• Non ci sono risultati.

L’origine dei movimenti migratori cines

LA REALTÀ DELLE FAMIGLIE IMMIGRATE IN CAMPANIA IL CASO DELLA COMUNITÀ CINESE

3. Il “fenomeno” cinese

3.1. L’origine dei movimenti migratori cines

La storia della Cina è caratterizzata da una lunga tradizione di movimenti mi- gratori, però fino alla fine del 1800 in Cina vigeva un regime di proibizione dei viaggi oltremare e l’emigrazione, considerata un atto illegale, era punibile con la pena di morte20.

Il governo imperiale fu costretto a riconoscere ai propri sudditi il diritto di e- migrare nel 1894, come risposta allo sviluppo dei considerevoli flussi migratori che si erano formati nelle campagne dell’entroterra meridionale verso le città por- tuali aperte agli occidentali. Dalle province del Guangdong e del Fujian dove un gran numero di mercanti e contadini cinesi erano partiti alla volta di nuove possi- bilità lavorative nelle colonie europee del Sudest asiatico e nei lontani paesi d’oltremare. Soprattutto la scoperta di giacimenti auriferi in California, avvenuta intorno al 1850, e le opere di costruzione della ferrovia transamericana, determi- narono una fortissima richiesta di manodopera non qualificata ed a basso salario; anche l’Australia attirò manodopera cinese per il lavoro nelle miniere e nei giaci- menti d’oro.

L’Europa fu invece toccata in misura piuttosto marginale: in Inghilterra, i cine- si vi approdarono in qualità di mozzi, assoldati dalle navi mercantili inglesi allo

19

Il termine translient etimologicamente deriva da trans e dal latino salire e, oltre al significato di “salire bruscamente da una posizione all’altra” ha anche il significato traslato di “appoggiato indifferentemente sull’uno o sull’altro dei due sostegni”. Ceccagno A., Cinesi d’Italia. Storie in

scopo di sostituirne i marinai britannici arruolati nella marina militare durante le guerre napoleoniche, mentre in Francia costituirono una buona fonte di manodo- pera nelle fabbriche.

Nella prima metà del 1900 i flussi migratori in uscita dalla Cina continuarono a manifestarsi in modo considerevole, nonostante la situazione internazionale sfavo- revole alle migrazioni dovuto a guerre e crisi economiche: la presenza cinese all’estero cominciò quindi ad assumere una rilevanza sempre maggiore, a mano a mano che i gruppi di immigrati raggiungevano una certa autonomia anche econo- mica e cominciavano ad organizzarsi in comunità sempre più numerose. Il gover- no cinese dovette pertanto riconoscerne l’importanza e prendere atto delle necessi- tà che questi nuclei manifestavano sull’atteggiamento della madrepatria nei loro confronti: fu quindi introdotto il principio di reciprocità in base al quale veniva ri- conosciuto alla nazione il diritto di proteggere i propri cittadini trasferitisi all’estero, per eliminare qualsiasi possibilità di confusione nel determinare la na- zionalità di individui cinesi nati in terra straniera, nel 1909 fu approvata la legge che stabiliva il diritto di trasmissione della nazionalità da parte del padre o madre cinesi ai propri figli e a Canton nacque nel 1926 la prima Commissione per gli af- fari dei cinesi d’oltremare, voluta dal Guomindang, a dimostrazione del suo cre- scente interesse per le vicende21.

Le autorità cinesi dimostrarono, di fatto, di aver acquisito piena consapevolez- za circa l’entità e l’importanza che il fenomeno aveva ormai assunto, non solo a livello sociale ma anche e soprattutto da un punto di vista politico: le potenzialità delle comunità di cinesi erano viste come fonte di ricchezza attraverso le rimesse, testimonianza tangibile del forte legame che le univa alla madrepatria, e come punto di forza nella dimostrazione di un popolo unito al suo interno da un profon- do senso di identità nazionale.

Con la fondazione della Repubblica Popolare nel 1949 l’inizio dell’era maoista determinò oltre al blocco dell’immigrazione diretta all’estero una presa di posi- zione fortemente discriminatoria nei confronti non solo dei cinesi d’oltremare, ma anche dei loro familiari e parenti che risiedevano in patria. Sempre nei primi anni cinquanta si registra anche un incremento delle migrazioni interne con conseguen-

20

te aumento delle popolazioni urbane, il cui numero di abitanti nel corso di un de- cennio arriva a raddoppiare. Il governo cinese introduce quindi drastiche politiche di contenimento dei movimenti migratori interni, la cui efficacia si è estesa fino alla fine degli anni settanta, e che corrispondevano al modello ideologico ed eco- nomico teso a sostenere la centralità della campagna rispetto alla città. Le nuove tendenze politiche di apertura e di riforme introdotte da Deng Xiao Ping a partire dal 1979 riaprono le frontiere all’emigrazione. Viene mantenuto comunque un certo controllo sugli spostamenti migratori interni: uno studio condotto relativa- mente alla provincia dello Zhejiang ha dimostrato come la tendenza delle politiche di urbanizzazione della Cina sia quella di incoraggiare i movimenti dalle grandi città alle piccole e medie città e dalle zone urbane a quelle rurali, mantenendo uno stretto controllo dei flussi migratori in direzione dei grossi centri urbani. Questo al fine di evitare che le dimensioni della città crescano troppo rapidamente rispetto alla loro economia, consentendo quindi una migliore gestione delle politiche strut- turali22.

Gran parte dei movimenti interni della società cinese avviene tuttavia sotto forma di flussi migratori temporanei, ai quali fa riferimento il termine immigra-

zione fluttuante23, la cui entità spesso sfugge alle analisi sui movimenti migratori riportate dalle statistiche ufficiali. La pressione migratoria delle campagne alimen- ta costantemente l’incremento dei flussi interni e può precedere la migrazione all’estero. Non è da escludere quindi che alcuni gruppi di immigrati in Italia pro- venienti dallo Zhejiang abbiano seguito un itinerario che dalla campagna li ha por- tati alle città, e da queste ultime verso altri Paesi, tra cui appunto l’Italia.