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2 Capitolo II Il concetto di Innovazione

2.2 Le fonti dell’innovazione

Le fonti dell’innovazione sono di due tipi e dipendono dalla tipologia di impresa e dal tipo di ricerca che essa intende attuare al proprio interno; le fonti possono essere:

• fonti interne; • fonti esterne.

Come illustrato dalla Figura 2.1.2, l’innovazione può derivare da diverse fonti e dipendere dai collegamenti e dalle relazioni che quest’ultime stabiliscono tra di loro.

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Figura 2.2.1: Il sistema delle fonti di innovazione Schilling

Fonte: Schilling e Izzo (2016), Gestione dell’innovazione. 2.2.1 Le fonti interne di innovazione

Solitamente nelle imprese il processo di innovazione viene associato alla divisione R&S; tuttavia, a causa della sua complessità e non linearità, tale processo può nascere e dipendere anche da fonti diverse. Prima di procedere con la presentazione delle diverse fonti dell’innovazione è importante dare una chiara definizione dei termini ricerca e sviluppo. Secondo Schilling (2007), il termine “ricerca” deve essere considerato nella sua duplice accezione:

• ricerca di base (o pura); • ricerca applicata.

La ricerca pura è volta ad approfondire la conoscenza di un determinato campo scientifico o argomento senza prendere in considerazione le sue eventuali applicazioni commerciali immediate (Magli, 2017). Questa tipologia di ricerca non prevede il mero coinvolgimento delle aziende ma anche quello di consorzi di imprese, gruppi industriali, laboratori di ricerca e organi governativi (Calcagno, 2000).

A differenza della ricerca pura invece, la ricerca applicata si pone come obiettivo principale la piena comprensione di un determinato problema al fine di sviluppare applicazioni commerciali immediate per soddisfare uno specifico bisogno (Magli, 2017; Schilling e Izzo, 2017).

Per quanto riguarda infine l’attività di sviluppo, quest’ultima è focalizzata sulla commercializzazione del prodotto e pertanto comprende tutte quelle attività che

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permettono di applicare la conoscenza al fine di realizzare nuovi materiali, prodotti o processi da immettere nel mercato (Schilling e Izzo, 2017).

Il primo passo per avviare un processo di innovazione all’interno di un’azienda è rappresentato dalla creatività (Magli, 2017) la quale consiste nella capacità di produrre qualcosa di nuovo, utile e sorprendente rispetto a quanto è già stato prodotto in passato; questa può essere di due tipi: individuale e di un’organizzazione (Legrenzi, 2005).

La creatività di un individuo è funzione della sua forma mentis, delle conoscenze che possiede, della sua capacità intellettuale, dell’ambiente che lo circonda, della sua personalità e delle motivazioni che lo hanno ispirato (Magli, 2017).

La creatività di un’organizzazione invece, è direttamente correlata alla creatività degli individui che ne fanno parte e alla varietà di fattori di contesto e di processi sociali che influenzano il modo in cui gli individui si comportano ed interagiscono tra di loro all’intero della stessa organizzazione (Woodman et al., 1993).

L’organizzazione può incentivare e stimolare la creatività dei propri dipendenti attraverso molteplici meccanismi, alcuni tra questi sono:

• cassetta dei suggerimenti: sistema di raccolta delle idee attraverso il quale i dipendenti comunicano ai dirigenti della propria azienda i propri suggerimenti inerenti all’organizzazione;

• angoli delle idee, focus group e brainstorming: attività di gruppo finalizzate a stimolare lo sviluppo di nuove idee e consigli da parte dei dipendenti e collaboratori;

• programmi di training creativo: veri e propri corsi di formazione sulla creatività;

• cultura aziendale: stimola e promuove la creatività senza pagarla direttamente.

L’inventore viene definito come colui il quale introduce un nuovo prodotto, processo o strumento del tutto nuovo (invenzione principale) oppure una modifica ad un prodotto o processo già esistente (invenzione derivata). L’inventore si differenzia dallo scienziato grazie alla sua visione più utilitaristica; il primo infatti si occupa di ricerca applicata, il secondo invece, si occupa di ricerca pura.

39 2.2.2 Le fonti esterne dell’innovazione

Come già anticipato, alcune volte le aziende, congiuntamente alle attività di ricerca e sviluppo interne, acquisiscono l’innovazione tecnologica anche da fonti esterne le quali rivestono un ruolo complementare rispetto alle in attività sviluppate in-house.

In tal senso, la R&S realizzata internamente viene definita come la capacità di assorbimento dell’azienda stessa, questo significa che grazie a quest’ultima l’azienda è in grado di apprendere ed utilizzare in modo più efficace la conoscenza acquisita esternamente (Cohen e Levinthal, 1990). Questa tematica verrà approfondita ulteriormente nel terzo capitolo.

Le fonti esterne dell’innovazione per un’impresa son rappresentate da: clienti, fornitori, concorrenti, produttori di beni complementari, utilizzatori, enti pubblici di ricerca, università, organizzazioni non profit e fondazioni private. Roberts (2003) afferma che le collaborazioni più frequenti sono quelle che vedono coinvolte le imprese e i propri clienti, fornitori o università.

Relazioni dell’impresa con clienti, concorrenti, fornitori e produttori di beni complementari

Durante l’attività di ricerca dell’innovazione le aziende possono dare origine a relazioni ed alleanze con clienti, concorrenti, fornitori e produttori di beni complementari (Schilling e Izzo, 2017). La collaborazione può avvenire sotto diverse forme come ad esempio: partecipazione a consorzi di ricerca, alleanze, accordi contrattuali di ricerca e di sviluppo, joint venture e concessione di licenze. Le parti coinvolte nel processo di collaborazione possono mettere in comune sia le risorse che il capitale condividendo così i rischi associati allo sviluppo di un nuovo prodotto.

Università

Le università rappresentano un’importante fonte esterna per le imprese in quanto offrono un significativo contributo all’innovazione attraverso la pubblicazione dei risultati di ricerche dei propri ricercatori (Schilling e Izzo, 2017). Molte università infatti, incentivano i propri docenti ad avviare attività di ricerca che potrebbero portare ad innovazioni significative; pur conservando l’esclusività sui diritti per la commercializzazione delle invenzioni, qualora l’invenzione riscuotesse successo, l’università condividerà i proventi con i singoli inventori.

Enti pubblici di ricerca

I fondi pubblici per la ricerca consentono di sostenere ricerche molto costose che possono essere utili alle aziende per migliorare o dare origine alle loro attività di ricerca

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interna (Schilling e Izzo, 2017). Spesso questo è reso possibile attraverso la creazione di:

• incubatori di imprese;

• parchi scientifici e tecnologici.

Gli incubatori di imprese rappresentano dei programmi ideati per favorire lo sviluppo di nuove imprese ed offrono svariati servizi ad elevato valore aggiunto come ad esempio: attività di business training, attività di network, attività di consulenza per la formazione imprenditoriale, concessione e affitto di immobili per uffici, sostegno per la gestione finanziaria, accesso internet ad alta velocità, monitoraggio dei finanziamenti, ecc.

I parchi scientifici e tecnologici invece, facilitano e rendono meno onerosa la realizzazione di innovazioni favorendo il dialogo tra chi conduce ricerche scientifiche e chi invece produce beni e servizi.

Organizzazioni non profit e fondazioni private

Anche le fondazioni private e le organizzazioni non profit contribuiscono attivamente, attraverso differenti modalità, alla realizzazione di attività di innovazione (Schilling e Izzo, 2017). Le modalità individuate sono sostanzialmente tre:

• gestione di programmi di ricerca e sviluppo in-house;

• finanziamento di attività di ricerca e sviluppo di altre organizzazioni;

• gestione di programmi di ricerca e sviluppo in-house congiuntamente al finanziamento di attività di ricerca e sviluppo di altre organizzazioni.

I fondi che le organizzazioni private mettono a disposizione della ricerca vengono assegnati a specifici gruppi di ricerca attraverso un processo di selezione rigoroso.