1. LA TECNOLOGIA LIM
2.2. Finestra sul mondo
È chiaro che la LIM “finestra sul mondo” ha più senso se quel mondo può portarlo in maniera dinamica in classe; vale a dire se utilizzata anche con una connessione internet (veloce, per poter accedere a qualsiasi tipo di materiale, e magari wireless per evitare l’ulteriore “fastidio” dei cavi) in maniera che il percorso costruito da docente o studente (o tutt’e due) sia interattivo non solo nel senso della modificabilità, ma anche nel senso della rete. Concepire la lezione – che, nella sostanza, qualsiasi tipo di software per LIM si utilizzi, è una presentazione a “finestre” - come un net-viaggio può essere una strategia utile per dare un senso complessivo alla proposta didattica; concepirla “aperta” a più variabili di percorso e a modifiche in corso (fatte durante la lezione con l’ausilio degli studenti) risponde ad un uso efficace dello strumento.
Laddove, invece, la rete non vi sia, va “simulata” sul PC; anzi, il consiglio, anche in assenza di disponibilità della LIM, è quello di preparare comunque i materiali sul PC, allestendo una significativa galleria di immagini, video, pagine web. Insomma materiali
“extra” rispetto alla presentazione allestita, cui fare riferimento per arricchirla, o modificarla in genere. Quando, poi, si decida di fare un intervento didattico di costruzione del percorso dal vivo in aula è del tutto evidente che non può essere lasciato al caso dell’improvvisazione in presenza, pena il caos. Ma va programmato, al pari di un “copione”
nascosto, con l’impiego di link preferiti; copione ricco ma non sterminato o con cartelle ordinate di materiali mirati da assemblare.
La strategia migliore, in analogia con l’impiego delle nuove tecnologie nell’insegnamento, è cominciare con l’inserimento nella propria programmazione di una sola lezione o unità didattica che utilizzi la LIM. In questo caso il ciclo di vita dell’attività si aprirà – immaginiamo – con la produzione di un file-percorso e si chiuderà con la raccolta finale di alcuni file-percorsi degli studenti o nuovi o modificati dal primo. Qualora, invece, si organizzi un lavoro più complesso, sarà la stessa peculiarità “produttiva” della LIM ad imporre un’organizzazione dei materiali. Ricordiamo che una delle potenzialità è proprio la modifica dei file in presenza, a distanza, e la conservazione degli stessi; nonché, in un’ottica più collaborativa e costruttivista, la realizzazione di molteplici lavori di gruppo dei ragazzi, compiti, restituzioni, ecc.
Insomma, un’attività prolungata dà vita ad una proliferazione di file che richiede l’utilizzo di un’organizzazione ferrea di cartelle e sottocartelle di documentazione, con criteri precisi di “metadatazione” al fine di reperire in fase valutativa il tutto. Oppure, l’adozione di una casa-base, una ambiente on line in cui depositare i file. Fino a solo un paio d’anni fa tutto ciò avrebbe richiesto l’installazione e l’uso di una piattaforma in internet. Oggi gli ambienti e gli strumenti di socialnetwork (ad esempio i blog, come Ning www.ning.com, o GoogleDoc) offrono la possibilità di crearsi uno spazio in rete a costi zero e di facilissima gestione dove eseguire lo “stoccaggio” di tutti i materiali prodotti o in via di allestimento, sia del docente che degli studenti, con un’immediata e delocalizzata reperibilità.
L’utilizzo della LIM è inficiato da una variabile imprescindibile per tutti i dispositivi a proiezione frontale: l’ombra.
L’ombra di chi agisce intorno alla lavagna è la conseguenza negativa di quella “fisicità”
insita nel suo utilizzo. Non va demonizzata, se la logica è quella di una lezione più dinamica.
Il muoversi da una parte all’altra della lavagna, l’alternarsi alla stessa di più persone, può essere giocato come fattore per allertare su ciò che deve essere visualizzato.
Le “ombre mosse”, in realtà, possono vivacizzare la lezione scuotendo dalla tendenza a concepire la visualizzazione della lezione quasi – per usare una metafora televisiva – da monoscopio. Ma bisogna essere pronti alla sfida del setting.
Il problema della disposizione della classe di fronte alla LIM tocca un tasto delicato, perché lo spostamento di banchi e sedie – soprattutto quando si ha a disposizione soltanto un’ora di tempo – può risultare complesso per vari motivi, logistici e di “ordine pubblico”, in primo luogo. ma anche e soprattutto di mentalità (di chi insegna). Molto si è scritto sulla problematica, ma poi, anche per motivi strutturali, spesso tutto rimane così com’è. La LIM, se utilizzata con coerenza rispetto alla propria vocazione, invece, porta a mutare la disposizione.
Nel caso di coinvolgimento contemporaneo della classe intera, della plenaria, se non si vuole lasciare tutta l’interattività dello strumento in mano al docente, “l’andare alla lavagna” per integrare, correggere, modificare non è più opzione, ma diventa corollario necessario di quello che gli anglosassoni chiamano “dialogic teaching”, una lezione dialogata che si arricchisce dei contributi di tutti. Una lezione che non si pone come dato ma come risoluzione di un problema, di un quesito. Una metodologia che anche gli ambiti disciplinari meno esperienziali possono adottare. Si pensi, per esempio, alle materie dove il pensiero di un autore o un evento storico è, abitualmente, trasmesso come già acquisito.
Con la LIM va capovolto il punto di osservazione. L’apprendimento per scoperta è alla sua portata, per cui la lezione può essere costruita attraverso delle domande, dei quesiti, posti con l’ausilio delle parole o delle immagini. O di entrambe.
Il percorso della formazione intellettuale di Dante – per fare un esempio “tradizionale” – è ricavabile da un percorso di immagini-parole-suoni sulla vita quotidiana a Firenze nel XIII secolo. Con il contributo degli studenti che, scrivendo parole, pescando immagini, aggiungendo un link, completano la proposta del docente.
L’aula spesso non facilita affatto questo “andare alla lavagna”; anzi, i banchi così come sono disposti diventano un ostacolo che rischia di creare più confusione. Per questo è necessario un ripensamento della disposizione dell’aula.
Anche la possibilità data a singoli o gruppi di svolgere un lavoro indipendente e, quindi, di alternarsi alla LIM per presentare i propri, cambia il setting. E lo fa due volte: in fase preparatoria (perché vanno allestite delle isole di lavoro all’interno della classe) e in fase di presentazione (perché i gruppi “in formazione” devono poter tutti visualizzare lo schermo).
Insomma, se la LIM non è neutra dal punto di vista della preparazione della lezione, non lo è neanche dal punto di vista dell’attuazione.
Una delle strategie di gestione dell’afflusso alla LIM, dalle elementari alle superiori, è la costruzione collettiva, a monte, delle regole di intervento. Una strategia che molti insegnanti utilizzano ad inizio anno, soprattutto nelle classi del ciclo primario, per coinvolgere gli studenti nell’ordinata gestione della partecipazione.
Ugualmente, nei confronti dell’uso della LIM, può essere stabilito una sorta di statuto che regoli l’entusiasmo degli studenti – è un eufemismo – nel dire la propria, nello scriverla, ecc. Tanto più nei confronti della novità-lavagna. Come ha sperimentato chi l’ha fatto, probabilmente dopo un po’ di tempo anche le regole lasciano il posto ad un naturale – anche se caotico – avvicendarsi. Ma non è banale prevederle, anche per dare il senso di un’attività che ha una sua organizzazione e non si sviluppa a caso.
Per il resto, l’attività in classe con la LIM dovrebbe avere sempre la dimensione di un net-viaggio; dovrebbe aiutare quella dimensione “narrativa” – nel senso pedagogico di Bruner – che favorisce l’apprendimento. Una dimensione che i professori più “carismatici” sanno dare anche senza lavagna, ma che si può acquisire anche con un po’ di mestiere.
La LIM aiuta nella costruzione del viaggio, grazie alla sua dimensione di finestra sul mondo, che non ha solo la funzione di agganciare l’interesse, ma anche di stimolare la riflessione. Gli studi internazionali insistono sulle potenzialità del suo “wow factor”, del suo essere “effetto speciale”. Una ricerca australiana, in particolare, elenca tutti i fattori di gradimento:
• ha una natura “visuale”;
• va incontro alla cultura digitale degli studenti;
• è semplice da utilizzare;
• è immediata, flessibile e conveniente nell’impiego;
• è catalizzatrice dell’apprendimento “tecnologico” dei docenti;
• facilita la pratica riflessiva;
• è interattiva;
• aiuta la scoperta e l’apprendimento di nuove abilità.
La visualizzazione, però, non può essere estetizzante o fine a se stessa; deve essere giocata in termini di apprendimenti e, quindi, avere una ricaduta in termini di rinvio alla lettura, alla riflessione, alla rielaborazione, tutti aspetti, in qualche modo, tradizionali, di cui bisogna tener conto nella lezione multimediale per il prosieguo dell’attività in classe o a casa. Ecco, avvicinarsi alla LIM considerandola non una superfice assorbente (per cui tutto
quello che si fa rimane in se stessa), ma come una superfice riflettente (per cui quel che si fa rinvia ad altre dimensioni del sapere) può essere la strategia più idonea ad una vera ed efficace integrazione nella didattica.