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235[fig 235: marchio del

Corpo Militare per la Disciplina e l'Eliminazione degli Strumenti di Lettura.]

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La distopia si fa progetto: Fahrenheit 451 di Ray Bradbury

4.1. Una narrazione in difesa delle narrazioni: l'autore e l'amore per la lettura

Una delle opere di fantascienza distopica più affascinanti è Fahrenheit 451 di Ray Bradbury (Waukegan, Illinois, 1920 – Los Angeles, California, 2012): uscita per la prima volta nel 1951 sulla rivista Galaxy Science Fiction⁴ e in volume nel 1953 [fig. 237], è una storia ambientata in un mondo di incubo e terrore in cui esiste un'autorità politica che proibisce la lettura e che istituisce un corpo di pompieri perché si occupino di andare a scovare qualsiasi libro o testo scritto per darlo alle fiamme immediatamente; dei vigili del fuoco che invece che spegnere gli incendi li appiccano senza scrupolo in nome della legge e della disciplina. Lo stato in cui vive il pompiere Montag, il protagonista della storia, sente il bisogno di mettere al rogo i libri perché ha instaurato una società normalizzata, grazie ad un tipo particolare di fruizione interattiva della televisione, e grazie alla socialità fittizia, annichilita dal materialismo, che da questa si crea; una degenerazione diretta delle democrazie occidentali, così come l'autore la percepiva all'inizio degli anni Cinquanta negli USA, un periodo di enorme sviluppo dei consumi e dell'idea di benessere infinito fondato sull'avere.

Così come le narrazioni di cui si è parlato nel capitolo precedente anche Fahrenheit 451 è un romanzo che si presta particolarmente bene ad un lavoro di estrapolazione “grafica” per la creazione di un universo visivo immaginario e immaginifico. Oltre ad avere un inequivocabile potere visuale e già cinematografico (da ricordare la versione cinematografica di realizzata da François Truffaut nel 1966) [fig. 248 - 254], la storia è costellata di elementi grafici riferiti agli ambienti e agli oggetti, a testimonianza dell'acutezza dell'autore per quanto riguarda la presenza della comunicazione visiva nei contesti in cui viviamo (seppur proiettati in un prossimo futuro). È stato scelto come oggetto narrativo di questo progetto principalmente per questa motivazione.

È inoltre una storia di eccezionale potere espressivo e, potremmo dire, meta-mediale: Bradbury si butta a capofitto (calcisticamente parlando, effettua un'entrata a piedi uniti) nell'universo della parola scritta, nei perché e nei per come di uno degli oggetti con cui abbiamo a che fare, volenti o nolenti, per gran parte del tempo della nostra vita: il libro. Fahrenheit 451 è un libro che parla di libri, non è l'unico, ma sicuramente uno dei più originali. Con questo romanzo l'autore ci ha consegnato un reale atto di amore per i libri e la lettura: durante la prima parte della propria vita infatti egli aveva maturato una sensibilità particolare per l'importanza

⁴ Rivista di fantascienza statunitense, pubblicata tra il 1950 e il 1980.

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della sua città, Waukegan, e di quelle di Los Angeles (in particolare quella dell'università UCLA), presso le quali ha trascorso gran parte del tempo dedicato alla stesura di Fahrenheit 451, prendendo in prestito una macchina da scrivere.

Ray Bradbury nella sua narrazione usa l'intuizione distopica dell'attacco al libro e all'accesso alla conoscenza scritta per trasmetterci l'importanza di un oggetto che nella nostra realtà è dato per scontato da diversi secoli, ma che è stato molte volte l'obiettivo di strategie totalitarie caratterizzate dall'assolutismo del pensiero e quindi dalla necessità di far sparire tutto ciò che ha un potenziale di contro-pensiero.

Il libro (come concetto, non il singolo oggetto o la singola storia) è un atto umano fuori dal tempo: esso è, a prescindere da ogni cambiamento e da ogni evoluzione del nostro rapporto con le cose. «Non è mai stato inventato un mezzo più efficace, che io sappia, per trasportare informazione. Anche il computer, con tutti i suoi giga, deve comunque essere collegato a una presa elettrica. Col libro questo problema non c'è. [...] Il libro è come la ruota. Una volta inventato non si può fare di più.»⁴⁴

Allo stesso tempo ogni oggetto-libro subisce inevitabilmente le “incrostazioni” del tempo, tramite la sovrapposizione di tutte le

interpretazioni che ne sono state date. Ogni lettura di un libro lo modifica allo stesso modo in cui gli eventi che attraversiamo modificano noi; ogni libro ha il suo valore a seconda del periodo in cui lo leggiamo, diventa un pezzo di storia personale: senza nemmeno accorgercene lo investiamo di un fortissimo potere evocativo dovuto al sedimentarsi dello spazio-tempo che abbiamo occupato durante il periodo in cui l'abbiamo letto. Riaprire certi libri è come riaprire delle ferite o come rompere delle dighe di nostalgia. Ritrovarsi in mano dei libri comprati molti anni addietro e mai letti permette di godere nuovamente di una scoperta che era rimasta ⁴ Umberto Eco, da Umberto Eco

e Jean-Claude Carrière, Non sperate

di liberarvi dei libri, 2009, Bompiani,

Milano.

⁴⁴ Ibidem.

DEMIURGO

sopita: cosa ci aveva portato all'attenzione di quel particolare titolo? Fino a prova contraria, avevamo e abbiamo la libertà di non leggere i libri (perché dovremmo?), oppure di acquistarli solo perché ci piace la copertina, di rinnegare l'ipocrisia di un regalo non sincero quando riceviamo un libro perché è la cosa più facile che viene in mente di regalare. Il libro è un oggetto libero e liberante. Leggendo un libro usato, che abbiamo comprato o che ci è stato prestato, è bello ritrovare all'improvviso le sottolineature di chi l'ha letto precedentemente, poter scoprire cosa avesse colpito particolarmente quel lettore e poter confrontare le sue con le nostre diverse necessità di selezione e registrazione dei pensieri che consideriamo importanti, da ricordare. A volte «si abbandona un libro in un posto qualsiasi, al cinema, in metro, dopo averlo letto, perché renda felice un altro»⁴⁵. I libri sono a volte come stendardi da sventolare pubblicamente, che suscitano il fervore e il contro-fervore delle masse. Oppure possono trasformarsi metaforicamente in scudi, per proteggersi da una certa violenza fisica che spesso si ripercuote sui cortei dei movimenti di protesta⁴⁶.

4.2. Il Manuale degli Standard Identificativi del Corpo Militare per la Disciplina e l'Eliminazione degli Strumenti di Lettura

L'aspetto di Fahrenheit 451 che è stato preso in esame per costruire il progetto è il corpo di “militi del fuoco” di cui fa parte il protagonista Montag, e del quale l'autore menziona, all'interno della narrazione, una serie di costanti grafiche identificative. Il Manuale degli Standard Identificativi del Corpo Militare per la Disciplina e l'Eliminazione degli Strumenti Lettura raccoglie molti di questi riferimenti presenti nel libro, e ve ne accosta altri pensati appositamente per questa occasione.

Nel romanzo Ray Bradbury racconta di un mondo governato da delle leggi ferree; benché egli non lo dichiari apertamente, ci parla di una società nelle mani di un regime politico autoritario che fa della repressione dei fenomeni di ribellione uno dei suoi capisaldi. Questo contesto si presta bene all'estrapolazione di un sistema di identità visiva costruito sul modello della corrente hard⁴⁷, cioè in grado di prevedere e regolamentare qualsiasi possibilità di applicazione degli elementi grafici. Tuttavia, come verrà specificato in seguito, il progetto presenta una componente (uno specifico ambito di declinazione) riconducibile alle caratteristiche dell'identità di tipo dinamico: l'obiettivo è quello di provocare un piccolo corto circuito nella concezione dell'identità dinamica come soluzione antitetica alle applicazioni hard; lo spunto dato da questa particolare applicazione permette di applicare al nostro caso un'efficace coesistenza tra le due tendenze progettuali, mostrando come sia facile progettare e mantenere un alto livello di carica autoritaria nella circostanza di un sistema aprioristicamente repressivo e autoritario nei suoi scopi.

È bene ricordare che tutti gli elementi del progetto che si va qui a esplicare sono stati progettati volutamente con intento provocatorio: mantenendo quindi l'aura speculativa del romanzo, si è costruito un progetto che ne possa rappresentare una naturale estensione dal punto di

⁴⁶ Ci si riferisce al cosiddetto

bookblock: in occasione di diverse

manifestazioni di protesta di movimenti antagonisti europei negli anni 2008/2012, i manifestanti si sono schierati nei cortei con una prima linea formata da scudi di plastica resistenti, auto-costruiti, su cui venivano scritti i titoli di molti libri, classici e non, ritenuti un baluardo di difesa culturale nei confronti delle ingiustizie della società; allo stesso tempo, questi libri-scudo sono stati utilizzati come supporto difensivo nei casi di scontro fisico con le forze di ordine pubblico. [fig. 242 e 243] ⁴⁵ Ibidem.

⁴⁷ Giovanni Anceschi, Monogrammi

e figure: teorie e storie della progettazione di artefatti comunicativi, 1988, La Casa

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Per motivi di praticabilità è stata circostanziata l'applicazione degli elementi primari del sistema visivo quasi solo sugli strumenti direttamente riguardanti l'attività del corpo di militi del fuoco: nonostante la

volontà di ricondurre il progetto ad uno standard di coordinazione omnicomprensivo sarebbe stato impossibile ricostruire un sistema di controllo grafico sulla falsa riga di progetti storici “estremi” come quelli citati nel capitolo 1, tenendo conto anche del fatto che in tutti questi casi, a differenza del progetto qui illustrato, si tratta di realizzazioni svolte da equipe numerose che hanno il compito di suddividersi i vari aspetti di intervento.

4.3. Elementi primari e applicazioni principali

Il primo elemento preso in considerazione nella costruzione dell'identità visiva è il marchio del corpo di incendiari; durante l'intero svolgimento della narrazione l'autore non esplicita direttamente l'esistenza di un emblema identificativo, tuttavia ne fa intendere l'esistenza osservando molto spesso (o facendo osservare ai personaggi) la presenza di un segno iconico sugli oggetti appartenenti al corpo: si tratta di una salamandra arancione. Simbolicamente interessante la scelta di questo animale. Esso rappresenta infatti nell'iconografia mitologica occidentale, a partire dalle testimonianze scritte di letterati dell'antica Roma, la resistenza all'elemento del fuoco (anticamente si riteneva che la salamandra fosse in grado di attraversare una fiamma viva e rimanere illesa) e soprattutto le responsabilità divine di alimentazione del “fuoco buono” e di estinzione del “fuoco cattivo”, come missione purificatrice; più in generale un simbolo di resistenza al male e ai nemici, e di crescita del valore militare. Ha sempre rappresentato il dominio del fuoco come compito dato da Dio e in epoca medievale veniva accostato alla figura di Cristo, in quanto anch'esso in grado di risorgere grazie alle sue capacità di resistenza alle fiamme infernali. Da ricordare l'utilizzo che ne venne fatto negli stemmi araldici, in particolare come emblema del monarca Francesco I di Valois (re di Francia dal 1515 al 1547) da egli scelto per rappresentarlo assieme al motto in latino Nutrisco et extinguo [fig. 244].

Il marchio è stato creato partendo da una rigida struttura geometrica grazie alla quale tutte le principali proporzioni, tra le curve che costituiscono il corpo della salamandra e il libro/fiamma sottostante e i tratti rettilinei, risalgono alla medesima suddivisione spaziale. La particolare geometrizzazione della salamandra è stata inoltre pensata per riprendere la “geniale” stilizzazione con la quale veniva reinterpretata l'immagine del fascio littorio, reiterata in innumerevoli artefatti visivi riconducibili alla propaganda del regime fascista (capitolo 2).

La colorazione del marchio permette di identificare le tre tinte cromatiche identificative del Corpo: giallo (valore di quadricromia: C0- M30-Y100-K0), rosso (valore di quadricromia: C0-M100-Y100-K0, si tratta del rosso nel suo valore quadricromatico standard) e nero. Queste sono state scelte per l'inevitabile rimando all'elemento del fuoco, e perché ovviamente citati all'interno della narrazione.

Oltre al marchio iconico il testo ci suggerisce la presenza di un

elemento logotipico: il numero 451 in cifre (elemento su cui l'autore pone notevole attenzione tanto da farlo diventare il titolo del romanzo). Esso rappresenta una temperatura indicativa alla quale la carta prende fuoco, secondo l'unità di misura Fahrenheit (°F) ed è quindi espressamente simbolico del ruolo del vigile del fuoco. L'insieme di marchio e logotipo è quindi costituito dall'icona della salamandra e dalla cifra 451 [fig. 235].

Quest'ultima è composta con il carattere Founders Grotesk, progettato dalla fonderia Klim, scelto come stile tipografico per la comunicazione del Corpo, usato per tutti gli elementi testuali primari: titolazioni, corpi principali delle comunicazioni verso l'esterno e all'interno del Corpo; viene utilizzato sempre in maiuscolo, secondo il “tono di voce” caratteristico del linguaggio espresso dal Corpo: il maiuscolo ha implicitamente un tono autoritario e imperativo tipico dei contesti in cui la comunicazione è veicolata dall'alto e unidirezionale e soprattutto è giustificato dalla totale assenza di testi importanti di una cera lunghezza che richiederebbe caratteristiche di comoda leggibilità.

Ogni milite del fuoco, come racconta il romanzo, indossa un'uniforme: nell'identità visiva questa rappresenta uno degli elementi più importanti di applicazione perché permette di identificare chi lavora per quel determinato ente come parte di una struttura con un'identità precisa.

Per l'uniforme operativa dei militi l'ispirazione è stata convergente sia dalla descrizione che ne fa l'autore, sia dall'aspetto minaccioso e pericoloso, che hanno molte divise di reali corpi di polizia in contesti di mantenimento dell'ordine pubblico. Montag e i suoi colleghi hanno a che fare spesso con situazioni di coercizione e scontro fisico con i soggetti che vengono scoperti come possessori di libri e sono quindi portati ad assumere l'immagine di una forza squadrista diversa da quella che hanno solitamente i vigili del fuoco.

Tra gli accessori che comprende l'uniforme operativa è presente un distintivo avvolto al braccio, recante il marchio con logotipo del corpo, sul modello della svastica presente sulle uniformi del regime nazista.

Lo spunto per l'inserimento di una componente di identità cinetica lo suggerisce l'autore creando un universo repressivo che si serve della collaborazione tra forze di controllo istituzionali (in questo caso il corpo di militi del fuoco) e comuni cittadini per mantenerne l'efficacia e la costante applicazione sul territorio. Va sottolineato come questo elemento della storia sia uno dei tanti che ci parlano intelligentemente del nostro presente “sociologico”: cioè della tendenza alla sorveglianza diffusa delle popolazioni nei confronti dei loro concittadini considerati come pericolosi, in quanto malvoluti perché migranti o sospetti a causa di qualsiasi parvenza di comportamento fuori-norma; una pratica in uso in molte comunità del mondo occidentale che si verifica in risposta alle politiche e ai linguaggi della paura praticati dalle istituzioni e amplificati dai media generalisti. Le persone vivono in un perenne senso di pericolo legato alla convivenza e alla prossimità, che le porta in alcuni casi ad organizzare dei sistemi di sorveglianza e presidio dei territori completamente autonomi dal lavoro delle forze di polizia o militari, basati sull'osservazione e sulla presenza costante nei punti sensibili dei centri abitati (quartieri popolari, periferie urbane, zone ad alta concentrazione di popolazione migrante); Zygmunt Bauman sottolinea, a proposito di questo fenomeno: «Gli anni Sessanta e Settanta del Novecento sono stati uno spartiacque nell'istituzionalizzazione della paura urbana. Elettori ed élite avrebbero potuto scegliere di approvare politiche statali tese a

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numero uno; ridurre gli spazi pubblici a enclave, “difendibili” con accesso selezionato, […] criminalizzazione di qualsiasi differenza: sono questi i principali elementi dell'attuale processo di evoluzione della vita urbana. […] Data l'intensità delle paure, se non esistessero estranei bisognerebbe inventarli.»⁴⁸

Come nella storia di Montag, nella nostra realtà le forze dell'ordine istituzionali non osteggiano questo comportamento da parte di gruppi di cittadini, ma anzi in molti casi lo considerano utile al mantenimento di uno stato di controllo permanente e pervasivo. Il “farsi giustizia da sé” è una pratica sulla carta sconsigliata e illegale, ma in pratica assecondata e in molti casi consigliata dal potere politico. Bradbury anticipa l'importanza di queste pratiche e ci racconta appunto della possibilità per le persone comuni di tenere in osservazione i propri vicini e di effettuare delle delazioni nel caso vi sia anche solo il minimo sospetto di un'infrazione della legge “anti-libri”. Possiamo considerarlo un esempio di interazione che in generale aumenta il potenziale autoritario delle istituzioni politiche in quanto lega i governanti e i governati ad un rapporto reciproco di fiducia e collaborazione. Il potere fa sentire importanti le persone comuni nell'esercitare da sé ciò che ne aiuta il mantenimento e il rafforzamento nel tempo. Allo stesso modo, grazie al fatto che l'interattività all'interno del processo di fruizione del messaggio visivo può essere considerata come presupposto basilare dell'identità dinamica, se l'autorità permette al comune cittadino di “crearsi da sé” gli elementi di coordinazione grafica, sarà in grado di costruire un tappeto visivo non più (solo) calato dall'alto, ma creato volontariamente dagli stessi soggetti/obiettivi della strategia visiva di propaganda.

Anche in questo caso i nazisti hanno fornito un esempio storico/distopico chiave su cui è stato ideato questo elemento di identità dinamica presente nel Manuale: il sistema di prigionia e sterminio di tutti i “non-concilianti” con il Reich prevedeva che i prigionieri dei campi venissero classificati in base alla loro “tipologia di anormalità” (omosessuali, comunisti, ebrei, zingari e sbagliati di altro tipo) e marchiati con un triangolo, cucito sulla tuta, del colore corrispondente alla propria categoria [fig. 245 - 247].

Nella nostra storia quindi possiamo immaginare che questo meccanismo funzioni così: ogni cittadino può portare su di sé, sui propri vestiti di uso quotidiano, un elemento grafico che permetta di identificare se stesso come contribuente al mantenimento dell'ordine: per ogni denuncia effettuata il soggetto riceve dal corpo di vigili del fuoco una “medaglia” quale conferimento di merito. Il soggetto denunciante potrà quindi successivamente indossarla come un distintivo “civile”; non ne avrà l'obbligo ma si sentirà portato a farlo per esibirla come motivo di orgoglio verso la comunità, per aver contribuito al mantenimento dell'ordine costituito. Oppure potrà decidere di non portarla indosso per non permettere ad un eventuale incognito possessore di libri di celarsi ai suoi occhi di spia. Ottenendo quindi in entrambi i casi un risultato positivo in termini di efficacia, immagine e fidelizzazione dei cittadini da parte del corpo.

I possessori di libri sono stati suddivisi e classificati in otto categorie legate alla creazione, produzione e diffusione dell'oggetto libro. Ad ognuna di esse corrisponde un livello di trasgressione del divieto di possesso e lettura dei libri (legato alla quantità di volumi posseduta) e quindi un diverso grado di pericolosità per il mantenimento dell'ordine.

Di conseguenza il distintivo di merito assegnato per le denunce avrà un valore più alto maggiore è la pericolosità della categoria denunciata. Compito del corpo è quello di valutare se, in seguito al ritrovamento dei libri in oggetto, la categoria segnalata nella denuncia risulta essere confermata e successivamente quindi conferire il distintivo relativo. Nel caso che la denuncia effettuata non corrisponda al reale quantitativo di ⁴⁸ Zygmunt Bauman, Voglia di

comunità, 2003, Laterza, Roma/ Bari.

libri legati alla categoria presunta, al deninciante viene attribuito un titolo di merito di base, corrispondente alla categoria del generico possessore di libri. Le categorie individuate sono: biliotecario/custode, collezionista/ bibliofilo, lettore forte tipografo/stampatore/legatore/artigiano del libro, editore, scrittore, grafico/illustratore e semplice possessore.

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