazione mancano pazienti delle categorie che comprendenti la fascia d’ età tra 0-59 anni. (Figura 5)

(48)

Gravità all’ammissione (punteggio SAPS 2)

Nella popolazione totale ed in entrambe le sottopopolazioni si evidenzia una

distribuzione per punteggio SAPS II in cui la classe con punteggio minore di

20 rappresenta circa il 30%. Anche la classe con un punteggio più elevato, compreso tra 60-80, rappresenta in tutte e tre le popolazioni poco più del 30%. La sottopopolazione dei pazienti con BAL positivo per Candida sembra mostrare una maggior compromissione dello stato di salute all’ammissione: il 10% ha un punteggio che supera 80, contrariamente al gruppo con BAL negativo in cui tale classe non è rappresentata. (figura 6)

(49)

Status di ammissione

Nella popolazione totale circa il 60% dei ricoveri riguardano pazienti che hanno subito un intervento chirurgico. La prevalenza dello status chirurgico è simile nelle due sottopopolazioni oggetto di studio: 55% e 67% rispettivamente nella popolazione con BAL positivo per Candida e BAL negativo. (figura 7)

(50)

Motivo del ricovero

(51)

Durata del ricovero

La popolazione totale, nonché quelle con BAL positivo e negativo, mostrano una distribuzione della durata della degenza in cui la classe più rappresentata è quella 1-20 giorni (78%, 80% e 75% rispettivamente). Le due distinte sottopopolazioni oggetto di studio si differenziano però nelle restanti classi: mentre nel gruppo di pazienti con BAL negativo il rimanente 25% è rappresentato esclusivamente dalla classe 21-40 giorni, quello con BAL positivo per Candida albicans risulta avere un incremento della durata della degenza. Il 5% dei pazienti appartiene alla classe 41-60 giorni ed un altro 5% è dato da pazienti lungodegenti ( >60 giorni). (figura 9)

(52)

Esito

L’ esito non è influenzato dalla colonizzazione del BAL da parte di Candida albicans. La percentuale dei pazienti trasferiti in altri reparti è dell’ 85% nella popolazione di pazienti con BAL colonizzato da Candida. La mortalità delle due sottopopolazioni rispecchia quella della popolazione totale. (figura 10)

(53)

Principali fattori di rischio:

Nutrizione parenterale totale

Dall’analisi descrittiva risulta evidente come la nutrizione parenterale totale sia uno dei principali fattori di rischio di colonizzazione delle vie aeree da Candida albicans. L’ 80% dei pazienti colonizzati ha ricevuto tale trattamento durante il ricovero rispetto al meno del 10% dei pazienti con BAL negativo.

L’ importanza di questo fattore di rischio, messa in evidenza anche da importanti studi in letteratura (Pittet e più recentemente Leon), viene confermata successivamente dall’ approccio statistico con analisi univariata. (figura 11)

(54)

Terapia con cortisone

La terapia cortisonica somministrata per via sistemica e/o inalatoria viene somministrata nel 65% dei pazienti con BAL positivo per Candida contro poco più dell’ 8% dei pazienti non colonizzati. Anche la somministrazione di cortisonici, in questo studio principalmente idrocortisone e.v., risulta essere importante fattore di rischio di colonizzazione. (figura 8)

(55)

Ventilazione assistita

Dall’analisi descrittiva risalta la percentuale di pazienti con BAL positivo per Candida che durante il ricovero sono stati sottoposti a ventilazione assistita : il 90%. Al contrario nel gruppo di controllo questa percentuale scende al 33,3%. L’ intubazione e la tracheostomia sono fattori di rischio di colonizzazione delle vie aeree : dato confermato dallo studio di Pittet e dalla analisi univariata di presente lavoro. ( figura 9)

FIGURA 13 VENTILAZIONE ASSISTITA

Antibioticoterapia

Il trattamento antibiotico dei pazienti ricoverati in UTI è stato suddiviso in quattro classi: la prima classe raggruppa i soggetti a cui durante il ricovero sono stati somministrati antibiotici appartenenti ad una sola tra le principali categorie utilizzate (penicilline, glicolipidi, chinolonici, carbapenemici, cefalosporine, aminoglicosidi, metronidazolo, rifampicina). La seconda classe due categorie di antibiotici, la terza tre, la quarta comprende l’utilizzo

(56)

di quattro classi di antibiotici diversi. Nessuno dei pazienti con BAL positivo appartiene alla prima classe: nel 45% dei casi si somministrano due categorie di antibiotici, nel 30% tre ed in una percentuale pari al 25% quattro classi di antibiotici diversi contemporaneamente. Al contrario più della metà dei pazienti con BAL negativo apartiene alla prima classe e percentuali decisamente minori alle classi successive. (figura 10)

Lo studio Fraser descrive come circa il 94% dei pazienti ricoverati in UTI, con infezione da Candida, sia stato precedentemente esposto a terapia antibiotica e di questi il 61% sia stato trattato con quattro differenti antibiotici simultaneamente. Il rischio, infatti, cresce in modo esponenziale ad ogni classe di antimicrobico usato.

Gli antibiotici ad ampio spettro e la durata del trattamento amplificano ed aumentano il rischio.

(57)

FIGURA 15 CLASSI DI ANTIBIOTICI UTILIZZATE NEI PAZIENTI CON BAL

POSITIVO PER CANDIDA ALBICANS

FIGURA 16 CLASSI DI ANTIBIOTICI UTILIZZATE NEI PAZIENTI CON BAL

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