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La formazione permanente dei dirigenti - lett. e)

Nel documento La riforma della dirigenza pubblica (pagine 40-43)

6.1. La riforma attribuisce una particolare importanza alla formazione dei dirigenti, anche e soprattutto perché essa è direttamente preordinata all’adeguamento della competen-ze che ne definiscono il ruolo. La formazione dei dirigenti è dunque la chiave di vôlta per supportare il sistema di miglioramento continuo della loro azione, sia gestionale, sia organizzativa. Proprio per questi motivi l’art. 11, comma 1, lett. e), della legge 7.8.2015, n. 124, riserva un fondamentale accenno “alla formazione permanente dei dirigenti”, at-traverso due punti particolarmente qualificanti.

La norma è una diretta attuazione di quanto enunciato in via generale dall’art. 11, com-ma 1, lett. a), della legge 7.8.2015, n. 124, che, come accade in altre e differenti fattispe-cie, fa “dell’aggiornamento e della formazione continua” veri e propri meta-principi, di cui le lettere da b) a q) costituiscono forme di precisazione e di rafforzamento ratione materiae.

6.1.1. Il primo dei due punti in questione prevede che il legislatore delegato attui la “de-finizione di obblighi formativi annuali e delle modalità del relativo adempimento”. Attesa l’importanza strategica che la riforma assegna alla formazione, non stupisce affatto che l’art. 11, comma 1, lett. e), della legge 7.8.2015, n. 124 preveda, sia pure in nuce, un vero e proprio sistema di formazione della dirigenza caratterizzato dalla sua permanenza e distribuzione in anni senza soluzione di continuità. La norma lascia intendere che l’eser-cizio delle funzioni dirigenziali sia una vera e propria professione, ed in ciò è particolar-mente sintonica con quel che accade in via generale nelle cosiddette “professioni pro-tette”, (medici, ingegneri, architetti, avvocati, commercialisti, revisori dei conti, giornalisti et coeteris paribus), per le quali è previsto un vero e proprio obbligo di formazione per-manente con assolvimento di consistenti crediti formativi a pena dell’estromissione dal relativo ordine o albo.

La norma deve essere letta in combinato disposto con quanto previsto dalla riforma in tema di conferimento degli incarichi dirigenziali dall’art. 11, comma 1, lett. g), seconda, quarta e quinta proposizione della legge in commento. Ed infatti, secondo le rispetti-ve indicazioni della fonte di regolazione, la decretazione delegata attuativa della legge delega dovrà valorizzare le competenze acquisite anche attraverso la formazione per-manente definendo “per ciascun incarico dirigenziale, […] requisiti necessari in termini di

competenze […]”, tenendo conto “delle attitudini e delle competenze del singolo diri-gente, […] delle specifiche competenze organizzative possedute” ed ancorando la “pre-selezione di un numero predeterminato di candidati in possesso dei requisiti richiesti”.

Ora, non vi è chi non veda come la formazione sia una delle precondizioni della co-struzione delle competenze del dirigente in generale e della pubblica amministrazione in particolare. Del resto, l’art. 11, comma 1, lett. a), seconda proposizione della legge 7.8.2015, n. 124, norma che, unitamente alla sua prima proposizione, contiene la weltan-gchauung della riforma, presuppone la formazione permanente quando prevede per tabulas l’ “istituzione di una banca dati nella quale inserire il curriculum vitae, un profilo professionale”, i quali sono nel contempo topos e modus dai quali far emergere, fra gli altri, il percorso formativo intrapreso e sviluppato da ogni dirigente iscritto in uno dei tre ruoli di cui alla successiva lett. b) della fonte di regolazione.

Da tutto ciò risalta l’importanza della formazione permanente sia in ambito tecnico-am-ministrativo, per garantire il costante aggiornamento normativo, sia in contesti più

propriamente manageriali, nei quali l’elemento unificante è costituito dalla capacità di organizzazione delle risorse umane affidate, dalla massimizzazione dell’obiettivo realiz-zato col minor dispendio di risorse e dal possesso degli stili direzionali di volta in volta più appropriati alle singole evenienze. Di tutto ciò dovrà farsi carico la formazione per-manente, osservato che il dirigente della pubblica amministrazione non può più essere considerato alla stregua di un mero garante della corretta applicazione della norma, ma deve incentrare il proprio ruolo sui principi del management, che, per la pubblica ammi-nistrazione sono il precipitato della dottrina del new public management elaborato nelle realtà anglosassoni.

La formazione dei dirigenti, inoltre, deve essere messa in stretta relazione con ciò che la pubblica amministrazione è, ossia un’organizzazione che eroga servizi in condizione di esternalità di sistema. Proprio quest’ultima circostanza deve essere rettamente inte-sa, perché la sua azione in contesti di quasi-monopolio legale la fa risaltare quale vera e propria disfunzione economica ed extra costo di sistema. La formazione dei dirigenti pubblici preordinata all’interiorizzazione di un corretto stile manageriale è dunque una delle precondizioni della permanenza della pubblica amministrazione, la cui sana gestio-ne gestio-ne costituisce ragiogestio-ne di esistenza ordinamentale.

6.1.2. Il secondo dei due punti in esame intende valorizzare il “coinvolgimento dei diri-genti di ruolo nella formazione dei futuri diridiri-genti, loro obbligo di prestare gratuitamente la propria opera intellettuale per le suddette attività di formazione”. La norma è partico-larmente densa di significato, perché valorizza la trasmissione della conoscenza fonda-ta sull’esperienza acquisifonda-ta nella quotidianità del lavoro e del dispiegarsi delle relazioni interpersonali che la caratterizzano. Ciò evidenzia che alle competenze del dirigente appartengono non solo la conoscenza tecnico-amministrativa-manageriale, ma anche, e forse soprattutto, il suo inveramento concreto ed applicativo. In questo senso, la tra-smissione della conoscenza fondata sulla condivisione dell’esperienza rappresenta un vero e proprio valore-chiave, che la decretazione legislativa delegata dovrà adeguata-mente corroborare, potenziare e sviluppare.

È ovvio che nell’attuazione del “coinvolgimento dei dirigenti di ruolo nella formazione dei futuri dirigenti” dovrà essere disciplinato attentamente il rapporto fra attività di quo-tidiano esercizio della funzione dirigenziale ed attività di formazione. Il tutto tenendo presenti le relazioni che ciò determina con l’eventuale coinvolgimento dei dirigenti di ruolo nell’attività formativa demandata alla Scuola nazionale per l’amministrazione già oggetto di precedente commento.

6.3. Se la formazione dei dipendenti pubblici tout court è ritenuta importante al punto di riservarvi un’intera partizione dell’art. 11, comma 1 della legge 7.8.2015, n. 124, quella dei dirigenti lo è a maggior ragione, anche se oggetto di un’apparente minore attenzio-ne legislativa.

La formazione dei dirigenti deve essere considerata non solo un dovere, ma anche e so-prattutto un diritto. Di più: un diritto ad una buona, pregnante ed esaustiva formazione garantito a tutti i dirigenti, a prescindere dal rispettivo ruolo di appartenenza. La for-mazione deve essere centralizzata, perché ciò è coerente con la gestione centralizzata di ciascuno dei tre ruoli della dirigenza della pubblica amministrazione interessati dalla riforma. Di qui il potenziamento della missione della Scuola nazionale di amministrazio-ne e la amministrazio-necessità di attuare tutte le forme di investimento del caso per garantire a tutti i dirigenti pubblici il medesimo accesso alla formazione.

Ovviamente la formazione dovrà riguardare non solo gli aspetti tecnico-amministrativi, ma anche e forse soprattutto le tecniche e gli stili manageriali, ovviamente non disco-noscendo che in uno stato a diritto amministrativo l’azione del dirigente deve essere sí efficace, efficiente ed economica, ma ciò non può, né deve andare a detrimento del rispetto del principio di legalità dell’azione amministrativa.

Questi, in estrema sintesi, sono i valori di cui la formazione dei dirigenti della pubblica amministrazione deve farsi carico.

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