3.1. Medea: da Euripide a Niccolini
Euripide
Prima di dedicarci all’opera niccoliniana è doveroso tracciare l’itinerario della fortuna del mito di Medea attraverso i secoli e nelle diverse culture europee.
Il primo che si è occupato della figura di Medea è Euripide, il quale scrisse una tragedia nel V secolo a.C. La protagonista Medea è una maga, figlia del re della Colchide, Eeta, nipote del Sole. Medea incontra il giovane greco Giasone e se ne innamora. Giasone è giunto nella Colchide per la conquista del vello d’oro, impresa impossibile ma necessaria per riappropriarsi del regno usurpatogli dallo zio Pelia. Con le sue arti magiche, Medea aiuta Giasone a superare le tre fatali prove del vello (aggiogare i tori che spirano fiamme dalle narici per poi servirsene per seminare i denti di drago dai quali nasceranno degli uomini da combattere, e infine sottrarre il vello al suo custode, il drago). Per amore dello straniero Medea tradisce il padre, abbandona la patria e uccide il fratello Apsirto, e segue l’amato, con il quale ha scambiato promesse nuziali, in Grecia. Giasone e Medea giungono a Corinto; qui Giasone abbandona la moglie e i bambini per sposarsi con la figlia del re Creonte e avanzare il suo status sociale.
La tragedia euripidea inizia proprio in questo segmento temporale del mito. La scena si apre con il monologo della nutrice che racconta l’antefatto. La nutrice insieme al pedagogo e al coro formato dalle donne di Corinto sono inizialmente solidali con la donna abbandonata. Medea entra in scena in ritardo, ma già dal monologo della nutrice si ha la sua caratterizzazione.
Il re Creonte impone a Medea e ai suoi figli l’esilio, impaurito dei poteri magici e delle possibili ritorsioni su sua figlia. Medea riesce a farsi concedere dal re un giorno di dilazione per organizzare la partenza, tempo che impiegherà per adempiere la sua vendetta.
Tre sono i dialoghi tra Medea e Giasone: il primo si trova proprio dopo l’incontro con Creonte. In questo dialogo i due coniugi litigano: Medea denuncia l’ingiustizia subita e rinfaccia al marito tutto ciò che lei ha fatto in passato per lui, mentre Giasone giustifica la sua scelta di nuove nozze e sminuisce il valore di Medea. Il secondo dialogo avviene dopo che Medea ha incontrato Egeo, re di Atene, il quale si trova a Corinto di passaggio, perché si sta dirigendo dall’oracolo per risolvere il suo problema di sterilità.
30
Nella tragedia euripidea Egeo ha il compito di garantire a Medea una via di fuga, promettendole ospitalità ad Atene. Il secondo dialogo tra Medea e Giasone è quello della falsa pacificazione: la maga finge di capire le scelte di Giasone e lo inganna. A questo punto Medea realizza la sua vendetta: invia alla sposa (che in Euripide non ha nome, ma nei testi successivi è chiamata Creusa o Glauce) dei doni avvelenati che procureranno la morte a lei e al padre Creonte accorso in suo aiuto. La vendetta è espletata fuori scena ed è narrata da un messaggero. Medea prende la decisione di uccidere anche i propri figli per completare la vendetta. L’ultimo dialogo tra Medea e Giasone avviene dopo l’infanticidio: Medea è sul carro del Sole insieme ai cadaveri dei figli (che vuole portare con sé per istituire un culto in loro onore), mentre a terra Giasone si dispera e la maledice dopo che lei gli ha profetizzato una vecchiaia infelice e una morte antieroica.
I numerosi monologhi mettono in rilievo la personalità dominante di Medea, articolando le fasi del processo decisionale della vendetta e mostrando la scissione interiore della protagonista (da un lato donna e moglie tradita e abbandonata, dall’altro madre). La contrapposizione dei sentimenti, amore-odio, denota la complessità del personaggio. L’opera di Euripide ha ispirato le successive rielaborazioni del mito, le quali hanno arricchito la storia di Medea con aggiunte e variazioni sul tema.
Apollonio Rodio
Apollonio Rodio ha scritto un poema epico intitolato Le Argonautiche, databile al III secolo a.C. Il poema di quattro libri racconta nei primi due le vicende antecedenti al segmento temporale scelto da Euripide, cioè il viaggio di Giasone per arrivare in Colchide; nel terzo libro viene narrata la storia d’amore tra Medea e Giasone e l’impresa del vello d’oro; infine nell’ultimo è raccontato il viaggio di ritorno in Grecia.
L’opera mette in evidenza i caratteri opposti dei due protagonisti: Giasone è un antieroe, un traditore, incapace di affrontare le imprese se non con l’aiuto di Medea, una donna maga forte e determinata. Il terzo libro è fondamentale per capire il personaggio di Medea. Anche in questo caso, i monologhi fungono da strumenti per approfondire l’analisi psicologica del personaggio, anticipando quelle che saranno le motivazioni del comportamento di Medea a Corinto.
31 Ovidio
Sempre in ambito classico sono da ricordare le opere latine di Ovidio e di Seneca. Ovidio si è occupato più volte della figura di Medea: in una tragedia non giuntaci ma intitolata Medea, poi nella dodicesima epistola delle Heroides, ed infine nelle
Metamorfosi, un poema epico.
Nelle Heroides l’autore si immagina che la maga scriva una lettera all’amato che l’ha abbandonata per sposare Creusa. Medea è qui mostrata come donna ancora innamorata. L’epistola è divisibile in due parti: nella prima la maga rievoca il passato, nella seconda si dispera per la sua situazione di ripudiata ed esule. Negli ultimi versi si trova l’annuncio alla vendetta.
Nel poema epico, Ovidio tratta l’intera saga di Medea, facendo una narrazione sia retrospettiva che prolettica. Alcuni episodi sono narrati in modo sommario, come il viaggio degli Argonauti fino alla Colchide, l’innamoramento, l’impresa del vello e il viaggio di ritorno; mentre altre vicende sono sviluppate e ampliate, come gli episodi magici a Iolco dove avviene il ringiovanimento di Esone, padre di Giasone, e l’uccisione di Pelia per mano delle figlie, ma predisposta da Medea, poi nuovamente riassunta in pochi versi la tappa a Corinto con l’espletamento della vendetta e l’arrivo ad Atene con l’incontro tra Medea e Teseo, figlio di Egeo, che la maga tenterà di avvelenare.
Seneca
Il dramma di Seneca è un rifacimento dell’opera euripidea. Seneca evidenzia il conflitto interno che attanaglia Medea, tra l’amore materno e la realizzazione della vendetta sui figli, unica azione possibile per ferire Giasone. Ma Seneca si allontana dal modello euripideo: rende il coro maschile ostile alla protagonista, sottolineando così la sua solitudine, l’estraniamento e l’emarginazione; mette in rilievo un Giasone molto vulnerabile e antieroico perché alla richiesta di Medea di poter portare con sé in esilio i figli, lui rifiuta, manifestando il suo affetto paterno e l’attaccamento verso di loro. La crudeltà di Medea è resa evidente dalla messa in scena dell’infanticidio di uno dei due figli, e ancor più dal gesto, pieno di disprezzo, di gettare i cadaveri dei bambini ai piedi di Giasone.
32 Corneille
Passando all’ambito moderno, si deve menzionare l’opera seicentesca di Pierre Corneille, una tragedia che vede l’ampliamento dell’intreccio e dei personaggi. Viene eliminato il coro, sostituito dalla presenza di Polluce, un Argonauta con il ruolo di protasi nel dialogo iniziale con Giasone; per la prima volta viene portata in scena Creusa, personaggio rappresentato come antitesi a Medea. Creusa è una donna infantile e capricciosa, che in un certo senso è responsabile della propria morte con la richiesta ostinata di un dono in cambio della salvezza dei figli di Giasone. Il personaggio di Egeo non è più solo ridotto ad assicurare la via di fuga a Medea, ma viene amplificato, in quanto innamorato della figlia del re. Vengono infatti approfondite le vicende amorose: Giasone è innamorato di Creusa ed Egeo è promesso sposo e anch’esso innamorato della figlia di Creonte. Innovazione rilevante rispetto a tutti i classici è la messa in scena della morte dei sovrani e il suicidio di Giasone.
Cherubini-Hoffmann
Successiva è l’opera musicale di Luigi Cherubini su libretto di François Benoît Hoffmann del 1797. Quest’opera, in tre atti, vede due grandi innovazioni: la prima è l’esaltazione del personaggio di Creusa, posto in forte antitesi a Medea e la seconda lo straordinario finale che pone in scena il suicidio di Medea avvolta dalle fiamme. Questa versione avrà un grandissimo successo nel Novecento, grazie all’interpretazione di Maria Callas nei panni di Medea.
Grillparzer
Fra i testi ottocenteschi più rilevanti è la terza opera della trilogia Das Goldene Vließ di
Franz Grillparzer, Medea (1821). La tragedia accentua dell’emarginazione di Medea e la componente razziale che pone in forte contrapposizione grecità e barbarie, luce e buio, rappresentate rispettivamente da Creusa e Medea. Le variazioni più importanti sono il fallimentare tentativo di Medea di ellenizzarsi e la crudele scelta dei figli di abbracciare Creusa e ripudiare così la madre.
3.2. Altri rifacimenti ottocenteschi
Oltre a Grillparzer, molti altri autori, contemporanei e successivi a Niccolini, si sono occupati della figura di Medea. Straordinario è il successo del mito di Medea
33
nell’Ottocento in Inghilterra: vengono proposte numerose traduzioni, riadattamenti a
Burlesques, e vari rifacimenti. Il boom della popolarità di Medea è da individuare e
ricollegare con il dibattito sul divorzio e sul voto alle donne, e con la legislazione riguardante l’infanticidio e la nascita del movimento femminista77
.
Rilevanti sono due scrittici inglesi Augusta Webster e Amy Levy, le quali hanno dato per la prima volta voce a Medea da una prospettiva femminile. Seppur completamente diverse, le due opere – quella della Webster (Medea in Athens, 1870)78 è il sequel di Medea, un monologo della protagonista che racconta la sua reazione all’inaspettata notizia della morte di Giasone; mentre la versione della Levy (Medea: A Fragment in Drama Form, After Euripides, 1882)79 è un rifacimento della tragedia euripidea, dove due personaggi nuovi, cittadini maschi greci ostili alla maga, hanno il ruolo di narratori e commentatori dei fatti – hanno lo stesso scopo, cioè quello di rendere Medea rappresentante dell’emancipazione femminile e di screditare i principi dell’ideologia vittoriana come quello del matrimonio.
3.3. Medea nel Novecento
Il mito di Medea ha continuato ad appassionare molti scrittori nel Novecento: basta citare le versioni di Anoulih, Alvaro e Pavese. Le opere di Anouilh (Medea, 1946) e Alvaro (Lunga notte di Medea, 1949) hanno molti punti in comune: entrambe sono state scritte nel periodo del dopoguerra entrambe hanno una forte connotazione dell’elemento razziale. In Anouilh si ha un’esplorazione delle dinamiche moderne e l’accentuazione delle problematiche dei rapporti coniugali, mentre in Alvaro c’è un approfondimento della sfera erotica. Di altro genere è il testo di Pavese (Gli Argonauti, 1947)80, un sequel che vede protagonista un Giasone ormai vecchio e stanco.
Interessantissime sono anche le tre rielaborazioni cinematografiche: quella di Pasolini del 1996, quella di J. Dassin del 1978 e quella di Lars Von Trier del 1988 basata sulla sceneggiatura di Dreyer.
77
Cfr. E. HALL
78
Il monologo di Medea apre la raccolta intitolata Portraits del 1870; l’opera contiene undici componimenti definiti dalla critica «monologhi drammatici». I componimenti sono divisi in due gruppi a seconda del genere del protagonista del monologo: quattro donne e sette uomini. Il gruppo femminile è composto da due coppie, Medea in Athens e Circe, seguiti da The Happiest Girl in the World e A
Castaway. Le coppie sono contraddistinte da personaggi mitologici e moderni. Nell’edizione successiva
la Webster aggiunge un terzo monologo moderno intitolato Faded. Tutti questi personaggi femminili rappresentano donne emarginate che si ribellano alla società.
79 La Medea della Levy si trova nella raccolta A Minor Poet and other Verse, pubblicata nel 1884, ma composta nel 1882.
80
34
Questo breve excursus –solo di alcuni dei tantissimi rifacimenti– mette in rilievo come il mito di Medea nella cultura occidentale sia stato soggetto di interesse, sottoposto a continui arricchimenti, variazioni e attualizzazioni.