Capitolo 1 – Background scientifico
1.3 Le conclusioni della analisi bibliografica
1.3.5 Il fine vita
Una buona relazione tra pazienti e professionisti della salute dipende molto dalla creazione di un rapporto di fiducia, che è strettamente legato alla sincerità della comunicazione103. Sulla base di questa considerazione, dire la verità è considerato una questione etica, nonché un obbligo morale da un gran numero di operatori sanitari104.
Gli infermieri occidentali possono trovarsi di fronte a conflitti di tipo etico nel caso di pazienti terminali appartenenti a culture diverse dalla loro. La loro educazione li spingerebbe a essere pienamente veritieri nei confronti del morente. Tuttavia, di fronte a pazienti di altre culture, essi potrebbero trovarsi nella situazione di dover evitare di trasmettere alcune informazioni ed essere completamente onesti e aperti (ad esempio nel caso di alcune culture orientali)105. La stessa diversità di prospettive può essere riscontrata nel caso delle direttive anticipate, concepite per proteggere l’autonomia del paziente in circostanze in cui questi non è più in grado di può prendere decisioni: esse sono accettate in alcune culture (ad esempio quella americana), ma altre culture non vedono le direttive anticipate positivamente.
Una migliore conoscenza influisce, inoltre, sulla risposta dei pazienti e familiari alle diverse situazioni cliniche, facilitando l’adesione dei pazienti agli schemi terapeutici o palliativi106,107. È opportuno però chiedersi che cosa i pazienti vogliano davvero sapere. Sebbene la letteratura suggerisca che sono in molti a voler conoscere la verità sulla propria diagnosi108, ci sono evidenze che una minoranza di pazienti preferisce lasciare al medico la scelta sulla decisione di dire la verità oppure avere notizie solo nel caso in cui siano positive109. Nei paesi in cui rivelare la verità non è una pratica comune la proporzione di pazienti che rappresentano questo punto di vista è ancora più alto. Alcuni paesi di cultura non anglosassone, come alcuni paesi asiatici (Giappone, Cina) o i paesi che si affacciano sul Mediterraneo (come l’Italia, la Turchia, la Grecia e la Spagna) non accettano del tutto la
103Bishara, E., Loew, F., Forest, M.I., Fabre, J., Rapin, C.H. Is there a relationship between psychological well- being and patient–carers consensus? A clinical pilot study. Journal of palliative care. 1997; 13(4):14–22
104Nekolaichuk, C.L., Bruera, E. On the nature of hope in palliative care. Journal of palliative care. 1998; 14(1):36–42
105 Maier-Lorentz, M.M. Transcultural nursing: its importance in nursing practice. Journal of Cultural Diversity. 2008 Spring; 15(1):37-43
106 Ruhnke, G.W., Wilson, S.R., Akamatsu, T., Kinoue, T., Takashima, Y., Goldstein, M.K., Koenig, B.A., Hornberger, J.C., Raffin, T.A. Ethical decision making and patient autonomy: a comparison of physicians and patients in Japan and the United States. Chest. 2000; 118(4):1172–82
107 Eraker, S., Kirscht, J., Becker, M. Understanding and improving patient compliance. Annals of internal medicine. 1984; 100:258–68
108 Hebert, P.C., Hoffmaster, B., Glass, K.C., Singer, P.A. Bioethics for clinicians: 7. Truth telling. Canadian Medical Association journal. 1997; 156(2):225–8
109 Jenkins, V., Fallowfield, L,. Saul, J. Information needs of patients with cancer: from a large study in UK cancer centres. British journal of cancer. 2001; 84(1):48–51
pratica della comunicazione di una diagnosi infausta, nonostante che, rispetto al passato, la realtà sia in parte cambiata110. In alcune fedi religiose, dare cattive notizie viene addirittura scoraggiato e visto come sgarbato, dannoso e non rispettoso111.
In alcuni paesi il paziente non viene considerato, a causa delle esistenti gerarchie familiari, il titolare della decisioni sulla propria salute, e di conseguenza anche le informazioni relative alle diagnosi sono generalmente comunicate ad altri membri della famiglia: questo avviene, ad esempio, in Giappone o nei paesi di cultura islamica112,113.
La questione, quindi, della scelta dei modi più appropriati per rivelare le informazioni sullo stato di salute di un paziente in caso di malattia oncologica terminale deve trovare una risposta culturalmente competente, essendo radicata profondamente nella cultura dell’individuo, e, indipendentemente da quello che è il paradigma culturale del sanitario, la comunicazione dovrà adattarsi agli schemi culturali della singola persona e al contesto culturale in cui vive la sua famiglia.
Riguardo agli aspetti della gestione della morte, va detto che questa è vista anche come fenomeno sociale, nel quale il coinvolgimento dei familiari è comune in tutte le religioni. Il valore di essere assieme al caro negli ultimi momenti della sua vita e dopo la morte è di notevole importanza simbolica114.
Mentre la profondità e la varietà delle reazioni può essere condizionata da fattori culturali, ambientali, e sociali, c’è consenso sulla considerazione che il supporto emotivo nelle fasi precoci del lutto possa prevenire problemi di salute a lungo termine115.
Il personale sanitario deve avere ben presente che, indipendentemente da cultura, istruzione, o background, esiste una comunanza nel dolore e nel lutto: essi possono scatenare una condizione di sofferenza e dolore (Complicated Grief) che persiste in modo invalidante dopo l’esperienza della perdita di una persona cara116. I rituali di espressione del lutto possono essere determinanti per ripristinare un senso di normalità. Essi costituiscono un modo standardizzato di comportamento che aiuta ad alleviare il senso di incertezza e di perdita, dando la possibilità di adattarsi in maniera non traumatica
110 Mystakidou, K., Parpa, E., Tsilila, E., Katsouda, E., Vlahos, l. Cancer information disclosure in different cultural contexts. Support Care Cancer. 2004; 12(3), 147–54
111 Høye, S., Severinsson, E. Multicultural family members' experiences with nurses and the intensive care context: a hermeneutic study. Intensive and Critical Care Nursing. 2010 Feb; 26(1):24-32
112 Tanida, N. Japanese attitudes towards truth disclosure in cancer. Scandinavian journal of social medicine 1994; 22(1):50–7.
113 Bozcuk, H., Erdoğan, V., Eken, C., Ciplak, E., Samur, M., Ozdoğan, M., Savaş, B. Does awareness of diagnosis make any difference to quality of life? Determinants of emotional functioning in a group of cancer patients in Turkey. Supportive care in cancer. 2002; 10(1):51–7
114 Kwan, C. Families’ experiences in the last office of deceased family members in the hospice setting. International Journal of Palliative Nursing. 2002; 8:6, 266-275
115 Murray Parkes, C. Bereavement: Studies of Grief in Adult Life. 1998; London, UK: Penguin
116 Jacobs, S., Prigerson, H.G. Psychoterapy of traumatic grief: A review of evidence for psychoterapeutic treatments. Death Studies. 2000; 24: 479-495
62 al fatto della morte117.
Valutare il desiderio dei pazienti di una visita spirituale e quindi facilitare gli incontri con i loro leader religiosi può essere un modo semplice per soddisfare le loro esigenze spirituali118.
Il professionista della salute deve essere consapevole delle credenze culturali dei pazienti ed essere sensibile alle sue esigenze individuali, oltre a conoscere la sintomatologia del lutto, al fine di fornire assistenza culturalmente sensibile119. Le questioni culturali e spirituali sono di estrema importanza per i pazienti e i loro familiari, ma gli infermieri dimostrano a volte disagio e mancanza di conoscenze e abilità nel trattare questi argomenti. Accrescere le proprie conoscenze nel campo della cultura è il primo passo che deve necessariamente compiersi per esplorare le credenze individuali di pazienti e familiari120.
Riguardo alla gestione delle ultime fasi della vita, sono state descritte differenze nell’uso delle risorse e nei tassi di mortalità in terapia intensiva associati alla razza dei pazienti121. Alcune di queste differenze possono essere attribuite alla scarsa sensibilità dei sanitari a proposito delle differenze culturali e alla storica diffidenza di alcune minoranze verso il sistema sanitario riconducibile, probabilmente, alla prevalenza di atteggiamenti razzisti in medicina122.
Un punto di vista originale sull’assistenza a pazienti stranieri nelle ultime fasi della loro vita si trova in un lavoro di Gunaratnam123: sebbene la conoscenza delle culture possa talvolta facilitare un’assistenza culturalmente sensibile, c'è il pericolo che a essa possa essere dato il primato sulla personalizzazione delle cure. L’esercizio della competenza culturale nelle cure di fine vita degli anziani appartenenti a minoranze razziali può mettere al riparo i professionisti da minacce alla sicurezza ontologica, oscurando però le questioni emotive e morali complesse e profonde che possono essere sollevate dall'invecchiamento lontano dalle proprie radici, dalla fragilità, e dalla morte di uno sconosciuto.
Un aspetto di notevole interesse correlato al fine vita è rappresentato dall’atteggiamento culturale nei confronti della donazione. La predisposizione alla
117Yeong, N.B. Grief revisited. Annals of Academy of medicine. June 2005; 34(5), 352-355
118Lipson, J.G, Minarik, P.A., Dibble, S.L. Culture and Nursing Care: A Pocket Guide. 1996; San Francisco, CA: UCSF
119 Cowles, K.V. Cultural perspectives of grief: An expanded concept analysis. Journal of Advanced Nursing. 1996; 23(2): 287-294
120Kemp, C. Cultural issues in palliative care. Seminars in Oncology Nursing. 2005; 21(1): 44-52
121Degenholtz, H.B., Thomas, S.B., Miller, M.J. Race and the intensive care unit: disparities and preferences for end-of-life care. Critical Care Medicine. 2003 May; 31(5 Suppl):S373-8
122 Krakauer, E.L., Crenner, C., Fox, K. Barriers to optimum end-of-life care for minority patients. Journal of the American Geriatrics Society. 2002; 50:182-190
123 Gunaratnam, Y. From competence to vulnerability: care, ethics, and elders from racialized minorities. Academic Journal Mortality. 2008 Feb; 13 (1): 24-41
donazione varia fortemente con l’origine geografica e le credenze religiose di un individuo e di una famiglia, e mostra anche di essere in relazione con variabili di tipo socio- demografico, di integrazione sociale, e informative124. A sua volta, il rapporto tra credenze religiose e atteggiamento verso la donazione varia in funzione del grado di integrazione sociale.
La volontà di donare della popolazione immigrata varia anche in funzione delle informazioni disponibili sull’argomento: gli elementi più strettamente legati a un atteggiamento positivo nei confronti della donazione sono, infatti, la percezione della sua efficacia, la conoscenza diretta dell’argomento, e l'esistenza di informazioni qualificate sulla pratica e le sue implicazioni.
124 López, J.S., Valentín, M.O., Scandroglio, B., Coll, E., Martín, M.J., Sagredo, E., Martínez, J.M., Serna, E., Matesanz, R. Factors related to attitudes toward organ donation after death in the immigrant population in Spain. Clinical Transplantation. 2012 May-Jun; 26(3):E200-12
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