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La finanza d’impatto

Nel documento Il mondo che cambia (pagine 40-44)

SULLE IMPLICAZIONI COMPORTAMENTALI DELLA FINANZA D’IMPATTO

2. La finanza d’impatto

Con la locuzione finanza d’impatto ci si riferisce all’attività d’investimento esplicitamente finalizzata a generare un effetto sociale positivo e misurabile, in aggiunta al rendimento finanziario atteso. Molto dibattuto è il tema delle modalità di misurazione dell’impatto sociale e della misura del rendimento fi- nanziario da perseguire, al fine di distinguere questa tipologia di investimento dalla mera beneficienza e dalle attività filantropiche (Lehner, 2018).

Si tratta di un approccio e di strumenti utili a sviluppare un’industria glo- bale per l’impatto sociale ed ambientale (Harji & Jackson, July 2012) i cui connotati distintivi sono, in linea generale, riconducibili ai seguenti:

 la coesistenza di un rendimento finanziario unitamente a positivi ef- fetti di natura non finanziaria;

 la presenza di un impatto sociale e/o ambientale, appositamente ricercato. Una definizione più precisa è fornita da Grabenwarter e Liechtenstein (2012), secondo la quale negli investimenti d’impatto devono essere riconoscibili le se- guenti cinque caratteristiche:

 devono perseguire l’obiettivo della creazione di valore (profit);

 deve esserci una correlazione positiva tra l’obiettivo dell’impatto sociale e la creazione di valore per gli investitori;

 devono avere il chiaro e dichiarato intento di perseguire un impatto so- ciale;

 detto impatto sociale deve essere misurabile;

 l’esito finale deve innescare un cambiamento netto positivo per la società. Tema dibattuto è se l’entità del rendimento finanziario atteso debba essere necessariamente in una proporzione stabilita rispetto al rendimento di mercato (Hochstadter & Scheck, 2015). Una ulteriore distinzione si ha tra i Social Im- pact Investments e gli Impact Investments. Dette espressioni sono spesso uti- lizzate in maniera equivalente, benché differenze significative possono riscon- trarsi, ad esempio, con riferimento ai settori nei quali è permesso effettuare i primi, mentre non lo è per i secondi, a titolo di esempio: Industria del tabacco, bevande alcoliche, armamenti o simili. (Spiess-Knafl & Scheck, 2017).

Gli investimenti di impatto si distinguono quindi dalla mera filantropia per il fatto che il rendimento finanziario rientra tra le aspettative, in aggiunta a questo però, presuppongono anche un effetto positivo sul contesto sociale. Da un punto di vista soggettivo poi, si distinguono i così detti investitori “Impact First”, maggiormente orientati a privilegiare l’impatto sociale ri- spetto a quello finanziario, da quelli “Financial First”, che al contrario pre- feriscono ridurre la possibilità di generare impatto sociale al fine di ottenere un miglior rendimento finanziario.

Il fenomeno è in forte crescita per numero di soggetti coinvolti e risorse impiegate (GIIN 2019)1. Gli strumenti utilizzati sono di tipo tradizionale: prin-

cipalmente Private Equity e Private Debt, ad eccezione dei così detti Social Impact Bond (Nicholls e Tomkinson 2015; Rizzello and Carè 2016; Schinckus 2017). Questi ultimi sono rappresentati da sistemi di contratti bilaterali, emessi per finanziare progetti innovativi nel contesto del terzo settore.

Non si tratta necessariamente di strumenti fixed income con pagamento di cedole e restituzione del capitale a scadenza, potendo essere il sottostante rappresentato anche da capitale di rischio o da forme intermedie (equity/debt) mentre il profilo di rischio è sostanzialmente quello dell’equity puro. (Berndt e Wirth, 2018), (Maier, Barbetta et al., 2018), (Edmiston, & Nicholls, 2018), (Schinckus, 2018).

Questi strumenti erano già diffusi anni prima del lancio nel 2010 del primo SIB nel Regno Unito; l’elemento di novità risiede nell’utilizzo del ca- pitale privato per supplire alle difficoltà che incontrano le imprese sociali a finanziarsi attraverso il sistema bancario tradizionale, a causa della rischio- sità dei progetti e delle ridotte dimensioni e struttura, che fa si che spesso non ottengano un elevato rating creditizio.

Gli investimenti di questo tipo devono superare una sequenza di trade-off prima di essere intrapresi:

 massimizzazione del risultato finanziario/minimizzazione del rischio;  attività responsabili/qualunque attività;

 attività sostenibili/qualunque attività;  Finance first/Impact first;

 filantropia/rendimento finanziario.

Il primo fa riferimento al più generale criterio decisionale utilizzato sui mercati finanziari e viene risolto facendo riferimento a quanto previsto dalla Modern Portfolio Theory (Markowitz, 1959). Il secondo e il terzo si riferi- scono ad investimenti che mirano a creare valore non solo a favore dell’in- vestitore, ma per la società nel suo complesso, integrando l’analisi finanzia- ria con quella ambientale, sociale e di buon governo.

I criteri utilizzati possono essere molteplici e principalmente attengono a:  esclusioni: attività che riguardano la produzione di armi, bevande al-

coliche, pornografia, tabacco, sperimentazione su animali;

1 1.340 organizzazioni nel mondo, per un mercato stimato in 502 miliardi di dollari americani.

In Italia si stima un valore di mercato al 2020 di circa 30 miliardi di Euro. Di un certo interesse è poi il ruolo della Sardegna che nel 2016 ha stanziato circa 7 milioni di Euro grazie anche al cofinanziamento del Fondo Sociale Europeo, il primo fondo di Impact Investing in Italia ge- stito dalla Sfirs Spa, che opera nel solco del Fondo per il micro-credito partito nel 2009.

 convenzioni internazionali: Global Compact, Linee Guida dell’OCSE sulle multinazionali, le Convenzioni dell’Organizzazione Internazio- nale del Lavoro, etc.;

 i migliori: gli emittenti in portafoglio vengono valutati secondo criteri ambientali, sociali e di governance, privilegiando i migliori;

 engagement: si tratta di processi tesi a influenzare positivamente i comportamenti dell’impresa e ad aumentare il grado di trasparenza. L’investitore deve quindi stabilire se privilegiare il profitto finanziario o l’impatto e, in fine, se perseguire un risultato finanziario o operare nel campo della pura filantropia.

È quest’ultima fase a definire la più rilevante differenza con le normali de- cisioni di investimento. Il tema centrale è infatti proprio quello della corretta misurazione dell’impatto sociale generato (Spiess-Knafl & Scheck, 2017).

È facile comprendere le difficoltà riscontrabili nel determinare ex-ante gli esiti sociali attesi e i nessi causali con l’investimento che si intende realiz- zare. Esistono alcuni fattori che possono incidere in tal senso: scarsità o as- senza di dati, ampiezza dell’orizzonte temporale di riferimento, forte dipen- denza del risultato atteso da fonti esterne, dimensione circoscritta del pro- blema sociale o dei servizi erogati, scarsa definizione contrattuale della linea di intervento.

La valutazione di un investimento tipo “Impact” non può dunque essere ricondotta al classico modello bidimensionale risk/return, ma deve integrarne almeno una terza che dia conto dell’impatto sociale e che quest’ultimo con- tribuisca a determinare il trade-off tra creazione e distruzione di valore (Emerson, 2012). Sulla base delle definizioni richiamate, dovrebbe sussi- stere, una correlazione positiva tra rendimenti attesi e impatto sociale, in as- senza della quale non si tratterebbe di operazioni impact in senso proprio. Il modello impone quindi la necessità di accertare se sussistono o meno le se- guenti relazioni intermedie:

 la ricerca di un maggiore impatto sociale implica l’aumento del profilo di rischio;

 la ricerca di un maggior rendimento riduce l’impatto sociale.

La valutazione deve allora considerare e pesare i seguenti rapporti ai fini della corretta determinazione del costo opportunità del capitale:

 Rendimento/Impatto;  Rischio finanziario/Impatto;  Rendimento/Rischio d’impatto;

 Rischio finanziario/Rischio d’impatto (Fullwiler, 2017)

In effetti la distinzione è più un effetto delle propensioni e della funzione di utilità soggettiva che una caratteristica immanente all’investimento in sé.

Il valore finanziario degli investimenti impact, tende quindi ad essere più basso al crescere dell’impatto sociale atteso degli stessi, data la relazione con le diverse configurazioni di rischio implicate.

Tutto ciò però è una interpretazione dei moventi individuali in chiave “tradizionale”. Oggi è però ampiamente condivisa la prospettiva che vede gli investitori mossi da motivazioni più complesse e articolate rispetto alla mas- simizzazione della ricchezza e alla ricerca del trade-off ottimale tra rendi- menti attesi e profilo di rischio.

L’inserimento dell’impatto sociale, implica la presa d’atto di una com- plessità dei processi decisionali non catturata dai modelli tradizionali. Già grazie alla prospect theory (Kahneman e Tverskj 1973; 1979) si è superato il paradigma dell’investitore avverso al rischio e orientato alla massimizza- zione della sua ricchezza, in favore di una figura più realistica che persegue utilità complesse, non unicamente legate al valore finanziario dei risultati attesi, e con propensioni al rischio diverse per scenari diversi.

Ciò equivale ad affermare che l’individuo ha una funzione di utilità di- versa per ciascuna situazione decisionale (Luce e Raiffa, 1957).

Nei processi valutativi il problema più sentito è quello della individua- zione di metriche appropriate a misurare l’utilità che un investitore può rico- noscere ai fini della decisione. Queste alterano il costo opportunità del capi- tale e sono dirimenti rispetto alla percezione del vantaggio complessivo ri- traibile (European Social Investing, a cura di, 2016).

Allo stato attuale gli indicatori che sembrano raccogliere il maggior con- senso, sia in ambito accademico che tra gli operatori, sono i seguenti:

 IRIS – un vero e proprio catalogo di indicatori sviluppato dal Global Impact Investing Network;

 SROI – Social Return on Investments;

 IRIS è un catalogo contenete centinaia di metriche di valutazione, sia qualitative che quantitative dell’impatto generato dalle imprese. Si compone di sei macro-categorie relative al settore di attività, alle ca- tegorie di beneficiari, alla tipologia di impatto perseguito, ai principali indicatori economici e finanziari, al grado di trasparenza e alla com- pletezza delle informazioni fornite, alle classi di individui cui è diretto l’impatto sociale atteso. Nonostante il gran numero di indicatori e la notevole articolazione, non sempre risulta semplice ricondurre gli esiti di un investimento a dei parametri univocamente interpretabili (Weber, 2017). È allora importante la sensibilità valutativa di chi com- pie l’analisi, il cui giudizio dovrà giovarsi di esperienza e buon senso per poter essere attendibile.

Il SROI è un indicatore usato sia ex ante, sia ex post. L’impatto viene interpretato nei termini di una misura monetaria che consente il confronto tra investimenti. Si determina moltiplicando il risultato atteso/ottenuto per il va- lore finanziario (stimato). Il risultato viene poi rettificato per tenere conto del valore che si sarebbe generato in assenza di interventi, eventuali effetti mol- tiplicativi su altri risultati, l’impatto generato dall’intervento di altri soggetti e, infine, di possibili effetti negativi (The SROI Network, 2012).

Alcuni studi evidenziano però che gli investitori tendono comunque a pre- diligere indicatori meramente finanziari, per quanto si dichiarino – in astratto – sensibili alle tematiche sociali e/o ambientali, collocano sistematicamente gli indicatori di riferimento in posizione subordinata a quelli finanziari (Brimble et al., 2013; Rietjens, 2011; Vyvyan et al. 2007).

Altri studi ancora mostrano come il grado di preferenza per la categoria di impieghi in oggetto, sia ulteriormente influenzato dal diverso peso dei co- sti amministrativi, principalmente dovuti alla maggiore complessità della compliance (Borgers e Pownall, 2014; Boudt et al., 2013; Hong e Kacper- czyk, 2009; Statman e Glushkov, 2009), contribuendo all’inversione delle preferenze individuali nel breve termine rispetto al lungo periodo.

3. Motivazioni degli investitori, Bias cognitivi e processi decisio-

Nel documento Il mondo che cambia (pagine 40-44)