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Forme di asservimento in Sardegna in età preromana

La presenza di ceti asserviti in Sardegna già durante l‟età cartaginese è un dato ormai pienamente assodato. I Punici si comportarono nell‟isola come veri e propri conquistatori: procedettero ad occupare le zone interne, inviarono coloni, deportarono genti africane, diedero avvio alla monocoltura cerealicola e all‟utilizzazione di manodopera servile in modo sistematico.

La conquista cartaginese dell‟isola, completata attraverso le operazioni militari del generale Malco (545-535 a.C.) e quelle di Asdrubale e Amilcare (520-510 a.C.), fu portata avanti non all‟insegna di una politica di alleanza con le città fenicie della Sardegna, ma con un preciso disegno imperialistico di conquista e sottomissione78, e con l‟intervento reiterato di truppe

armate mercenarie che restarono stanziate nell‟isola fino alla conclusione della prima guerra punica; la rivolta dei mercenari iniziata nel 240 a.C. diede poi occasione ai Romani di occupare la Sardegna nel 238 a.C.

Dunque all‟origine della conquista cartaginese vi fu un intervento armato non portato a soccorso delle colonie fenicie, oppresse dalle popolazioni indigene (è infatti ben noto, al contrario, come il rapporto fra Sardi e Fenici fosse stato pacificamente portato avanti all‟insegna di ottime relazioni commerciali intrecciate da queste due genti mediterranee79), ma un vero e proprio progetto di conquista volto a sottomettere i Fenici delle coste e anche tutto il resto dell‟isola, che da allora conobbe un‟occupazione e uno sfruttamento economico anche nelle sue zone agricole interne, prima esclusivamente e stabilmente controllate dalle floride élites sociali autoctone.

La menzione di truppe armate provenienti dalla Sardegna fatta da Erodoto80 in occasione della battaglia di Imera tra Cartaginesi e Greci nel 480 a.C. va perciò spiegata non con la partecipazione di mercenari nuragici, ma piuttosto con l‟impiego di un contingente armato forzosamente richiesto da Cartagine alle colonie fenicie asservite della Sardegna.

Alla penetrazione punica nel Basso Campidano fece seguito la ristrutturazione di alcuni villaggi nuragici già esistenti, ed inoltre la nascita ex novo di villaggi nei quali arrivarono coloni di stirpe nord africana, destinati ad occuparsi delle colture cerealicole in quelle fertili aree isolane81.

Alla base di tale politica agraria attuata dai Cartaginesi nel Campidano sardo vi era sicuramente l‟utilizzazione di manodopera rurale asservita di origine indigena e libica82,

78 Sul problema cfr. P. BARTOLONI, La conquista cartaginese, in Storia della Sardegna antica, a cura di A.

MASTINO, Nuoro 2005, pp. 43 ss., e la bibliografia suggerita alle pp. 61-62. Per una nuova aggiornata lettura

delle fasi fenicia e punica della storia della Sardegna, alla luce dei dati archeologici emersi nel corso degli ultimi decenni, vd. P. BARTOLONI-S.F.BONDÌ-S.MOSCATI, La penetrazione fenicia e punica in Sardegna. Trent‟anni

dopo, «Atti dell‟Accademia nazionale dei Lincei. Memorie», serie IX, volume IX, fascicolo I, Roma 1997 e oggi P. BARTOLONI, Archeologia fenicio-punica in Sardegna. Introduzione allo studio, Cagliari 2009; ID., I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna, Sassari 2009.

79 P. BARTOLONI, da Sulky a Sulci, in Epigrafia romana in Sardegna. Atti del I Convegno di studio. S. Antioco,

14-15 luglio 2007 (Incontri insulari, I), a cura di F. CENERINI-P.RUGGERI con la collaborazione di A. GAVINI, Roma 2008, p. 19.

80 HDT. VII, 165.

81 P. BARTOLONI, da Sulky a Sulci, in Epigrafia romana in Sardegna, p. 21.

82 Cfr. E. PAIS, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, a cura di A. MASTINO, Nuoro

sfruttata allo scopo di assicurare a Cartagine l‟indispensabile produzione cerealicola destinata al mantenimento delle truppe mercenarie, delle quali la potenza imperialistica punica si serviva per le sue operazioni nel Mediterraneo.

La conquista violenta da parte dei Cartaginesi è archeologicamente attestata dalla distruzione del centro fenicio di Cuccureddus di Villasimius, dove le abitazioni furono date alle fiamme e abbandonate; stessa sorte subì il tempio locale, situato sulla sommità dell‟insediamento collinare, dove veniva probabilmente officiato il culto della divinità femminile Ashtart, legato alla prostituzione sacra attraverso la presenza di ierodulae.

Il culto di Ashtart-Venus Erycina era praticato in Sardegna almeno in un‟altra località, presso il meridionale Capo S. Elia; su questo promontorio restano le tracce di un edificio di culto e un‟iscrizione in lingua punica su supporto calcareo, con dedica alla Venus Erycina. Questa divinità femminile fu importata in Sardegna in età punica; il suo culto fu poi romanizzato in veste salutifera dopo la conquista romana dell‟isola. Del resto i Romani avevano già fatto propria questa divinità83 evocandone il culto nella stessa Roma nel 216 a.C., mentre ferveva la guerra annibalica.

Ai fini della nostra ricerca sembra interessante soffermarsi sulla duplice attestazione di tale culto anche in Sardegna, in due località (Cuccureddus e Capo S. Elia) caratterizzate geograficamente dalla posizione naturalmente protetta e strategicamente elevata, in corrispondenza di punti commerciali di importanza cruciale per i traffici marittimi internazionali del mondo antico.

La pratica della ierodulia (da hieródouloi = “servi sacri”), detta più comunemente prostituzione sacra84, è una forma di sottomissione e sfruttamento ampiamente attestata in tutto il Mediterraneo85: le ierodulae, sotto la protezione della divinità in quanto consacrate ad essa e al suo servizio, si prostituivano presso il tempio frequentato da marinai e commercianti, le cui offerte andavano ad incrementare le entrate del santuario.

Il più ricco e famoso tempio di questo genere era il santuario di Afrodite a Corinto, ricordato da Strabone per le mille e più ierodulae officianti86, mentre in Italia ne esistevano uno a Locri e uno a Erice in Sicilia: è probabile che da quest‟ultima località i Cartaginesi importarono il culto in Sardegna.

La posizione propizia all‟incrocio di rotte commerciali obbligatoriamente seguite dai navigatori dell‟antichità sanciva per tali santuari un ruolo-chiave nell‟organizzazione socio- economica, garantendo prestigio e autonomia al tempio e a chi lo gestiva.

all‟invio in Sardegna di genti libiche (repudiati coloni) pericolose per la dominazione in patria: Fallacissimum genus esse Phoenicum omnia monumenta vetustatis atque omnes historiae nobis prodiderunt. Ab his orti Poeni multis Carthaginiensium rebellionibus, multis violatis fractisque foederibus nihil se degenerasse docuerunt. A Poenis admixto Afrorum genere Sardi non deducti in Sardiniam atque ibi constituti, sed amandati et repudiati coloni.

83 Il culto di Venus Erycina e la schiavitù sacra ad essa collegata sono ricordati da CIC., Pro Cluentio 43, che

ricorda anche gli schiavi consacrati a Marte a Larinum: Martiales quidam Larini appellabantur, ministri publici Martis atque ei deo veteribus institutis religionibusque Larinatium consecrati; l‟Arpinate ricorda ancora Venus Erycina in Divin. in Q. Caecil. XVII, 55-7.

84 Sulla prostituzione sacra vd. S. RIBICHINI, Al servizio di Astarte. Ierodulia e prostituzione sacra nei culti fenici

e punici, in El mundo púnico. Religión, Antropología y Cultura material. Actas del II Congreso Internacional del Mundo Púnico (Cartagena 2000), Estudios Orientales 5-6 (2001-2002), a cura di A- GONZÁLEZ BLANCO-G.

MATILLA SÉIQUER-A.EGEA VIVANCOS, Murcia 2004, pp. 55-68; C. PANZETTI, La prostituzione sacra nell‟Italia antica, Imola 2006, in partic. per la Sardegna pp. 88 ss.

85 Sulla schiavitù sacra cfr. P. DEBORD, L‟esclavage sacré: état de la question, in Colloque Besançon 1971 sur

l‟esclavage, Paris 1972, pp. 135 ss.; sulla ierodulia e in particolare sui santuari dedicati ad Ashtart-Afrodite- Venus Erycina nel Mediterraneo Occidentale cfr. R. ZUCCA, Venus Erycina tra Sicilia, Africa e Sardegna, in

L‟Africa Romana, VI, Sassari 1989, pp. 771 ss.

La sottomissione cartaginese dell‟isola fu accompagnata da una globale fortificazione delle strutture urbane sia costiere che interne, databile al IV sec. a.C.

La costruzione di queste cinte murarie non è spiegabile con certezza, ma forse è da mettere in relazione con il tentativo romano di fondare alcuni centri in Sardegna e in Corsica nel IV sec. a.C., come suggeriscono forse un passo della Bibliotheca Storica di Diodoro Siculo e una notizia dell‟Historia plantarum di Teofrasto.

2. La fondazione di Feronia: una città di schiavi?

Com‟è ben noto a quanti si occupano di storia antica della Sardegna e del Mediterraneo occidentale, dobbiamo ad un prezioso quanto problematico passo della Bibliotheca Storica di Diodoro Siculo87 la menzione della fondazione nell‟isola sarda, nel 378-7 a.C.88, della prima colonia transmarina impiantata dai Romani al di là del Mar Tirreno; la notizia dello storico siceliota, l‟unico autore antico che ha tramandato l‟episodio89, ci informa molto stringatamente che i futuri dominatori del Mediterraneo, probabilmente in concomitanza con un‟epidemia di peste scoppiata a Cartagine90 e una conseguente rivolta anticartaginese di

87 DIOD. XV, 27, 4: Ρυμαῖοι μὲν ἐπὶ ἀηελεία πενηακοζίοςϛ ἀποίκοςϛ εἰϛ ΢απδυνίαν ἀπέζηειλαν. Vd.

M. PERRA, Sardò, Sardinia, Sardegna, I - Le antiche testimonianze letterarie sulla Sardegna dall‟inizio dei tempi storici (VI sec. a.C.) sino al principato di C. Ottaviano Augusto (I sec. a.C.), inquadrate cronologicamente e con testo greco o latino a fronte, Oristano 1997, pp. 106-107.

88 Durante l‟arcontato di Nausinico ad Atene, corrispondente al 386 a.C. nella cronologia liviana.

89 Proprio in virtù di questa sua “unicità”, non trovando precisi riscontri nel confronto con altre fonti letterarie, e

per di più essendo riferito ad un periodo nel quale Roma non solo non sarebbe stata in grado di muoversi in maniera autonoma nel Tirreno, ma sarebbe stata alle prese con serie difficoltà interne determinate dalle conseguenze del sacco dei Galli, il passo diodoreo in questione è stato a più riprese ritenuto scarsamente degno di attendibilità (cfr. G. DE SANCTIS, Storia dei Romani, I, Firenze 19672, p. 442 n. 93; F. SCHACHERMEYR, Die

römisch-punischen Verträge, «Rheinisches Museum» LXXIX, 1930, p. 358 n. 3; J. H. THIEL, A history of Roman sea-power before the Second Punic War, Amsterdam 1954, pp. 54 ss.; A. PIGANIOL, Le conquiste dei

romani, trad. it., Milano 1971, p. 589 n. 4; E. T. SALMON, Roman colonisation under the Republic, London

1969, p. 166 n. 7) e variamente posticipato (S. MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, Catania 1947, p. 89) e reinterpretato, ora emendando il passo e riferendolo piuttosto alla fondazione di Sutrium nel 383 a.C. o, meglio, Satricum nel 385 a.C. (oltre all‟edizione di Diodoro del Dindorf e agli appunti diodorei del Wesseling, vd. E. PAIS, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, a cura di A. MASTINO, Nuoro

1999 (riedizione dell‟edizione 1923), vol. I, pp. 119 ss.; I. DIDU, Il supposto invio di coloni romani in Sardegna nell‟anno 378-7 a.C., «Athenaeum», L, 1972, pp. 310 ss.; cfr. le argomentazioni riportate in P. MELONI, La Sardegna romana, Sassari 1990², pp. 19-23; pp. 446-447), ora rileggendo l‟episodio alla luce dell‟influenza etrusca (A. MOMIGLIANO, II. La lotta per la Sardegna tra Punici, Greci e Romani, in Due punti di storia romana

arcaica, SDHI, II, 1936, pp. 389 ss.; M. SORDI, I rapporti romano-ceriti e l‟origine della «civitas sine suffragio», Roma 1960, pp. 92 ss.; A. ALFÖLDY, Early Rome and the Latins, Ann Arbor 1963, pp. 347 ss.; F. CASSOLA, I gruppi politici romani nel III sec. a.C., Trieste 1962, pp. 32 ss., il quale pensa ad un episodio a metà

strada tra pirateria e mercatura). L‟ampio ventaglio di opinioni contrastanti sull‟episodio narrato da Diodoro è stato già oggetto di discussione in I. DIDU, Il supposto invio di coloni romani in Sardegna nell‟anno 378-7 a.C., cit., pp. 311-312; M. TORELLI, Colonizzazioni etrusche e latine di epoca arcaica: un esempio, in Gli Etruschi e

Roma. Atti dell‟incontro di studio in onore di Massimo Pallottino, Roma 11-13 dicembre 1979, Roma 1981, pp. 72-73; G. BRIZZI, Nascita di una provincia: Roma e la Sardegna, in Carcopino, Cartagine e altri scritti, Sassari

1989, pp. 69-74, ai quali naturalmente si rimanda. Ci preme notare, in ogni caso, come troppo spesso il testo di Diodoro sia stato letto in maniera prevenuta e con eccessivo spirito critico; non dobbiamo dimenticare che, specialmente per il IV sec. a.C. e in mancanza di altre fonti letterarie, i libri superstiti della Bibliotheca Storica contengono una miniera di fonti e notizie altrimenti perdute; del resto proprio a Diodoro dobbiamo pagine importanti sui miti e le leggende più antiche dell‟isola: vd. E. GALVAGNO, La Sardegna vista dalla Sicilia. Diodoro Siculo, in Logos peri tes Sardous. Le fonti classiche e la Sardegna, Atti Convegno di Studio Lanusei 29 dicembre 1998, a cura di R. ZUCCA, pp. 27 ss.; in particolare, per l‟episodio del 378-7 a.C., pp. 37-38.

90 E quindi in un momento di difficoltà interna allo stato cartaginese: M. TORELLI, Colonizzazioni etrusche e

latine di epoca arcaica, cit., pp. 71 ss. La sua impostazione è seguita oggi da A. MASTINO, Storia della Sardegna antica, Nuoro 2005, p. 63.

Libici e Sardi, avvenuta nell‟anno precedente (379-8 a.C.)91, avrebbero inviato in Sardegna, allora ufficialmente in mano ai Cartaginesi, un gruppo di 500 coloni, specificando inoltre che sarebbe stata accordata loro la singolare condizione “dell‟esenzione dalle tasse”.

L‟identificazione di questa apoikía romana di IV sec. a.C. riportata dalla tradizione diodorea con un insediamento (Pheronía pólis) dedicato alla dea italica protettrice delle classi subalterne e della produzione agraria, Feronia, la cui attestazione è testimoniata esclusivamente nella Geographia di Tolomeo del II sec. d.C. (e va localizzata, in base alle coordinate del geografo alessandrino, lungo le coste della Sardegna nord-orientale, presso la piana alluvionale del Rio Posada)92, costituisce un tema divenuto ormai topico nella storia dell‟isola, avendo più volte animato il dibattito storico-archeologico negli ultimi quarant‟anni93.

Decisiva e felicemente conclusiva in merito94 sembra ormai essere considerata da buona parte della critica storica attuale95 l‟impostazione ricostruttiva della vicenda lucidamente delineata da Mario Torelli, che in uno studio pubblicato nel 1981, dedicato al fenomeno della colonizzazione etrusca e latina in età arcaica96, ha dato una stimolante chiave interpretativa dell‟episodio diodoreo, incrociandolo da un lato con un parallelo tentativo romano di fondare un centro in Corsica, anch‟esso molto discusso, riportato nell‟Historia plantarum di Teofrasto97, dall‟altro raccordandolo ai dati archeologici restituiti dall‟area di Posada98, che a dispetto dell‟esiguità numerica sembrano far propendere non solo per una continuità di relazioni commerciali tra le coste orientali sarde e l‟Etruria meridionale, già intense durante la precedente età nuragica99, ma più precisamente suggerire, per il IV sec. a.C., la presenza di un insediamento di immigrati di origine italica, identificati appunto con i fondatori della Feronia di Claudio Tolomeo, che avrebbero portato al loro seguito una pregevole statuina bronzea, di fattura osca e produzione campana (fine V-inizi IV sec. a.C.), raffigurante un Ercole di tipo italico, con leonté sul braccio sinistro, che brandisce una lancia

91 DIOD. XV, 24, 2-3; la data corrisponde al 387 a.C. nella cronologia liviana.

92 PTOL. III, 3, 4. P. MELONI, La geografia della Sardegna in Tolomeo (Geogr. III, 3, 1-8), «Nuovo Bullettino

Archeologico Sardo», III, 1986, pp. 207 ss.; M. PERRA, Sardò, Sardinia, Sardegna, I, cit., pp. 850-851.

93 Sull‟esistenza di questo supposto stanziamento romano arcaico in terra sarda e sul collegamento con il

toponimo tolemaico Pheronía pólis vd. inoltre R. D‟ORIANO, Contributo al problema di Φηπονία πόλιρ, «Nuovo Bullettino Archeologico Sardo», II, 1985, pp. 229 ss.; B. SCARDIGLI, I trattati romano cartaginesi, Pisa 1991, p. 64; M. BONELLO-A. MASTINO, Il territorio di Siniscola in età romana, in AA. VV., Siniscola dalle origini ai

nostri giorni, Ozieri 1994, pp. 157 ss.; A. MASTINO, Olbia in età antica, in Da Olbìa ad Olbia, 2500 anni di

storia di una città mediterranea. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Olbia 12-14 maggio 1994, vol. I, a cura di A. MASTINO-P. RUGGERI, Chiarella, Sassari 1996 (riedito ora da Edes, Sassari 2004), pp. 52-53; ID., Saggio introduttivo a E. PAIS, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, cit., vol. I, pp.

15-16; P. RUGGERI, Titus Manlius Torquatus privatus cum imperio, in Africa ipsa parens illa Sardiniae. Studi di

storia antica e di epigrafia, Sassari 1999, pp. 117-119; A. MASTINO-P. RUGGERI, La romanizzazione dell‟Ogliastra, in Ogliastra. Identità storica di una provincia. Atti del Convegno di Studi. Jerzu-Lanusei-Arzana- Tortolì 23-25 gennaio 1997, a cura di M. G.MELONI-S.NOCCO, Senorbì 2001, pp. 151 ss.; R. ZUCCA, Gli oppida

e i populi della Sardinia. Pheronia, in Storia della Sardegna antica, a cura di A. MASTINO, Nuoro 2005, pp. 289-

290.

94 Come sottolineato da G. BRIZZI, Nascita di una provincia: Roma e la Sardegna, cit., p. 69. 95 Cfr. A. MASTINO, Storia della Sardegna antica, cit., p. 87.

96 M. TORELLI, Colonizzazioni etrusche e latine di epoca arcaica: un esempio, cit., pp. 71 ss.

97 THEOPHR., Hist. Plant. V, 8, 2. Cfr. S. AMIGUES, Une incursion des Romains en Corse d‟après Théophraste,

HP V, 8, 2, «Revue des Études Anciennes», 92, 1990, pp. 79 ss.; EAD., Théophraste. Recherches sue les plantes. Livres V et VI, Paris 1993, p. 102; secondo Teofrasto nella prima metà del IV sec. a.C. i Romani con una flotta di 25 navi avrebbero tentato di fondare una città in Corsica, ma sarebbero stati distolti dal loro proposito a causa della natura della vegetazione, tanto intricata da danneggiare le vele delle navi al loro arrivo. Vd. anche R. ZUCCA, La Corsica romana, Oristano 1996, pp. 69 ss.; in particolare pp. 77 ss.

98 M. TORELLI, Colonizzazioni etrusche e latine di epoca arcaica: un esempio, cit., p. 76.

99 Cfr. F. LO SCHIAVO-R.D‟ORIANO, La Sardegna sulle rotte dell‟Occidente, in La Magna Grecia e il lontano

Occidente, Atti del XXIX convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto, 6-11 ottobre 1989, Napoli 1990, p. 108 e n. 37.

con il braccio destro sollevato sul capo100: una divinità significativamente legata, come Feronia, al mondo plebeo e in particolare agli stranieri, al diritto di asylum dei servi presso i santuari e più in generale alle attività emporiche. In quest‟ottica, l‟apoikía arcaica sarda di Feronia rappresenterebbe secondo Torelli un «tentativo diretto della plebe romana di aprirsi spazi nella realtà economica, sociale e politica di una Roma dominata da acuti conflitti di classe». Per motivazioni sociali non diverse da quelle che portarono nel 385 a.C. alla fondazione della colonia di Satricum101, Feronia rappresenterebbe, sul versante sardo, un «momento di espansione prepotente della plebe romana, interessata alla terra non meno che all‟emporia»102.

Il merito di Torelli va soprattutto ricercato nell‟aver intessuto puntuali relazioni tra una serie di fattori economico-sociali, politici, religiosi ed ideologici, inseriti nel contesto di un episodio di colonizzazione arcaica nel quale si mescolano elementi culturali del mondo romano, etrusco, italico e greco; la fondazione di Feronia andrebbe dunque collocata nel particolare periodo storico che Roma stava vivendo, mentre tentava faticosamente, con iniziative intraprese su diversi fronti, di riacquistare un equilibrio finanziario e sociale dopo la crisi determinata dall‟incendio gallico del 390 a.C., che l‟aveva colpita subito dopo la vittoriosa (ma dispendiosa) decennale guerra contro Veio; ora, inoltre, stava coraggiosamente affacciandosi nel Tirreno, grazie all‟apporto logistico imprescindibile della flotta dell‟alleata etrusca Caere103.

Sull‟apoikía di Feronia molto si è già detto e scritto104; eppure, partendo ancora una volta dall‟impostazione di Torelli e sviluppando ulteriormente un filone d‟analisi, quello che trova motivazioni alla fondazione del centro sardo nella “espressione della volontà politica

100 Rinvenuto presso Posada nel 1923: vd. A. TARAMELLI, Nuovi acquisti del Museo di Cagliari, «Bollettino

d‟Arte»», V, 1925-26, pp. 42 ss., figg. 6-7; ID., Sardi ed Etruschi, «Studi Etruschi», III, 1929, p. 49, ora in Scavi

e Scoperte, IV, (1922-1939), Sassari 1985, p. 229; ID., Edizione archeologica della Carta d‟Italia, Foglio 195,

Orosei, Firenze 1933, I NO, p. 6 nr. 1, p. 7 n. 4; per l‟analisi storico-artistica dell‟oggetto vd. G. COLONNA, Bronzi votivi umbro-sabellici a figura umana, I, Firenze 1970, pp. 126 ss.; ID., Discussione sulle relazioni in Gli Etruschi e Roma. Atti dell‟incontro di studio in onore di Massimo Pallottino, cit., pp. 85 ss.; la straordinaria statuetta bronzea raffigurante l‟Hercules degli Italici, alta 43 cm., conservata a Cagliari presso il Museo Archeologico Nazionale (n. Inv. 39344) è stata esposta presso l‟Antiquarium Arborense di Oristano nel 2004 (vd. il Catalogo della Mostra storico-archeologica L‟isola di Herakles, in Il Mediterraneo di Herakles. Studi e ricerche, Atti del Convegno di Studi, Sassari 26 marzo - Oristano 27-28 marzo 2004, a cura di P. BERNARDINI-

R.ZUCCA, Roma 2005, p. 292 nr. 44) e nell‟estate del 2006 a Posada, luogo del rinvenimento.

101 Cfr. LIV. VI, 16, 6-8.

102 M. TORELLI, Colonizzazioni etrusche e latine di epoca arcaica: un esempio, cit., p. 81.

103 Sul fronte marittimo Roma gravitava a quest‟epoca ancora pienamente nell‟orbita etrusca: avrà una flotta

propria solo nel 311 a.C., epoca alla quale si data l‟istituzione dei duumviri navales (LIV. IX, 30, 4); per le due

problematiche fondazioni coloniarie di IV secolo in Corsica e in Sardegna, se gli episodi sono attendibili, deve quindi aver significativamente usufruito della flotta ceretana; del resto probabilmente lo stesso attacco gallico contro Roma va interpretato alla luce di un intervento congiunto delle forze terrestri celtiche con quelle navali siracusane, facenti parte di un piano strategico più ampio volto a danneggiare l‟etrusca Caere piuttosto che l‟allora ancor poco solida potenza romana: cfr. G. BRIZZI, Nascita di una provincia: Roma e la Sardegna, cit., pp. 73 ss.

104 Già Rubens D‟Oriano, in un contributo del 1985 relativo al ritrovamento di alcuni frammenti ceramici dal

territorio di Posada (un frammento di parete di cratere italiota a figure rosse, legato probabilmente alla bottega apula del Pittore dell‟Ipogeo Varrese, rinvenuto in una grotta di origine carsica –ambiente funerario o luogo di culto ctonio?- alle pendici del Monte Albo, datato metà IV secolo a.C.) e dall‟area urbana di Olbia (frammenti di coppe dell‟Ateliers des petites estampilles e, in particolare, di due piattelli “Genucilia”, dei quali uno di produzione ceretana – seconda metà IV sec. a.C.), che sembrerebbero avvalorare l‟ipotesi di una fondazione romano-cerite di Feronia nel IV secolo e la prosecuzione delle relazioni commerciali tra Roma e la Sardegna

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