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Fonti socio-economiche: Ivan Illich e Paul Sweezy

In linea con tale reazione alla crisi del moderno, una sostanziale influenza nell'immaginario di Soldati è stata esercitata dalla riflessione di Ivan Illich espressa ne La convivialità: Lo smeraldo materializza i presagi di Illich in riferimento alla cultura massificata.

Ivan Illich, filosofo, storico e antropologo viennese (1926-2002), ha delineato una forte polemica contro le istituzioni e i frutti del progresso che rendono l'umanità succube di sistemi totalizzanti255. Nel 1941, in seguito alle leggi razziali, figlio di madre ebrea, lascia l'Austria e giunge a Firenze, dove

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Gianni Mura, Il cronista del futuro, «Epoca», 19 ottobre 1974. 254 Bruno Pischedda, La grande sera del mondo, cit., pp. 7-25.

255 Cfr. Franco La Cecla, Ivan Illich e la sua eredità, Milano, Medusa, 2013; Maurizio Di Giacomo, Ivan Illich. Una voce fuori dal coro, Milano, Ancora, 2006.

Tra le opere di Illich tradotte in italiano, oltre a La convivialità, si annoverano Descolarizzare la società, Milano, Mondadori, 1972; Il genere e il sesso. Per una critica storica dell'uguaglianza, Milano, Mondadori, 1984; Elogio della bicicletta, Torino, Bollati Boringhieri, 2006; Nemesi medica: l'espropriazione della salute, Milano, Mondadori, 1977.

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intraprende gli studi universitari; dopo essere stato nominato sacerdote sarà destinato alla comunità portoricana del Lower Est Side. Si inserisce nei rapporti tra Stati Uniti e Chiesa in difesa delle vittime dei regimi del Sudamerica. Negli anni Settanta e Ottanta diviene il punto di riferimento dei movimenti ecologisti e della critica al capitalismo.256

Il suo pensiero è ancora oggi attuale: «Nel caso di Illich è chiaro che oggi, a distanza di trenta o quarant'anni dalle sue tesi di critica del progresso e della civiltà industriale, esso trova molto meno resistenza che ai tempi di una sinistra operaista e bolscevica, ai tempi in cui lo Stato e la Pianificazione erano considerati l'anticapitalismo puro. Oggi, dopo il crollo del muro e delle ideologie, sappiamo bene a cosa hanno portato le economie e le società pianificate e sappiamo come il mostro sia stato uguale da entrambi ilati della cortina di ferro»257.

Soldati, in un'intervista curata da Raffaello Baldini, cita espressamente in questi termini la fonte che fa capo a Illich:

Domanda: Lo smeraldo è un romanzo quasi di fantascienza. Una storia che si svolge nel futuro. Per lei il futuro contiene più speranza o paura?

Risposta: Il futuro, per me, è curiosità e angoscia. Una montagna di avvenimenti tanto ignoti quanto inevitabili. Ho anche la sensazione che il futuro sia oggi come incombente. Sembra che prima del secolo qualcosa debba accadere. Una grande cosa. Ivan Illich, nel libro La convivialità, ne ha il presentimento, anche se non sa prevederla.

D. Che cosa sarebbe questa «grande cosa»?

R. Non la so prevedere nemmeno io. Ma c'è una frase illuminante nel libro di Illich: «Più la distribuzione del prodotto industriale è egualitaria, più il controllo della produzione dev'essere centralizzato». Cioè, più si va verso la giustizia, più ci si allontana dalla libertà. Il progresso sembra avere in sé qualcosa di diabolico. E il problema si riduce a scegliere, ammesso che si possa scegliere, fra un mondo in cui

256 Cfr. Cronologia della vita di Ivan Illich, in Maurizio Di Giacomo, Ivan Illich. Una voce fuori dal coro, cit., pp. 11-14.

100 la metà degli uomini sia libera e l'altra metà sia schiava, e un mondo in cui uno solo comandi e tutti gli altri obbediscono.

(…) R. (…) Le armi hanno ormai un potere distruttivo di dimensione apocalittica. Anche l'India ha la bomba atomica. Ce l'ha forse anche Israele...

D. Dunque, gli uomini sono ormai troppi, c'è troppa disuguaglianza, ci sono troppe armi. E non si potrà uscire da queste contraddizioni che con un trauma.

R. Ho paura, sì, che la salvezza possa venire attraverso una catastrofe. D. Una catastrofe rigeneratrice.

R. Illich dice che ci sarà salvezza solo nel Verbo. Io spero che la catastrofe non ci sia, anche se temo che ci sarà. E se ci sarà, spero che dalla distruzione nasca il fiore di una nuova civiltà

D. Eppure lei è un uomo tutt'altro che catastrofico, tutt'altro che apocalittico... R. La paura genera mostri. Si ha paura per gli altri, per i figli.

(…) C'è un pensiero di Baudelaire che è illuminante: «Studiare in tutti i suoi aspetti, nelle opere della natura e nelle opere dell'uomo, l'universale ed eterna legge della gradualità, degli a poco a poco, del piano piano, con le forze progressivamente crescenti, come gli interessi composti in materia di finanze. Le cose vanno allo stesso modo nell'abilità artistica e letteraria; parimenti, nel tesoro variabile della volontà». D. Dove si trova questo pensiero?

R. In un diario intimo. Un'opera postuma: Mon coeur mis à nu, Il mio cuore a nudo. É una riflessione che mi ripeto tutti i giorni, che ripeto ai miei figli. Le nostre decisioni, anche le grandi, importanti decisioni, non sono che la conseguenza appariscente di un lavorio che è durato anni e anni, magari tutta la vita. «Il tesoro variabile della volontà»: un'espressione stupenda, perfetta. Non si tratta di dire sì o no, di accettare o di respingere. La volontà è un tesoro variabile, non è oro in un cassetto, chiuso,incorruttibile; è impegno morale, libero.

(…) D. Le piace giocare?

R. Molto. Mi piacciono i giochi d'intelligenza e quelli d'azzardo. Tutti. Il gioco per me è una cosa incantevole, è il simbolo della vita. E può essere una grande passione anche degli avari. É la vita vissuta per segni invece che per fatti. Non è la realtà, ma ne è lo specchio delizioso, affascinante. Si può immaginare un uomo che giochi tutte le mattine a scacchi, tutti i pomeriggi a poker, tutte le sere alla roulette. Giocare può

101 essere un modo di vivere.258

Illich, avviandosi alla conclusione del proprio saggio, dichiara di temere per il futuro una spaventosa apocalisse qualora l'uomo non limiti il proprio impatto sull'ambiente:

Se, in un futuro molto prossimo, il genere umano non riuscirà a limitare l'impatto dei suoi strumenti sull'ambiente e ad effettuare un efficace controllo delle nascite, i nostri discendenti conosceranno la spaventosa apocalissepredetta da molti ecologi. Dinanzi al disastro incombente, la società può adagiarsi a sopravvivere entro i limiti fissati e imposti da una dittatura burocratica, ma può anche reagire politicamente ricorrendo alle procedure giuridiche e politiche. La falsificazione ideologica del passato ci vela l'esistenza e la possibilità di questa scelta.

La gestione burocratica della sopravvivenza umana è una scelta inaccettabile da un punto di vista sia morale sia politico, e per di più non servirebbe. Può darsi che gli uomini, terrorizzati dall'evidenza crescente del sovrappopolamento, dall'assottigliarsi delle risorse e dall'organizzazione insensata della vita quotidiana, rimettano spontaneamente i loro destini nelle mani di un Grande Fratello e dei suoi anonimi agenti. Può darsi che i tecnocrati siano incaricati di condurre il gregge sull'orlo dell'abisso, cioè di fissare dei limiti pluridimensionali allo sviluppo, immediatamente al di qua della soglia dell'autodistruzione. Una tale fantasia suicida manterrebbe il sistema industriale al più alto grado di produttività sostenibile. L'uomo vivrebbe in una bolla protettiva di plastica che l'obbligherebbe a sopravvivere come un condannato a morte in attesa di esecuzione. Ben presto la sua soglia di tolleranza in fatto di programmazione e manipolazione diverrebbe l'ostacolo più serio allo sviluppo, e l'impresa alchimistica rinascendo dalle sue ceneri cercherebbe di produrre e tenere sotto controllo il mostruoso mutante concepito dall'incubo della ragione. Per garantire la sopravvivenza dell'essere umano in un mondo razionale e artificiale, la scienza e la tecnica si applicherebbero ad attrezzare opportunamente la sua psiche: l'umanità sarebbe confinata dalla nascita alla morte nella scuola permanente estesa su scala mondiale, sarebbe sottoposta a vita al trattamento del grande ospedale

102 planetario, collegata notte e giorno a implacabili catene di comunicazione. Così funzionerebbe il mondo della Grande Organizzazione.259

E una sorta di apocalisse è proprio ciò che prende corpo nell'Italia immaginata da Soldati.

Altra fonte tenuta in considerazione dall'autore e citata nel romanzo è quella dell'economista americano Paul Sweezy:

«Ecco, proprio un grande economista di quel tempo scrisse, ho qui il volume, ma perderei troppo tempo per ritrovare il passo... scusatemi se cito a memoria,del senso però sono sicuro: “La più grande, di gran lunga la più grande industria di questa nostra nuova civiltà industriale e consumistica, sia nelle nazioni occidentali sia in quelle orientali, sia in USA più l'Europa,sia in URSS più il Giappone, è quella delle Forze Armate: solo che questa enorme organizzazione consuma l'80% dei capitali e non produce assolutamente niente: noi cittadini delle nazioni industrializzate, viviamo, lavoriamo, soffriamo e moriamo per alimentare questo mostro: è fatale la conclusione: questo mostro, presto o tardi, ci distruggerà”. Ebbene, tutto ciò che accadde dopo del mondo, ciò che voi, cher Maître, dite di ignorare, è contenuto, spiegato e previsto da queste poche parole del grande economista vostro, a quanto dite, contemporaneo... mi pare che fosse un certo Weezy, Teezy260... ma adesso, se ci tenete, ritroverò il nome, non ho purtroppo nessuna sua opera, il passo a cui mi riferisco è riportato in un manuale di storia... un libro...» abbassò la voce istintivamente, ma subito sorrise «un libro che è proibito possedere, e per questo lo tengo di là, ben nascosto... Bene, quell'economista previde tutto: non previde la creazione della Federazione del Sud? Ma no, possiamo dire che previde anche questo implicitamente, perché oggetto del suo saggio critico e profetico erano soltanto e appunto tutti gli stati industrializzati, che oggi sono riuniti nella Federazione del Nord».261

259 Ivan Illich, La convivialità, Como, Red!, 2013, pp. 129-130. 260 Il riferimento è all'economista americano Paul Sweezy, 261 Mario Soldati, Lo smeraldo, cit., p. 907.

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Nel corso delle vicende si fa riferimento anche ad un economista italiano:

«Le parole dell'economista americano sulla colossale e sempre crescente potenza bellica delle nazioni industrializzate, cioè, in pratica, dell'URSS e degli USA, bisogna, adesso, metterle in rapporto con le condizioni del mondo al momento della catastrofe. Sempre per fare in fretta, leggo qui...» Aprì il libro, lo sfogliò, trovò la pagina che cercava: «...è un vostro compatriota, uno studioso italiano dei vostri tempi: quest'opera è giudicata innocua dal nostro Governo perché non parla mai di armamenti né di militari: ecco perché la posso tenere qui, a portata di mano. Dunque, ecco: “L'ondata di uomini che sta investendo il nostro pianeta ha raggiunto paurose proporzioni: ogni giorno compaiono sulla terra oltre 350.000 nuovi bimbi... La popolazione mondiale si accresce di 75 milioni all'anno... Nel corso dei prossimi trentacinque anni raddoppierà... saremo circa sette miliardi... Ma il vero grande problema dell'umanità non riguarda solo il numero ma anche l'energia, e riguarda soprattutto il fatto che l'umanità si divide in due forme di civiltà profondamente diverse l'una dall'altra: quella, tecnologica e consumistica, dei paesi industrializzati; e quella, arretrata e ancora primitiva, dei paesi in via di sviluppo. Il cittadino medio dei paesi industrializzati consuma già oggi cinquanta volte l'energia e le materie prime usate dal suo concittadino dei paesi in via di sviluppo. Ora, la natalità dei paesi ricchi, sebbene molto minore in termini numerici, è ancora più pericolosa per il pianeta della natalità di quella massa di innocenti che rendono così tragico il futuro di tre quarti dell'umanità...”.262