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La mobilità della dirigenza - lett. f)

Nel documento La riforma della dirigenza pubblica (pagine 43-46)

7.1. La materia in esame, pur se interessata in minor quantità dalla legge delega, riveste particolare importanza perché strettamente connessa con la più ampia tematica dell’ac-quisizione di esperienze, a loro volta elemento di scelta comparativa ai fini del confe-rimento degli incarichi di funzioni dirigenziali. L’art. 11, comma 1, lett. f), della fonte di regolazione se ne occupa, attraverso due indicazioni, la prima delle quali di segnalata importanza e rilevanza.

7.1.2. La prima delle due indicazioni ha il proprio baricentro nella “semplificazione e [nell’]ampliamento delle ipotesi di mobilità tra le amministrazioni pubbliche e con il set-tore privato”. Gli ambiti di interesse sono due.

Il primo riguarda le pubbliche amministrazioni, ed è una diretta conseguenza di quanto previsto dall’art. 11, comma 1, lett. a), della legge 7.8.2015, n. 124, la quale, insieme ad altri, la pone quale vero e proprio meta-principio nella visione complessiva della dirigen-za. I due termini di raffronto, “semplificazione” ed “ampliamento”, riferiti alla fattispecie della mobilità dei dirigenti tra le pubbliche amministrazioni presuppongono evidente-mente una base normativa attuale cui riferirli. Essa è fornita dall’art. 23, comma 2 del d.l-gs. 30.3.2001, n. 165, che, però, opera nei soli confronti del ruolo dei dirigenti dello Sta-to. così intesa, la norma contenuta nella legge delega è chiaramente riferita alla mobilità dei dirigenti nell’ambito dei tre ruoli previsti dall’art. 11, comma 1, lett. b), della legge 7.8.2015, n. 124. Ciò, in buona sostanza, significa che viene demandata alla decretazio-ne delegata l’individuaziodecretazio-ne dei percorsi mediante i quali attuare le “ipotesi di mobilità tra le amministrazioni”, e dunque fra tutte le pubbliche amministrazioni interessate dalla riforma, peraltro senza che la norma soddisfi i contenuti del combinato disposto degli artt. 76 e 77, comma 1, Cost.

Il secondo ha ad oggetto la semplificazione e l’ampliamento delle ipotesi di mobili-tà fra pubbliche amministrazioni e imprese iure privatorum. Se ne occupa la seconda parte della norma, per la quale valgono le medesime considerazioni in tema di fattori normativi di presupposizione appena sviluppate. In questo caso, l’assetto normativo sul quale insistono le istanze semplificatorie ed ampliative in questione è costituito dall’art.

23-bis del d.lgs. 30.3.2001, n. 165. La norma oggetto dell’intervento semplificatorio ed ampliativo è costruita come ipotesi in deroga all’art. 60 del d.P.R. 10.1.1957, n. 3 in tema di incompatibilità per i dipendenti pubblici in generale, e, come tale, rappresenta una specificazione ratione materiae dei principi di buon andamento e di imparzialità previsti dall’art. 97, comma 1, Cost. e di esclusività, quest’ultimo enunciato dall’art. 98 Cost.

Inte-sa in questo modo, la previsione dell’art. 11, comma 1, lett. f), prima proposizione della legge 7.8.2015, n. 124 dovrà essere attuata frapponendo una particolarissima cautela, e prestando attenzione alla chiara e definita enunciazione del regime delle incompatibilità da stabilire in via generale e, in via settoriale, in relazione alla normativa di prevenzio-ne della corruzioprevenzio-ne, con conseguenziale aggiornamento dei contenuti sia della legge 6.11.2012, n. 190, sia del d.lgs. 8.4. 2013, n. 39, sia, infine, del d.lgs. 14.3.2013, n. 33, eve-nienze, queste, prese in considerazione dall’art. 7 della legge in commento.

Sulla mobilità della dirigenza fra i comparti pubblico e privato devono essere valorizzati ulteriori elementi di riflessione. L’esercizio della funzione dirigenziale, a ben vedere, pre-scinde dall’ambito in cui si esplica. Non vi è, infatti, chi non veda che l’attività di direzio-ne presuppodirezio-ne non solo la conoscenza specifica della normativa di volta in volta rilevan-te, ma anche e soprattutto il possesso di attitudini, competenze e capacità ampiamente comuni e, come tali, autenticamente trasversali al comparto pubblico e privato.

Dirigere significa attuare processi di erogazione di servizi nel rispetto di norme, che vi sono tanto nel settore pubblico, quanto in quello privato, ed organizzare i relativi fattori in modo ottimale, ossia secondo efficacia, efficienza ed economicità. Del resto, la pub-blica amministrazione è un’organizzazione di risorse e di mezzi pienamente sovrappo-nibile ad un’impresa che eroga servizi in condizione di esternalità di sistema perché in condizione di quasi-monopolio.

In questo senso, le esperienze maturate in organizzazioni iure privatorum non possono che essere valutate ed apprezzate con particolare favore, perché costringono il dirigen-te pubblico a confrontarsi con realtà differenti, nelle quali, però, sono in gioco, quanto meno dal punto di vista comportamentale, esigenze di competenza, capacità e stile direttivo, ampiamente fungibili.

L’opzione seguita dal legislatore deve essere attuata dal legislatore delegato anche per sdoganare la credenza, tuttora presente, che il dirigente pubblico sia una sorte di su-per-istruttore [amministrativo o tecnico] che deve misurarsi con aspetti di sola rilevanza normativa ed istituzionale. Senza di ciò, non è possibile affermare con autenticità una cultura ad impronta manageriale nella pubblica amministrazione, della qual cosa sono sovente prova incontrovertibile i piani di attività e gli strumenti di programmazione ge-stionale con i quali essi sono chiamati a confrontarsi annualmente e sui quali è costrui-to il consequenziale processo di valutazione della performance dirigenziale e non solo.

Il tutto non sottacendo, ma ribadendo che i fattori dell’esperienza e della valutazione sono centrali, baricentrici ed ineludibili per attuare corretti processi di attribuzione di incarichi di funzioni dirigenziali sulla base di curricula veramente confrontabili.

7.1.3. La seconda delle due indicazioni riguarda la “previsione dei casi e delle condizioni nei quali non è richiesto il previo assenso delle amministrazioni di appartenenza per la mobilità della dirigenza medica e sanitaria”. La norma opera in via residuale ed eccezionale per le sole ipotesi per le quali è prevista. La sua funzione è consentire la circolazione delle profes-sionalità mediche e sanitarie nell’ambito del sistema sanitario nazionale. Il suo carattere di specialità non ne consente l’interpretazione analogica, concorrendo, per converso, a raffor-zare il principio complementare per tutti i settori che dalla sua significazione sono esclusi.

7.2. La mobilità della dirigenza è trattata dalla legge delega e merita di essere adegua-tamente valorizzata dal legislatore delegato, potenziandone gli esiti. Per convincersene è sufficiente richiamare i punti di approdo cui è giunta la scienza aziendale nello sviluppo dei postulati del new pubblic management e l’utilità che esperienze differenti in campi diversi, ma non completamente eterogenei, rivestono per la piena acquisizione delle capa-cità direttive nella pubblica amministrazione. Come evidenziato, essere chiari e far chiarez-za in questa materia è una delle precondizioni per la costruzione del cuore della funzione dirigenziale, della quale, peraltro, si parla da anni attendendo frutti, la cui raccolta non è più possibile rinviare, a pena di far perdere concorrenzialità al sistema-paese.

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8. Il conferimento degli incarichi

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