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La felicità mozartiana

Nel documento Io, Don Giovanni. Mozart in maschera (pagine 49-51)

Mila intravede nelle Nozze di Figaro un anelito alla felicità come «antico diritto da rivendicare»126, ma non per questo, e giustamente, lo mette in relazione con quella nuova esigenza sociale che i tempi d’allora stavano reclamando né lo iden- tifica con la semplice adesione a quel piacere che per il borghese del Settecento era un’esplicita presa di possesso della realtà. Mila tuttavia trascura il fatto che questo senso di anelito è strettamente connaturato nei personaggi di quell’opera e non è di Mozart. In lui non c’è l’aspirazione a una realtà che non si sente ancora conqui- stata, in lui piuttosto c’è un pieno, totale possesso di questa realtà, vale a dire di una felicità integralmente raggiunta e vissuta. Per cui questo desiderio, se proprio si vuole, è solo di chi, come noi, si trova posto dinanzi alla musica mozartiana. Questa felicità in effetti sta prima e dopo la vita contingente dell’uomo; l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male da cui l’uomo ha tratto il frutto proibito ha comportato e comporta questa necessità di riconquista per poter ritornare coscien- te a quel Paradiso Terrestre ricevuto quando era incosciente. Per cui la musica di Mozart è appunto non voglia di felicità, ma è felicità: felicità da intendersi ovvia- mente non come semplice estrinsecazione di più o meno infantile allegria, di per- sonale soddisfazione e di buon umore, ma come lucidità spirituale, come perfetta «libertà» da ogni remora, in grado quindi di trasparire anche da lavori tutt’altro che giocosi. Perché, quando voleva, Mozart sapeva raccogliersi in sé stesso, come ci testimonia ad esempio la cognata Sophie: «Era sempre di buon umore, ma anche nei suoi momenti più allegri era sempre pensoso, ti fissava dritto negli occhi, sop- pesava la risposta a ogni domanda, seria o scherzosa che fosse, e sembrava conti- nuamente immerso in pensieri di tutt’altro genere»127.

Da questa capacità di saper vivere dentro di sé scaturisce appunto una musica di quel Paradiso Terrestre dal quale siamo stati scacciati, una musica che sembra per questo voler dire «Io l’ho visto, ed è bellissimo» così da ricordarci che, se si vuole arrivare in alto, in quell’alto bisogna esserci già stati, perché solo così si può poi discendere in basso. Come ci spiega sempre Platone nel parlarci di Eros:

La bellezza brillava allora in tutta luce, quando nella beata schiera ne godevamo la bea- tifica visione, noi al seguito di Giove, altri di un altro dio, ed eravamo iniziati a quella iniziazione che si può ben dire la più beatifica di tutte; e la celebravamo integri ed ine- sperti dei mali che in seguito ci avrebbero atteso, in misterica contemplazione di integre e semplici, immobili e venerabili forme, immersi in una luce pura, noi stessi puri e privi di questa tomba che ora ci portiamo in giro col nome di corpo, imprigionati in esso co- me un’ostrica.128

Mozart pertanto ci appare un « ingenuo » in quanto artista che con la sua mu-

126 M. Mila, cit., p. 111

127 Georg Nikolaus von Nissen, Biographie W. A. Mozart’s nach Original-Briefen, a cura di Constanze Nissen, Leip-

zig 1828, ed. mod. Hildesheim 1984, pp. 627-28

sica sa spogliarsi, quando vuole, di ogni accidentalità per attingere all’essenza del- l’uomo. Anche Abert intuisce la capacità mozartiana di questa specie di sdoppia- mento: «Mozart, come nessun altro nella storia dell’opera, sapeva vivere con l’uo- mo del momento e con l’idealista, continuamente rapportando l’uno all’altro»129. Dunque nessuna nostalgia di un Assoluto che si avverte romanticamente irrag- giungibile, ma semplice, « perfetta letizia » di chi ha già abitato in quell’Assoluto e che con la sua musica senza peccato originale ce ne offre una parvenza: «Nessu- no fra tutti quelli che mi conoscono può dire che io sia un tipo scontroso o triste. Per questa felicità ringrazio tutti i giorni il mio creatore e la auguro di cuore a tutti i miei simili»130.

Musica dunque che «si suona in paradiso» non perché sempre inconsapevol- mente felice, beata e innocente, ma perché fa sentire con la sua mondanità di esse- re di un altro mondo. Da qui la sua capacità di risultare incontaminata anche quando umanamente si contamina, come Don Giovanni, con le passioni dei suoi personaggi. Essa li sa contemplare sempre dal di fuori e proprio per questo riesce a delinearli con così intima partecipazione; sa unirsi pienamente a loro proprio perché sa staccarsi da loro. Ecco il motivo per cui Einstein parla di una «grazia quasi sonnambulistica»131della musica di Mozart: una definizione ove quel «qua- si» dovrebbe stare a confermarci che si tratta pur sempre di uno stato pienamente cosciente, non certo catalettico od onirico. Anche Mozart certo aveva i suoi vizi (quello del gioco fu probabilmente la causa principale della povertà che assediò i suoi ultimi anni), ma l’artista non era quell’uomo, era un altro, era Don Giovanni. Mozart era sé stesso solo quando componeva, per cui con lui più che mai risulta ingannevole andare a sondare le pieghe della sua vita contingente e voler trovare in esse la «spiegazione» della sua musica. Mozart-Don Giovanni è sempre felice, per cui è, se mai, in noi che egli inocula questa aspirazione a ritornare appunto a quell’innocenza edenica in cui vivevamo prima di cogliere il fatidico pomo grazie appunto a Eros, che «gli dèi chiamano l’Alato, perché fa crescere l’ali»132.

Proprio in base a quest’ottica la nostra opera fa entrare in gioco non la puni- zione, non l’inferno, ma appunto l’azione che ci consente questo ritorno all’Eden semplicemente mostrandoci l’Eden. La sua pertanto è un’azione vitalistica di na- tura prettamente trascendente tale da risvegliare la nostra coscienza e da metterci dinanzi ad un archetipico Reale che deve essere intuito senza un apparente ed esplicito aiuto. Per cui, quella «specie di nichilismo» intravisto da Frederic Brey- dert133nell’azione di Don Giovanni deriva proprio dalla volontà del nostro perso- naggio di sconvolgere ogni limite terreno in nome di una Realtà nella quale Nulla e Tutto si equivalgono perché entrambi al di là del contingente.

129 H. Abert, cit., II, p. 9; ed. it. II, p. 18

130 In data 4. 4. 1787. W. A. Bauer – O. E. Deutsch (a cura di), IV, p. 41; ed. it., cit., II, p. 1749 131 A. Einstein, cit., p. 107

132 Platone, Fedro (252b), cit., p. 761

133 Frédéric M. Breydert, Le génie créateur de Mozart: essai sur l’instauration musicale des personnages dans Les noces

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Nel documento Io, Don Giovanni. Mozart in maschera (pagine 49-51)