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Al di fuori della cerchia macedone: incontri di viaggio

Dopo aver esaminato questa prima rassegna di voci riguardanti le figure femminili che fecero parte, o entrarono nella cerchia familiare di Alessandro, è possibile notare, all'interno del materiale della Suda, altri tre lemmi che riportano notizia di altrettante donne che la tradizione accostava al sovrano durante i suoi viaggi. Come si avrà modo di notare, ciascuna di queste figure ha una dignità regale non comune e ha lasciato un segno duraturo nella vita di Alessandro, ragione per la quale si sarebbe tentati di desumere che i compilatori della Suda avessero inteso ricordarle non solo come

comparse ma come exempla degni di attenzione e, in due casi su tre, in un lemma a sé stante, così da farle risaltare in modo autonomo.

Esaminiamo ora la prima testimonianza di questi tre incontri: H 660 s.v. ̔ Ηφαιστιων - [ Excerpta] Ηφαιστιων, εται'ρος Μακεδων του' Αλεξανδρου. λογος δὲ εχει Αλεξανδρον ελθει'ν επὶ την σκηνην τω'ν γυναικω'ν Δαρειου του' Περσου καὶ παρελθει'ν εισω ξυν Ηφαιστιωνι μονῳ τω'ν εταιρων: καὶ την μητερα την Δαρειου ἀγνοησασαν οστις ὁ βασιλευς ειη αυτοιην: εσταλθαι γὰρ αμφω τω'/ αυτω'/ κοσμῳ: την δὲ Ηφαιστιωνι προσελθει'ν καὶ προσκυνη'σαι, οτι μειζων αυτη'/ εφανη εκει'νος. ως δὲ ὁ Ηφαιστιων τε ὀπισω υπεχωρησε και τις τω'ν ἀμφ' αυτην τον Αλεξανδρον δειξας εκει'νον εφη ει\ναι Αλεξανδρον, την μὲν καταιδεσθει'σαν τη'/ διαμαρτιᾳ ἀποχωρει'ν, Αλεξανδρον δὲ ου φαναι αυτην αμαρτει'ν: καὶ γὰρ εκει'νον ει\ναι Αλεξανδρον. καὶ ταυ'τα εγω ουτε ως ἀληθη' ουτε ως παντῃ απιστα ἀνεγραψα: ἀλλὰ ειτε ουτως επραχθη, επαινω' Αλεξανδρον οτι ως καὶ ταυ'τα αν πραξας καὶ ειπων, επὶ τω'/δε επαινω' Αλεξανδρον. ουτως φησὶν Αρριανος. οτι τη'ς τε ες τὰς γυναιηκας κατοικτισεως καὶ τη'ς ες τον εται'ρον πιστεως καὶ τιμη'ς. ειτε πιθανος δοκει' τοι'ς συγγραψασιν Αλεξανδρον.

Efestione, un compagno macedone di Alessandro. Ma vi è una tradizione secondo cui Alessandro era entrato nella tenda delle donne di Dario il Persiano e vi era entrato accompagnato dal solo Efestione tra gli eteri; e la madre di Dario non sapeva riconoscere quale dei due fosse il sovrano- poiché infatti entrambi erano abbigliati nello stesso modo- ella dunque si era avvicinata ad Efestione e si era prosternata di fronte a lui, poiché le era apparso di più alta corporatura. Ma quando Efestione aveva fatto un passo indietro e uno di quelli che stava con lei, indicando il re, le aveva detto che quello era Alessandro, presa da vergogna per l'errore, ella voleva ritirarsi, ma Alessandro le aveva detto che non si era sbagliata: infatti anche quello era Alessandro. E io ho riportato questo racconto non ritenendolo né vero né del tutto incredibile; ma se è avvenuto davvero così, io lodo Alessandro perché potrebbe aver fatto e detto queste cose; per questo io lodo Alessandro. Così dice Arriano. [Io lodo Alessandro] per la sua compassione nei confronti delle donne e per la fiducia e l'onore tributati al compagno. Se agli storici di Alessandro è parso possibile […].

anche su una delle personalità che Alessandro, secondo la tradizione, ebbe più care: la madre di Dario III. Bisogna però osservare che, a differenza di un'altra fonte quale Curzio Rufo65, nella voce, mutuata da Arriano, la regina non ha nome, ed è definita

unicamente dal rapporto di parentela con il re persiano. Comunque sia, il passo riportato sarebbe una ricostruzione del primo incontro tra la regina ed il conquistatore, nota già ai maggiori biografi del sovrano ossia alle probabili fonti di Arriano stesso, Tolemeo e Aristobulo, dai quali verosimilmente poteva derivare l'aneddoto: bisogna infatti sottolineare che questo brano non è una citazione fedele di un passo di Arriano, cui il compilatore si è attenuto per ciò che riguarda la sostanza e la forma lessicale, operando solo lievi modifiche nell'ordine di alcune parole o nell'anticipazione di brevi frasi66. Se si confrontano i due testi, è possibile vedere come le modifiche apportate al

testo originale si collochino in fase iniziale e finale del passo arrianeo, il che porta a dedurre che siano state fatte per adattarsi al contesto della citazione nell'opera bizantina e per trarne quindi le conclusioni che il compilatore voleva far risaltare. Nella parte iniziale viene infatti eliminata l'espressione τῇ ὑστεραίᾳ (che non avrebbe avuto senso nel nuovo contesto del lessico), mentre, nella parte finale, troviamo una più ampia rielaborazione del testo, per cui alcuni concetti passano in secondo piano, con frasi spostate e anticipate. Vale la pena esaminare nel dettaglio quest'ultima porzione della voce operando un confronto diretto:

Arr. An. 2.12.7-8 S, h 660 s.v. Ηφαιστιων ἀλλ᾽ εἴτε οὕτως ἐπράχθη, ἐπαινῶ

Ἀλέξανδρον

Se è avvenuto realmente così, io lodo Alessandro

τῆς τε ἐς τὰς γυναῖκας κατοικτίσεως

ἀλλὰ ειτε ουτως επραχθη, επαινω Αλεξανδρον

Se è avvenuto realmente così, io lodo Alessandro

οτι ως καὶ ταυ'τα αν πραξας καὶ ειπων 65 Curt. 3.12.17: […] Inde, ex captivis spadonibus, quis Alexander esset, monstrantibus Sisigambis

advoluta est pedibus eius ignorationem numquam antea visi regis excusans.

66 Arr. 2.12.6-8: λόγος δὲ ἔχει καὶ αὐτὸν Ἀλέξανδρον τῇ ὑστεραίᾳ ἐλθεῖν εἴσω ξὺν Ἡφαιστίωνι μόνῳ τῶν ἑταίρων: καὶ τὴν μητέρα τὴν Δαρείου ἀμφιγνοήσασαν ὅστις ὁ βασιλεὺς εἴη αὐτοῖν, ἐστάλθαι γὰρ ἄμφω τῷ αὐτῷ κόσμῳ, τὴν δὲ Ἡφαιστίωνι προσελθεῖν καὶ προσκυνῆσαι, ὅτι μείζων ἐφάνη ἐκεῖνος. ὡς δὲ ὁ Ἡφαιστίων τε ὀπίσω ὑπεχώρησε καὶ τις τῶν ἀμφ᾽ αὐτήν, τὸν Ἀλέξανδρον δείξας, ἐκεῖνον ἔφη εἶναι Ἀλέξανδρον, τὴν μὲν καταιδεσθεῖσαν τῇ διαμαρτίᾳ ὑποχωρεῖν, Ἀλέξανδρον δὲ οὐ φάναι αὐτὴν ἁμαρτεῖν: καὶ γὰρ ἐκεῖνον εἶναι Ἀλέξανδρον. καὶ ταῦτα ἐγὼ οὔθ᾽ ὡς ἀληθῆ οὔτε ὡς πάντῃ ἄπιστα ἀνέγραψα. ἀλλ᾽ εἴτε οὕτως ἐπράχθη, ἐπαινῶ Ἀλέξανδρον τῆς τε ἐς τὰς γυναῖκας κατοικτίσεως καὶ τῆς ἐς τὸν ἑταῖρον πίστεως καὶ τιμῆς : εἴτε πιθανὸς δοκεῖ τοῖς συγγράψασιν Ἀλέξανδρος ὡς καὶ ταῦτα ἂν πράξας καὶ εἰπὼν, καὶ ἐπὶ τῷδε ἐπαινῶ Ἀλέξανδρον. Le parti sottolineate sono quelle in cui Arriano è stato modificato nella versione presente nella Suda.

καὶ τῆς ἐς τὸν ἑταῖρον πίστεως καὶ τιμῆς: per la compassione mostrata verso le donne e per la fiducia e l'onore tributati verso il compagno

εἴτε πιθανὸς δοκεῖ τοῖς συγγράψασιν Ἀλέξανδρος ὡς καὶ ταῦτα ἂν πράξας καὶ εἰπὼν, καὶ ἐπὶ τῷδε ἐπαινῶ Ἀλέξανδρον.

Se agli storici di Alessandro è parso credibile che egli abbia fatto e detto queste cose, anche per questo aspetto io approvo Alessandro. (Trad. Sisti)

επὶ τω'/ δε επαινω' Αλεξανδρον. ουτως φησὶν Αρριανος.

perché potrebbe aver fatto e detto queste cose; per questo io lodo Alessandro. Così dice Arriano.

οτι τη'ς τε ες τὰς γυναι'κας κατοικτισεως καὶ τη'ς ες τον εται'ρον πιστεως καὶ τιμη'ς. ειτε πιθανος δοκει' τοι'ς συγγραψασιν Αλεξανδρον […]

[Io lodo Alessandro] per la sua compassione nei confronti delle donne e per la fiducia e l'onore tributati al compagno. Se agli storici è parso possibile che Alessandro […]

Come si può vedere, nella Suda passa in secondo piano ciò che per cui Arriano lodava e ammirava Alessandro, cioè la compassione e l'onore tributato all'amico in questa specifica occasione, mentre viene anticipato - quasi come un giudizio personale - il particolare per cui Alessandro “potrebbe” aver fatto o detto queste cose, viene perciò posta in primo piano l'attitudine clemente del sovrano piuttosto che il fatto in sé. Per spiegare questo uso del testo, non è possibile pensare ad un compilatore distratto, poiché il corpo centrale del brano è identico a ciò che si legge in Arriano, il che vuol dire che il compilatore bizantino doveva avere certamente sotto mano il testo originale e che lo ha seguito fedelmente; al contrario un uso poco fedele all'originale delle frasi successive può indicare una volontà precisa di apportare delle modifiche, pur riprendendo le parole di Arriano, ma cambiando l'ordine in modo tale che apparisse lievemente modificato anche il significato. Se da ἀλλὰ ειτε ουτως επραχθη a ουτως φησὶν Αρριανος, la variazione operata non modifica la sostanza del passo, l'ultima frase, invece, slegata dal contesto originario, fluttua dispersa senza connessione logica con il resto del discorso, lasciando quindi l'osservazione di Arriano sugli storici a lui precedenti completamente priva di senso.

questo episodio, a ciò che su di esso avevano già ipotizzato gli storici contemporanei al sovrano macedone, e, pur diffidando del testo, lo riportava appunto con questa clausola, non dimenticando tuttavia di citare, poche righe sopra, un'altra testimonianza al riguardo, molto più attendibile secondo il suo giudizio, poiché tratta da Tolemeo e Aristobulo, due fonti predilette per l'intera Anabasi. Pur non riguardando direttamente l'incontro con la regina, Arriano ricordava una prima delicatezza di Alessandro nei suoi confronti: sentendo i suoi lamenti per il ritrovamento delle vesti e dello scudo di Dario, egli avrebbe mandato Leonnato nella tenda della regina e delle principesse reali, con il compito di assicurare loro che egli garantiva i loro diritti regali e, informandole degli avvenimenti posteriori la sconfitta di Dario, prometteva di non recare loro alcun male né nella persona né nell'autorità67.

Sebbene quindi l'incontro di per sé, in queste modalità, sembra essere dubbio o almeno non ricostruibile, esso ebbe una grandissima fortuna in tutte le opere su Alessandro: addirittura, già a partire da Diodoro (17.37.6) si ha riscontro di questo episodio e, con struttura quasi identica a quanto narrato da Arriano, lo ritroviamo in Curzio Rufo in cui nuovamente Sisigambi si prostra ai piedi del sovrano dopo aver riconosciuto il vero re e, nel compiere questa azione, ricorre a ciò che nelle antiche corti medo-persiane era il rito della proskynesis, in origine un simbolico bacio al sovrano mutato poi in un vero e proprio atto di sottomissione, di cui lo stesso Alessandro sperimenterà il fascino e i rischi68. La medesima descrizione si ritrova

anche in Valerio Massimo il quale, dopo aver descritto il gesto della regina, in questo caso sola nel salutare il re, descrive anche il gesto di Alessandro che l'avrebbe gentilmente invitata a rialzarsi porgendole una mano69. Eppure Curzio Rufo va ancora

oltre e tocca un punto che diviene fondamentale nella relazione di affetto tra il giovane re e l'anziana regina: Alessandro rispondendo all'errore di Sisigambi esclama: “ Non ti sei sbagliata, madre, poiché anche lui è Alessandro70”; ella diviene dunque per lui, fin

da questo momento una seconda madre. Quali possono essere le ragioni di questa scelta? In primo luogo bisogna tenere presente che la figura della regina madre, specificamente per i Persiani, o almeno per il modo in cui li vedevano i Greci, non era un personaggio di secondo piano ma anzi una figura di riferimento notevole, come si 67 Arr. An. 2.12.3-5.

68 Sul significato di questo uso persiano e per l'uso che ne farà Alessandro si veda Baldson 1950: 363- 388.

69 V. Max. 5,1,8: conatumque ad genua procumbere dextera manu adlevavit [...] 70 Curt, 3.12.17. : non errasti- inquit- mater: nam et hic Alexander est.

può intuire anche solo leggendo i Persiani di Eschilo, in cui la regina Atossa domina la scena dei vinti con inusuale potenza e dignità.

Una testimonianza a tal proposito viene da un passo dello storico Dinone (FGrHist 690 )71, autore di Persikà, come riportato da Ateneo :

FGrHist 690 F27= Athen. XIII, 556 b:

“ […] tra i Persiani la regina tollera un grande numero di concubine perché il re governa sua moglie (gamete) come un padrone assoluto, e secondo Dinone, nella sua

Storia di Persia, perché la regina è trattata con riverenza dalle concubine in ogni

occasione ed esse si prostrano dinanzi a lei.”

Da ciò si evince che, escluso il sovrano che ha un potere assoluto sulla moglie, ella ha una assoluta preminenza sui membri della corte, specialmente femminili: le concubine, infatti, in questo unico caso di pratica della proskunesis in onore di una donna, adottano nei confronti della sovrana un atteggiamento di devozione religiosa. Come ha notato anche Dominique Lenfant, la forma del verbo che descrive l'azione delle sottoposte, qrhskeuvesqai72 sarebbe in primo luogo riferito alla divinità e solo in

una trasposizione successiva passa ad indicare l'omaggio alla regina. Circa la fortuna di questa tradizione presso i Greci, gli studiosi non sono del tutto concordi73, ma dal

comportamento di Alessandro si può desumere che egli dovesse prestare fede ad un codice di comportamento ben definito. In questo frangente è però utile tenere conto di un ulteriore aspetto, di carattere psicologico, ben evidenziato da Elizabeth Carney laddove afferma che “Alexander was more comfortable playing the role of royal son or

brother than that of husband for both personal and political reasons and this disposition clearly extended to his dealings with other royal dymasties74”; secondo

questa considerazione quindi, l'atteggiamento di Alessandro non solo sarebbe da intendere come una riflessione politica ma avrebbe le proprie radici nel suo rapporto con la madre, particolarmente stretto fino a diventare quasi edipico, e che egli avrebbe, consapevolmente o no, teso a riprodurre con le altre figure femminili che, per età e posizione, potevano affiancarsi ad una figura materna o riconducibile alla sfera 71 Circa le notizie sull'autore si veda Lenfant 2009: 51-74.

72 Circa il ruolo delle donne alla corte persiana e ai legami che intercorrevano tra le varie gerarchie femminili del palazzo si veda Briant 2002: 275-286; per il problema applicato nello specifico a questo passo si veda Lenfant 2009: 231-237.

73 Per una discussione dettagliata del problema si veda Sancisi-Weerdenberg 1983: 20-33; Hall 1989: 95; Brosius 1996: 186-88.

familiare. A questo proposito, è sufficiente citare un altro palese esempio di identificazione con la figura materna: il caso di Ada di Caria75. Essa infatti ricevette un

trattamento analogo a quello della madre di Dario III: Plutarco (Alex. 22.7) racconta che anche lei ricevette l'appellativo di madre e che Alessandro volle riconfermarla al governo della regione, come specificato anche da Arriano (1.23.8); ella in cambio si preoccupò di mandare le più pregiate leccornie al suo figlio acquisito, che tuttavia non volle accettarle, giacché il suo tutore gli aveva insegnato per esercitare la moderazione, abituandolo a rifiutare anche quelle provenienti dalla sua stessa madre. Arriano, con meno particolari ma forse in maniera più veridica, racconta che Ada adottò ufficialmente Alessandro come figlio (1.23.8).

Come si vede, le analogie tra i due casi sono evidenti; una teoria interessante sul perché Alessandro adottò più volte questa pratica è stata avanzata da Maria Brosius che ha portato alla luce alcune testimonianze sul fatto che nel vicino Oriente il sovrano di una dinastia subentrata alla precedente dovesse attenersi ad un particolare codice di rispetto verso la regina madre del precedente sovrano76: tuttavia, non è chiaro come

Alessandro avesse potuto conoscere tale tradizione, e di conseguenza tale difficoltà ha spostato l'attenzione della critica da questo punto alla questione politica. In effetti, questo ultimo aspetto non è marginale: la regina madre rappresentava una continuazione con la dinastia precedente, e, nel progetto del macedone, questo aspetto era indubbiamente preso in considerazione, come le sue successive azioni dimostrano; tributarle un rispetto particolare, oltre ad aver assecondato una sua personale inclinazione, psicologica o meno, aveva certamente un significato politico ben preciso. La regina, infatti, non mancò di notare che il suo destino, da quel momento, era indissolubilmente legato a quel ragazzo, o più precisamente, al suo disegno di continuità con il passato persiano: alla morte di Alessandro le fonti (Diod. 17.118.3; Iust. 13.1.5-6; Curt. 10.5.19-25) raccontano che ella si suicidò. Al di là dell'affetto che ella poteva aver nutrito nel tempo per Alessandro, è probabile che il gesto estremo fosse scaturito dall'aver compreso che, dopo di lui, la sua vita sarebbe stata in pericolo, e sarebbe diventata uno dei bersagli della rivalsa di una classe macedone che non aveva mai realmente approvato il progetto di Alessandro; è lecito pensare che nei giorni precedenti la morte del sovrano, mentre le sue condizioni peggioravano, alcuni discorsi di tal genere avessero cominciato a circolare. Un'ultima considerazione merita 75 Sulla figura di Ada si veda Bosworth 1980: 152-4.

attenzione a questo proposito: Sisigambi godette del prestigio e della considerazione di Alessandro fino alla fine della vita del sovrano, mentre Ada dopo un certo periodo sparì dalla scena. Ancora una volta sarebbe da ipotizzare un motivo politico, come ben intuito dalla Carney: a suo giudizio “Sisygambis' prominence continued because

Alexander made long term capital out of claiming to be legitimate ruler of the Persian empire whereas Ada sank into obscurity because rule of Caria had no long term significance [...]77”. Il giovane macedone, di conseguenza, non agì mai soltanto per

ispirazione momentanea ma sempre con una particolare attenzione al suo ruolo regale, con interessi da tutelare e scopi da raggiungere. Egli cercò di unire i vantaggi che poteva ricavare dalla stirpe persiana, in termini di continuità politica, con un livellamento dei rischi che ciò comportava- la fama filo-orientalizzante, l'amore del lusso, la condanna greca della trufhv – e, come evidenziato nello studio della Carney, il risultato di questo comportamento contraddittorio fu che egli tenne queste donne in una rispettosa distanza senza permettere loro di costruire quell'indipendenza di potere che invece aveva egli stesso garantito alla madre Olimpiade e alla sorella Cleopatra78.

La particolarità della figura di Sisigambi, tuttavia, non viene colta dal compilatore bizantino, poiché il passo in cui ella compare non viene citato con riferimento a lei ma ad Efestione, la voce specifica cui è dedicato il lemma, e la modifica finale al frammento di Arriano sembra suggerire un interesse del compilatore per il giudizio morale su Alessandro ma una totale dimenticanza dei personaggi femminili sulla scena e del loro significato.

L'interesse bizantino, seppur senz'altro secondario come vedremo, per le regine di paesi esotici, si desume da un'altra voce, questa volta dedicata specificamente ad una personalità femminile, Candace, regina di Meroe.

K 301 s.v. Κανδακη - [Suid. fortasse ex A 1121]

Κανδακη: ἡ τω'ν Αιθιοπων βασιλισσα. καὶ ζητει εν τη'/ Αλεξανδρου ἱστοριᾳ. Candace: regina degli Etiopi. Guarda anche sotto la storia di Alessandro. 77 Carney 2003: 250.

78 Carney 2003: 251, “ Alexander tried to take advantage of the positive symbolic value of these women without being compromised by the negative part of the tradition. The result of these contradictory goals was that Alexander kept his distance from all these women and could not possibly have allowed any of them to build the kind of independent base he granted his mother and sister. Their role as ambiguous symbols prevented them from having meaningful access to royal power.”

Come appare evidente dall'uso del verbo zhvtei, si è in presenza non di un lemma ma di una glossa; tuttavia, la problematicità di quest'ultima risiede nella sua tipologia: nei Prolegomena alla Suda, infatti, la Adler definisce diverse categorie in cui possono rientrare le glosse che ha individuato e spiega anche come gli editori dei diversi codici in cui comparivano le hanno trattate, respingendole o accettandole negli apparati critici79. Il caso qui riferito è tuttavia considerato dubbio dalla Adler, che lo segnala

come appartenente alla tipologia delle glossae iteratae; tuttavia, non è chiaro se effettivamente possa considerarsi tale. Segue poi l'identificazione del lemma cui questa voce potrebbe fare riferimento (A 1121) che sarebbe l'unico in cui si fa menzione di Candace in relazione alla figura di Alessandro e che il copista avrebbe quindi tenuto presente nell'aggiungere il richiamo alla voce in oggetto. Per capire tuttavia se tra i due personaggi vi sia o meno una qualche attinenza, al di là del richiamo del compilatore, è bene esaminare innanzitutto ciò che è reperibile su questa figura femminile e sui suoi attributi.

Il personaggio di Candace80 è piuttosto controverso, già a partire dal nome: in

effetti Candace non si riferirebbe ad una precisa sovrana, ma sarebbe un titolo che le regine del regno di Kusch - poi chiamato Etiopia in epoca classica e collocato oltre la prima cataratta del Nilo nella zona della Nubia (Sudan settentrionale) - si tramandavano da generazioni; il nome deriverebbe dalla trascrizione del dialetto Merotico kte o kdke che letteralmente significa “regina madre”. Un cenno a questa tradizione nell'onomastica locale si ritrova nella testimonianza di Plinio il Vecchio che, nella Naturalis historia, descrivendo la città di Meroe afferma: “La città [Meroe] ha pochi edifici. Dicevano che vi regnava una donna di nome Candace, nome che si era tramandato per molti anni a quelle regine” (NH, 6.35.186); da questo si comprende come egli avesse unito il passaggio di questo titolo onorifico, tipico, secondo quanto affermato da Larry Williams e Charles Finch, di una società matriarcale81, con un

79 Si veda Adler, Prolegomena: XV- XVI

80 Per le notizie sul personaggio e la derivazione onomastica di Candace nel regno di Kush si vedano Snowden 1970; Van Sertima 1990.

81 Williams e Finch 1990: 12, “ the matriarchy, probably the oldest form of social organization, appears to have evolved first in Africa. Even when the patriarchy emerged and began to supplant the older social organization, matriarchal social forms in Africa have thrived in whole or in part up to the present. Even the avowedly patriarchal pharaonic theocracy of Egypt felt this imprint, since the inheritance of the Egyptian throne was determined through the female line. […] The Ethiopian queenship represents the vigor and vitality of matriarchal values in the Nile Valley and in Africa as a whole.”

nome proprio, abbinato alla persona regnante, al punto che esso venne poi trasferito come nome proprio alle varie regine nel corso del tempo.

Secondo l'analisi condotta dai due studiosi citati, il modello della società etiope si basava interamente su questa linea femminile; la regina madre garantiva una linea di successione e durante l'incoronazione adottava spesso la moglie del sovrano come sua erede, secondo una sorta di linea matrilineare che si riscontra in altre società dell'Africa. Le consorti reali così designate erano pertanto esse stesse Kdkes, ossia Candace, regine a loro volta. Questo potere indipendente che esse detenevano ha indotto spesso a pensare che in questa società mancasse una figura di sovrano e che l'elemento fondante del governo fosse esclusivamente femminile: così non è, il re era infatti presente ma certo la società era “matriarcale” nel senso che il potere e il

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