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Fra Soft e Hard Positivism

Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, per Dworkin, la teoria positivistica del diritto, sia pure nella versione moderata di Hart, dovrebbe essere abbandonata o, comunque, radicalmente modificata perché incapace di dar conto della realtà del diritto, delle pratiche che contraddistinguono il quotidiano funzionamento delle istituzioni giuridiche.

Le critiche dworkiniane, indipendentemente dal loro merito, hanno contribuito ad aprire un dibattito teorico che ha dato vita all‟elaborazione di due letture asimmetriche della materializzazione degli ordinamenti270: la prima è quella fornita dall‟inclusivismo che, sulla scia di quanto sostenuto da Hart nel poscritto, prevede tra i criteri di validità del diritto i principi morali, purchè la norma di riconoscimento permetta, direttamente o

270

V. GIORDANO, Principi, ragioni, convenzioni sociali. Letture asimmetriche del costituzionalismo

117 indirettamente, il riferimento a tali criteri; la seconda richiede che l‟identificazione del diritto dipenda soltanto da criteri suscettibili di essere descritti avalutativamente.

Come si vedrà nei paragrafi successivi, il progetto giusfilosofico dell‟inclusivismo vorrebbe coniugare le obiezioni sollevate da Dworkin con i dogmi centrali del positivismo giuridico, dal momento che per i sostenitori di questa versione di positivismo l‟idea di fondo, secondo cui i criteri identificativi del diritto vengono stabiliti dalla pratica sociale, non precluderebbe la possibilità che alcune comunità sociali includano fra tali criteri anche il ricorso a valutazioni morali.

L‟inclusivismo, insomma, concede a Dworkin che i principi morali possano essere parte del diritto e che l‟individuazione del diritto passi attraverso il ricorso ad argomenti morali, ma non rinuncia all‟idea convenzionalistica del diritto come fatto sociale.

Ma fino a che punto l‟inclusione dei principi morali fra i criteri di riconoscimento della norma fondamentale riesce a preservarsi da una completa sostanzializzazione del concetto di validità giuridica? La natura costitutiva della pratica sociale resiste sotto l‟urto dell‟incorporazione dei valori sostanziali nel diritto? L‟intrinseca natura controversa dei principi non rischia di minare la capacità pratica del giuridico? Se le regole identificate per mezzo della norma di riconoscimento ricorrono a principi sostanziali e questi standards sono intrinsecamente controversi, la norma fondamentale potrebbe perdere la sua utilità nell‟identificazione di qualsiasi standard.

Al contrario, i sostenitori dell‟altra anima del positivismo, gli esclusivisti, e primo fra tutti Joseph Raz che ne rappresenta il principale esponente, sostengono che l‟identificazione del diritto e del suo contenuto non può dipendere da criteri morali proprio perché questi ultimi sono intrinsecamente controversi e, dunque, non consentirebbero di distinguere i casi in cui si applica il diritto preesistente dai casi in

„Decostruzioni‟ del positivismo giuridico

118 cui, attraverso il riferimento a considerazioni morali, si modifica il diritto271. In altri termini, per gli esclusivisti se le norme giuridiche vengono identificate anche attraverso criteri morali, esse non potrebbero rappresentare delle ragioni per orientare il comportamento dei consociati. Ciò naturalmente andrebbe a inficiare la capacità pratica del diritto272 e, con essa, la funzione che Hart ha attribuito alla norma di riconoscimento di sopperire al limite dell‟incertezza del diritto273 .

Come si vedrà nel corso di questo lavoro, Raz prova a superare questo limite e nel contempo a dar conto della presenza dei principi nelle pratiche dei tribunali, distinguendo fra validità ed applicabilità del diritto274: per l‟autore all‟interno di un ordinamento giuridico tutto ciò che è valido è anche applicabile, ma non tutto ciò che è applicabile è anche valido, nel senso che entra a far parte del diritto della comunità. Questa distinzione permette di escludere l‟incorporazione dei principi morali nella norma di riconoscimento e, quindi, di preservare l‟istanza funzionalista del diritto.

271

Cfr. J.RAZ, Legal Positivism and the Sorces of Law, in ID., The Authority of Law, cit., p. 47, dove l‟autore osserva: “The weak social thesis provides all the ingredients by which one determines whether a normative system is a legal system and whether it is in force in a certain country. In other words, the weak social thesis provides a complete test of existence of legal system , a test by which one determines whether there is a legal system in force in a country. It also contributes (that is, the institutional character of law contributes) some of the ingredients which make up the test of identity of a legal system (i.e. the test by which one determines whether two norms belong to the same legal system), but here it is insufficientand has to be supplement by the strong social thesis, i.e. by the claim that all laws have social sources”.

272

In tal senso, E. Mitrophanous: “La prima critica al positivismo debole è che la sua ammissione dei criteri morali nella norma di riconoscimento è. incoerente con la funzione del diritto nell‟identificare con certezza lo standard giuridico del sistema”. E MITROPHANOUS, Soft positivism, in “Oxford Journal of Legal Studies”, n. 17, 1997, p. 627 . Cfr. anche S. Pozzolo: “La critica che sorge spontanea a questa proposta nasce dalla presumibile incertezza che si determinerebbe nell‟accogliere la morale tra le fonti del diritto, così dissolvendo la stessa funzione della regola di riconoscimento”. Cfr. S.POZZOLO, Riflessioni

su inclusive e soft positivism, “Analisi e diritto” 1998, p. 230. Al contrario, W. J. Waluchow, ritiene che

sarebbe esagerato il contrasto tra la certezza ottenibile dalle regole la cui validità è determinata solo in funzione del puro pedigree e la presunta instabilità che si incontrerebbe se la validità o il contenuto di una norma fossero, alcune volte, parzialmente basati sulla sua conformità a principi morali. Si rinvia a W. J. Waluchow, Inclusive Legal Positivism, Clarendon Press, Oxford, 1994, p. 122.

273

H. HART, Il concetto di diritto, cit. p 94, dove l‟autore mette in luce che la forma più semplice di

rimedio all‟incertezza delle norme primarie consiste nell‟introduzione di ciò che chiameremo una “ norma di riconoscimento”. Essa specificherà alcune caratteristiche il cui possesso da parte di una data norma è considerato un‟indicazione decisiva del fatto che si tratta di una norma del gruppo che deve essere supportata dalla pressione sociale che essa esercita.

274

Quanto al distinguo tra validità ed applicabilità si rinvia a J.MORESO in “In difesa del positivismo

giuridico inclusivo”, in “Ars interpretandi” , n. 6, 2001, pp.340-342; E.BULYGIN, Il positivismo giuridico, Giuffrè, Milano 2007, pp. 59-61; V.GIORDANO, Il positivismo e la sfida dei principi, cit., pp. 197-199.

119 Certo la proposta teorica raziana, che verrà discussa nel prosieguo di questo lavoro, ha suscitato notevoli perplessità nei critici. Per alcuni la sua razionalità metodologica, volta ad escludere ogni contaminazione fra diritto e morale, presenterebbe una rigidità ed un‟astrattezza eccessive rispetto alla realtà del diritto contemporaneo. Per questi critici l‟operazione artificiale di continua separazione degli aspetti formali e procedurali da quelli contenutistici rischierebbe di non riuscire a dare conto della labilità dei confini fra diritto e morale.

Nelle pagine successive proveremo a problematizzare gli aspetti nodali di questo dibattito teorico, mettendo a confronto le posizioni di alcuni autori fondamentali, al fine di verificare quanto e a quale prezzo la capacità pratica del diritto possa resistere all‟urto della positivizzazione dei principi.