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I flussi migratori cinesi in Italia

LA REALTÀ DELLE FAMIGLIE IMMIGRATE IN CAMPANIA IL CASO DELLA COMUNITÀ CINESE

3. Il “fenomeno” cinese

3.2. I flussi migratori cinesi in Italia

Nel XX secolo l’ondata cinese è arrivata anche nel Vecchio Continente, toc- cando prima l’Inghilterra, l’Olanda, la Francia e poi l’Italia, la Spagna e i Paesi dell’Est. I cinesi d’oltremare, soprattutto negli ultimi venti anni, conservano un legame molto saldo con la madre patria e il loro luogo di provenienza. Tanto che

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Ibidem.

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Huchet J-F., Un Paese giovane, tra globalizzazione e censura, “GEO, dossier Cina”, n. 1, 2006, p. 137.

nelle nazioni in cui abitano prosperano le associazioni di tipo clanico, gruppi di immigrati che vengono da una stessa località e hanno lo stesso nome.

I primi cinesi arrivarono in Italia alla fine degli anni venti, tale fenomeno va collocato all’interno di un contesto più generale che ha interessato i paesi europei : infatti questa immigrazione è nata nel nostro paese prevalentemente come mo- vimento di seconda immigrazione, collocandosi fin dalle sue origini all’interno di un’articolata rete di rapporti tra comunità di diverse nazioni, meglio strutturate e di più antico insediamento, che ne ha facilitato la nascita ed i successivi sviluppi.

Inizialmente, gli arrivi in Italia furono un fenomeno del tutto marginale, sia ri- spetto al consistente esodo partito dalle coste cinesi, sia rispetto alla loro concreta incidenza numerica sul totale della popolazione italiana. Fino alla fine della Se- conda guerra mondiale, la presenza dei cittadini cinesi rimase estremamente esi- gua e sembra aver interessato soprattutto il nord Italia . I primi immigrati arrivati negli anni venti dalla Francia scelsero di insediarsi prima a Milano e poi a Torino; successivamente a Bologna, Firenze e dopo il secondo conflitto mondiale anche a Roma.

A Milano il primo inserimento lavorativo fu quasi ed esclusivamente nella vendita ambulante di cravatte; successivamente alcuni laboratori italiani che pro- ducevano questi articoli iniziarono ad offrire agli immigrati cinesi nuove opportu- nità di lavoro, che portarono, anni dopo, alla nascita di imprese artigianali nel set- tore tessile e della produzione di manufatti in pelle. Questo primo flusso migrato- rio era composto esclusivamente da uomini, in maggioranza di giovane età, e si sviluppò con una certa continuità per tutto il periodo intercorrente tra le due guer- re, pur mantenendo sempre dimensioni molto limitate tanto che, nel dopoguerra, i cinesi residenti a Milano erano circa una trentina e altrettanti, o poco meno, erano quelli presenti a Torino.

La situazione iniziò a mutare a partire dagli anni cinquanta, con la definitiva stabilizzazione da parte dei presenti e l’avvio di un secondo flusso migratorio co- stituito dai parenti degli immigrati che provenivano, per la maggior parte, dalla Cina popolare. I laboratori di pelletteria nati verso la fine della Seconda guerra mondiale ed affermatisi grazie ai prezzi fortemente concorrenziali, cominciarono

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a svilupparsi, offrendo ai nuovi arrivati possibilità di lavoro. Accanto al settore del pellame compare quello della ristorazione.

L’aumento dell’immigrazione cinese in Italia, a partire dai primi anni ottanta deve considerarsi da un lato come conseguenza della crescita dei flussi migratori intraeuropei, dall’altro come risultato determinato dalla applicazione delle leggi di regolamentazione dell’immigrazione, che hanno reso possibile la registrazione delle presenze nonché la regolarizzazione, attraverso le sanatorie, anche di quanti si trovavano in situazioni di semi-clandestinità. Infatti se si osserva l’evoluzione quantitativa del fenomeno, fino agli anni novanta i cinesi in Italia erano cir- ca15000, mentre oggi, ne risulta un vertiginoso aumento in corrispondenza alle normative per la regolamentazione dei flussi migratori. Non vi è dubbio, in ogni modo, che le varie sanatorie possono essere considerate come importante fattore d’attrazione dal momento che hanno offerto agli immigrati l’opportunità imme- diata di regolarizzare la propria presenza.

Dalla seconda metà degli anni ottanta in poi, anche le collettività cinesi hanno quindi usufruito dell’opportunità di emergere dalla situazione di anonimato socia- le in cui versava gran parte delle comunità straniere, dovuta principalmente alla assenza di un’organica normativa che ne regolamentasse la presenza.

Alla luce di una situazione che vede un nuovo clima politico in cui viene data una certa libertà alla realizzazione dei progetti imprenditoriali, in stretta relazione alla continua crescita e sviluppo dei contatti con l’Occidente, risulta ancor più e- vidente quanto le motivazioni che spingono i cinesi ad emigrare vadano ricercate su diversi livelli. La disperazione, la ricerca di un lavoro qualsiasi pur di assicu- rarsi il minimo indispensabile per sopravvivere, non sono più le ragioni che gui- dano gli immigrati verso terre straniere, oggi, oltre al ricongiungimento familiare, che resta una costante e la principale ragione, un sempre maggior numero di cinesi decide di sfruttare le possibilità di lavoro offerte da conoscenti o parenti lontani, per migliorare le proprie condizioni economiche. Il conseguente innalzamento dello status sociale e la speranza che queste esperienze lavorative possano diven-

Ceccagno , La Cina che arriva. Il sistema del dragone, Roma, Avagliano, 2005.

tare una sorta di “trampolino di lancio”, facilitano la successiva creazione di una attività per conto proprio24.

Le aree di insediamento maggiormente interessate sono i grandi centri urbani , in relazione alle attività occupazionali tradizionalmente legate alla ristorazione, sia nelle aree centrali, sia in quelle immediatamente limitrofe, per le nuove attività intraprese nel settore artigianale: si tratta di una presenza che predilige la localiz- zazione prettamente urbana proprio in virtù del carattere gruppo centrico dei pro- cessi di insediamento attivati dai cinesi. Diversamente da quanto accade per altri gruppi di immigrati, caratteristica peculiare delle comunità cinesi, siano esse di grandi o piccole dimensioni, è la capacità di creare e gestire aziende in grado di offrire lavoro ai connazionali, producendo relazioni socioeconomiche di aiuto e di assistenza, di supporto e di solidarietà. Queste unità produttive a base etnica non solo rivestono una funzione di polo aggregativo, ma anche assecondano il proces- so di rafforzamento identitario, perché di fatto permettono il mantenimento dei le- gami con la madrepatria25.