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Gabriele D’Annunzio.

Gabriele D’Annunzio fu, tra i tanti personaggi illustri che frequentarono Marina di Pisa, sicuramente il più importante, e se si cerca un motivo fra i tanti che spinsero il poeta ad adottare la Marina di Pisa come luogo di riposo e ispirazione per le sue poesie, certamente lo si può legare a colei che per prima ce lo portò, Eleonora Duse. La famosa attrice teatrale aveva già trascorso intorno al 1896 un breve periodo nella località marittima, in una delle prime case di via Maiorca, presso la famiglia Giusti, qui ricercava un pò di pace dopo un rapporto burrascoso con il giornalista napoletano Martino Cafiero26, padre

del figlio che diede alla luce proprio a Marina e che purtroppo morì dopo pochi giorni; da allora passò un anno prima che vi facesse ritorno, questa volta con Gabriele D’Annunzio. D’annunzio era già stato a Pisa in passato, alloggiato all’albergo Victoria sul lungarno Regio, oggi Pacinotti. Come già detto in precedenza fu la Duse a condurlo a Marina, in quel tempo ancora in fase di sviluppo e quindi carica di suggestione grazie ai suoi paesaggi, che tanti pittori come Nino Costa e Amedeo Lori rappresentarono nei loro quadri e che il poeta riuscì a fissare in modo indelebile nelle sue poesie.

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La coppia viveva in questi anni l’apice del loro rapporto; dopo un lungo peregrinare che li porto in Grecia e Egitto27, nel 1897 trovarono riparo a

Bocca d’Arno nella vecchia Dogana, affittata alla Duse dai figli di Baldassarre Ceccherini il sette luglio del 189928, chiedendo che non venisse apportato

nessun lavoro di manutenzione, facendo in modo che restassero intatti i davanzali e le soglie infestate dalle erbe, nonché i nidi delle rondini sotto il tetto; tutto per preservare l’alone di rusticità e romanticismo che la Dogana racchiudeva, ribattezzata da D’Annunzio “Casa delle Rondini”;

La coppia avrebbe potuto usufruire del primo piano comprendente sei stanze, per la quota di lire 450 per anno, per due anni con contratto rinnovabile.

“Le stoie sono alzate; a traverso i cristalli si vedono gli oleandri, le tamerici, i giunchi, i pini, le arene d’oro sparse d’alghe morte, il mare in calma sparso di vele latine, la foce pacifica dell’Arno, di là dal fiume le macchie selvagge del gombo, le casine di S.Rossore, le lontane montagne di Carrara marmifera”29.

27 P. Chiara, 1978. 28 R. Fiaschi, 1968. 29 R. Fiaschi, 1968, p. 26-28.

Fu proprio la suggestione di quei luoghi che ispirarono il poeta nel comporre il 5 luglio 1899 “La Tenzone”, della quale scrisse i primi versi sulla parete di un casottino di legno:

“Come l’estate porta l’oro in bocca, l’Arno porta il silenzio alla sua foce.” Il giorno dopo compose “Bocca d’Arno”:

“Bocca di donna mai mi fu di tanta soavità nell’amorosa via

(se non la tua, se non la tua presente)

come la bocca pallida e silente del fiumicel……”30

Subito dopo aver alloggiato alla vecchia Dogana, D’Annunzio venne ospitato per un breve periodo, sempre nel 1899, nella villa dei marchesi Guadagni, comunicante con villa Peratoner, insieme alla quale fu costruita nel 1894, e in cui il poeta alloggiò nel 1904.

Oggi le due ville sono sensibilmente cambiate a causa di una sopraelevazione che ha variato di molto la prospettiva.

A quel tempo erano le uniche due costruzioni poste in prossimità della foce del fiume e del mare, il quale aveva già iniziato la sua opera di erosione31.

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P. Chiara, 1978, p. 120.

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19) Villa Peratoner e villa Guadagni, rispettivamente sulla destra e sinistra, da P. Bertelli.

Se trascuriamo qualche breve sosta di D’Annunzio a Marina intorno ai primi del Novecento, arriviamo al 1904, anno in cui commissionò l’incarico a Felice Castelli, creatore del primo ufficio postale di Marina, nonché giornalaio, di trovare per l’inizio dell’estate una villa da poter affittare, sottintendendo che sarebbe stato molto contento di poter affittare villa Peratoner o “Casa rossa” come era stata ribattezzata dal poeta per il suo colore, o “Casa delle Tempeste”, per il fatto che era battuta dal mare.

L’intermediaria in questa trattativa fu Eleonora Duse, con la quale D’annunzio aveva oramai concluso la relazione, ma che ugualmente si prodigò per trovare un alloggio al poeta.

Ottenne così di poter risiedere per diverso tempo nella villa tanto desiderata, posta sulla foce dell’Arno, lontano dalla calca della zona dedicata all’affluenza domenicale, che in questi anni in seguito allo sviluppo della località era frequentata da moltissimi pisani; il poeta desideroso di calma e silenzio si dedicò così alla composizione e alle lunghe cavalcate32.

La villa di aspetto ottocentesco era fornita di un largo corridoio all’ingresso che conduceva verso il giardino interno; subito sulla sinistra una scala con un mascherone in pietra posto sul pilastro adiacente al primo gradino; dalle scale si accedeva ad una sala suddivisa da un’inferriata; sulla sinistra, vista mare, lo studio del poeta, al quale si poteva accedere tramite una porticina intarsiata da fregi orientali, all’interno un caminetto e una nicchia e, accanto alla porta, una statua raffigurante una donna nuda.

Sulla sinistra e sulla destra dell’ingresso principale erano posti due salotti, uno per ricevere gli ospiti mentre l’altro adibito a sala da pranzo; al primo piano erano ubicate le camere da letto, quella principale, la centrale, era fornita di balconcino, mentre le altre potevano godere di ampie finestre con vista sul mare; le stanze per la servitù erano collocate sul giardino33.

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P. Chiara, 1978.

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20) Villa Peratoner o Casa Rossa da un disegno di L.Borghi, in R. Fiaschi.

In questo periodo il poeta viveva una nuova relazione con la Marchesa Alessandra di Rudinì, figlia dell’ex presidente del Consiglio Antonio di Rudinì, conosciuta l’anno precedente a Milano e della quale si era innamorato ribattezzandola Nike per l’aspetto bellissimo e il carattere irrequieto34.

Condivideva con la giovane compagna (aveva ventisette anni) la passione per i cavalli e la bella vita, e rispetto al periodo trascorso con la Duse, ebbe ben poco tempo da dedicare al lavoro, trascinato dall’irrequieta Nike in sfrenate corse a cavallo per i litorali e lungo l’Arno.

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Durante l’estate fu raggiunto anche dalla figlia Cicciuzza, avuta da un precedente matrimonio con la Gravina.

Per dare un’idea della vita che il poeta conduceva a Marina, riportiamo uno stralcio del giornale “La Tribuna” che nel luglio del 1904 scriveva:

“D’Annunzio, che già cantò nelle sue Laudi questa piccola plaga ridente, l’ha prescelta quest’anno per passarvi quattro mesi. Egli vi studia e vi scrive con alacrità fenomenale, trovando il tempo e il modo di rinfrescare il suo spirito con lunghe passeggiate mattutine, immersioni nel fresco Tirreno, gite in barca, e dedicando qualche ora del giorno alla pesca con la bilancia, in una capanna posta alla foce del fiume”35.

Al contrario di quanto riportato nell’articolo, il poetà si trattenne molto di più a Marina, abbiamo sue notizie e della Rudinì, ancora nell’estate del 1905, periodo stressante per D’Annunzio per le condizioni di salute precaria dellaDi Rudinì; ma da questa data in poi sono rare le notizie del poeta a Marina; infatti tranne qualche rara incursione per lavorare in completa pace nella “Casa Rossa”, D’Annunzio lascerà per sempre Marina, molto diversa oramai da quel posto solitario che tanto aveva amato e che tana ispirazione gli aveva trasmesso, anche se fervida rimane l’immagine di quei luoghi fotografati nelle sue poesie.

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