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Fitati ed effetti sulla salute umana

CAPITOLO 3 Dieta e CRC

3.2 Fitati ed effetti sulla salute umana

Abbiamo visto come alcune tipologie di dieta e nutrienti interagiscono con il microbiota e quindi gli effetti che hanno sulla salute dell'ospite; ed in particolare sulla genesi o protezione nei confronti del cancro del colon retto. Si evince che una dieta occidentalizzata porta a disbiosi intestinale e predispone a diverse patologie. Una delle componenti nutritive maggiormente importanti per mantenere l'equilibrio tra ospite e microbiota e favorire la proliferazione dei batteri sani, sono i sopradetti MACs (di cui ne sono ricchi cereali integrali, legumi, frutta e verdura). Esiste però un composto contenuto in questi alimenti, soprattutto in cereali integrali e legumi, detto acido fitico, che suscita delle perplessità ed ora si vedrà quali sono queste perplessità, insieme a quali altri effetti positivi svolge [160].

Innanzitutto il corretto nome chimico per indicare l'acido fitico è acido mioinositol (1, 2, 3, 4, 5, 6) esafosforico (Figura 20).

Figura 20 Struttura chimica della molecola di acido fitico; formula bruta C6H18O24P6.

I sali di questo acido vengono comunemente chiamati fitati, e si ritrovano soprattutto nel mondo vegetale; è la forma principale di riserva di fosfati e inositolo nei semi delle piante e nei cereali. Inoltre, viene considerato come un potente antiossidante, essendo in grado di chelare ferro libero, e come riserva di cationi per la sua capacità di legare ioni come K+, Mg2+ e Ca2+ (Figura 21) [161]. Normalmente l'intake giornaliero di fitati può

raggiungere i 4500mg al massimo. In media un vegetariano assume tra i 2000 e i 2600mg, mentre individui onnivori assumono tra i 150 e i 1400mg [162].

Fitati come antinutrienti

La preoccupazione principale per i fitati riguarda la sua grande affinità per gli ioni positivi e quindi l'effetto negativo che potrebbe avere sull'assorbimento dei minerali. Forma, infatti, complessi insolubili con i minerali a pH fisiologico e li rende non disponibili all'assorbimento nel tratto gastrointestinale [163]. Esistono però delle differenze tra i diversi minerali, e quello maggiormente interessato sembra essere Zn2+;

l'acido folico oltre a diminuire la biodisponibilità dello zinco introdotto con la dieta, sembra anche regolare negativamente l'omeostasi del minerale [164].

Esistono poi divergenti opinion per quanto riguarda la biodisponibilità del ferro [165], perché esistono diversi complessi fitati-ferro con differenti solubilità, e ciò è dovuto alla presenza di due forme di questo minerale, eme e non eme; i fitati diminuiscono in particolare l'assorbimento della forma non eme, quella contenuta nel mondo vegetale (Figura 22) [166].

Figura 22 Molecola dell’acido fitico chelante ferro non eme (Fe3+).

Per quanto riguarda l'assorbimento del calcio invece l'effetto è minore, e questo potrebbe dipendere dalla grande quantità di calcio che si ha negli alimenti vegetali e dalla capacità del microbiota del colon di defosforilare i fitati e liberare così nuovamente il calcio che può dunque essere assorbito a livello del colon [167].

Gli studi restano, a volte, discordanti e questo può dipendere da diversi fattori: dal fatto che è difficile riprodurre in vitro le stesse circostanze della situazione in vivo, e in vivo non è facile fare paragoni tra agli individui perché bisogna tenere conto dello stile di vita e la dieta di ognuno in quanto alcuni cibi potrebbero interagire con gli stessi fitati e minerali; un altro fattore potrebbe essere la differente metodologia di analisi utilizzata

Il secondo motivo per cui i fitati sono visti come antinutrienti è per la loro capacità di legare le proteine e renderle di conseguenza meno biodisponibili [169]. Ad un valore di pH al di sotto del punto isoelettrico delle proteine, il loro gruppo cationico viene legato da quello anionico del gruppo fosfato dei fitati, formando così dei complessi che si dissolvono solo a pH minore di 3,5. Gli amminoacidi maggiormente interessati da questo fenomeno sono Lisina, Arginina e soprattutto Istidina. Questi complessi dunque vanno a diminuire la biodisponibilità delle proteine, la loro digeribilità e solubilità, e vanno a diminuire anche l'attività di enzimi di origine proteica; anche in questo caso le evidenze non sono state ancora del tutto accettate [170].

Effetti benefici dei fitati

Non esistono però solamente effetti potenzialmente negativi dei fitati, anzi negli ultimi anni sono stati loro riconosciuti nuovi effetti metabolici che hanno portato questi composti ad essere visti sotto una luce diversa.

Sembrano avere un effetto negativo sull'attività enzimatica dell'α-amilasi [171], non permettendo la digestione di determinati carboidrati, con conseguente beneficio per soggetti affetti da diabete mellito, una delle principali patologie dei paesi Occidentali, in quanto si è riscontrato un'associazione tra consumo di alimenti ricchi in fitati ed una glicemia minore [172].

I fitati sembrano aiutare contro patologie coronariche grazie alla loro proprietà di diminuire la disponibilità di zinco, in quanto uno sbilancio dei i rapporti tra zinco e rame potrebbero essere una delle cause verso lo sviluppo di patologie coronariche [173]. Questi risultati però sono stati evidenziati solo in vitro o su studi su animali e non umani.

Alte concentrazioni di fitati nella dieta inoltre, sono davvero efficaci nel trattare ipercalciuria e la formazione di calcoli renali perché prevengono la formazione di ossalati di calcio e cristalli di calcio fosfato, nuclei di partenza dei calcoli renali [174]. La funzione dei fitati nella prevenzione di questa patologia è stata dimostrata sia in studi in vitro, che in vivo, che clinici [175].

Infine, il ruolo benefico più importante ai fini di questa discussione, è quello dei fitati nei confronti del cancro. L'incidenza del cancro del colon varia molto nelle varie regioni del mondo, è maggiore nei paesi occidentalizzati, ed è stata associata a modifiche del microbiota e alla dieta, in particolare ad un alto apporto di grassi e ad uno minore di fibra [176]. E' stata quindi posta l'ipotesi per cui i fitati, insieme al loro essere presenti in

alimenti ricchi anche in fibra, possano svolgere un importante ruolo anti-cancro (Figura

23). Studi eseguiti sia in vivo che in vitro hanno mostrato gli effetti dei fitati come agenti

antineoplastici, e non solo nei confronti del cancro del colon retto [177]; i fitati inibiscono la crescita di cellule tumorali della leucemia [178], del cancro al seno [179], della cervice uterina [180], del cancro del colon retto e altre cellule tumorali, e lo fanno in maniera dose e tempo dipendente. Inoltre, il loro effetto preventivo è stato dimostrato in studi su topi e ratti in cui era stato indotto il cancro del colon e a cui sono stati somministrati i fitati, o nella dieta, o nell'acqua da bere; anche qui l'effetto si è dimostrato essere dose dipendente e i tumori degli animali diminuivano in numero e dimensione. Altri esperimenti animali hanno inoltre mostrato un'azione sinergica nel prevenire il CRC se ai fitati veniva aggiunto inositolo [181, 182, 183, 184].

Figura 23 Meccanismi di azione di IP6 nella prevenzione del cancro. Dopo un rapido assorbimento e defosforilazione, IP6 entra a far parte del pool di inositolo fosfati e agisce come forte antiossidante, stimola le funzioni immunitarie e anti-infiammatorie, modula l'espressione di oncogeni, riduce l'iperpfoliferazione cellulare, induce differenziazione cellulare e apoptosi, e inibisce l'angiogenesi. Inoltre IP6 inibisce la formazione di metastasi del tumore.

Meccanismo di azione dei fitati

Il meccanismo di azione dei fitati nel particolare non è ancora stato compreso appieno; viene ipotizzato come i fitati esercitino il loro effetto benefico attraverso la loro azione di chelanti. A seconda del tipo cellulare sono stati identificati diversi recettori, fosfatasi e chinasi, a cui il mioinositolo fosfato, il fitato appunto, viene ricollegato grazie a diversi effetti fisiologici; tra questi vi sono funzioni cellulare di base come la secrezione, ma anche funzioni come la differenziazione, la proliferazione e la morte cellulare [185]. Oltre ad attaccare le cellule tumorali, i fitati possono lavorare nell'ospite andando a riparare il sistema immunitario in quanto aumentano l'attività delle cellule natural- killer, la quale sarebbe invece ridotta da eventuali effetti di cellule tumorali [186]. Nonostante i meccanismi antitumorali dei fitati richiedano ulteriori investigazioni, per quanto riguarda l'aumento dell'attività delle cellule NK, questo sembra dipendere da un aumento della proliferazione delle suddette cellule in seguito a rilascio di calcio libero intracellulare promosso da InsP3 [187]; InsP3 si ottiene a partire dai fitati in seguito

all'azione di specifici enzimi intestinali. Inoltre, può legare specifiche proteine di membrana, suggerendo il suo ruolo nell'attacco e poi fusione delle cellule NK alle cellule bersaglio, in questo caso quelle tumorali [188, 189].

Anche il ruolo di antiossidante dei fitati è stato comunemente accettato; alcune isoforme di fitati hanno una conformazione unica che permette loro di interagire in maniera specifica con il ferro e inibire completamente così la sua capacità di catalizzare la formazione di radicali idrossilici durante la reazione di Fenton [190], e ridurre così la perossidazione lipidica catalizzata dal ferro.

Inoltre, come già detto, l'inibizione di alcuni enzimi digestivi e quindi la non digestione di alcuni amidi, porta questi ultimi come tali nell'intestino dove aumentano la massa fecale, velocizzano il transito intestinale e diluiscono potenziali composti dannosi contenuti nelle feci, riducendone il tempo di contatto con le pareti del colon [191]; oltre al fatto che amidi non digeriti possono essere metabolizzati dai batteri andando a produrre gli acidi grassi a catena corta. Questi ultimi hanno diverse funzioni positive sulla salute dell'ospite, per esempio quella di abbassare il pH dell'ambiente del colon, cosa che sembrerebbe avere un effetto protettivo contro la genesi del CRC, in quanto altererebbe le attività metaboliche della flora batterica [192], il metabolismo degli acidi biliari e inibirebbe la produzione e l'assorbimento di ammoniaca [193], composto tossico per l'organismo umano ad alte concentrazioni.

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