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LE FIBRE TESSILI ARTIFICIALI IN ITALIA

Attraverso le voci -— in questo caso particolar-mente significative — riportate dall'Annuario Sta-tistico Italiano, si può desumere ima breve storia della nostra industria delle fibre tessili artificiali; industria che, sorta in un recente passato, vanta un continuo sviluppo e superbe affermazioni. In-fatti la prima volta che la « seta artificiale, sem-plice, addoppiata o torta, non tinta » appare è precisamente nel prospetto dedicato all'esportazione dell'Annuario del 1917-1918, ed a partire dall'An-nuario del 1922-25 compare nell'elenco dei princi-pali prodotti dell'industria chimica, tra i « saponi » ed il « silicato di sodio » la nuova voce : « seta artificiale ».

Il peso sempre crescente di questa lavorazione, sia nei riguardi dell'economia interna che nei ri-guardi dell'economia estema, col volume delle esportazioni di anno in anno più cospicuo fino a raggiungere posizioni di primissimo piano, si riflette nella sempre maggiore abbondanza e specificazione dei dati statistici, come avremo occasione di rife-rire in seguito. Anche il nome che designa il nuovo prodotto si trasforma: verso il 1930 viene abban-donata la denominazione « seta artificiale » e in-trodotta quella generica di « fibre artificiali (ra-yón)». Negli anni seguenti si tiene conto separa-tamente del rayon Oviscosa), cioè a fibra lunga; del fiocco, cioè a fibra corta; dei cascami, ecc.

Abbandonando per ora i dati dell'Istituto Cen-trale di Statistica e rivolgendo lo sguardo alla realtà, vediamo che la nostra industria sorge assai prima delle rilevazioni ufficiali: precisamente at-torno al 1905.

Non è qui il caso di soffermarci sui precedenti storici, il più antico dei quali risale al 1665 quando l'inglese Hooke accennò alla possibilità di creare artificialmente una sostanza filamentosa a t t a ad essere impiegata nell'industria; nè sui tentativi che si susseguirono, soprattutto nella seconda metà del secolo XIX, per ricavare un filamento sottilissimo partendo dalla cellulosa. E' però interessante ri-cordare che la prima fabbrica di fibre artificiali sorse in Francia nel 1884 ad opera dello Char-donnet; che i primi prodotti furono portati a co-noscenza del pubblico dallo Swan nel 1885 all'Espo-sizione delle Invenzioni di Londra; e che nel 1889, all'Esposizione di Parigi, lo Chardonnet stesso mo-strò le macchine per la nuova lavorazione. La « vi-scosa», cioè una particolare soluzione di cellulosa da passare attraverso le filiere e che t a n t a im-portanza assumerà per l'industria italiana, viene scoperta nel 1891. Dei quattro procedimenti ba-sati sulla cellulosa (alla nitrocellulosa, al cupro-ammonio, all'acetato, alla viscosa) quest'ultimo è il più diffuso e quello che dà la quasi totalità delle nostre fibre artificiali.

Intorno al 1900 sorgono le prime fabbriche: in Svizzera, in Germania, Inghilterra, Belgio, Stati Uniti. In Italia, come s'è già detto, si impiantano nel 1905-1906 e risultano in numero di tre, sulle ventitré esistenti nel mondo.

La produzione mondiale, da 12.000 kg. nel 1891, va crescendo secondo un ritmo continuo: 1 milione di kg. nel 1900; 9 milioni nel 1912; 11 milioni nel 1913. La prima guerra mondiale, con le gravi dif-ficoltà nel rifornimento delle fibre naturali ed i progressi nella tecnica dà una vigorosissima spinta alla nuova produzione che nel 1918 raggiunge i 16 milioni, nel 1920 i 25 milioni; nel 1930 i 200 milioni, nel 1934 i 413 milioni, nel 1938 gli 878 e nel 1939 i 1022 milioni.

Anche da noi la produzione si intensifica viva-mente nell'immediato dopoguerra. Del continuo progresso fa testimonianza la S.N.I.A. (prima So-cietà di Navigazione Italo-Americana, poi SoSo-cietà Nazionale Industria Applicazioni Viscosa) che in-dirizzatasi verso la nuova produzione attorno al 1920, assume ben presto importanza tale da en-trare nel 1927-28 in un gruppo che comprende altri tre complessi (Courtaulds, Glanzstoff, Comp-toir) e controlla il 75 % della produzione mondiale.

Prima di prendere in considerazione partita-mente i singoli aspetti della continua ascesa del-l'industria delle fibre tessili artificiali, farò pre-sente che i dati riportati sono tratti, fino al 1940, dall'Annuario Statistico Italiano. Per quanto at-tiene al periodo bellico ed alla successiva ripresa, ho integrato i dati ufficiali con quelli riportati da « Congiuntura Economica ».

Esaminando innanzitutto l'attività del

macchi-nario, si rileva che, dal 1929 al 1934, pur

rima-nendo quasi costante il numero degli stabilimenti esistenti e censiti (prima 26, poi 27), le filiere installate vanno continuamente crescendo, da 97.700 nel gennaio 1929 a 110.000 nel dicembre 1930; a 121.300 nel giugno 1932, a 128.700 nel giugno 1934. A partire da questa data gli stabili-menti censiti salgono a 31 e si introduce la distin-zione t r a filiere per fibre tagliate a base vegetale

(fiocco e simili) e filiere per fibre tagliate a base animale (lanital e simili). In totale, esse salgono a 137.000 nel 1935; a 143.500 nel 1937; a 152.500 nel 1938. La percentuale delle filiere attive si è, all'incirca, sempre aggirata sull'80 %.

Anche i fusi di torcitura denotano un continuo incremento, passando d a 522.000 nel gennaio 1929 a 583.000 nel giugno 1931, a 652.000 nel 1934; a 713.000 nel 1937, a 736.000 nel 1938. Dal 1934 si tengono separati i fusi installati nelle fabbriche di rayon da quelli installati in stabilimenti sepa-rati. La percentuale dei fusi attivi sta tra ì'80 ed il 90 %.

E' da notare che in questo periodo, mentre at-trezzatura e produzione aumentano in proporzioni considerevoli, il rinnovo e la razionalizzazione degli impianti f a n n o diminuire il numero degli operai da 40.000 a poco più di 20.000.

Quanto alla produzione nazionale, si può dire che essa raddoppia di anno in a n n o a partire dalla prima guerra mondiale. La « seta artifi-ciale » (esclusi i scscami) passa da 7200 quintali nel 1920 a 14.800 nel 1921; a 25.930 nel 1922;

S . A . I. F. A .

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a 48.300 nel 1923; a 104.500 nel 1924; a 138.400 nel 1925; a 240.800 nel 1927. Dal 1928 si nota un certo rallentamento: da 26 milioni di kg. a 32 nel 1929, a 30 nel 1930.

Dal 1931 le rilevazioni dell'Istituto Centrale di Statistica tengono separatamente conto delle « fi-bre artificiali (in filo o in fiocco) » e dei « cascami » e successivamente (1934) del «rayon», delle «fibre tagliate a base vegetale », delle « fibre tagliate a base animale », e dei « cascami di rayon ». Com-plessivamente la produzione del 1931 (.36 milioni di kg.) è raddoppiata nel 1935 (72 milioni) e nel 1938 raggiunge i 126 milioni con una prevalenza assoluta nelle fibre tagliate a base vegetale <75 milioni) cui segue il rayon (45 milioni).

In sintesi, l'andamento del periodo considerato è rispecchiato dai numeri indici della produzione del rayon, che sono interessanti soprattutto se posti a confronto con quelli della produzione ge-nerale e con quelli degli altri tessili. Presa per base la produzione del 1928, l'indice generale dal 1930 ( = 100,3) al 1935 (=100,2) si mantiene sem-pre al disotto di 100 toccando il minimo nel 1932

( = 73) e superando di poco la base del 1936 in poi. Per il rayon gli indici sono tutti sensibilmente su-periori a 100 (123 nel 1932; 186 nel 1934; 457 nel 1937), mentre per tutti gli altri tessili ne sono notevolmente inferiori (minimo: trattura della seta nel 1932, = 45,8; massimo: filatura del co-tone nel 1933, =94,7).

Per ciò che riguarda il commercio internazionale già s'è detto che l'aspetto più saliente e di mag-gior importanza, soprattutto nei riflessi della bi-lancia commerciale, è rappresentato dalla forte corrente di esportazione cui l'industria del rayon ha dato vita fin dai primissimi tempi del suo sor-gere, e ciò è rispecchiato anche dalle classifica-zioni statistiche. Infatti mentre nelle tabelle re-lative all'importazione figura costantemente la voce «fibre artificiali, gregge, semplici, in fili», in quelle relative all'esportazione, a partire dal 1931, figurano sei gruppi: fibre artificiali; cascami di fibre artificiali; tessuti; tessuti misti; tulli e crespi; oggetti cuciti. Da un confronto con le fibre natu-rali risulta che alla seta sono dedicate cinque voci, alla lana tre, al cotone otto.

La nostra importazione, pur accrescendosi cor-relativamente allo, sviluppo generale, non è mai stata molto forte. Da una media annua sui 3000.000 kg. nel periodo 1911-1915, si porta a 370.000 kg. nel 1920, a 558.000 kg. nel 1929. A partire dall'I gennaio 1930, un nuovo criterio di elaborazione sta-tistica, facendo rientrare nel totale delle merci im-portate ed esim-portate un maggior numero di cate-gorie, innalza alquanto queste cifre. Così ad esempio l'importazione del 1929, ricalcolata, risulta pari a 935.000 kg. Dal 1931 al 1936 sì nota una certa contrazione, ma dal 1937 il quantitativo ri-prende a salire superando il milione di kg., con provenienza soprattutto dal Belgio, dalla Svizzera, dalla Gran Bretagna, dalla Germania, dalla Fran-cia, fino al 1936, dopo il quale anno per conse-guenza degli eventi politici la Germania diventa la nostra maggior fornitrice.

La nostra esportazione f u sempre attivissima e fino allo scoppio di questa guerra l'Italia occupò il primo posto tra i Paesi esportatori. Ad esempio

nel 1929 il nostro ammontare era nel complesso di 19.726 tonnellate a cui seguiva quello della Ger-mania (8900), dell'Olanda (8800), della Francia

(5400), della Gran Bretagna (4400), mentre gli Stati Uniti figuravano con solo 101 tonnellate.

n totale delle esportazioni rimane, dal 1929 al 1933, all'incirca costante: sui 19 milioni di kg. Negli anni seguenti passa a 30 milioni (1934), 34 milioni (1935), 43 milioni (1937) dirigendosi so-prattutto, tra i Paesi europei, in Germania, Sviz-zera, Austria, Spagna, Francia, Gran Bretagna, e tra gli extra-europei in Cina, Giappone, Indie bri-tanniche e Ceylon.

Tra le singole lavorazioni che compongono il complesso della nostra esportazione, i tessuti di fibre artificiali, esportati dal 1931 al 1936 in un quantitativo che si aggira sui 2 milioni di kg. annui, superano i 3 milioni nel 1938, e sono diretti par-ticolarmente in Gran Bretagna e Olanda. Le fibre artificiali, da 20 milioni nel 1936 salgono a circa 24 milioni nel 1938 indirizzati soprattutto in Ger-mania, Svizzera e Cina. I cascami (GerGer-mania, Spagna e 'Stati Uniti) quasi si raddoppiano dal 1934 al 1938; rispettivamente: 8 milioni e 15 mi-lioni. I tessuti misti da 4 milioni nel 1932, passano a 12 milioni nel 1938, inviati prevalentemente in Egitto, Marocco e Stati Uniti. Voci di minore im-portanza rispetto alle precedenti sono costituite dai tulli e crespi (circa 650.000 kg. diretti soprat-tutto in Gran Bretagna e Svizzera); dagli oggetti cuciti (1.200.000 kg. nel 1938: Francia, Gran Bre-tagna, Olanda, Stati Uniti) e dalle calze a maglia

(1932: 240.000 kg., Gran Bretagna, Olanda, Africa meridionale britannica).

Con lo scoppio della guerra, diventano insuffi-cienti i rifornimenti della materia prima (cellu-losa) e del carbone, indispensabile quest'ultimo tanto direttamente quanto per ottenere la soda caustica ed il solfuro di carbonio impiegati in gran quantità nella produzione del rayon alla viscosa, che costituisce all'incirca l'80 % della nostra pro-duzione.

Invece l'attrezzatura non subisce diminuzioni ri-levanti. Le filiere per rayon e per fibre tagliate a base vegetale, da 152.766 nel 1938 scendono sol-tanto a 147.793 nel gennaio del 1946; per le fibre tagliate a base animale si mantengono costanti (570). Invece i fusi di torcitura aumentano: da 736.210 del 1938 risultano pari a 803.322 nel gen-naio 1946. Quella che diminuisce fortemente è la percentuale delle filiere e dei fusi attivi: per le prime dall'80 % circa nel 1938 a 5,4 % nel gennaio 1946 (ma nel maggio. è già risalita al 40 %); per i secondi, dall'87,5 % nel 1938 a 10,6 % nel gennaio 1946 (ma nel maggio è del 39,2 %).

ILa produzione in complesso (rayon, flocco, ca-scami, fibre a base animale; lanital e simili) dai totale già ¡ricordato di 126 milioni di kg. nel 1938 passa a 145 milioni nel 1939; a 178 nel 1940; a 203 nel 1941, toccando il suo massimo. Ma dal 1942, facendosi ormai fortemente sentire tutte le conseguenze economiche della guerra, tra cui il di-stacco dai mercati esteri di sbocco, la produzione si contrae fortemente fino a toccare il minimo nel 1945, con circa 3 milioni e mezzo di kg. Nel mese di aprile di questo anno si registra il quantitativo

E. DE BENEDETTI

Tjoruió

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C O N F E Z I O N I

p e c « S l c j n o c a e f m m f > i n i J ^ c i i i c c G c l a

più basso con 26.000 kg. così suddivisi: rayon 5000: flocco 13.000; cascami 5000; nailon tessile 3000.

Ma già verso la fine del 1945 si delinea ima vi-vace ripresa : la produzione del mese di dicembre è di 631.000 kg. ed il ritmo si consolida nel corso del 1946, in cui si raggiungono i 46 milioni di kg. (rayon 29 milioni e mezzo; fiocco oltre 13 milioni; cascami 3 milioni).

Nel 1947 il miglioramento continua: nel gen-naio si tocca 11 43 % della media mensile del 1941, l'anno del più elevato livello, e la produzione totale raggiunge i 79 milioni di kg. Nell'anno seguente invece si nota una contrazione all'ineirca del 18 % dovuta a varie cause, tra cui la crisi del combu-stibile e le difficoltà derivate dalla politica interna. Infatti, confrontata la produzione dei primi otto mesi degli anni 1947 e 1948, essa si concreta ri-spettivamente in 54 ed in 44 milioni.

Per chiarire meglio la posizione di questa nostra industria è utile fare un confronto tra la produ-zione nazionale la produprodu-zione mondiale rispetto alla quale l'Italia già occupò il 4" posto, dopo gli Stati Uniti, la Germania e il Giappone. Anche la produzione mondiale toccò il suo massimo nell'anno 1941, con 1281 milioni di kg. e dal 1942 diminuì fortemente fino al minimo di 643 milioni nel 1945. L'immediata ripresa che seguì la fine della guerra la portò a 811 milioni nel 1946, ed a 889 milioni nel 1947 (580 milioni di rayon, 309 di fiocco).

Rispettivamente, la nostra produzione che nel 1941 costituiva il 16 % circa di quella mondiale, vide diminuire questa proporzione al 0,5 % nel 1945. L'anno dopo passò al 5 % e nel 1947 al 9 %.

Anche il capitolo più interessante dell'industria delle fibre artificiali, cioè l'esportazione, ha avuto pronta e vivace ripresa favorito soprattutto nel primissimo dopoguerra dalla nostra quasi intatta attrezzatura, dalla intensissima domanda sui mer-cati internazionali e dalla eliminazione almeno temporanea dai grandi mercati produttori della Germania e del Giappone, sostituiti però parzial-mente dall'aecresciuta potenza produttiva della Gran Bretagna e degli Stati Uniti.

Naturalmente, dipendente com'è dai rifornimenti di cellulosa e di combustibile, la nostra industria trova in essi i limiti alla sua espansione. Ad esempio per la cellulosa importata per la fabbri-cazione di fibre tessili artificiali, l'Istituto Centrale di Statistica comunica questi più che significativi dati:

gennaio-agosto 1938: quintali 1.074.816 >» » 1947: » 538.060

» » 1948: » 254.684 Oltre a questo il sopraggiungere di alcuni cam-biamenti per noi sfavorevoli, come lo stabilizzarsi dei prezzi internazionali ad un livello superiore ai nostri, gli elevati costi interni ecc., ha fatto dimi-nuire l'esportazione del complesso dei nostri pro-dotti (fibre artificiali gregge semplici, addoppiate o tonte, tinte; cascami; cucirini; tessuti greggi, imbianchiti, tinti, stampati, graticolati, misti; calze; tulli e crespi; manufatti; oggetti cuciti;

se-condo le nuove particolareggiate suddivisioni sta-tistiche) dai 16 milioni di kg. del 1946 a circa 9 milioni nel 1947. Nel 1948 invece l'esportazione è stata intensissima. Secondo gli ultimi dati, dal gennaio al novembre 1948 raggiunge i 41 milioni e mezzo di kg. — cioè quasi il quantitativo del-l'anteguerra — con una prevalenza assoluta nelle fibre artificiali gregge semplici (24 milioni) cui seguono le fibre addoppiate (4 milioni e mezzo), i cascami (4 milioni e mezzo), i tessuti tinti (4 milioni), i tessuti misti (1 milione e mezzo) ecc.

Naturalmente la guerra, distruggendo vecchi equilibri e creandone violentemente dei nuovi, ha pure determinato un cambiamento nella nostra corrente esportatrice, in merito alla quale pos-siamo dire che attualmente la nostra esportazione verso i Paesi europei è nel complesso diminuita, ed è aumentata quella verso gli extra europei. Nel periodo gennaio-novembre 1948, le fibre greg-gie sono state inviate per oltre 10 milioni di kg. nell'Indostan e Pakistan; nel Messico e in Cina per più di 2 milioni ciascuno; per oltre 1 milione e mezzo negli Stati Uniti. I cascami sono espor-tati prevalentemente al Messico (2 milioni e 800.000); i tessuti tinti nell'Unione Sud Africana

(420.000 kg.), Venezuela (400.000 kg.) ed Egitto 1350.000 kg.); i tessuti misti nell'Unione Sud Afri-cana (263.000 kg.); Malesia britannica (195.000 kg.) ed Africa equatoriale ed orientale britannica

'165.000 kg.); i tessuti stampati in Egitto (150.000 kg.); le calze in Svezia (200.000 kg.); i tulli e crespi in Danimarca (790.000 kg.), Regno Unito (650.000 kg.), Svezia (370.000 kg.); i manufatti in Egitto (127.000 kg.), Belgio-Lussemburgo <106.000 kg.), Africa equatoriale occidentale britannica (72,000 kg..), ecc., ecc.

Questi dati delineano la composizione e la de-stinazione dei nostri invii che risultano costituiti per la maggior parte di fibre gregge e cascami, e per quantitativi assai minori dai prodotti otte-nuti dagli ultimi stadi di lavorazione. Circa i mer-cati di sbocco la considerazione più ovvia che si possa fare è che, perduti in gran parte quelli eu-ropei, oggi sono rappresentati prevalentemente da Paesi che direttamente o indirettamente rientrano nella zona di influenza anglosassone, e di questo bisognerà tener conto nel prossimo futuro, a causa della crescente potenza produttiva degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.

Un altro pericolo sarà rappresentato dal ritorno nel novero dei Paesi produttori della Germania e del Giappone. Quanto alla zona occidentale della prima, si nota già un certo risveglio. Quanto al secondo, le autorità americane intendono di po-tenziarne l'industria d'elle fibre artificiali, ritenuta indispensabile ad una certa autonomia economica locale. Questi ed altri problemi qui appena accen-nati stanno di fronte alla nostra industria, che pure sarà certamente in grado di superarli grazie alla vitalità ed alla forza di ripresa già dimostrate in questo difficile periodo di trapasso dall'economia di guerra all'economia di pace,

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