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Funzioni derivabili

Nel documento Appunti di Analisi Matematica Uno (pagine 113-163)

Successioni numeriche

CAPITOLO 5 Funzioni derivabili

1. Definizione di derivata

Sia f (x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊆ R. Si dice che f (x) `e derivabile nel punto x0 ∈ I se esiste finito il limite per x → x0 del rapporto incrementale f (x)−f (x0)

x−x0 . Tale limite viene detto derivata di f (x) nel punto x0 e viene denotato con f0(x0) o alternativamente con i simboli Df (x0) e dxdf(x0):

f0(x0) = lim

x→x0

f (x) − f (x0) x − x0

Inoltre, diremo che f (x) `e derivabile nell’intervallo I se risulta derivabile in ogni x0 ∈ I.

Dal punto di vista cinematico, la derivata pu`o essere interpretata come la velocit`a istantanea di un corpo puntiforme che si muove di moto retti-lineo. Se denotiamo con p(t) la posizione al tempo t, la velocit`a media sostenuta dal corpo per muoversi dalla posizione p(t0) alla posizione p(t) `e data dal rapporto p(t)−p(t0)

t−t0 . Se ora si pensa di far tendere t a t0 (il che corrisponde a calcolare la velocit`a media su intervalli di tempo via via pi`u brevi) il limite

lim

t→t0

p(t) − p(t0) t − t0 ,

se esiste finito, indicher`a la velocit`a istantanea al tempo t0 e lo indiche-remo con v(t0). Secondo la precedente definizione, risulta v(t0) = p0(t0).

Dal punto di vista geometrico, consideriamo una funzione f (x) deriva-bile nel punto x0 ed osserviamo che risulta

f0(x0) = lim x→x0 f (x) − f (x0) x − x0 = lim h→0 f (x0+ h) − f (x0) h 113

Dato h ∈ R, consideriamo la retta secante rh per i punti P0(x0, f (x0)) e Ph(x0+ h, f (x0+ h)). Tale retta avr`a equazione

rh : y = f (x0) + f (x0+ h) − f (x0)

h (x − x0)

ed osserviamo che il coefficiente angolare di tale retta non `e altro che il rapporto incrementale f (x0+h)−f (x0)

h . Se ora pensiamo di far tendere h a 0 avremo che x0 + h → x0 e quindi, poich`e proveremo che f (x) `e continua in x0, che f (x0+ h) → f (x0). Dunque Ph tender`a al punto P0 lungo il grafico di f (x) e la retta secante rh tender`a alla retta “limite” r0 : y = f (x0)+lim h→0 f (x0+ h) − f (x0) h (x−x0) = f (x0)+f 0 (x0)(x−x0) Tale retta `e detta retta tangente al grafico di f (x) nel punto x0 ed osserviamo che il suo coefficiente angolare corrisponde alla derivata f0(x0). Possiamo dunque pensare alla derivata come ad una misura della “pendenza” del grafico di f (x) nel punto P0.

P P 0 h r r 0 h

Vediamo ora qualche esempio di funzione derivabile. Consideriamo innanzitutto le funzioni costanti, f (x) = c ∈ R. Per tali funzioni risulta f (x)−f (x0)

x−x0 = 0 per ogni x 6= x0 e quindi che f0(x0) = 0 per ogni x0 ∈ R. Consideriamo ora una funzione lineare, f(x) = ax + b con a 6= 0. Per ogni x0 ∈ R avremo

lim x→x0 f (x) − f (x0) x − x0 = lim x→x0 ax − ax0 x − x0 = a e quindi che f0(x0) = a.

Risultano derivabili nel loro dominio tutte le funzioni elementari. Pro-viamo che D(xα) = αxα−1 per ogni α ∈ R e ogni x > 0. Difatti, dal

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 115

limite notevole lim

y→0

(1+y)α−1

y = α, per ogni x > 0 otteniamo

lim h→0 (x + h)α− xα h = limh→0xα−1(1 + h x)α− 1 h x = αxα−1

In particolare otteniamo ad esempio che D(x2) = 2x per ogni x ∈ R, che D(√

x) = 21

x per ogni x > 0 e che D(1x) = −x12 per ogni x 6= 0. Proviamo ora che D(ex) = ex per ogni x ∈ R. Difatti, dal limite notevole lim

y→0 ey−1

y = 1, per ogni x ∈ R otteniamo

lim h→0 ex+h− ex h = limh→0exe h− 1 h = e x

Risulta inoltre D(log x) = 1x per ogni x > 0. Difatti, dal limite notevole lim

y→0

log(1+y)

y = 1, per ogni x > 0 risulta

lim h→0 log(x + h) − log x h = limh→0 log(1 + hx) h = limh→0 1 x log(1 + hx) h x = 1 x Infine, proviamo che D(sin x) = cos x e che D(cos x) = − sin x per ogni x ∈ R. Dai limiti notevoli di seno e coseno e dalle formule di addizione si ha infatti

lim

h→0

sin(x + h) − sin x

h = limh→0

sin x cos h + sin h cos x − sin x h = lim h→0sin xcos h − 1 h + cos x sin h h = cos x e lim h→0 cos(x + h) − cos x h = limh→0

cos x cos h − sin h sin x − cos x h

= lim

h→0cos xcos h − 1

h − sin xsin h

h = − sin x

Sar`a utile inoltre introdurre il concetto di derivata destra e sinistra. Sia f (x) funzione definita in un intervallo aperto I e sia x0 ∈ I. Diremo derivata destra di f (x) in x0 il limite, se esiste finito,

lim

x→x+0

f (x) − f (x0) x − x0

e denoteremo tale limite con f+0 (x0). Diremo derivata sinistra di f (x) in x0 il limite, se esiste finito,

lim

x→x0

f (x) − f (x0) x − x0

e denoteremo tale limite con f0 (x0). Vale allora il seguente risultato

Lemma 5.1. Sia f (x) funzione definita in un in intervallo aperto I ⊆ R e sia x0 ∈ I. Allora f (x) `e derivabile in x0 se e solo se esistono e sono uguali le derivate f±0 (x0) ed in tal caso f0(x0) = f±0 (x0).

Usando il precedente risultato proviamo che la funzione valore assoluto f (x) = |x| non `e derivabile in x0 = 0. Difatti, risulta

f+0(0) = lim x→0+ |x| x = 1 mentre f 0 (0) = lim x→0− |x| x = −1

e dunque la funzione ammette derivata destra e derivata sinistra in x0 = 0 ma queste non sono uguali. Il punto x0 = 0 `e un esempio di punto angoloso per la funzione |x|.

0

In generale, data una funzione f (x) continua in x0, diremo che x0 `e un punto angoloso per f (x) se esistono f±0(x0) ma sono diverse.

Consideriamo ora la funzione f (x) = p|x|, continua in tutto R e derivabile in ogni x0 6= 0 con

f0(x) = ( 1

2x se x > 0 − 1

2−x se x < 0 mentre non risulta derivabile in x0 = 0 essendo

lim x→0+ f (x) − f (0) x = limx→0+ √ x x = limx→0+ 1 √ x = +∞ e lim x→0− f (x) − f (0) x = limx→0− √ −x x = limx→0−−√1 −x = −∞ parleremo in questo caso di una cuspide.

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 117

0

In generale, data una funzione f (x) continua in x0, diremo che x0 `e una cuspide per f (x) se esistono i limiti

lim

x→x±0

f (x) − f (x0) x − x0 ma sono infiniti di segno discorde.

Come ultimo esempio consideriamo la funzione f (x) = √3

x, continua in tutto R e derivabile in ogni x0 6= 0 con

f0(x) = 1 3√3

x2

mentre non risulta derivabile in x0 = 0 essendo lim x→0 f (x) − f (0) x = limx→0 3 √ x x = limx→0 1 3 √ x2 = +∞. Parleremo in questo caso di un punto a tangente verticale.

0

Data una funzione f (x) continua in x0, diremo che x0 `e un punto a tangente verticale per f (x) se esiste il limite

lim

x→x0

f (x) − f (x0) x − x0

ma `e infinito.

Le precedenti funzioni sono un classico esempio di funzioni continue ma non derivabili in un punto. Vale per`o il seguente risultato che prova che ogni funzione derivabile risulta continua.

Teorema 5.1. (sulla continuit`a delle funzioni derivabili)

Sia f (x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊂ R e deriva-bile nel punto x0 ∈ I. Allora f (x) `e continua in x0.

Dim. Difatti, poich`e lim

x→x0 f (x)−f (x0) x−x0 = f0(x0) ∈ R risulta lim x→x0 f (x) − f (x0) = lim x→x0 f (x) − f (x0) x − x0 (x − x0) = 0 e quindi lim x→x0 f (x) = f (x0). 

Vediamo come ultimo esempio il caso il cui non esiste il limite da destra e/o da sinistra del rapporto incrementale. La funzione

f (x) = (

x sin1x se x > 0 0 se x ≤ 0 `

e funzione continua ma non `e derivabile in x0 = 0 in quanto non esiste il limite lim x→0+ f (x) − f (0) x = limx→0+sin1 x La funzione f (x) = ( xαsin(1 x) se x > 0 0 se x ≤ 0

risulta in generale derivabile in R se e solo se α > 1 e la retta tangente in x = 0 risulta y = 0.

Sia f (x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊆ R. Si dice che f (x) `e differenziabile nel punto x0 ∈ I se esiste una costante A ∈ R tale che

f (x) = f (x0) + A(x − x0) + o(x − x0) per x → x0.

In tal caso la funzione lineare ϕ(h) = A · h, h ∈ R, `e detta differenziale di f (x) in x0 e viene denotata con df (x0) e potremo scrivere

f (x) = f (x0) + df (x0)(x − x0) + o(x − x0) per x → x0. Il concetto di funzione differenziabile `e strettamente legato al concetto di funzione derivabile. Abbiamo difatti il seguente risultato

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 119

Teorema 5.2. (del differenziale)

Una funzione f (x) definita in un intervallo aperto I ⊆ R `e differen-ziabile nel punto x0 ∈ I se e solo se `e derivabile in x0 e df (x0)(h) = f0(x0) · h per ogni h ∈ R.

Dim. Se f (x) `e derivabile in x0 allora lim x→x0 f (x) − f (x0) x − x0 = f 0(x0) ovvero lim x→x0 f (x) − f (x0) − f0(x0)(x − x0) x − x0 = 0.

Ricordando la definizione di o piccolo, per x → x0 possiamo scrivere f (x) − f (x0) − f0(x0)(x − x0) = o(x − x0)

e dunque

f (x) = f (x0) + f0(x0)(x − x0) + o(x − x0). Segue che f (x) risulta differenziabile in x0 con df (x0)h = f0(x0)h.

Viceversa, se f (x) risulta differenziabile in x0, esiste una costante A ∈ R tale che

f (x) = f (x0) + A(x − x0) + o(x − x0) per x → x0. Allora, dalla definizione di o piccolo si ottiene

lim x→x0 f (x) − f (x0) x − x0 = limx→x0 A(x − x0) + o(x − x0) x − x0 = limx→x0 A+o(x − x0) x − x0 = A Ne segue che f (x) `e derivabile in x0 con f0(x0) = A.  In particolare si ottiene che se f (x) `e derivabile in x0 vale la seguente formula

f (x) = f (x0) + f0(x0)(x − x0) + o(x − x0), per x → x0, detta formula degli incrementi finiti. Tale formula pu`o essere letta dicendo che la funzione lineare T (x) = f (x0) + f0(x0)(x − x0), che ha per grafico la retta tangente al grafico di f (x) in x0, approssima f (x) a meno di un errore trascurabile rispetto a x − x0.

Ad esempio, abbiamo visto che D(ex) = ex per ogni x ∈ R. Dalla formula degli incrementi finiti avremo allora che per ogni x0 ∈ R risulta

ex = ex0+ ex0(x − x0) + o(x − x0), per x → x0,

ed in particolare per x0 = 0 riotteniamo il limite notevole ex = 1 + x + o(x) per x → 0, essendo y = 1 + x la retta tangente in x = 0. Analogalmente, essendo D(log x) = x1, per ogni x0 > 0 otteniamo

log x = log x0+ 1 x0

ed in particolare per x0 = 1 otteniamo nuovamente log x = x − 1 + o(x − 1), per x → 1, essendo y = x − 1 la retta tangente in x = 1. Infine, essendo D(sin x) = cos x, per ogni x0 ∈ R otteniamo

sin x = sin x0+ cos x0(x − x0) + o(x − x0), per x → x0, ed in particolare per x0 = 0 otteniamo sin x = x + o(x), dove y = x `e la retta tangente in x = 0.

2. Regole di derivazione

Vediamo ora come determinare la derivata della somma, prodotto e quoziente di funzioni derivabili

Proposizione 5.1. Siano f (x) e g(x) funzioni definite in un intervallo aperto I ⊆ R e derivabili nel punto x0 ∈ I. Allora

1. la funzione (f ± g)(x) `e derivabile in x0 e risulta (f ± g)0(x0) = f0(x0) ± g0(x0),

2. la funzione (f · g)(x) `e derivabile in x0 e risulta (f · g)0(x0) = f0(x0)g(x0) + f (x0)g0(x0),

3. se g(x0) 6= 0, la funzione (fg)(x) `e derivabile in x0 e risulta  f g 0 (x0) = f 0(x0)g(x0) − f (x0)g0(x0) g2(x0) .

Dim. 1. Dalla definizione lim x→x0 (f (x) ± g(x)) − (f (x0) ± g(x0)) x − x0 = = lim x→x0 f (x) − (f (x0 x − x0 ±g(x) − g(x0) x − x0 = f0(x0) ± g0(x0) e quindi f ± g `e derivabile in x0 con (f ± g)0(x0) = f0(x0) ± g0(x0).

2. Essendo g(x) continua in x0, risulta lim x→x0 f (x)g(x) − f (x0)g(x0) x − x0 = = lim x→x0 f (x)g(x) − f (x0)g(x) + f (x0)g(x) − f (x0)g(x0) x − x0 = = lim x→x0 g(x)f (x) − f (x0) x − x0 + f (x0) g(x) − g(x0) x − x0 = = f0(x0)g(x0) + f (x0)g0(x0)

2. REGOLE DI DERIVAZIONE 121

3. Usando nuovamente la continuit`a di g(x) in x0, si ottiene lim x→x0 f (x) g(x)f (x0) g(x0) x − x0 = = lim x→x0 1 g(x)g(x0) f (x)g(x0) − f (x0)g(x) x − x0 = = lim x→x0 1 g(x)g(x0) f (x)g(x0) − f (x0)g(x0) + f (x0)g(x0) − f (x0)g(x) x − x0 = = lim x→x0 1 g(x)g(x0) g(x0)(f (x) − f (x0)) − f (x0)(g(x) − g(x0)) x − x0 = = f 0(x0)g(x0) − f (x0)g0(x0) g2(x0)

quindi la funzione fg `e derivabile in x0 confg0(x0) = f0(x0)g(x0)−f (x0)g0(x0) g2(x0) .



Ad esempio dalle precedenti regole otteniamo D(tan x) = D(sin x cos x) = cos2x + sin2x cos2x = 1 cos2x = 1 + tan 2x ed anche D(e x+ x2 x cos x) =

(ex+ 2x)x cos x − (ex+ x2)(cos x − x sin x) x2cos2x

Utilizzando il Teorema del differenziale proviamo

Teorema 5.3. (di derivazione della funzione composta)

Sia f (x) funzione derivabile nel punto x0 e sia g(y) funzione deriva-bile nel punto y0 = f (x0). Allora la funzione composta gof (x) risulta derivabile in x0 con

(gof )0(x0) = g0(f (x0))f0(x0)

Dim. Poich`e f (x) risulta derivabile in x0, per x → x0 abbiamo f (x) = f (x0) + f0(x0)(x − x0) + o(x − x0).

Analogalmente, essendo g(y) derivabile in y0, per y → y0 abbiamo g(y) = g(y0) + g0(y0)(y − y0) + o(y − y0).

Osservato che, essendo f (x) continua in x0, risulta f (x) → f (x0) = y0 per x → x0, dai precedenti sviluppi e dalle propriet´a di ”o” piccolo otteniamo che per x → x0 si ha

g(f (x)) = g(f (x0)) + g0((f (x0))(f (x) − f (x0)) + o(f (x) − f (x0)) = g(f (x0)) + g0((f (x0))(f0(x0)(x − x0) + o(x − x0))

+ o(f0(x0)(x − x0) + o(x − x0)) = g(f (x0)) + g0((f (x0))f0(x0)(x − x0) + o(x − x0)

Dal Teorema del differenziale otteniamo allora che la funzione gof (x) risulta derivabile in x0 con (gof )0(x0) = g0((f (x0))f0(x0).  Ad esempio, se a > 0 abbiamo

D(ax) = D(ex log a) = ex log alog a = axlog a

mentre se a > 0, a 6= 1, ricordando che logax = log x logae abbiamo D(logax) = D(log x logae) = logae

x Abbiamo inoltre che

D(sinh x) = e

x+ e−x

2 = cosh x e D(cosh x) =

ex− e−x

2 = sinh x Infine, osserviamo che se g(y) non `e derivabile in y0 = f (x0) non `e detto che risulti tale anche g(f (x)) in x0. Ad esempio, la funzione | sin x| non risulta derivabile in x = 0 essendo

lim

x→0

| sin x| x = ±1

mentre la funzione | sin3x| risulta derivabile in x = 0 essendo lim x→0 | sin3x| x = limx→0 |x3| x = 0 Vediamo infine la derivata della funzione inversa

Teorema 5.4. (di derivazione della funzione inversa)

Sia f (x) funzione continua ed iniettiva nell’intervallo aperto I ⊆ R. Se f (x) `e derivabile in x0 ∈ I e f0(x0) 6= 0 allora f−1(y) `e derivabile in y0 = f (x0) e

(f−1)0(y0) = 1 f0(x0) =

1 f0(f−1(y0)

Dim. Dall’ipotesi di continuit`a di f (x) in I segue che f−1(y) risulta continua in f (I) ed in particolare in y0 = f (x0). Otteniamo allora che se y → y0allora f−1(y) → f−1(y0) = x0. Allora, ponendo y = f (x), otteniamo

lim y→y0 f−1(y) − f−1(y0) y − y0 = limx→x0 x − x0 f (x) − f (x0) = 1 f0(x0) = 1 f0(f−1(y0))  Osserviamo che se f0(x0) = 0 allora la funzione inversa non risulta derivabile in x0. Come esempio consideriamo la funzione f (x) = x3

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 123 risultato la funzione inversa, f−1(y) =√3

y, risulta derivabile in R \ {0} con (f−1)0(y) = 1 f0(x) = 1 f0(f−1(y)) = 1 3(√3 y)2 = 1 3y23

ma abbiamo visto che non risulta derivabile in y = 0.

Determiniamo ora le derivate delle funzioni trigonometriche inverse. Ricordando che cos2x+sin2x = 1 otteniamo che cos2(arcsin x) = 1−x2

ed essendo cos(arcsin x) > 0 per ogni x ∈ (−1, 1) ne segue D(arcsin x) = 1

cos(arcsin x) = 1 √

1 − x2

Analogalmente, per ogni x ∈ (−1, 1) si ottiene che D(arccos x) = −√ 1

1 − x2

Osserviamo che D(arcsin x + arccos x) = 0 per ogni x ∈ (−1, 1). Per determinare la derivata dell’arcotangente, essendo D(tan x) = 1 + tan2x, dalla precedente formula per ogni x ∈ R otteniamo

D(arctan x) = 1

1 + tan2(arctan x) = 1 1 + x2

Osserviamo che per ogni x ∈ R \ {0} risulta D(arctan x + arctan 1 x) = 1 1 + x2 + 1 1 + x12 (− 1 x2) = 0

Vediamo ora la derivata delle funzioni iperboliche inverse. Ricordando che cosh2x − sinh2x = 1 abbiamo

D(settsinh x) = 1 cosh(settsinh x) = 1 √ x2+ 1, ∀x ∈ R, mentre D(settcosh x) = 1 sinh(settcosh x) = 1 √ x2− 1, ∀x > 1. 3. Teoremi fondamentali del calcolo differenziale

Sia f (x) funzione definita in un intervallo I, x0 ∈ I `e detto punto di minimo relativo per f (x) in I se esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ (x0− δ, x0 + δ) ∩ I risulta f (x0) ≤ f (x). Analogalmente, diremo che x0 ∈ I `e punto di massimo relativo per f (x) in I se esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ (x0 − δ, x0+ δ) ∩ I risulta f (x0) ≥ f (x).

Vale il seguente risultato che ci fornisce una condizione necessaria affinch`e un punto risulti di massimo o di minimo relativo.

Teorema 5.5. (di Fermat)

Sia f (x) funzione definita in un intervallo [a, b]. Se x0 ∈ (a, b) `e punto di massimo o di minimo relativo per f (x) e se f (x) `e derivabile in x0 allora f0(x0) = 0.

Dim. Sia x0 punto di massimo relativo. Allora, per definizione esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ (x0 − δ, x0 + δ) ∩ I risulta f (x0) ≥ f (x). Poich`e x0 ∈ (a, b), (x0 `e interno ad [a, b]) potremo scegliere δ > 0 tale che (x0− δ, x0+ δ) ⊂ (a, b). Avremo allora che se x0− δ < x < x0 allora f (x)−f (x0)

x−x0 ≥ 0 e quindi, dal Teorema della permanenza del segno, essendo f (x) derivabile in x0, avremo f0 (x0) = lim x→x0 f (x) − f (x0) x − x0 ≥ 0 Analogalmente, se x0 < x < x0+ δ allora f (x)−f (x0) x−x0 ≤ 0 e quindi f+0 (x0) = lim x→x0 f (x) − f (x0) x − x0 ≤ 0

Poich`e f0(x0) = f±0 (x0) ne segue che f0(x0) = 0.  Osserviamo che la condizione che x0 sia un punto interno all’intervallo [a, b] `e condizione necessaria per poter calcolare f±0 (x0) e dunque essen-ziale nella dimostrazione. Il risultato difatti non vale se viene a mancare tale condizione. Ad esempio, la funzione f (x) = x nell’intervallo [0, 1] ha un massimo relativo in x0 = 1 ma f0(1) = 1.

Un punto x0 ∈ (a, b) ove f (x) `e derivabile con f0(x0) = 0 `e detto punto stazionario o punto critico per f (x).

Secondo questa definizione, il Teorema di Fermat afferma che ogni pun-to di massimo o di minimo relativo per f (x) in [a, b], interno ad [a, b], `

e un punto stazionario. Ci`o vuol dire che andremo a cercare i punti di massimo e di minimo relativo interni al dominio di una funzione derivabile tra i suoi punti stazionari.

Ad esempio, consideriamo la funzione f (x) = sin x in [−π, π]. Abbiamo che f0(x) = cos x = 0 in (−π, π) se e solo se x = ±π2. Dunque, gli unici candidati punti di massimo e di minimo relativi in (−π, π) sono i punti ±π

2. Osserviamo che x = π2 `e punto di massimo (assoluto) mentre x = −π2 `e punto di minimo (assoluto). Osserviamo inoltre che i punti x = −π e x = π sono rispettivamente punti di massimo e di minimo relativo per f (x) in [−π, π] ma non sono punti stazionari.

Osserviamo infine che la condizione fornita dal Teorema di Fermat `

e condizione necessaria ma non sufficiente. Ad esempio la funzione f (x) = x3 `e funzione derivabile in R e f0(x) = 3x2 = 0 se e solo se x = 0 ma x = 0 non `e punto ne’ di massimo ne’ di minimo.

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 125 Dai prossimi risultati vedremo di dedurre delle condizioni sufficienti all’esistenza di punti di massimi e di minimi relativi.

Teorema 5.6. (di Rolle)

Sia f (x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Se f (a) = f (b) allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f0(x0) = 0.

Dim. Essendo f (x) continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b], dal Teo-rema di Weierstrass abbiamo che esistono xm, xM ∈ [a, b] rispettivamente punto di massimo e di minimo per f (x) in [a, b].

Se xm ∈ (a, b) oppure xM ∈ (a, b) allora, dal Teorema di Fermat, avremo rispettivamente che f0(xm) = 0 oppure f0(xM) = 0. Altrimenti, xm, xM 6∈ (a, b) e quindi xm, xM ∈ {a, b}. Poich`e per ipotesi f (a) = f (b) avremo allora che f (xm) = f (xM) e dunque che f (x) risulta costante in [a, b], da cui in

particolare f0(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b). 

Si osservi che l’ipotesi di continuit`a in [a, b] `e necessaria: la funzione f (x) =

(

x se x ∈ (0, 1] 1 se x = 0 `

e derivabile in (0, 1), ma non `e continua in [0, 1], f (0) = f (1) = 1 ma non esiste alcun x0 ∈ (0, 1) tale che f0(x0) = 0 essendo f0(x) = 1 per ogni x ∈ (0, 1).

L’ipotesi di derivabilit`a in tutto (a, b) `e necessaria, difatti la funzione f (x) = |x − 12| `e continua in [0, 1], derivabile in (0, 1) eccetto che in x0 = 12 e f (0) = f (1) = 12 ma non esiste alcun x0 ∈ (0, 1) tale che f0(x0) = 0 essendo |f0(x)| = 1 per ogni x ∈ (0, 1) \ {12}.

Osserviamo infine che il Teorema di Rolle afferma che nelle ipotesi di continuit`a e di derivabilit`a, se f (a) = f (b) allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f0(x0) = 0, altrimenti detto, esiste x0 ∈ (a, b) tale che la retta tangente al grafico di f (x) nel punto (x0, f (x0)) risulta parallela alla retta passante per i punti (a, f (a)) e (b, f (b)).

Il Teorema di Lagrange generalizza il Teorema di Rolle al caso in cui non necessariamente f (a) = f (b), affermando che nelle ipotesi di continuit`a e di derivabilit`a esiste x0 ∈ (a, b) tale che la retta tangente al grafico di f (x) nel punto (x0, f (x0)) risulta parallela alla retta passante per i punti (a, f (a)) e (b, f (b)).

Teorema 5.7. (di Lagrange)

Sia f (x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f0(x0) = f (b)−f (a)b−a .

Dim. Osservato che la retta passante per i punti (a, f (a)) e (b, f (b)) ha equazione y = f (a) + f (b)−f (a)b−a (x − a), ci si riconduce al Teorema di Rolle mediante la funzione ausiliaria

g(x) = f (x) − 

f (a) +f (b) − f (a)

b − a (x − a) 

Risulta infatti che g(x) `e continua in [a, b], derivabile in (a, b) e che g(a) = g(b) = 0. Dal Teorema di Rolle abbiamo allora che esiste x0 ∈ (a, b) tale che g0(x0) = 0 ed essendo

g0(x) = f0(x) − f (b) − f (a)

b − a , ∀x ∈ (a, b)

segue la tesi. 

Utilizzando il Teorema di Lagrange potremo ricavare informazioni sul-l’incremento di una funzione f (x) nell’intervallo [a, b] una volta noto il segno di f0(x) in (a, b): se f0(x) > 0 per ogni x ∈ (a, b) avre-mo che f (a) < f (b), se invece f0(x) < 0 per ogni x ∈ (a, b) avremo che f (a) > f (b) mentre se f0(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b) avremo che f (a) = f (b). Usando tali considerazioni si provano i seguenti risultati. Teorema 5.8. (di caratterizzazione delle funzioni costanti)

Una funzione f (x) `e costante in [a, b] se e solo se `e continua in [a, b], derivabile in (a, b) e f0(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b).

Dim. Se f (x) `e funzione costante in [a, b] allora f (x) `e continua in [a, b], derivabile in (a, b) e f0(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b).

Viceversa, sia f (x) funzione continua in [a, b], derivabile in (a, b) e tale f0(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b). Proviamo che per ogni x ∈ (a, b] risulta f (x) = f (a). Preso comunque x ∈ (a, b], risulta applicabile il Teorema di Lagrange nell’intervallo [a, x], ottenendo che esiste x0 ∈ (a, x) tale che f0(x0) = f (x)−f (a)x−a ed essendo f0(x0) = 0 ne segue che f (x) = f (a).  Dal precedente risultato segue immediatamente

Corollario 5.1. Siano f (x) e g(x) funzioni continue in [a, b] deriva-bili in (a, b) e tali che f0(x) = g0(x) per ogni x ∈ (a, b). Allora esiste c ∈ R tale che f (x) = g(x) + c per ogni x ∈ [a, b].

Ad esempio, essendo D(arccos x + arcsin x) = 0 per ogni x ∈ (−1, 1), risulta

arccos x + arcsin x = π

2 per ogni x ∈ [−1, 1]

mentre, essendo D(arctan x + arctan1x) = 0 per ogni x 6= 0, avre-mo arctan x + arctan1x = π2 per ogni x > 0 e arctan x + arctan1x = −π

2 per ogni x < 0.

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 127

Corollario 5.2. (Criterio di monotonia)

Sia f (x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora (i) f (x) `e crescente in [a, b] se e solo se f0(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b); (ii) f (x) `e decrescente in [a, b] se e solo se f0(x) ≤ 0 per ogni x ∈ (a, b).

Dim. Proviamo solo la prima affermazione.

Supponiamo innanzitutto f (x) funzione crescente e proviamo che f0(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b). Essendo la funzione crescente, per ogni x0 ∈ (a, b) e ogni a < x < x0 risulta f (x) ≤ f (x0) e quindi f (x)−f (x0)

x−x0 ≥ 0. Dal Teorema della permanenza del segno otteniamo allora f0(x0) ≥ 0 ed essendo f (x) derivabile, ne segue che f0(x0) = f0(x0) ≥ 0.

Per provare il viceversa, supponiamo che f0(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b) e proviamo che f (x) risulta crescente. Presi comunque x, y ∈ (a, b) con x < y proviamo che f (x) ≤ f (y). Osserviamo allora che la funzione risulta continua in [x, y] e derivabile in (x, y), dal Teorema di Lagrange otteniamo allora che esiste ξ ∈ (x, y) tale che f0(ξ) = f (y)−f (x)y−x . Poich`e f0(ξ) ≥ 0 e y − x > 0 ne segue che f (y) − f (x) ≥ 0 ovvero f (x) ≤ f (y). 

Ad esempio la funzione f (x) = x3e−x `e funzione derivabile in tutto R con f0(x) = 3x2e−x−x3e−x = x2e−x(3−x). Risulta allora f0(x) ≥ 0 per ogni x ≤ 3 e f0(x) ≤ 0 per ogni x ≥ 3. Dal precedente criterio si ottiene allora che la funzione `e crescente in (−∞, 3] e decrescente in [3, +∞). Il punto x = 3 `e punto stazionario per f (x) e poich`e f (x) `e crescente in (−∞, 3] ne deduciamo che f (x) ≤ f (3) per ogni x ≤ 3. Essendo f (x) decrescente in [3, +∞) otteniamo che f (3) ≥ f (x) per ogni 3 ≤ x. Ne segue allora che per ogni x ∈ R risulta f (x) ≤ f (3) e quindi che x = 3 `

e punto di massimo (assoluto) per f (x) e che f (3) = 27e−3 `e massimo (assoluto). -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 -3 -2 -1 1 2 Grafico di y = x3e−x

Ragionando come nell’esempio possiamo provare il seguente criterio per l’esistenza di un punto di massimo e di minimo relativo.

Corollario 5.3. Sia f (x) funzione derivabile in (a, b) e sia x0 ∈ (a, b) tale che f0(x0) = 0.

(i) Se esiste δ > 0 tale che f0(x) ≤ 0 per x0 − δ < x < x0 e f0(x) ≥ 0 per x0 < x < x0 + δ allora x0 `e punto di minimo relativo per f (x);

(ii) Se esiste δ > 0 tale che f0(x) ≥ 0 per x0 − δ < x < x0 e f0(x) ≤ 0 per x0 < x < x0 + δ allora x0 `e punto di massimo relativo per f (x);

Dal Criterio di monotonia e dal Teorema di caratterizzazione delle funzioni costanti abbiamo inoltre

Corollario 5.4. (criterio di monotonia stretta)

Sia f (x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora (i) f (x) `e strettamente crescente in [a, b] se e solo se f0(x) ≥ 0

per ogni x ∈ (a, b) ed f0(x) non `e identicamente nulla in alcun intervallo in (a, b);

(ii) f (x) `e decrescente in [a, b] se e solo se f0(x) ≤ 0 per ogni x ∈ (a, b) ed f0(x) non `e identicamente nulla in alcun intervallo in (a, b).

Dim. Proviamo la prima affermazione. Dal criterio di monotonia sappia-mo che, essendo f (x) crescente, risulta f0(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b). Dal Teorema di caratterizzazione delle funzioni costanti abbiamo inoltre che se f0(x) = 0 per ogni x ∈ (x1, x2) ⊂ (a, b), f (x) risulterebbe costante in [x1, x2], contro l’ipotesi di monotonia stretta.

Viceversa, se f0(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b), dal criterio di monotonia ab-biamo che f (x) risulta crescente in [a, b]. Per assurdo, supponiamo che la funzioni non risulti strettamente crescente. Avremo allora che in tal caso esisterebbero x1 < x2 in [a, b] tali che f (x1) = f (x2). Poich`e f (x) risulta crescente per ogni x ∈ (x1, x2), avremo f (x1) ≤ f (x) ≤ f (x2) e dunque che f (x) risulterebbe costante in [x1, x2]. Quindi f0(x) = 0 in (x1, x2) in

contraddizione con l’ipotesi. 

Osserviamo che se f0(x) > 0 in (a, b) allora f (x) `e strettamente cre-scente in (a, b) mentre ad esempio la funzione f (x) = x3 `e strettamente crescente ma f0(0) = 0.

Come applicazione notevole del precedente risultato otteniamo che ad esempio la funzione f (x) = ax risulta strettamente crescente se a > 1 mentre risulta strettamente decrescente se 0 < a < 1 essendo f0(x) = log a ax e log a > 0 se a > 1 mentre log a < 0 se 0 < a < 1.

4. FUNZIONI CONVESSE 129 4. Funzioni convesse

In questo paragrafo vedremo la definizione di funzione convessa per sole funzioni derivabili anche se tale definizione pu`o essere data per generiche funzioni (si veda ad esempio [PS]).

Sia f (x) funzione derivabile in un intervallo aperto I ⊆ R. Diremo che f (x) `e funzione convessa in I se per ogni x0 ∈ I risulta

f (x) ≥ f (x0) + f0(x0)(x − x0), per ogni x ∈ I.

Altrimenti detto una funzione risulta convessa in I se il suo grafico si svolge al di sopra delle rette tangenti.

0

Diremo invece che f (x) `e funzione concava in I se −f (x) `e funzione convessa, ovvero se per ogni x0 ∈ I risulta

f (x) ≤ f (x0) + f0(x0)(x − x0), per ogni x ∈ I Esempi

• La funzione f (x) = x2`e convessa in tutto R. Infatti, per ogni x0 ∈ R si ha

0 ≤(x − x0)2 = x2− 2xx0+ x02 = x2 − 2xx0+ 2x20− x2 0

=x2− 2x0(x − x0) + x20 e dunque x2 ≥ x2

0+ 2x0(x − x0) per ogni x ∈ R, cio`e f (x) ≥ f (x0) + f0(x0)(x − x0) per ogni x ∈ R.

0

f (x) = x2

• La funzione f (x) = ex`e convessa in tutto R. Infatti, preso comunque x0 ∈ R, proviamo che

ex≥ ex0 + ex0(x − x0) ∀x ∈ R

A tale scopo consideriamo la funzione g(x) = ex− ex0 + ex0(x − x0) e proviamo che g(x) ≥ 0 per ogni x ∈ R. Osserviamo allora che g(x) `e funzione derivabile su tutto R con g0(x) = ex− ex0. Allora g0(x) > 0 se e solo se x > x0. Ne segue che g(x) `e strettamente decrescente in (−∞, x0), `e strettamente crescente in (x0, +∞) e che x0 `e punto di minimo assoluto per g(x) su R con g(x0) = 0. In particolare si ha che g(x) ≥ 0 per ogni x ∈ R.

0

f (x) = ex

Osserviamo che ogni funzione lineare f (x) = ax + b `e sia concava che convessa in R. Infatti f (x) coincide con la sua retta tangente in ogni punto. Viceversa, `e immediato che ogni funzione sia concava che convessa in un intervallo aperto I `e funzione lineare su I.

4. FUNZIONI CONVESSE 131 Vediamo ora un criterio, conseguenza del Teorema di Lagrange, che ci permetter`a di stabilire che una funzione risulta convessa.

Teorema 5.9. (criterio di convessit`a)

Sia f (x) funzione derivabile sull’intervallo aperto I ⊆ R. Allora f (x) `

e convessa in I se e solo se f0(x) `e crescente in I.

Dim. Proviamo innanzitutto che se f (x) `e convessa in I allora f0(x) `e crescente in I. Presi x1, x2 ∈ I con x1 < x2 proviamo che f0(x1) ≤ f (x2). Essendo f (x) convessa, dalla definizione per ogni x ∈ I risulta

f (x) ≥ f (x1) + f0(x1)(x − x1) e f (x) ≥ f (x2) + f0(x2)(x − x2). In particolare, ponendo x = x2 nella prima disequazione e x = x1 nella seconda, otteniamo f (x2) ≥ f (x1) + f0(x1)(x2− x1) e f (x1) ≥ f (x2) + f0(x2)(x1− x2) da cui, essendo x2 > x1, f0(x1) ≤ f (x2) − f (x1) x2− x1 ≤ f 0 (x2) e quindi f0(x1) ≤ f0(x2).

Per provare il viceversa, supponiamo f0(x) crescente in I e proviamo che f (x) `e convessa in I. Preso comunque x0 ∈ I, consideriamo innanzitutto x ∈ I con x < x0. Dal Teorema di Lagrange esiste ξ ∈ (x, x0) tale che

f (x) − f (x0) x − x0

= f0(ξ) ed essendo f0(x) crescente ne segue che

f (x) − f (x0) x − x0

= f0(ξ) ≤ f0(x0)

e quindi, essendo x < x0, f (x) ≥ f (x0) + f0(x0)(x − x0). Analogalmente, se x ∈ I e x > x0. Ne segue allora che per ogni x ∈ I risulta

f (x) ≥ f (x0) + f0(x0)(x − x0)

e dunque che f (x) `e convessa in I. 

Sia f (x) funzione derivabile in un intervallo I ⊆ R. Diremo che f (x) `e derivabile due volte in x0 ∈ I se la funzione derivata f0(x) `e derivabile in x0. In tal caso il limite

lim

x→x0

f0(x) − f0(x0) x − x0

viene detto derivata seconda di f (x) in x0 e viene denotato con f00(x0) ed anche con f(2)(x0) e D2f (x0). Diremo inoltre che f (x) `e derivabile due volte in I se risulta derivabile due volte in ogni x0 ∈ I.

Dal precedente risultato e dai criteri di monotonia per le funzioni de-rivabili, nel caso la funzione risulti derivabile due volte in I, si ottiene immediatamente il seguente criterio

Corollario 5.5. Sia f (x) funzione derivabile due volte nell’intervallo aperto I ⊆ R. Allora f (x) `e convessa in I se e solo se f00(x) ≥ 0 per ogni x ∈ I.

Analoghi criteri si hanno per le funzioni concave.

Infine, un punto x0 ∈ I tale che esiste δ > 0 per cui f (x) risulta convessa in (x0− δ, x0) ∩ I e concava in (x0, x0+ δ) ∩ I o viceversa, viene detto punto di flesso per f (x). Si osservi che dal precedente criterio, se f (x) `e derivabile due volte in I allora f00(x0) = 0.

Esempi

• La funzione f (x) = ex abbiamo gi`a provato essere funzione conves-sa in R. Difatti risulta f0(x) = ex funzione crescente in R ed anche f00(x) = ex> 0 per ogni x ∈ R. Osserviamo che in particolare risulta

ex ≥ x + 1, ∀x ∈ R.

• La funzione f (x) = log x `e funzione concava in (0, +∞). Difatti risulta f0(x) = 1x funzione decrescente in (0, +∞) ed anche f00(x) = −1

x2 < 0 per ogni x ∈ (0, +∞). In particolare osserviamo che si ha log x ≤ x − 1, ∀x > 0.

• La funzione f (x) = arctan x `e funzione convessa in (−∞, 0) e concava in (0, +∞). Infatti, abbiamo

f0(x) = 1

1 + x2 e f00(x) = −2x (1 + x2)2

quindi f00(x) > 0 per x < 0 e f00(x) < 0 per x > 0. Il punto x = 0 `e un punto di flesso per f (x) con f0(0) = 1, dunque a tangente obliqua. • La funzione f (x) = x3 `e funzione convessa in (0, +∞) e concava in (−∞, 0), in quanto f00(x) = 6x e quindi f00(x) > 0 se x > 0 e f00(x) < 0 se x < 0. Il punto x = 0 `e punto di flesso con f0(0) = 0, dunque a tangente orizzontale.

• La funzione f (x) = √3

x `e funzione concava in (0, +∞) e convessa in (−∞, 0), in quanto f0(x) = 1 3x −2 3 e f00(x) = −2 9x −5 3

5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 133 e quindi f00(x) < 0 se x > 0 e f00(x) > 0 se x < 0. Il punto x = 0 `e punto di flesso. In tale punto la funzione non `e derivabile, difatti x = 0 `

e un punto di flesso a tangente verticale.

5. Applicazioni del calcolo differenziale

Risoluzione di equazioni trascendenti

Vediamo come i precedenti risultati ci permettono di risolvere equazioni trascendenti.

• Torniamo a considerare l’equazione log x + 1

3

x = 0. Abbiamo pro-vato, utilizzando il Teorema di esistenza degli zeri che tale equazione ammette almeno due soluzioni x0 ∈ (1

8, 1) e x1 ∈ ( 1

125,18). Proviamo che tali soluzioni sono le uniche. A tale scopo consideriamo la funzio-ne f (x) = log x + √31

x e studiamone la monotonia. Si ha che f (x) `e derivabile in (0, +∞) con f0(x) = 1 x − 1 3x43 = 3x 1 3 − 1 3x43

Avremo che f0(x) > 0 se e solo se 3x13 > 1 ovvero x > 271 . Dai criteri visti abbiamo allora che f (x) `e strettamente decrescente in (0, 1

27], `e strettamente crescente in [271 , +∞) e x = 271 `e punto di minimo assoluto per f (x) con f (271) = −3 log 3 +13 < 0. Ne segue allora che la funzione ammette un unico zero in (0,271 ) (x1 ∈ ( 1

125,271)) e un unico zero in (271, +∞) (x0 ∈ (1 8, 1)). 0 x0 x x1 α0 grafico di f (x) = log x + √31 x

• Determinare il numero di soluzioni dell’equazione log x + 1

3

x = α

f (x). Dallo studio fatto sopra abbiamo che x = 271 `e punto di minimo assoluto per f (x) con f (271) = −3 log 3 + 13 = α0. Studiamo ora il comportamento della funzione agli estremi del dominio. Abbiamo

lim

x→0+f (x) = +∞ e lim

x→+∞f (x) = +∞

Ne segue allora che sup f (x) = +∞ mentre min f (x) = α0. Dal Teo-rema dei valori intermedi abbiamo allora che f (x) assume tutti e soli i valori α ∈ [α0, +∞). Precisamente, dalla monotonia di f (x), essen-do f (x) strettamente decrescente in (0, 1

27] e strettamente crescente in [271, +∞), deduciamo che l’equazione ammette:

- due soluzioni per ogni α > α0, - una sola soluzione per α = α0, - nessuna soluzione per α < α0.

• Determinare il numero di soluzioni dell’equazione log x + 1

= 0 al variare di α > 0. Consideriamo la funzione fα(x) = log x +x1α, definita in (0, +∞). Risulta

lim

x→0+fα(x) = lim

x→+∞fα(x) = +∞, ∀α > 0. Inoltre fα(x) `e derivabile in (0, +∞) con

fα0(x) = 1 x − α

xα+1 = x

α− α xα+1

Avremo che fα0(x) > 0 se e solo se xα > α ovvero x > αα1. Dai criteri visti abbiamo allora che fα(x) `e strettamente decrescente in (0, αα1], `

e strettamente crescente in [αα1, +∞) e x = αα1 `e punto di minimo

Nel documento Appunti di Analisi Matematica Uno (pagine 113-163)

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