CAPITOLO II -La funzione Compliance: aspetti organizzativi e operativi
2.5 Un focus sul rischio Reputazionale
Tutte le attività d’impresa sono soggette al rischio che l’immagine o la reputazione venga lesa o messa in pericolo; questo concetto assume particolare validità se l’azienda in questione basa tutta la sua operatività sulla fiducia
70
riscossa dagli stakeholder, come la banca. Secondo uno studio condotto da World Economics, più del 25% del valore di mercato di una società è direttamente attribuibile alla sua reputazione40.
Che il rischio di reputazione nel tempo sia cresciuto è indubbio; ancora una volta emblema di come la perdita di fiducia possa portare instabilità nel singolo intermediario e, per effetto domino, a tutto il sistema bancario è la crisi finanziaria degli ultimi anni.
Come ha evidenziato M. Draghi in una conferenza del 2008: “la convergenza tra banche e mercati ha evidenziato nuove fonti di rischio, emerse appieno durante la crisi. Il rischio di reputazione è aumentato. In presenza di una gamma di prodotti sempre più vasta, le banche hanno sfruttato appieno il loro marchio per attrarre nuovi clienti. In tale contesto tuttavia le difficoltà di un mercato o di singoli prodotti rischiano di danneggiare la reputazione della banca nel suo complesso”41.
Non è solo la crisi ad aver influito sull’incremento della rilevanza della reputazione; sono diversi infatti i fattori cui è possibile attribuire tale influenza42:
- La crescente visibilità sui media delle banche, soprattutto delle istituzioni più attive nei mercati al dettaglio;
- Il coinvolgimento dell’industria bancaria nei processi di innovazione finanziaria;
- Una più ampia circolazione di informazioni su politiche e comportamenti di mercato degli intermediari, anche in conseguenza della maggiore sensibilità riservata alla tutela degli utenti di servizi finanziari;
- I vincoli crescenti imposti agli intermediari con riguardo alla trasparenza della gestione e all’informativa di bilancio e più in generale l’enfasi posta
40
Simon Cole, “The Impact of Reputation on Market Value” , World Economics, Settembre 2012.
41 M. Draghi, “Banche e mercati:lezioni dalla crisi”, Intervento alla Foreign Banker’s Association,
Nederlands, 2008.
42
Cfr. M. Anolli, F. Rajola, “Il rischio di reputazione e di non conformità, strumenti e metodi per la governance e la gestione operativa”, Bancaria Editrice 2010, pg. 13.
71
dalla regolamentazione sulla disciplina di mercato attraverso la normativa di Pillar 3;
- La natura di imprese quotate, che fa sì che problemi di reputazione si trasferiscano tempestivamente sul valore di mercato delle banche.
La definizione di rischio reputazionale non è univoca ma esistono diverse sfumature nelle varie definizioni che rendono difficile individuare con chiarezza il perimetro dello stesso. Non a caso il Comitato di Basilea ha espresso l’auspicio che il settore bancario continui a elaborare tecniche per gestire il rischio reputazionale in tutti i suoi aspetti.
In questa sede tuttavia partiremo dalla definizione fornita da Banca d’Italia per poter inquadrare la natura e i possibili approcci al rischio reputazionale.
“Il rischio reputazionale è il rischio attuale o prospettico di flessione degli utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell'immagine della banca da parte di clienti, controparti, azionisti della banca, investitori o autorità di vigilanza”.43
La natura trasversale di questo rischio implica una particolare cura nella gestione, della quale la funzione Compliance è chiamata a farsi carico. Negli istituti a vocazione internazionale il tema è particolarmente sentito ed è sempre maggiore la necessità di proiettare un’immagine positiva associata ad un brand stimabile.
Gli effetti di una percezione negativa dell’immagine dell’intermediario può avere delle conseguenze disastrose in termini di perdita di clientela e di quote di mercato, peggioramento del merito creditizio ed esposizione a manovre speculative, difficoltà nell’attrarre o trattenere personale qualificato e perdita di opportunità strategiche.
43
Banca d’Italia, Circolare 263/2006 - TITOLO III, processo di controllo prudenziale (come modificata dal 3º aggiornamento del 15 gennaio 2009), Banca d’Italia, 2006.
72
È altresì un rischio puro, al pari del rischio di conformità, pertanto non è possibile individuare ex ante un limite ritenuto accettabile di rischio reputazionale.
Il rischio reputazionale è indicato come un rischio secondario, cioè un rischio che scaturisce dalla manifestazione di altri rischi, in primis quelli operativi, strategici e di compliance. Tuttavia sarebbe riduttivo pensare che abbia origine soltanto internamente: il suo carattere multidimensionale mostra una certa dipendenza anche da fattori esterni, che producono un deterioramento dell’immagine nella percezione di categorie eterogenee di stakeholder. Questo implica la non completa controllabilità di tale rischio.
La natura di rischio secondario rende particolarmente difficile la quantificazione delle perdite attribuibili solo alla reputazione.
Sul tema della misurazione del rischio reputazionale sicuramente c’è ancora tanto da fare. Sono diversi i possibili approcci individuati, ma nessuno in grado di quantificare con esattezza tale rischio. L’obiettivo dunque diventa quello di prevenirlo, utilizzando presidi di tipo organizzativo e criteri di valutazione degli stessi presidi.
Inoltre, la capacità della banca di fronteggiare il rischio reputazionale deve essere apprezzata anche in relazione alle caratteristiche dei processi interni di risk management e controllo44.
Per le caratteristiche sin qui evidenziate del rischio reputazionale, la costruzione di approcci di valutazione e di misurazione del rischio vede le banche impegnate nello sviluppo di metodologie articolate, indirizzate a prevenire l’insorgere del rischio e a mitigare l’impatto sui profili economici e finanziari. Possono essere utilizzate diverse combinazioni di: tecniche quantitative, volte più che altro alla misurazione dell’impatto sul valore della banca di possibili eventi di natura reputazionale; metodologie di analisi qualitativa che valutano l’esposizione al rischio e stimano le possibili reazioni
73
degli stakeholder a eventi che impattano sull’immagine della banca; soluzioni organizzative per il controllo del rischio e la gestione delle criticità.
La Compliance, come ribadito più volte, ha la responsabilità di predisporre presidi organizzativi idonei ad assicurare la correttezza dei comportamenti anche al fine di circoscrivere i possibili danni reputazionali.
Di seguito si propone uno schema dei possibili presidi che la Compliance potrebbe attuare a fronte dei fattori che comportano un rischio reputazionale: Tabella 5 – Presidi del rischio reputazionale
Fonte: AIPB, “La gestione del rischio legale, reputazionale e strategico”, Milano 26 Giugno 2012 Da survey recenti in merito al rischio reputazionale si evince che oggi la grande diffusione dei social media impone una maggiore attenzione a tutti i momenti di interazione con il cliente al fine di evitare possibili danni reputazionali connessi a pratiche commerciali scorrette e/o a fenomeni di mis-selling (reali o anche solo percepiti) che la rete inevitabilmente tenderà ad amplificare.
La funzione Compliance sarà quindi chiamata a svolgere una più capillare attività di controllo sulle modalità di commercializzazione dei prodotti/servizi, sia sui
74
canali fisici che su quelli virtuali, ricorrendo anche a pratiche come quella del Mistery Shopping fino a qualche anno fa utilizzata esclusivamente dall’area Marketing.
Miglioramenti dovranno essere apportati anche nei processi di gestione dei reclami al fine di riuscire a fornire ai clienti risposte esaurienti e tempestive. Infine, in chiave preventiva, sarà importante anche la capacità di intercettazione sui social di opinioni potenzialmente negative al fine di gestirle proattivamente.