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L A LIBERTÀ R I T R O V A T A COME (CONTINUARE A) PENSARE NELL'ERA DIGITALE

ed. orig. 2009, trad. dal tedesco di Lorenzo Lilli,

pp. 178, €23, Codice, Torino 2010

F R A N K S C H I R R M A C H E R La libertà ritrovata

S

ta cambiando o è già cam-biato il mondo che ci cir-conda, nell'era digitale. Ma, anche se non ce ne accorgia-mo, stiamo cambiando in mo-do irreversibile anche noi. Abi-tuati a gestire la nostra mente in un certo modo, siamo tra-volti da una maniera totalmente diversa di orientare le nostre conoscenze. Posto che una del-le attività più impegnative per il nostro cervello è selezionare e ordinare informazioni di qual-siasi tipo, che "divorano l'atten-zione", l'onda anomala di dati e notizie che riceviamo

soprattutto tramite il web (anche nostro malgrado) non solo ci impegna molto di più, ma crea anche una sorta di mutazione ge-netica nel funziona-mento della nostra te-sta. Al di là delle valu-tazioni sul fenomeno, non sempre e non ne-cessariamente

negati-ve, dobbiamo imparare ad af-frontare in modo efficace que-sta nuova realtà.

Più o meno è questa la tesi at-torno alla quale si

co-struisce il denso ma piacevolissimo volume di Frank Schirrma-cher. L'autore, diretto-re di "Feuilleton", il supplemento culturale della "Frankfurter All-gemeine Zeitung", è un intellettuale tedesco di grande prestigio, ma anche, per certi versi, singolare, in quanto coniuga la solida for-mazione umanistica con un interesse profondo e un'ottima competenza in campo scientifico. Da questa ibridazione di interessi nasce anche La libertà

ritrovata, uscito l'anno

scorso in Germania. Il libro non si pre-senta come un pamph-let accusatorio contro i computer, Internet e tutte le innovazioni dell'era digitale, anche se così è stato talvolta superficialmente rece-pito, soprattutto in ter-ra tedesca, attiter-rando su Schirrmacher gli strali di una parte del

pub-blico più giovane. Si tratta inve-ce di una lunga diagnosi sulle conseguenze che il digitale e le nuove forme comunicative han-no avuto sulla fisiologia della han- no-stra mente, recando mutazioni importanti e pericolose o diffi-cilmente gestibili se non affron-tate con una pronta presa di co-scienza. Dopo la diagnosi,

Schirrmacher, nei capitoli finali, propone anche la cura, senza so-luzioni miracolose, con intelli-gente realismo.

L'idea primaria è che il com-puter e il web, se da un lato ci facilitano enormemente la vita, agevolando la nostra raccolta di informazioni e quindi anche le nostre scelte, dall'altro condi-zionano pesantemente il nostro modo di pensare, creando un'i-bridazione tra il procedere al-goritmico della macchina e il funzionamento del nostro cer-vello. In altre parole, il nostro modo di pensare finisce per as-somigliare moltissimo a quello del computer, consentendo al mezzo tecnico di "imparare" fa-cilmente a calcolare le scelte, i desideri e le preferenze di cia-scuno di noi, costruendo nel web una sorta di nostro doppio virtuale in grado di "funziona-re" in modo molto simile alla nostra mente. Ciò deriva, ovvia-mente, dal vaglio e dall'archi-viazione delle infor-mazioni personali che noi "regaliamo" alla rete ogni volta che facciamo un acquisto online, usiamo un motore di ricerca o ci connettiamo a un

so-cial network:

abbia-mo la sensazione di essere protagonisti di un dialogo altrimenti inimmaginabile con il mondo, ma in realtà abbattiamo molte barriere sulla nostra pri-vacy, fornendo materiale pre-zioso alle macchine, lavorando

per loro. Quindi diventiamo sempre più calcolabili, secondo Schirrmacher, e il computer è sempre più in grado di elabora-re per noi le informazioni che ci servono, arrivando anche a of-frircele ancor prima che noi le chiediamo: sarà capitato a molti di noi, dopo aver fatto qualche acquisto, ad esempio, su

Ama-zon, di vedersi proporre gamme di libri, di ed o di dvd che cor-rispondono esattamente al no-stro gusto e alle nostre aspetta-tive. Siamo dunque investiti da un doppia onda di informazio-ni: da un lato quelle incontrolla-te del multitasking che ormai ci hanno abituato a stare sempre collegati alla rete pur di aver la sicurezza di controllare ogni mail o ogni blog, anche se la maggior parte delle cose che troviamo non ci interessano; dall'altro i dati selezionati ap-posta per noi, che ci risparmia-no un po' di lavoro di cernita, ma alla fine risultano parecchio condizionanti. Da qui si posso-no percepire le mutazioni fisio-logiche della nostra mente: il nostro trasformarci in "informi-vori", sempre affamati di noti-zie, esaurisce gran parte delle energie del nostro cervello, che così, alla fine di un'intensa gior-nata passata a fagocitare dati spesso inutili, si abbandona inerte e passivo al flusso di una comunicazione preconfezionata e generalista. Quante volte sarà capitato a ognuno di noi di "su-bire" impotente la sera uno show televisivo idiota e infarci-to di pubblicità, piutinfarci-tosinfarci-to che scegliere un film importante ma impegnativo? Schirrmacher ci avverte che questo è uno dei sintomi più evidenti del nostro cambiamento, documentandoci la cosa con l'affascinante rac-conto di una serie di verifiche sperimentali che ormai la scien-za opera da anni sulla mente umana.

Tutto ciò significa che siamo nelle mani del demone digitale? Per Schirrmacher no. Il suo non è un libro di accusa contro il web, ma un invito a prendere coscienza di un feno-meno che, se non af-frontato adeguatamen-te, può travolgerci con conseguenze preoccu-panti. Se invece impa-riamo a gestire questa nostra trasformazione e sviluppiamo capacità

diverse di

funziona-mento della nostra mente, la rivoluzione dell'era digitale può diventare, come in par-te è già, un importanpar-te passo avanti anche dal punto di vista cultura-le. E la soluzione è nel-l'allenamento del cer-vello umano, cioè nel sistema educativo, co-me Schirrmacher affer-ma con forza nel capi-tolo forse più interes-sante e propositivo del libro: Il futuro

dell'i-struzione.

Non proporremo nel dettaglio la ricetta di Schirrmacher per non togliere al lettore il piacere della scoperta, ma anticipiamo soltan-to che si tratta di una sorta di elogio dell'in-certezza e dell'imprecisione, di quello scarto imprevedibile che caratterizza e valorizza la crea-tività tipica degli oggetti di stu-dio delle discipline

umanisti-che. •

rmdane s e @ gma i1.com

RM. Danese insegna filologia classica e letteratura e cinema all'Università di Urbino Carlo Bo

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