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Motivazioni degli investitori, Bias cognitivi e processi decisio nali nella finanza d’impatto

Nel documento Il mondo che cambia (pagine 44-51)

SULLE IMPLICAZIONI COMPORTAMENTALI DELLA FINANZA D’IMPATTO

3. Motivazioni degli investitori, Bias cognitivi e processi decisio nali nella finanza d’impatto

Un ambito che comincia ad essere indagato e che desta un crescente inte- resse, è quello delle motivazioni degli investitori. Il tema, giova ricordarlo, è importante per due ordini di motivi: il primo riguarda la comprensione del comportamento degli operatori e le conseguenti dinamiche del mercato; il secondo invece serve a definire il costo opportunità del capitale.

Con riferimento al primo, la principale difficoltà è data dalla scarsità dei dati disponibili e dalla ancora assai ridotta dimensione del mercato in og- getto. Studi più approfonditi e significativi saranno quindi disponibili non appena i dati fruibili li renderanno possibili.

Quanto al secondo aspetto invece, risulta già possibile proporre alcune riflessioni, a partire dal corposo impianto teorico esistente.

A parità di altre condizioni, il rischio degli investimenti impact è mag- giore di analoghe operazioni “financial first”, che di conseguenza tenderanno ad essere più appetibili per l’investitore, risultando più competitive sui mer- cati finanziari nel reperire a migliori condizioni le fonti finanziarie, rele- gando gli investimenti impact first in posizioni marginali.

Una simile visione del modo è legata al modo in cui gli economisti inter- pretano e descrivono il mondo medesimo. L’economista è costantemente alla ricerca delle condizioni di “neutralità” (Akerlof, 2007), che determinano i trade-off delle scelte in contesti competitivi efficienti e informati, ma per lo più non curanti delle preferenze individuali, irrilevanti se non corrispondono all’idea che gli economisti hanno di esse (razionalità). I modelli interpretativi classici non hanno efficacia nel descrivere i comportamenti effettivi, né nel catturare efficacemente le differenze rispetto a quelli teorici.

L’idea che gli individui ricerchino unicamente la massimizzazione della loro utilità e che questa sia rappresentata esclusivamente dal profitto econo- mico, allontana l’osservatore dalla realtà dei fatti, impedendogli di coglierne gli aspetti salienti.

Se non è solo una questione di soldi, deve magari riguardare la ricerca di un modo di vivere coerente con un ideale. Essere l’individuo che si ritiene di dover essere. Assumere decisioni divergenti da quell’ideale, conduce ad una perdita di utilità e di valore per come lo si interpreta individualmente. Ci si trova, in altri termini nella classica condizione di dissonanza cognitiva. (Fe- stinger 1957).

La prima conseguenza è la violazione delle proprie preferenze intertem- porali rispetto all’impiego delle risorse, che conduce a decisioni non solo non soddisfacenti, ma spesso contraddittorie rispetto al proprio sistema di prefe- renze2.

In letteratura ci si riferisce a questa circostanza con l’espressione “Con-

strual Level Theory” (Liberman e Trope, 2008; Trope e Liberman, 2000,

2003). L’ipotesi sottostante è che pensieri distanti, o “alti”, ma anche ambi- ziosi, vengano considerati dalla nostra mente come lontani rispetto al punto di riferimento in cui emergono (hic et nunc), una posizione che ne altera la desiderabilità, conducendo l’individuo a modificarne la gerarchia. L’indivi- duo opera quindi scelte intertemporali inconsistenti, nelle quali il beneficio percepito è superato, spesso di gran lunga, dal costo opportunità, di modo che quando il momento dell’azione arriva, il suo costo appare eccessivo ri- spetto al momento in cui si è deciso, determinando un cambiamento nelle preferenze (Eyal et al., 2004).

2 Un semplice esempio può aiutare a meglio delineare la questione: si immagini di dover de-

cidere all’istante cosa mangiare nella prossima pausa e di poter scegliere esclusivamente tra a) una golosa fetta di dolce; b) un frutto. Immaginiamo ora di dover scegliere all’istante cosa mangiare nella pausa pranzo durante tutta una settimana a partire dal mese prossimo. Una maggioranza significativa di individui tende a fornire risposte socialmente, eticamente e sa- lubremente ragionevoli con riferimento al futuro, meglio se apprezzabilmente lontano, ma agisce in modo del tutto incoerente nell’immediato.

Un altro aspetto rilevante è dato dal contrasto tra concretezza e astrazione. Costrutti mentali concreti e facilmente razionalizzabili risultano mental- mente più attraenti rispetto a quelli astratti e distanti. È facile condividere progetti ispirati al benessere collettivo, molto più difficile risulta adeguare i propri comportamenti quotidiani per contribuire all’obiettivo. L’egoismo di breve periodo supera di gran lunga l’interesse collettivo di lungo periodo (Liberman et al., 2007).

Una distorsione cognitiva frequente è il così detto Disposition effect (She- frin and Statman, 1985; Odean, 1998). Si tratta della tendenza a mantenere troppo a lungo posizioni in perdita e disfarsi troppo presto di quelle in gua- dagno. Gli individui attivi negli investimenti impact, risultano esposti a que- sto tipo di bias, in misura maggiore rispetto agli altri. L’indicata distorsione pare essere legata alle dissonanze cognitive di cui sopra, ma anche al fatto che gli investitori impact tendono ad essere meno sensibili alle perdite di utilità finanziaria, in quanto compensate dall’utilità derivante dal persegui- mento di un impatto sociale che considerano desiderabile, con ciò appagando l’immagine sociale che hanno di se stessi (Akerlof, 2007).

Rilevante è anche il “Decoy effect”. Questa si attiva quando l’individuo modifica il suo sistema di preferenze nel momento in cui viene aggiunta una opzione nuova rispetto alla situazione precedente. Questa distorsione po- trebbe colpire in modo particolare gli analisti. L’aggiunta della dimensione dell’impatto al modello valutativo classico, può infatti portare gli analisti ad attribuire un peso eccessivo a detta dimensione. Questo potrebbe influire si- gnificativamente sulle scelte effettivamente operate, inducendoli ad accettare o rifiutare l’investimento per motivi estranei alle proprie preferenze.

La precedente distorsione conduce invariabilmente al modo in cui le op- zioni di scelta sono presentate: il “framing”. Gli individui tendono a operare le proprie scelte a partire dalla loro condizione iniziale, valutando i possibili esiti in termini di variazione della loro condizione rispetto a quella di par- tenza piuttosto che in funzione dell’esito finale atteso. Risulta quindi chiaro che punti di partenza diversi, portano a pesare in maniera diversa tanto il rendimento finanziario atteso, quanto l’impatto.

Seguire il comportamento delle masse è un'altra tipica distorsione degli investitori individuali. Quando una forma di investimento o un particolare titolo, si dimostra particolarmente popolare, gli investitori non sofisticati ten- dono a seguire le masse. Questo atteggiamento, che nel recente passato ha contribuito alla formazione di rilevanti bolle, pare essere un modo efficace per giustificare a posteriori errori di valutazione e decisioni prive di fonda- mento, sul presupposto che si può “socializzare” la responsabilità di una scelta sbagliata. Nella misura in cui gli investimenti impact tendono ad

assumere il ruolo di “moda”, nella quale possano riconoscersi interi gruppi sociali, gli individui appartenenti a detti gruppi, potrebbero considerarli in- vestimenti che legittimano l’appartenenza ad un gruppo sociale, più che ope- razioni a valenza finanziaria.

L’avversione per l’ambiguità (Ellsberg, 1961) che conduce l’individuo a preferire fonti di rischio con le quali si ha dimestichezza, rispetto a elementi nuovi, può influire sulla rilevanza attribuita dall’investitore alla componente di rischio derivante dalla ricerca dell’impatto ricercato (Easley & O’Hara, 2009).

Un aspetto ancora poco investigato è invece l’effetto dell’architettura delle scelte sulla maggiore o minore propensione a intraprendere un investi- mento impact (Thaler e Sunstein 2014). In termini molto semplificati, ci si può attendere che un individuo possa essere poco propenso a inserire volon- tariamente detti investimenti nel proprio portafoglio, ma sia allo stesso tempo propenso a non escludere gli stessi, ove il portafoglio venisse presentato da subito con un contenuto di titoli impact.

4. Conclusioni

La finanza d’impatto rappresenta una interessantissima novità che attrae attenzioni crescenti sia da parte degli studiosi che degli operatori di mercato. Detto interesse si evince dalla crescente diffusione degli strumenti e dal cre- scente dibattito scientifico.

Un aspetto ancora relativamente poco esplorato è dato dal comporta- mento degli operatori rispetto agli investimenti di tipo impact. Il corposo im- pianto concettuale reso disponibile dagli studi di behavioral finance consente di intravedere ampi ambiti di ricerca dai quali è facile attendersi importanti ulteriori avanzamenti della conoscenza.

La finanza di impatto rappresenta anche un fondamentale terreno di col- laborazione pubblico/privata, terreno sul quale possono svilupparsi i presup- posti per una equilibrata e attiva coesione sociale ed economica, della quale si sente estremo bisogno anche in contesti sviluppati come l’area UE, nella quale gli squilibri economici e sociali tra territori e tra gruppi sociali, alimen- tano pericolose tendenze disgregatrici, dalle quali non è mai scaturito nella storia, alcunché di positivo.

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5. A REVIEW OF STATIC OPTIMIZATION

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