LA FAMIGLIA IMMIGRATA IN MOVIMENTO
6. Il ruolo della donna nel ricongiungimento
Le donne sono da sempre figure di primo piano dei fenomeni migratori. Solo di recente, però, le donne migrate sono state riconosciute soggetti autonomi nella di- namica migratoria e non più solo figura secondaria alla migrazione maschile. La presenza delle donne straniere all’interno dei flussi migratori è una realtà in au- mento e sempre più visibile anche in seguito ai ricongiungimenti familiari.
I flussi al femminile, nel nostro paese, sono una realtà presente, in modo signi- ficativo, già a partire dagli anni Settanta, quando anche l’Italia al pari degli altri paesi del sud Europa veniva investito dai flussi migratori 62.
In Italia la migrazione femminile rappresenta circa il 50% della popolazione migrata connotando in maniera decisiva un fenomeno che per il nostro paese ha una storia relativamente recente63. Indagare sulle dinamiche migratorie femminili, sui progetti migratori, sulle difficoltà del processo migratorio e di integrazione, sulle strategie, sulle risorse delle risorse migrate ha permesso di conoscere meglio il fenomeno migratorio più ampio e di definire meglio le linee di politica attiva.
Alla donna immigrata è stato riconosciuto il ruolo chiave nei processi di migra- zione quale mediatrice tra due culture, quella di origine e quella acquisita: da una parte guardiana della tradizione e dall’altra agente di cambiamento64.
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Bisogno E., Gallo G., L'acquisto di cittadinanza, strumento o risultato di un processo di in-
tegrazione: un confronto tra alcuni Paesi europei nei primi anni Novanta, in Studi Emigrazione,
marzo, n. 137: 145-175, 2000.
62
Cucurachi M., Guazzetti R., Tognetti Bordogna M. , Le donne e gli del ricongiungimento, in M. Tognetti Bordogna, Ricongiungere la famiglia altrove. Strategie, percorsi, modelli e forme dei
ricongiungimenti familiari, Milano, FrancoAngeli, 2004.
63
Caritas-Migrantes, Immigrazione. Dossier statistico 2012. XXII Rapporto sull’immigrazione, Roma, Idos, 2012.
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Tognetti Bordogna M., Le famiglie patchwork: matrimoni misti e ricongiungimenti familiari, in “Marginalità e società”, n. 28, 1995.
Sono spesso proprio la cura dell’ambiente domestico e dei figli, che per tradi- zione le competono, a porre la donna immigrata in relazione con l’esterno, con i servizi, con il territorio. Questo suo affacciarsi alla società ospitante rende visibile sia lei che la sua famiglia. La donna e il suo quotidiano costituiscono un forte e- lemento di stabilizzazione e favoriscono una visibilità dell’immigrato non più solo come lavoratore, ma anche come consumatore di beni e di servizi, ampliando la sua gamma di ruoli sociali e una maggiore “integrazione” con il contesto.
Nella tradizionale letteratura sull’immigrazione femminile le donne venivano considerate “soggetti passivi” del ricongiungimento, o “soggetti attivi” quando emigrano per prime e si facevano promotrici di ricongiungimenti con i loro uomi- ni rimasti in patria, dimostrando maggiore libertà, autonomia decisionale e intra- prendenza.
Comunque entrambe le categorie di donne legano l’emigrazione al progetto familiare, funzionale al miglioramento del benessere del gruppo, ma le funzioni delle prime si rintracciano maggiormente nella stabilizzazione familiare e nella conservazione dei valori tradizionali.
“Sono infatti le donne che, per tradizione e educazione, mantengono i legami della vita affettiva del gruppo, dando senso a gesti e riti, attualizzando tradizioni e norme”65; altro compito della donna è porsi come mediatrice privilegiata tra il suo gruppo di appartenenza (famiglia o comunità) e la società di accoglienza, nelle di- namiche di integrazione, soprattutto in quanto portavoce di richieste per il proprio marito o i propri figli.
Queste donne sono definite da Taboada - Leonetti le “guardiane della tradizio- ne” e si differenziano dalle “promotrici del cambiamento”66 che invece sono at- tratte dall’innovazione e dalla modernità.
Queste ultime accelerano il processo di cambiamento indotto dalla migrazione diventando agenti della modernizzazione piuttosto che di trasmissione di valori culturali tradizionali, contribuendo alla destabilizzazione della famiglia e della cultura del gruppo di appartenenza. Sono gli attori principali nella creazione di nuovi modelli culturali e forme d’identità originali.
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Scabini E., Donati P. (a cura di), “La famiglia in una società multietnica”, in Studi interdi- sciplinari sulla famiglia, n. 12, Vita & Pensiero, Milano, 1993.
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Se per le donne “guardiane della tradizione” la netta divisione dei ruoli con il marito può preservare il nucleo familiare da conflitti e dalla disgregazione, ve- diamo che le donne che emigrano da sole, quando promuovono il ricongiungimen- to familiare, si trovano spesso ad assumere i molteplici ruoli, di moglie, madre e lavoratrice. Questi ruoli vengono vissuti in distinti contesti: all’interno del gruppo familiare viene delegato alle donne di mantenere modelli di comportamento propri della cultura e della religione del Paese d’origine, così da assicurare coesione all’interno della famiglia; all’esterno invece la donna è chiamata ad assumere un ruolo lavorativo, che la vede costantemente impegnata a migliorare le sue condi- zioni, oltre ad informarsi e ad essere responsabile anche di “mediazione tra cultu- re”, soprattutto per i figli.
In questo senso la donna è anche quella che sarà divisa tra una scelta di ritorno e una scelta di insediamento, in entrambi i casi portatrice di un vissuto di perdita molto più forte, perché sentirà, anche se poi non sarà così, la rottura con i vincoli in maniera definitiva. In base ai progetti migratori possiamo delineare alcuni per- corsi caratteristici della migrazione “al femminile” poiché La modalità di arrivo influenza anche le condizioni di vita e la qualità dell’inserimento.
Il percorso di tipo tradizionale. È il caso delle donne arrivate per ricongiungi-
mento familiare alcuni anni dopo l’emigrazione del marito e dopo essere rimaste nel loro paese per qualche anno con i figli. Questo è il percorso più tradizionale della storia delle migrazioni nei diversi paesi. Le donne che arrivano in Italia se- guendo questo percorso sono prevalentemente marocchine. Quando le mogli arri- vano nel nuovo paese si sentono disorientate, la familiarità di casa si è persa ed è difficile ricostruirla e persino ripensarla una seconda volta. Arrivando in Italia si trovano in un contesto sociale e culturale molto differente e, almeno per il primo periodo, sono soggette alla tutela del coniuge67. La mancanza di una rete parentale e sociale nelle donne nordafricane acquista particolare rilievo, in quanto non vi è più quello “spazio privato” che la donna gestiva all’interno della sua casa, mentre all’uomo era riservato uno “spazio pubblico”. Ora, in una situazione sociale diffe- rente, alla donna tocca vivere segregata e in solitudine fonte di malessere psichico.
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Cfr. de Bernard M., Di Pietrogiacomo L., Michelini L., Migrazioni femminili, famiglie e reti
La famiglia, il modello di famiglia e il ruolo della donna al suo interno è oggi il crocevia di processi in cui tradizioni e modernità si intrecciano. Anche per la fa- miglia maghrebina il ricongiungimento famigliare può sfociare in una crisi causa- ta sia dallo status della donna, che vede nella nuova società un ruolo diverso per sé e può rivendicare la sua emancipazione, sia dal ruolo del padre indebolito ri- spetto a quello tradizionale per cui il rapporto tra i sessi può esso stesso diventare un momenti di incomprensione e di conflitti.
La situazione delle donne arrivate in Italia qualche anno dopo il marito sembra essere apparentemente più vantaggiosa, o almeno meno traumatica rispetto a quel- la delle donne emigrate da sole. Le mogli arrivate per ricongiungimento familiare trovano ad accoglierle nel nuovo paese un “involucro” protettivo, rappresentato dalla mediazione del marito nei confronti dell’esterno, uno spazio di intimità nel quale costruire la dimora. La dipendenza economica dal capofamiglia consente lo- ro di vivere, anche per un lungo periodo, in un mondo “a parte”. Ma questi stessi elementi, che facilitano l’accoglienza e attutiscono lo sradicamento iniziale, pos- sono rivelarsi più avanti nel tempo elementi di vulnerabilità. Anche se è importan- te notare che sono sempre più numerose le donne che, pur essendo immigrate al seguito del marito, sono disposte ad inserirsi nel mondo del lavoro.
Le donne che partono da sole. Si tratta di donne che hanno vissuto ed agito in
prima persona la decisione di emigrare, le donne “attive della migrazione”. Questo caso rappresenta ancora la situazione più diffusa in Italia, anche se sta lentamente aumentando il numero delle donne arrivate per ricongiungimento. Solitamente, dopo qualche tempo dal loro arrivo, riescono ad organizzare, attraverso un reticolo di aiuto e sostegno, l’accoglimento di altre donne provenienti dal loro paese (soli- tamente amiche e parenti). Nel momento in cui il loro progetto migratorio si va stabilizzando, le donne sposate possono fare arrivare in Italia per ricongiungimen- to familiare marito e figli, attraverso un percorso di ricongiungimento “a rove- scio”, in quanto gestito da donne. La scelta attuata sulla spinta del desiderio di emancipazione individuale comporta delle conseguenze in termini di costi sia per migrante e per il gruppo parentale che si lascia. Queste caratteristiche sono evidenti nell’ emigrazione di donne provenienti dal
Perù. Queste ultime, lasciano il proprio paese con un proprio progetto immigrato- rio ben definito, con il desiderio di integrarsi nella società d’arrivo, lavorare du- ramente per qualche anno e in seguito far arrivare tutta la famiglia. Esse arrivano in Italia prima degli uomini e si inseriscono nel mercato del lavoro come domesti- che o per l’assistenza agli anziani, dove sono molto richieste. Questo modo di procedere è abbastanza comune anche tra le donne filippine. Dopo qualche anno marito e figli ottengono il ricongiungimento. Immediatamente si coglie il divario economico e sociale nella coppia e questo non è privo di conflitti e tensioni. La donna ha acquistato indipendenza, è lei “il capo famiglia” che guadagna da vivere per tutta la famiglia. L’uomo perde il suo ruolo di capo. anche le donne dei Pesi dell’Est, spesso hanno abbandonato il proprio paese lasciandosi alle spalle una si- tuazione di grande povertà, e la partenza era dettata dal fatto che non c’erano altre “vie d’uscita” per far vivere la propria famiglia. In questo caso il progetto migra- torio è lavorare per far arrivare, dopo qualche anno, il resto della famiglia.
L’arrivo subito dopo il matrimonio. Questa modalità di arrivo vede giungere le
donne in Italia in seguito al matrimonio contratto con un loro connazionale. Molti lavoratori stranieri decidono dopo qualche anno dalla loro partenza di sposarsi; è spesso la famiglia d'origine che organizza il matrimonio del loro congiunto emi- grato con una parente o vicina di casa. È diffuso tra le donne provenienti dall’Egitto e in misura minore dalle senegalesi.
L’arrivo simultaneo. Ci sono coppie e gruppi familiari che arrivano insieme nel
paese di immigrazione, modalità di arrivo tra le meno diffuse. Questo percorso migratorio può causare difficoltà successive di tipo economico ed alloggiativo che possono portare queste famiglie a dividersi dopo l’emigrazione. Pratica quest’ultima diffusa tra i ghanesi e asiatici.
Le donne straniere nelle coppie miste. Nel nostro paese il numero dei matri-
moni misti tra un coniuge italiano ed uno straniero è in continuo aumento. In par- ticolare nella situazione, più diffusa, in cui sia la donna ad essere straniera, essa proviene dai paesi asiatici, in particolare dalle Filippine e dalla Thailandia, dall’Europa dell’Est e dall’America Latina. Nella maggior parte dei casi l'arrivo delle donne avviene in seguito al matrimonio o dopo che è stato stabilito un con-
2009.
tatto o l'inizio di una relazione sentimentale. La diversità diventa per molte coppie e soprattutto per le donne straniere, il simbolo di una svolta, motivazione che e- sprime il desiderio di reinventare la famiglia. La coppia mista si costruisce attra- verso una serie di compromessi e mediazioni tra i partner. Giorno per giorno essa costruisce il proprio modello di coniugalità, il proprio modo di suddividere i ruoli, le distanze ed i rapporti con l’ambiente esterno68.
Spesso sono le donne a suggerire agli uomini di partire e contribuiscono al progetto in varie forme: attivano reticoli economici, si occupano di far circolare le informazioni utili a facilitare l'integrazione nel paese straniero e fungono da me- diatrici tra i due paesi (mantenendo i contatti con chi è partito).
La necessità economica non è l’unica ragione del migrare. “A volte la partenza viene a sancire in maniera definitiva la non-adesione della donna ai valori tradi- zionali e la volontà di sfuggire a una condizione di vita regolata da norme culturali e sociali che essa non accetta più”69.
La migrazione per molte donne si colloca in momenti cruciali della loro vita (passaggio alla vita adulta, partenza dopo il matrimonio, stabilirsi di una relazione affettiva, nascita dei figli), cosicché il soggiorno nel nuovo paese le espone a cambiamenti importanti che riguardano aspetti fondamentali dell’identità persona- le. Si trovano a vivere gli eventi cruciali della loro biografia e del loro calendario di vita in una dimensione spaziale e temporale segnata dalla discontinuità e dai mutamenti. Proprio per il suo coinvolgimento di fatti ed eventi che la espongono al cambiamento, la donna ha un ruolo decisivo e fondamentale di mediazione tra i due riferimenti culturali, fra i due mondi. Soprattutto nel caso in cui siano presenti figli, sarà la madre a dover tessere e ristabilire i legami tra il mondo del padre, che spesso è quello del passato e della tradizione, ed il mondo del futuro, della conta- minazione e della metamorfosi culturale.
Durante la migrazione inoltre si modificano e si ridefiniscono, a volte doloro- samente, i ruoli familiari. L’autorità dell’uomo, marito e padre, subisce spesso un processo di cambiamento che può portare a due situazioni opposte: da una parte, il tentativo di rimediare alla perdita di potere con un aumento di autoritarismo; dal-
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Ambrosini M., Schellembaum, “La comunità sommersa: Un’indagine sull’immigrazione e- giziana a Milano”, Quaderni ISMU, n. 3, 1994.
l'altra, la negazione in maniera esplicita al cambiamento e alle trasformazioni per non vedere la realtà, vivendo nell'illusione che tutto continui ad essere come pri- ma, come nel paese di origine.
In emigrazione la donna si trova a vivere una condizione di responsabilità indi- viduale nel suo rapporto con il mondo. Ecco perché, la donna di fronte alle con- traddizioni culturali tra il vecchio ed il nuovo, è spesso costretta a vivere in ma- niera dicotomica, senza alcuna possibilità di operare, a causa delle resistenze del proprio coniuge (che percepisce ogni cambiamento come una minaccia al proprio ruolo ed alla propria identità già messa a dura prova) un’integrazione tra cultura d'origine e cultura del paese d'accoglienza e si trova a vivere diversamente il den- tro ed il fuori. Questa strategia d'adattamento è presente soprattutto nelle seconde generazioni. I figli e figlie fuori di casa, si spogliano gradualmente delle 'vesti' tradizionali per rivestirsi con quelle del paese d'accoglienza e viceversa. Con il ri- schio di mettere in crisi il processo di differenziazione, soprattutto per gli adole- scenti.