• Non ci sono risultati.

I L «G IOVANE DI GLORIOSA ASPETTATIONE »: R ITRATTO DI U GOLINO M ARTELL

Il Ritratto di Ugolino Martelli dello Staatliche Museen di Berlino (Fig. 15), nonostante la datazione precoce, insieme all‟effigie della poetessa Laura Battiferri, è una delle immagini più complesse tra quelle elaborate dall‟artista. Nell‟opera, che chiama in campo tutte le competenze acquisite da Bronzino in termini di contraffazione del mondo naturale e artificiale, la pittura si serve non solo della poesia ma anche della scultura al fine di costruire un cammeo biografico visivo dell‟effigiato, che ne descriva le sembianze esteriori, come quelle interiori, e allo stesso tempo racconti un episodio che aveva segnato gli anni antecedenti all‟esecuzione dell‟opera. Si tratta di un evento che verosimilmente lo influenzò nella scelta di un percorso di vita dedito allo studio delle humanae litterae.

Figlio di Margherita di Giovanvittorio Soderini e di Luigi di Luigi Martelli, quest‟ultimo commerciante di seta che si dedicò soprattutto all‟attività politica divenendo uno dei più convinti sostenitori di Cosimo I, Ugolino nasce a Firenze nel 1519656. Il giovane che, nel 1537, appena diciottenne, sarebbe partito alla volta di Padova per condurre i suoi studi giuridici, entra in contatto con Benedetto Varchi già dal 1531, anno in cui una missiva del letterato a Pietro Vettori testimonia la sua familiarità con i Martelli: «[…] mi sono risoluto a questo bel tempo, che mai non vidi il più bello, d‟andarmene a stare queste due feste a le Gore, luogo di Luigi Martelli sotto Careggi, dove sono stato altre volte»657. In questi anni, è verosimile che Varchi fosse precettore del ragazzo, che avrebbe giovato tantissimo degli

654 R.B

ORGHINI, Il Riposo, cit., p. 607 («La prima figura che egli facesse di marmo fu un San paolo, che fu mandato a Lisbona, la qual figura havendo veduta Luca Martini, il condusse in Pisa, & il tenne in casa sei anni»).

655 Si tratta dei componimenti «Tanto m‟affligge, e mi tormenta il Core» (CXCIX), inviato a Bronzino, e di

«Varchi divin, che con si dolci note» destinato al letterato. Per quest‟ultimo si veda: B.VARCHI,Cento sonetti,

cit., BNCF, II. VIII. 140, p. 94.

656

Su Ugolino Martelli si veda VANNI BRAMANTI, Ritratto di Ugolino Martelli (1519-1592), «Schede

umanistiche», 1999, 2, pp. 5-53.

657 Lettera di Benedetto Varchi a Pietro Vettori, datata 17 luglio 1531. Londra, British Library, Add. Ms., 10273.

195 insegnamenti di questi, come dei suoi rapporti amicali con Pietro Vettori; quest‟ultimo, difatti, divenne vera e propria guida di Ugolino, oltre che suo fedelissimo amico, sempre pronto a sostenerlo, come documentano ben cinquanta lettere, datate tra il 1536 e il 1577, inviate dal Martelli all‟umanista658. L‟ipotesi che Luigi Martelli avesse affidato proprio a Varchi il compito di seguire il figlio nel suo percorso di formazione appare ulteriormente rafforzata da una lettera, inviata da Ugolino a Vettori, a proposito di una lezione di Francesco di Vieri, detto il Verino:

Carlo mio fratello, mi avvisò per lettera come riscontrandovi per la via, come accade, et havendolo voi domandato di nostro padre, gli domandasti ancora di me et gli dicesti come il Verino era risoluto di leggere fatto Ogni Santi. Io lo dissi a mio padre, aggiugnendovi che s‟e‟ voleva ch‟io udissi questo anno il Verino, facessi ch‟io fussi alla prima lettione, perché perso la et persole tutte. Egli in fatto non ha volsuto ch‟io venga costì per insino ch‟el non sappia che sia tornato il Varchi659

Le ansie di Ugolino – dispiaciuto di perdere la prima lezione del filosofo, che sarebbe servita da viatico per tutte le altre – non riescono infatti a convincere Luigi a mandare il figlio a Firenze senza Benedetto Varchi, in quella occasione recatosi a Padova.

In un momento che si dovrà presupporre prossimo all‟esecuzione del ritratto, sono proprio Vettori e Varchi, a fornire una descrizione di quella che doveva essere la personalità del giovane, che già da questi primissimi anni, tra i molti suoi coetanei che gravitavano nell‟orbita dei due letterati, pare distinguersi non solo per la predisposizione agli studi umanistici – che presto lo condurranno ad abbandonare quelli giuridici, con grande disapprovazione del padre660 – ma anche per le qualità umane. A riguardo il Vettori scrive a Varchi il 6 luglio del 1537:

Di Ugolino quanto io gli sia affezionato, non vel‟ potrei agevolmente esprimere: pur per l‟altra mia vene ragionai assai, poiché mi son trovato seco, l‟ho meglio conosciuto; et certo ho visto in lui molte buone parti: Soprattutto un amico sincerissimo et buono, et tutto vagho di cose honeste et virtuose: per

658

UGOLINO MARTELLI, Lettere a Pietro Vettori (1536-1577), a cura di Vanni Bramanti, Manziana (Roma), Vecchierelli Editore, 2009.

659 Lettera inviata da Ugolino Martelli, da Pescia, a Pietro Vettori a Firenze, il 29 ottobre del 1536. U.M

ARTELLI,

Lettere, cit., p. 31.

660 Luigi Martelli si sarebbe forse pentito di aver affidato il figlio a Benedetto Varchi, sotto la cui guida il

giovane di certo si formò con completezza ma allo stesso tempo coltivò quelle aspirazioni letterarie che lo tennero lontano dagli studi giuridici. Ciò appare chiaramente in una lettera di Luigi al figlio, inviatagli quando quest‟ultimo si era già trasferito a Padova e datata 12 aprile 1538, nella quale esprime particolare apprensione per il tempo dedicato alla poesia volgare, attività che secondo il Martelli, il figlio svolge per far piacere a Varchi. V.BRAMANTI, Ritratto di Ugolino Martelli, cit., p. 15 («E così sì riceve‟ il sonetto, quale ho letto, né sapendo se l‟avessi per male, non l‟ho voluto mostrare ad altri. E perché tu mi fai scuse che ‟n tali cose non vi perdi tempo se non in viaggio, che non ti tolgano dalle lectione tua, ho molto caro, né mi può dare maggior contento. Non già non n‟abbia caro che tu avessi ancora codesta virtù, ma io vorrei prima possedessi le lettere latine e umanistiche, ebraiche e legiste, che sono quelle che fanno dare riputazione; e avendo presentito da qualche d‟uno che viene di costà, ho inteso vi perdi molto tempo per satisfare a messer Benedetto, el quale non doverrebbe farviti perdere tempo se ti vuole bene»).

196

non consumare molte parole non mene potrei sodisfar; et mi duole di non viver per hora nella città che mi troverei spesso seco, et di quello potessi, l‟aiuterei: si perche so‟ che farei cosa grata a voi, et si perche un si buono ingegno merita d‟essere aiutato da ogniuno, est enim summe spei adulescens661

Parole che erano state anticipate da un‟altra missiva del Vettori al Varchi, di appena sei giorni prima, nella quale il letterato, elogiando il giovane sopra ogni misura affermava: «volesse Dio che de‟ suoi pari ne fussero nella Città nostra assai, che se ne potrebbe sperare ogni bene»662

. Tramite il Varchi, Ugolino, ancora prima della partenza per Padova, caduta a metà novembre del 1537, era riuscito a conquistare l‟amicizia di Annibal Caro663

e Francesco Molza664 e a intessere rapporti epistolari con Pietro Bembo665 e Pietro Aretino. Proprio quest‟ultimo, come documenta una lettera del 12 settembre dello stesso anno al Varchi, aveva un‟alta considerazione del Martelli che definisce «giovane di gloriosa aspettatione»666

. Ugolino si era difatti dimostrato promettente, non solo nello studio dei testi greci e latini, ma anche nella produzione di rime in volgare, raggiungendo quella formazione polivalente che si richiedeva non solo ad un‟umanista del Cinquecento, ma a un membro di una famiglia aristocratica. A tal proposito interessante è quanto, per esempio, sostenuto sulle humanae

litterae da Baldassar Castiglione, secondo il quale «oltre alla bontà, il vero e principal

ornamento dell‟animo in ciascuno penso io che siano le lettere»667

. Ancora a proposito della figura di cortigiano ideale da lui profilata, Castiglione scrive:

Il qual voglio che nelle lettre sia più che mediocremente erudito, almeno in questi studi che chiamano d'umanità; e non solamente della lingua latina, ma ancor della greca abbia cognizione, per le molte e varie cose che in quella divinamente scritte sono. Sia versato nei poeti e non meno negli oratori ed istorici ed ancor esercitato nel scriver versi e prosa, massimamente in questa nostra lingua vulgare […] E se, o per altre facende o per poco studio, non giungerà a tal perfezione che i suoi scritti siano degni di molta laude, sia cauto in supprimergli per non far ridere altrui di sé, e solamente i mostri ad amico di chi fidar si possa; perché almeno in tanto li giovaranno, che per quella esercitazion saprà giudicar le cose altrui; ché invero rare volte interviene che chi non è assueto a scrivere, per

661

ASF, Carte Strozziane, prima serie, CXXXII, cc. 61r-62r in A.CECCHI, Il Bronzino, cit., p. 21.

662 Lettera di Pietro Vettori a Benedetto Varchi, datata 30 giugno del 1536, in Prose fiorentine, parte IV, vol. I,

Firenze, Tartini e Franchi, 1734, pp. 4-6: 5 («Mi duole la stanza di questo suolo, perché se fussi in Firenze, non mancherei d'aiutare al vostro Messer Ugolino circa gli studi in quello, che potessi, che in verità è giovanetto, che merita ogni bene per la gentilezza, e buono ingegno, ed ottima mente sua; che ancorché, quando ci eravate, mi trovassi molto più seco, che non so ora, ho meglio conosciuto poi la sua bontà, e le buone doti dell‟anima: e sebbene sempre me lo lodaste sommamente, ed io presti meravigliosa fede alle parole vostre, pare si crede più a quello, che si vede, che al testimonio di qualsivoglia; tant‟è, che io gli sono affezionatissimo, e spero di lui ogni buon successo, e volesse Dio, che de‟ suo‟ pari ne fussero nella Città nostra assai, che se ne potrebbe sperare ogni bene»).

663 A.C

ARO, Lettere Familiari, cit., I, pp. 47, 60, 73, 153.

664 Ivi, p. 47 («[…] il Molza ebbe poi li sonetti di Ugolino e mi dice che risponderà»). 665

Lettere di diversi re e principi a Monsignor Pietro Bembo scritte [Venezia 1560], a cura di Daria Perocco, ristampa anastatica, Milano, Forni, 1985, nn. 36, 52.

666 In A.C

ECCHI, Il Bronzino, cit. p. 30.

667

197

erudito che egli sia, possa mai conoscer perfettamente le fatiche ed industrie de‟ scrittori, né gustar la dolcezza ed eccellenzia de‟ stili, e quelle intrinseche avvertenzie che spesso si trovano negli antichi668 Una poliedricità che connota anche il Martelli e che Varchi sintetizza in una lettera del 1539 inviata a Ludovico Dolce:

Rimandole l‟altro [sonetto] un poco ritocco, e uno di quel Martello, che è un Giovanetto nobile, e molto letterato, Greco, Latino di suo tempo e di nuovo si è dato al Toscano669

È proprio un giovane letterato, conoscitore dei classici greci e latini, oltre che dei poeti suoi contemporanei, quello presentato da Bronzino670, che coglie il Martelli in un momento di riflessione durante lo studio. Ugolino – “malinconico giglio” lo definì Adolfo Venturi nella sua Storia dell‟arte italiana671 – vestito di scuro, si volge di tre quarti, sfuggendo lo sguardo

del riguardante e mostrando ad un probabile interlocutore, verso il quale il libro è rivolto, il testo del IX libro dell‟Iliade:

Ὣο νἳ κὲλ Τξῶεο θπιαθὰο ἔρνλ· αὐηὰξ Ἀραηνὺο/ ζεζπεζίε ἔρε θύδα θόβνπ θξπόεληνο ἑηαίξε,/ πέλζεϊ δ' ἀηιήηῳ βεβνιήαην πάληεο ἄξηζηνη./ ὡο δ' ἄλεκνη δύν πόληνλ ὀξίλεηνλ ἰρζπόεληα/ βνξέεο θαὶ Ζέθπξνο, ηώ ηε Θξῄθεζελ ἄεηνλ/ ἐιζόλη' ἐμαπίλεο· ἄκπδηο δέ ηε θῦκα θειαηλὸλ/ θνξζύεηαη, πνιιὸλ δὲ παξὲμ ἅια θῦθνο ἔρεπελ·/ ὣο ἐδαΐδεην ζπκὸο ἐλὶ ζηήζεζζηλ Ἀραηῶλ./ Ἀηξεΐδεο δ' ἄρεϊ κεγάιῳ βεβνιεκέλνο ἦηνξ/ θνίηα θεξύθεζζη ιηγπθζόγγνηζη θειεύωλ / θιήδελ εἰο ἀγνξὴλ θηθιήζθεηλ ἄλδξα ἕθαζηνλ,/ κὴ δὲ βνᾶλ· αὐηὸο δὲ κεηὰ πξώηνηζη πνλεῖην./ ἷδνλ δ' εἰλ ἀγνξῇ ηεηηεόηεο· ἂλ δ' Ἀγακέκλωλ/ ἵζηαην δάθξπ ρέωλ ὥο ηε θξήλε κειάλπδξνο

Così facevano guardia i Troiani, e intanto gli Achei/ erano vinti dal panico orrendo, compagno della disfatta agghiacciante:/ tutti i capi erano in preda a intollerabile pena./ Come due venti sollevano il mare pescoso,/ Borea e Zefiro soffiano questi di Tracia,/ improvvisi, e subito l‟onda nera/ si gonfia e sputa lungo la riva molte alghe;/ così era stracciato il cuore nel petto degli Achei./ L‟atride, colpito da grande strazio nell‟anima,/ andava e veniva, agli araldi voci acute ordinando/ di chiamare gli uomini all‟assemblea, a uno a uno, per nome,/ senza gridare; e lui stesso si dava da fare tra i primi./ Sedettero in assemblea, sconsolati; e Agamennone/ s‟alzò, versando pianto, come una fonte acqua bruna672

668 Ivi, pp. 93-94.

669 S

ALVINO SALVINI, Fasti consolari dell‟Accademia Fiorentina, Firenze, Tattini e Franchi, 1717, p. 29.

670

Un altro presunto ritratto del giovane, la cui attribuzione è divisa tra Pontormo e Salviati, si trova alla National Gallery di Washington. Si veda a proposito P.COSTAMAGNA, Pontormo, cit., pp. 328-329. Due ritratti più tardi del Martelli, uno di Santi di Tito, l‟altro del Passignano, sono invece segnalati da Vanni Bramanti.V. BRAMANTI, Ritratto di Ugolino Martelli, cit., p. 6, nota 3; p. 48 e nota 188, pag. 52 e nota 215.

671 A.V

ENTURI, Storia dell‟arte italiana, cit., IX, pp. 36-38 («fiorisce, malinconico giglio, in un angolo della severa Firenze del Cronaca, nel silenzio dei grigi […] Il segno dei lineamenti è preciso, ma ondulato e sensitivo, e conserva tutta la perspicuità del segno fiorentino del Quattrocento, con una concisione rigorosa e nuova. Mirabile il contrasto tra le fresche labbra rosse e le carni marmoree, l‟estrema giovinezza della figura e la severità dei lineamenti immoti e chiusi, la pensosa serietà dello sguardo. Una mano pallida segna le pagine del libro, su cui il giovane studioso va riflettendo; e il tappeto d‟un verde erba freschissimo, il tavolo porfireo, il velluto turchino del libro chiuso, son le note di colore che sole emergono dal fondo grigio»).

672 O

MERO, Iliade, edizione a cura di Rosa Calzecchi Onesti, con prefazione di Faustino Codino, Torino, Einaudi, 1963, pp. 286-287.

198 L‟Iliade non è tuttavia l‟unico libro presente nel ritratto: Ugolino ne regge un secondo dalla copertina azzurra nella mano sinistra, sul cui piatto si legge M. P. BEMBO, mentre un terzo, con

la scritta MARO, chiaro riferimento a Publius Virgilius Maro, è adagiato sul tavolo. La figura del giovane si staglia su uno sfondo architettonico tipico fiorentino – la cui struttura tripartita sarebbe stata poi ripresa dal pittore, anche se svolta in modo diverso, nel Ritratto di

Bartolomeo Panciatichi – di cui il pittore mostra l‟inconfondibile bicromia data

dall‟accostamento della pietra serena, utilizzata secondo i dettami brunelleschiani per gli spigoli e le cornici di porte e finestre, all‟intonaco bianco delle pareti. Proprio all‟interno di una cornice in pietra serena è inserita, sullo sfondo a sinistra, verso la quale si dirige la fuga prospettica, la scultura di David – già attribuita a Donatello e poi passata ad Antonio o Bernardo Rossellino673 – di proprietà dei Martelli e grazie alla quale è stato possibile individuare l‟identità del giovane e ipotizzare, come luogo della scena, il cortile di Palazzo Martelli nell‟omonima via674

.

Il brano dall‟Iliade mostrato dal giovane675

– riferito al momento in cui Achille decide di ritirarsi dalla guerra, e Ulisse, inviato da Agamennone, conduce un‟ambasceria dal Pelide per convincerlo a tornare in battaglia – la presenza di un testo di Virgilio e di uno del Bembo, oltre che la scelta di collocare sullo sfondo la scultura di David, divengono elementi “parlanti”

673

La scultura ritratta nel dipinto è conservata oggi alla National Gallery of Art di Washington. La critica non concorda completamente sull‟attribuzione a Donatello. John Pope-Hennessy assegna l‟opera ad Antonio Rossellino, e la data al 1470-1475 circa; Clarence Kennedy e Frederick Hartt spostano l‟attribuzione al fratello minore di Antonio, Bernardo; dello stesso parere è Ursula Schlegel. In ogni caso l‟invenzione rimane di Donatello, come mostra il bronzo David con la testa di Golia, conservato al Dahlem di Berlino. Si vedano: JOHN

POPE-HENNESSY, The Martelli David, «The Burlington Magazine», CI, 1959, pp. 134-139; ID., Il David

Martelli, in La scultura italiana del Rinascimento. Saggi, Torino, Umberto Allemandi, 1986, pp. 129-140; ID.,

Donatello scultore, Torino, Umberto Allemandi, 1993, p. 322, nota 33;FREDERICK HART, New Light on the

Rossellino Family, «The Burlington Magazine», CIII, 1961, pp. 387-392; URSULA SCHLEGEL, Problemi intorno

al David Martelli, in Donatello e il suo tempo, atti del convegno dell‟VIII convegno internazionale di studi sul

Rinascimento (Firenze, Padova, 25 settembre-1 ottobre 1966), Firenze, Istituto nazionale di studi del Rinascimento, 1968, pp. 245-258.

674

È Luigi Martelli a informare, come lui e la sua famiglia si fossero trasferiti nel palazzo giorno 1 novembre del 1516. ASF, Carte Strozzine, V, 1471, c. 105 in V.BRAMANTI, Ritratto di Ugolino Martelli, cit., p. 7, nota 10 («Ricordo come oggi questi dì primo di novembre 1516 ritornai nella casa nostra in nella via de‟ martelli con la donna mia e i mia figliuoli che a Dio piaccia mantenerci lungo tempo con buona sanità»). Resta tuttavia problematico comprendere quale Palazzo Martelli sia quello rappresentato, visto che la famiglia ne possedeva più di uno nella stessa strada. Su tale problema si veda: E.CROPPER, Prolegomena to a New Interpretation of

Bronzino‟s Florentine Portraits, in Renaissance studies in Honor of Craig Hugh Smyth, a cura di Andrew

Morrogh e altri, II, Firenze, Giunti Barbèra, 1985, pp. 149-162: 151-155.

675Come dimostrato da Maurice Brock, Bronzino riproduce con meticolosità l‟edizione fiorentina dell‟Iliade

stampata nel 1519 da Filippo Giunta. Non ci sarebbero nel dipinto, di conseguenza, quegli errori di trascrizione del testo riscontrati da Wilson, risultati dal raffronto con le edizioni aldine (1504, 1517, 1524). Si vedano: M. BROCK, Le “Portrait d‟Ugolino Martelli” par Bronzino: un Homère florentin?, in Homère à la Renaissance:

mythe et transfigurations, atti del convegno (Roma, Accademia di Francia, 27-29 novembre 2008) a cura di

Luisa Capodieci e Philip Ford, Parigi, Somogy Éditions d‟Art, 2011, pp. 323-344: 326-332.; NIGEL G.WILSON,

Greek inscriptions on Renaissance paintings, «Italia medioevale e umanistica», XXXV, 1992, pp. 215-252: 250-

199 di una composizione il cui significato potrebbe non essere univoco e prestarsi a più interpretazioni. Diverse difatti le ipotesi avanzate dagli studiosi.

Elizabeth Cropper porta l‟attenzione su ciò che ha provocato il rifiuto di Achille a combattere per Agamennone, cioè la contesa tra i due condottieri per la schiava Briseide676. Secondo la studiosa americana il testo di Omero rimanda direttamente ad un evento che aveva colpito la famiglia Martelli: il cugino di Ugolino, Ludovico677 era morto in un duello con Giovanni Bandini, con il quale si contendeva l‟amore per Marietta de‟ Ricci, moglie di Niccolò Benintendi. Il David in questo contesto, secondo la Cropper, mirerebbe alla glorificazione di Ludovico, difensore della libertà repubblicana, come opposto al Bandini, che invece sosteneva la restaurazione medicea.

Rudolf Wildmoser legge presenza del brano omerico come un riferimento alla cultura letterarie e alle capacità oratorie di Ugolino678. Il libro IX dell‟Iliade è l‟unico del poema in cui c‟è una tregua alla guerra, e sono di scena le qualità dialettiche dei protagonisti. Secondo lo studioso questo tipo di interpretazione è avallata dal David, che l‟artista modifica eliminando le componenti violente – in particolar modo il sasso conficcato nella fronte del gigante – per mettere in risalto principalmente le doti intellettive dell‟eroe ebreo. Bronzino non dipinge la statua nella sua originalità, ma ne realizza «un‟interpretazione virtuosa»679

, addolcendo l‟attitudine e conferendogli maggiore morbidezza. In tal modo «non più costretto dalla sua tridimensionalità, il David dipinto può ergersi in un modo che è al contempo naturale e artificiosissimo e, grazie all‟abilità del pittore, può partecipare al clima disteso e umanisticamente equilibrato che circonda Ugolino»680.

La comprensione dell‟opera è poi complicata dal fatto che non è palesato allo spettatore quali testi di Virgilio e di Bembo Ugolino stia consultando. Alla data di realizzazione del ritratto – collocata dalla maggior parte degli studiosi al 1537, cioè prima della partenza del giovane per Padova – tutte le opere più importanti del Bembo erano già state pubblicate: nel

676 E.C

ROPPER, Prolegomena, cit., pp. 155-156.

677 L‟evento è ricordato in P

OMPEO LITTA, Famiglie celebri italiane, IX, Milano, Presso Paolo Emilio Giusti stampatore, 1819, ad vocem («E‟ celebrato il suo nome in tutte le storie per un famoso duello ch‟ebbe nel tempo in cui le milizie di Clemente VII unitamente a quelle di Carlo V, assediavano Firenze nel 1530, onde distruggere quella repubblica. Lodovico, in questa lotta, combatteva per la difesa della patria, ed era in gran reputazione, non solo per il suo amore per la libertà, ma pel suo coraggio, e per suo valore. Aveva egli avuto alterco ne‟ passati tempi con Giovanni Bandini, per cagione di Marietta de‟ Ricci, moglie di Niccolò Benintendi, e avendo Il Bandini col seguire le parti del pontefice preso le armi contro la repubblica, Lodovico gli mandò il cartello di sfida, chiamando traditori della patria e certi nemici di Cristo lui e tutti i fiorentini che erano al campo nemico. La repubblica diè il suo assenso ed ugualmente il principe d‟Orange comandante l‟assedio, che fece disporre uno steccato chiuso a piè del monte Baroncelli, oggi Poggio Imperiale»).

678

RUDOLF WILDMOSER, Das Bildnis des Ugolino Martelli von Agnolo Bronzino, «Jahrbuch der Berliner Museen», XXXI, 1989, pp. 181-213.

679 N.M

ACOLA, Sguardi e scritture, cit., p. 73.

Documenti correlati