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La figura del medico eterodosso

Nel documento Medici ed eresie nel Cinquecento italiano (pagine 95-139)

I dati appena illustrati si limitano a delineare alcune tendenze di fondo, lasciando in ombra nodi importanti del discorso relativo ai medici eretici. Il loro background familiare, il loro orizzonte culturale e la loro posizione sociale ed economica costituiscono infatti fattori determinanti per comprenderne il ruolo svolto nel contesto della Riforma italiana. Una panoramica relativa a tali aspetti, che sfuggendo alla rappresentazione fredda di numeri e percentuali prenda in considerazione il concreto vissuto degli individui oggetto di questa ricerca, sarà l’oggetto del presente capitolo.

Formazione e cultura: l’habitus mentale dei medici eterodossi

Il dissenso familiare

Anzitutto, in quale ambiente erano cresciuti i medici eterodossi? Il primo dato che merita mettere in luce a questo proposito riguarda la presenza di una cultura dell’eterodossia nelle case di molti dei medici che svilupparono posizioni teologiche non convenzionali. Girolamo Donzellini, Giovan Battista Goineo, Nicola Antonio e Teofilo Panarelli, Agostino Gadaldino, Giovan Battista Clario, Achille e Leonardo Benvoglienti, Niccolò Buccella, Filippo e Alessandro Capodivacca, Giovanni Grillenzoni, Giovan Battista e Antonio Francesco Pigafetta, Giovan Battista Gemma, Onorio e Sebastiano Flaminio, Nicola Gallo, Pancrazio e Matteo Gentili, e Giuseppe Moscardo, tutti dottori in Arti e medicina, condivisero idee ereticali tra le mura domestiche. In qualche caso, essi assorbirono fin dalla tenera età opinioni teologiche riformate, in altri, contribuirono a orientare in senso ereticale il pensiero religioso dei congiunti, e, nella maggior parte, il fenomeno che potremmo definire come “dissenso familiare” agì su di essi in entrambe le direzioni. Quella dell’eresia familiare è una tematica che, sebbene mai affrontata dalla storiografia come problema storico a sé stante, è stata sfiorata dagli studiosi nell’affrescare alcune personalità di spicco del panorama ereticale italiano. Tracce di un’eresia di famiglia si possono riscontrare infatti nei casi degli umanisti eterodossi rifugiatisi a Ferrara Pellegrino e Olimpia Morato; dei frequentatori dell’Accademia modenese Bonifacio e Filippo e Valentini; di Lelio e Fausto Sozzini, protagonisti del dissenso religioso italiano ed europeo (Lelio condivise per altro opinioni eterodosse anche con i fratelli Celso, Dario, Cornelio e Camillo); o delle aristocratiche, madre e figlia, Isabella Frattina e Caterina Sauli, entrambe coinvolte in un processo inquisitoriale. La condivisione di dottrine ereticali all’interno dei nuclei domestici di un discreto numero di medici eterodossi merita tuttavia di essere presa in considerazione come fenomeno storico specifico. Il clima di libero dibattito teologico che si respirava nelle case di questi dissidenti deve essere messo in relazione con il loro

sviluppo di un’attitudine critica al discorso religioso e con la loro successiva vicenda intellettuale. Quella medica era una professione che poteva garantire ampi margini di guadagno e il cui perseguimento poteva permettere di conseguire una prestigiosa posizione sociale. Se ciò è vero, non è possibile escludere che nel caso di alcuni giovani aspiranti dottori la vocazione allo studio della medicina fosse stata stimolata, oltre che dalla prospettiva di fruttuosi sbocchi lavorativi, anche dell’impatto che la sensibilità religiosa promossa in famiglia esercitò sulla loro crescita culturale. Se si tiene conto del fatto che essi si indirizzarono verso l’approfondimento della conoscenza del corpo umano, all’epoca intimamente connessa con la tematica della salvezza spirituale, e verso un mestiere la cui pratica quotidiana poteva essere assimilata alle operae misericordiae, appare verosimile ipotizzare che l’attenzione parentale per il dibattito teologico avesse avuto qualche ricaduta sulla loro scelta professionale. Allo stato della ricerca, quest’ipotesi non può che configurarsi come un’affascinante pista di ricerca, giacché non è stato possibile trovarne evidenza documentaria; ciò che tuttavia è certo è che l’educazione riformata recepita tra le pareti domestiche condizionò il percorso spirituale dei futuri medici eterodossi. In casa Donzellini, fin dai primi anni venti del ‘500, il padre Buonamonte, simpatizzante per le nuove dottrine, incoraggiò nei figli una precoce attitudine al dissenso teologico. Affidatane l’educazione a un precettore di eccezione, Michelangelo Florio1, «già frate minore conventuale ora apostata heretico» come non mancarono di sottolineare i giudici, Buonamonte aprì la propria abitazione ai dibattiti religiosi che traevano occasione dai libri forniti da Pier Antonio Piasentin e Giordano Ziletti (in seguito imputato per lo smercio di pubblicazioni ereticali). I tre figli di Buonamonte, Pietro2, Cornelio e il medico Girolamo, intrapresero percorsi ereticali che li condussero all’abiura o alla morte, e alcuni indizi depongono in favore del fatto che anche la loro madre avesse abbracciato opinioni eterodosse.3 Oltre alla figura di Girolamo, merita spendere qualche parola su

1 Per la relazione tra Donzellini e Florio cfr. ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro Girolamo Donzellini, Bu. 39, f. 35r: «Questo del qual se fa mentione in quella lettera è uno Michiel Angelo fiorentino [a lato: Michiel Angelo Fiorentino già frate minore conventuale ora apostata heretico] il quale essendo io assai giovinetto et ritrovandosi lui in Brescia frate dell’ordine de menori conventuali me lesse logicha et essendo poi venuto qua in Venezia et havendo inteso ch’io era qua mi venne a trovar vestito da layco et se mi diede a conoscere, et havendo tradutto el trattato de Agostino de gratia et libero arbitrio de latino in buona lingua vulgare mi pregò ch’io volesse farne havere uno con mezzo di qualche amico alla signora duchessa di Ferrara e così avendo io qualche amicitia come Francesco Porto che stava alli serviciy de sua excellentia [a lato: duchessa di Ferrara, amico di Francesco Porto] gel mandai per questa via». Sulla figura di Michelangelo Florio, predicatore e teologo che divenne membro della Chiesa italiana a Londra prima di dover riparare in terra svizzera e che fu padre del noto linguista attivo alla corte di Giacomo I John Florio, cfr. PERINI, voce Florio, Michelangelo.

2 Interrogato in merito a quali fossero stati i suoi complici, Donzellini nominò, tra gli altri: «Li mei doi frateli el frate e quel che è dottore, li quali se non nominai allora li nomino adesso et el dottore ha nome Pietro». Ivi, 106r. Il fratello Pietro, dottore in legge, si occupò di presentare le lettere di raccomandazione a favore di Girolamo in occasione del secondo processo a carico di quest’ultimo. I giudici appuntarono che Pietro «come heretico, abiurò in Brescia», Ivi, f. 52r.

3 «Ho ben parlato con loro <il padre e la madre> delle mie opinioni et procurato de indurli in esse opinioni heretiche pero hora non sapria dire se loro intrassero e credessero a dette mie opinioni, però io ne ho suspitione che ne entrassero. [...] <perché> quando io li parlava di dette opinioni loro facevano resistenza, ma può essere che dapoi havessero inclinato a dette opinioni.» Ivi, f. 106r.

quella di Cornelio, entrato in gioventù nell’ordine domenicano e presto resosi apostata. Attratto dalle dottrine protestanti egli divenne tanto attivo nel panorama del dissenso religioso, nell’Istria già oggetto della predicazione di Pier Paolo Vergerio, da meritare il titolo di «eresiarca»4 nell’ambito dell’indagine svolta contro il nipote dell’ex-vescovo. Egli lavorò infatti come precettore di Aurelio Vergerio e appena la repressione si fece più incalzante si spostò a Venezia, dove collaborò con Giovanni degli Onesti e Lucio Paolo Rosello alla versione in volgare di alcuni testi sacri, come il Trattato sulla santa cena di Calvino, i Sermoni X della Provvidenza divina di Teodoreto da Ciro e un «testamento novo» tradotto «da un testo greco e da uno latino in volgare», rispondente «piu tosto alle opinioni di esso Cornelio che alle opinioni catholiche».5 Cornelio fu in seguito pedagogo presso la corte di Cosimo de’ Medici (proprio negli anni in cui questa sembrava costituire, con Venezia, l’altro polo attorno al quale avrebbe potuto svilupparsi una Riforma in Italia) e a Giovanni e Francesco de Medici dedicò una grammatica greca nella quale faceva cauta azione di proselitismo riformato.6 Fu a Firenze che egli venne infine arrestato e costretto all’abiura, nell’ambito dei processi fiorentini contro luterani e anabattisti del 1552. Condannato alla galera perpetua, morì nelle «stinche» dopo un anno di reclusione.7 Le fonti a disposizione per indagare la figura di Cornelio sono scarse, ma la vicenda religiosa di un’intera famiglia di dissidenti merita di essere approfondita. Nei costituti di Girolamo, la dissidenza del nucleo familiare viene ripetutamente presa in considerazione: nel primo processo fu l’imputato a darne conto, nel tentativo di addossare tutta la colpa della propria conversione al fratello Cornelio, ormai deceduto8; nel secondo, i giudici, interessati a dipanare la trama del reticolato ereticale del quale Girolamo Donzellini costituiva il centro, insistettero affinché egli confessasse la complicità dei suoi cari. In questa occasione, il medico rifiutò di infangare la memoria dei parenti defunti e

4 «Hor al presente ritrovandomi in Vinetia, acciochè questo sfratato marcio luterano e eresia rca sia castigato, il signore christo l’ha mandato inanti gli occhi miei, impercioche giovedì sera passato, io il scontrai al ponte di San Tomà al arsenale, et heri sera ancho in Rialto, circa a 23 hore, vestito da laico, la onde dimostra che non teme Iddio nec veretur nomine». Cfr. le denuncie sporte contro Cornelio Donzellini, anche noto come fra’ Teodoro, contenute in ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro fra’ Teodoro di Capodistria, Bu. 4, in particolare: denuncia datata 28 settembre 1549 sporta da fra’ Clemente da Brescia; si veda inoltre la denuncia sporta da Bernardo Navagerio il 25 luglio 1549, in Ivi. Tali denunce tuttavia non dovettero sortire molto effetto, dal momento che l’attività letteraria in chiave filo-protestante di Cornelio si svolse con regolarità tra il 1550 e il 1551.

5 Si veda tutto l’interrogatorio sostenuto da Lucio Paolo Rosello il 30 dicembre 1552, dal quale possono essere evinte numerose informazioni su Cornelio Donzellini. ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro Lucio Paolo Rosello, Bu. 10, costituto del 30 dicembre 1552. Sulla figura di Rosello cfr. DEL COL, Il Nuovo Testamento; IDEM, Lucio Paolo Rosello. 6 FIRPO, Gli affreschi di Pontormo, pp. 375-376.

7 Oltre alla letteratura già citata, si veda FRAGNITO, Un pratese alla corte di Cosimo, dove alle pagine 42-43 viene pubblicata una supplica rivolta «di prigione» da Cornelio al segretario di Cosimo de’Medici Pierfrancesco Riccio. Si veda inoltre BERTOLI, Luterani e anabattisti, pp. 113-115, in cui viene riportato il testo dell’intervento in favore di C. Donzellini da parte di Camillo Orsini, la cui nuora era stata allieva del pedagogo eretico fratello del medico Girolamo. 8 «Venne da poi in questa città mio fratello che si chiama Cornelio et era stato frate e di profession theologo fral quale e me furon gran contese sopra tal negocio mentre esso voleva far me novo cristiano et io voleva che egli all’antico retornasse», ASV, Sant’Uffizio, Processi,Contro Girolamo Donzellini, Bu. 39, f. 47r.

assunse su di sé la responsabilità di aver divulgato dottrine ereticali nel nucleo domestico.9 Le lettere da lui scritte negli anni dell’esilio a Buonamonte, importante prova d’accusa, e le abiure dei fratelli attestano comunque il comune orientamento religioso di padre e figli.

Storia simile, ma protagonisti diversi, poiché in questo caso la componente femminile non restò nell’ombra come in casa Donzellini, è quella che riguarda la famiglia Panarelli. Il padre, il medico condotto Nicola Antonio, oltre a costringere la prole a una vita errabonda ma certamente ricca di stimoli culturali, la orientò verso scelte religiose eterodosse. Se nel soggiorno istriano della famiglia, Nicola Antonio mandò il figlio Teofilo a lezione di eresia presso Bartolomeo Fonzio10, nei confronti della piccola Virginia egli mise personalmente in atto un’educazione dai contorni ereticali. La ragazzina, che da adulta avrebbe sviluppato una cultura inusuale per le donne dell’epoca, veniva ad esempio invitava dal padre a leggere passi delle prediche di Ochino per i fratelli Teofilo e Agostino.11 Sempre per volontà di Nicola Antonio, quest’ultimo si trasferì in

terra germanica, perseguendo una formazione universitaria nettamente orientata in senso protestante ed entrando in contatto con Flacio Illirico e con lo stesso Melantone.12 Virginia, invece, si stabilì a Venezia, dove probabilmente sposò13 il poligrafo dalle inclinazioni valdesiane Girolamo Ruscelli14. La coppia, almeno fino alla morte del marito, fu in stretto contatto con l’ormai medico Teofilo Panarelli, che si occupò anche di curare Girolamo nell’ora della sua malattia mortale.15 I loro rapporti dovettero successivamente deteriorarsi se, imprigionato a Roma, il dottore prossimo alla pena capitale non esitò a denunciare la sorella agli inquisitori, attraverso una lettera che le fece recapitare dal carcere e nella quale la pregava di abbandonare, come egli

9 «Io ho detto in altri miei constituti essendo interrogato de mio padre e mia madre che loro erano nella mala fede che era anco io. Ma ora ho repensato et trovo di non poter asserir questo, perché io stetti molti anni absente da loro et non so in che fede siano morti ma quando io li parlava delle mie cattive opinioni loro mi contraddicevano sempre. Et quello che io ho detto de loro l’ho detto extravaganti per haver la testa distemperata per non dormire che non poteva pigliar sonno. [...] Ei dictum: Adunque havete ragionato con loro delle vostre opinioni cattive? R.it: io l’ho detto gia et che io cercava di retirarli alle mie opinioni e loro mi contraddicevano.» Ivi, f. 114r.

10 ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro Ludovico Abioso e Teofilo Panarelli, Bu. 32, costituto di Panarelli del 16 novembre 1572. Su Bartolomeo Fonzio cfr. FRAGNITO, voce Fonzio, Bartolomeo.

11 «Stando mio padre a Veglia haveva amicitia dì un Nic de Dominicucci il qual haveva midisimamente certi libri proibiti e per quanto mi ricordo le prediche dell’Ochino e mio padre li facea liggere in casa nostra che tutti li vedevamo e alle volte esso mio padre leggeva et li faveva ligere da mia sorella Virginia che hora sta in Venetia per il che io che ero putto ascoltavo ancora io che ero di otto o nove anni», ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro Ludovico Abioso e

Teofilo Panarelli, Bu. 32, costituto di Panarelli del 23 novembre 1571.

12 «Il Diavolo tentò mio padre et mandò detto mio fratello insieme con un figliolo naturale di detto prete Stefano in Germania a udir Filippo Melantone e Martino Lutero inimici di Dio e andorno con uno chiamato Mattheo Illirico d’Albona che è intrato in loco di Martino Luthero il quale per quanto intendevo era bandito da Albona e ho visto lettere che scriveva a mio padre che dimandava denari e serviva diverse cose e il profitto che faceva nele littere mio fratello e nella religione loro et dopo che venne la guerra in Allemagna che l’Imperatore era in Wittenberg loro cioè mio fratello e li sopradetti se partirono da Wittenberg e andorno a Brunscich insieme con Melantone.», Ibidem.

13 AMBROSINI, Libri e lettrici, p. 82.

14 Anche noto con lo pseudonimo di Alessio Piemontese, Ruscelli fu il fondatore dell’Accademia segreta a Napoli e nel 1557 pubblicò a Venezia (città in cui si era trasferito nel 1548 e dove lavorò come poligrafo presso la stamperia di Vincenzo Valgrisi), un ricettario alchemico che ebbe un enorme successo, il De' secreti del reuerendo donno Alessio

Piemontese. Cfr. EAMON, Science and the Secrets of Nature, ad indicem.

15 ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro Dionora Calia, Bu. 21, cfr. la testimonianza di Teofilo Panarelli del 30 giugno 1566.

stesso aveva fatto, le opinioni eterodosse insinuate nella loro mente fanciullesca dal padre. Virginia reagì seccamente alla missiva, negando ogni coinvolgimento nel panorama ereticale e difendendo il buon nome della famiglia: solo Teofilo, per il suo carattere ribelle, aveva voluto disonorare l’ortodossia dei genitori.16 Il medico venne infine condannato a morte e la donna fu soggetta a un procedimento per eresia. Le divergenze tra i due fratelli e le loro reciproche accuse, comunque, non furono sufficienti a nascondere la presenza di un dissenso familiare in casa Panarelli.

Anche il medico Giuseppe Moscardo, compagno di fede di Teofilo Panarelli, condivise opinioni ereticali con i fratelli Antonio e Paolo.17 Lo stesso avvenne nelle Marche, a San Ginesio, dove sia Pancrazio sia Matteo Gentili incapparono nelle maglie della repressione inquisitoriale, dando origine a una tradizione di eresia familiare il cui più illustre esponente sarebbe divenuto Alberico18, figlio di Matteo e noto giurista. In Sardegna, gli inquisitori bruciarono le effigi del

medico Nicola Gallo, emigrato in Svizzera, e del fratello Giovanni. A Grosseto, Achille Benvoglienti, leader insieme al notaio Fabio Cioni di un gruppo ereticale di impronta calvinista, fu mentore del nipote Leonardo nella formazione medica e religiosa di quest’ultimo.19 In Istria, a Pirano, il medico Giovan Battista Goineo scandalizzò le popolazioni insieme al padre e al fratello Niccolò, diffondendo opinioni riformate e disattendendo alla precettistica cattolica: in occasione delle festività religiose, la famiglia vantava infatti, in maniera piuttosto dissacrante, il consumo di capretti e altri prelibati piatti a base di carne.20 A Modena, il libraio Antonio Gadaldino, membro del circolo ereticale dell’Accademia, probabilmente condizionò le scelte religiose del figlio, futuro medico, Agostino, per quanto questi, quando si presentò spontaneamente davanti ai giudici veneziani nel 1557 (approfittando dell’editto di grazia emanato da Giulio III), negò di aver mai discusso di questioni religiose con il padre, al fine di non compromettersi con una figura ben nota agli ispettori della fede: proprio nel 1557, Antonio, quasi ottantenne, era stato estradato a Roma, dove avrebbe abiurato tre anni dopo.21 Nella stessa città emiliana, il medico Giovanni Grillenzoni,

16 ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro Ludovico Abioso e Teofilo Panarelli, Bu. 32, lettera di Virginia Panarelli del 25 dicembre 1571.

17 ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro Paolo Moscardo, Bu. 23 18 DE BENEDECTIS, voce Gentile, Alberico.

19 GINZBURG, voce Benvoglienti, Achille; MARCHETTI, Gruppi ereticali senesi, ad indicem.

20 «Io ho parlato più volte con medico di questa terra el qual è la ruina di questo popolo et una volta me disse sotto el fontego questa quaresima passata fu un anno che mangiava carne in quelli giorni et che il haveva de boni agnelli e capretti in casa e non erano altri pasti e quella medema volta e delle altre me ha detto chel purgatorio è una trovata de preti e frati e li ho sentiti dire che le opere son necessarie ma non meritorie. E Niccolò suo fratello me ha detto molte volte ma non mi aricordo quando ne dove che anche lui mangiava carne la quaresima. [...] Più volte ho sentito messer Francesco Goineo padre del medico in diversi luoghi dir che suo figliolo el medico non fa quaresima ma mangia capretti, capponi, galline e simil cose. E esso messer Francesco diceva che non è peccato mangiar carne di quaresima veneri e sabato». ASV, Sant’Uffizio, Processi, Pirano, comunità, Bu. 8, ff. 4v, 10r. Sul medico di Pirano cfr. CAVAZZA,

voce Goineo, Giovan Battista; cfr. inoltre infra, in questo capitolo pp. 105-108.

21 ASV, Sant’Uffizio, Processi, Contro Agostino Gadaldino, Bu. 13, costituto del 12 agosto 1557. Su Antonio Gadaldino cfr. PASTORE, voce Gadaldino, Antonio.

fondatore del circolo accademico, organizzò le riunioni del gruppo presso la spezieria del fratello Antonio, a sua volta coinvolto nel dissenso ereticale. Per parte sua, il friulano Giovan Battista Clario seguì le orme del padre e soprattutto dell’omonimo zio nell’elaborazione di opinioni religiose eterodosse, con derive radicali, ed è possibile che la medesima influenza venne esercitata anche su Aurora, sorella maggiore di Giovan Battista jr. Non aliena da simpatie riformate, ella sposò22 Giovan Battista Gemma, la cui famiglia di speziali era allo stesso modo coinvolta nella trama del dissenso religioso veneziano; fuggito in Polonia, Gemma intraprese a sua volta la professione di medico. Un altro dottore in Arti e medicina migrato verso le terre dell’est Europa condivise con i familiari padovani opinioni riformate: Niccolò Buccella. Mentre a Vicenza, il medico Giovan Battista Pigafetta corrispose con l’eretico collega Girolamo Donzellini e ricevette da quest’ultimo libri proibiti, condividendoli probabilmente con il figlio Antonio Francesco, allievo di Gabriele Falloppia ed esule nella seconda metà del secolo in terra riformata.23 Infine, i

medici (padre e figlio) Alessandro e Filippo Capodivacca24, e Sebastiano e Onorio Flaminio, si avvicinarono al fermento religioso e destarono sospetti nei giudici della fede. Nel caso dei medici

Nel documento Medici ed eresie nel Cinquecento italiano (pagine 95-139)

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