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Il fondamento costituzionale delle misure di prevenzione: i termini del dibattito.

CAPITOLO TERZO

3.1. Il fondamento costituzionale delle misure di prevenzione: i termini del dibattito.

Ricostruiti i lineamenti essenziali della disciplina attualmente vigente in materia prevenzionistica, può ora procedersi all’analisi circa la conformità di tale sistema ai principi delineati nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e alla Costituzione.

Pur superate alcune criticità dell’originario impianto prerepubblicano, permane l’attualità del dibattito circa la compatibilità delle misure di prevenzione con i limiti garantistici che l’assetto costituzionale predispone verso il potere d’intervento dello Stato-autorità nei confronti del cittadino- individuo. Dibattito quanto mai urgente dinanzi a una normativa pericolosamente carente che, a fronte di qualche apprezzabile adeguamento a opera della giurisprudenza di legittimità (da ultimo anche costituzionale)1, è ambito di intervento privilegiato per un Legislatore cui sembrano premere le

1 Si allude alle recentissime sentenze: Corte Cost., sent. 24 gennaio 2019, n. 24; Corte

istanze maggiormente efficientiste; tanto più, se si considera che dette misure vengono generalmente riconosciute come «l’istituto più discutibile sul piano delle garanzie fra tutti quelli che appartengono alla galassia penalistica»2.

Nella prima parte del presente lavoro sono stati tratteggiati i caratteri originari del sistema, legato indissolubilmente al controllo delle classi pericolose e asservito alle politiche più illiberali dello Stato di eccezione. La storicità degli istituti è ragione di riflessione sul loro essere risposte locali, storicamente determinate, a problemi posti dalla realtà e dall’evoluzione della società: sia dunque di monito – alla luce delle involuzioni autoritarie conosciute dal nostro ordinamento nel momento di massima strumentalizzazione degli istituti suddetti – per una lucida analisi della fisionomia attuale della prevenzione ante delictum.

All’indomani dell’entrata in vigore della Carta costituzionale, si è riscontrata la difficoltà di individuare norme e principi legittimanti il sistema di prevenzione, stante il “vuoto istituzionale”al quale le misure preventive risultavano relegate. Detta materia, infatti, oltre a non essere espressamente contemplata dalla Costituzione, non è stata neppure stata oggetto dei lavori preparatori della Costituente3. Invero, il contegno silente sul tema ha indotto

2 D. PULITANÒ, L’evoluzione delle politiche penali in Italia negli anni Settanta e ottanta,

in M. DONINI – L. STORTONI (a cura di), Il diritto penale tra scienza e politica, Bologna, 2015, p. 26. Vedi anche P. BARILE, La pubblica sicurezza, in Atti del Congresso celebrativo

del centenario delle leggi amministrative di unificazione. La tutala del cittadino, Firenze,

1967, p. 48, che definisce la questione sulla compatibilità costituzionale delle misure di prevenzione come il problema «più grave fra quelli che ci troviamo di fronte in questo scorcio di ventesimo secolo».

3 In assemblea mancò ogni richiamo alle misure di prevenzione sia nelle discussioni

generali che in quella relativa ai diritti di libertà. C’è una eccezione (riportata da L. ELIA,

Libertà personale e misure di prevenzione, Milano, 1962, p. 13 ss.): ci riferiamo ad un

emendamento aggiuntivo presentato dall’on. Bulloni, firmato anche dall’on. Mortati, al testo dell’art. 8 del progetto (attuale art. 13). Tale emendamento era così formulato: «Misure di polizia restrittive della libertà personale a carico di persone socialmente pericolose possono essere disposte solo per legge e sotto il controllo dell’Autorità giudiziaria. In nessun caso la legge può consentire tali misure per motivi politici». L’on. Bulloni aggiunse che la società doveva difendersi dagli oziosi, dai vagabondi, dai senza mestiere, dalle persone socialmente pericolose; ad ogni modo, anche senza questa breve illustrazione, il testo dell’emendamento era chiarissimo per chi conoscesse il contenuto della legge di pubblica sicurezza. Senonché si trattò di un emendamento fantasma perché né il presidente della I Sottocommissione […] on.

parte della dottrina a chiedersi se la ragione di tale riserbo debba interpretarsi come un radicale rifiuto del sistema4.

Occorre premettere che lo Stato, e soprattutto uno Stato attento alla salvaguardia dei diritti e delle libertà dei suoi cittadini, non può reggersi esclusivamente su logiche di tipo repressivo: nonostante non possa rinvenirsi un esplicito riferimento costituzionale sul punto, il potere-dovere di assicurare una tutela di tipo preventivo dei diritti inviolabili dell’uomo – tra cui sono certamente primari quello di vita e di libertà – può ricavarsi da un’analisi congiunta di talune norme costituzionali, prima fra tutti l’art. 2 Cost.5.

Orbene, la doverosità di una tutela funzionale a preservare i diritti dei cittadini – ma anche l’integrità delle istituzioni e l’efficienza dei mercati – deve essere contemperata con i vincoli che i precetti costituzionali impongono al potere coercitivo6: non può, dunque, fondarsi – come pure è stato sostenuto – sul solo art. 2 Cost. l’ammissibilità del sistema. Del resto, il fine della prevenzione dei reati (in chiave di protezione dei beni giuridici) costituisce già la ragione assiologica e pratica alla base del sistema penale, stricto sensu; occorre dunque dimostrare se sia costituzionalmente ammissibile che la prevenzione della criminalità sia perseguita con strumenti limitativi della

Tupini lo degnò della minima considerazione quando rispose ai presentatori di emendamenti, né il proponente ebbe a sostenerlo in qualche modo. Così non si discusse né si votò sulla modifica proposta dagli on. Bulloni e Mortati, modifica che venne lasciata cadere senza che nessun altro membro dell’Assemblea interloquisse su di essa.

4 Per G. CORSO, L’ordine pubblico, cit., p. 281 ss. il silenzio è forse spiegabile in

considerazione dell’uso che di tali misure si era fatto in seno al T.U.L.P.S. del 1931, che ne aveva istituzionalizzato l’uso a fini di contrasto degli avversari politici: utilizzo, quest’ultimo, che il testo costituzionale non ha inteso ratificare.

5 E. GALLO, Misure di prevenzione, cit., p. 2. Si vedano anche P. G. GRASSO, Il principio “nullum crimen sine lege” nella Costituzione italiana, Milano, 1972, p. 304. Per F.

BRICOLA, Dibattito, in AA.VV., Le misure di prevenzione, cit., p. 441 ss., una società che non ammettesse la prevenzione sarebbe una società “suicida”. E, del resto, «appartiene alla stessa essenza logica dello Stato, alla sua giustificazione razionale, impedire la commissione dei reati, salvaguardare la vita, l’incolumità, i beni dei cittadini».

6 A. MANGIONE, Le misure di prevenzione nel nuovo ‘Codice Antimafia’ (D.Lgs. n. 159/2011), in B. ROMANO, G. TINEBRA (a cura di), Il diritto penale della criminalità organizzata, Milano, 2013, p. 212.

libertà personale (e del diritto di proprietà nel caso delle misure patrimoniali), ulteriori rispetto a quelli tipici del diritto penale.

La risoluzione di tale delicata questione si declina diversamente a seconda che si faccia riferimento alle misure di prevenzione personali (cui sarà riservata la prima parte di questo Capitolo terzo) ovvero a quelle patrimoniali (trattate in una seconda parte del Capitolo): strumenti che, pur condividendo logiche preventive, sembrano ormai correre su binari del tutto diversi.

3.2. Le misure di prevenzione personali: parametri costituzionali di