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Gentile pensiero e pedagogia

Nel documento Educazione, Filosofia e Pensiero Autonomo (pagine 120-124)

Insegnante o facilitatore?

III.2. Giovanni Gentile filosofo ed educatore

III. 2.2. Gentile pensiero e pedagogia

Giovanni Gentile in uno dei passi del suo libro “Genesi e Struttura” in cui viene esplicato il suo pensiero, attribuisce alla filosofia un ruolo fondamentale, così importante che essa non si può piegare in nessun modo all’ideologia di uno stato. La filosofia per Gentile, è sempre critica e tale deve rimanere, la filosofia deve sempre avere un obiettivo, un ideale, e non deve mai servire qualcuno o qualcosa.

A conferma di ciò, Gentile come chiarito in “Giovanni Gentile Educatore” di Antimo Negri, rimarrà sempre fedele a questa concezione, anche durante il “ventennio nero” del fascismo nel quale, pur facendo parte del regime, cerca di mantenere la funzione critica della filosofia nonostante tutto. La sua posizione, pur non entrando egli mai in conflitto aperto con il governo fascista passando tra le file degli oppositori, non divenne mai quella di un filosofo al servizio del regime.

La sua visione filosofica viene ad essere fondamentale anche sotto l’aspetto culturale e scolastico, riconducendo lo spirito alla sua primaria formazione.

Gentile infatti si descrive anche come pedagogista, e come tale opera dentro e contro il regime, proprio per la mancanza di libertà di pensiero e di spirito della scuola durante il regime fascista. In “Giovanni Gentile Educatore” viene evidenziata la sua convinzione che agli studenti dovesse essere accordata la libertà necessaria per divenire uomini critici e non marionette in mano al regime. Da qui il rifiuto gentiliano per ogni tipo di didattica e metodologia nell’insegnamento.

Al centro del pensiero di Gentile si trova quindi l’individuo, in questo caso specifico e scolastico, visto nel rapporto che intercorre tra maestro e allievo, come relazione di

scambio e di crescita. L’individuo deve avere ed è necessario che mantenga un ruolo di rilievo nella sua unicità, entro la società in cui vive, perché vota e decide chi deve governare.

La scuola per Gentile deve mantenere la sua naturale e importante funzione, e pur dovendo rimanere pubblica e legata allo stato non deve fare i suoi interessi indirizzando gli studenti a una vita puramente lavorativa: non deve cioè essere solamente un trampolino di lancio per il mondo del lavoro dove verranno utilizzati come forza lavoro. La scuola è un importante momento di pensiero e formazione, che deve esaltare la formazione umanistica come “forma mentis”, per, nel vero senso della parola “ formare” individui. Gentile ,“ Scuola e filosofia”

Negli anni in cui vive Gentile si afferma la tendenza a specializzare gli impieghi con la conseguenza che nella scuola si tende a tralasciare la formazione vera e propria dell’ individuo. La visione di Gentile non mirava a sovvertire il regime fascista ma cercava di creare le condizioni per restituire, anche in epoca fascista, la naturale interezza all’uomo, donandogli la libertà del pensiero. La sua visione pedagogico- filosofica sarà poi ripresa dal movimento sessantottino: non più l’ uomo- macchina e non più un’istruzione semplicemente costruita per poter utilizzare al meglio la forza-lavoro. Solo l’uomo considerato nella sua interezza è davvero sè stesso, non un frammento o una piccola parte che può servire all’intero; scrive infatti Gentile: “ abbiamo bisogno di vivere la comune vita dello spirito, di formare uno spirito solo. E questo non è possibile dove ogni uomo, invece di essere un uomo intero, sia solo un frammento: un esteta o un superstizioso o un acchiappanuvole che rischia a ogni po’ di cadere nel fosso: o se questi ha una superstizione della matematica e quegli dell’ entomologia, e quell’altro della fisica, e un quarto, un quinto, un sesto, indefinitamente, di un altro piccolo reparto di quest’ aiuola che ci fa tanto feroci: e se ciascuno non conosce altro uomo che se stesso, altro sentire e altro bisogno che il proprio… Ad ognuno perciò torna intollerabile il purus mathematicus; ma matematico o prete o economista o cavadenti o poeta o spazzaturaio, l’uomo che è un frammento di umanità è intollerabile. Ci vuole la matematica, ma nell’uomo; ci vuole la religione, l’economia, la poesia, tutto, ma nell’uomo. Altrimenti manca l’aria e si muore di asfissia”. Gentile, “Il concetto scientifico di pedagogia”.

L’ interezza dell’uomo e della sua conoscenza richiede, necessariamente, l’interezza e la condivisione dei saperi che non devono rimanere divisi ma devono interagire per essere utili l’uno per l’altro.

Gentile soffre la sconfitta dell’Italia dopo la prima guerra mondiale con la profonda consapevolezza del bisogno di un cambiamento che ha bisogno secondo il filosofo di una “ volontà”, che sappia conservare ma anche rinnovarsi e cambiare, uno stato che non dica “ciò è stato fatto”, ma che sia sempre in divenire sempre in miglioramento, non un fatto dunque ma un atto.

L’unità nell’istruzione di cui parla Gentile, è quella che deve possedere anche lo stato, che deve essere unitario anche a discapito delle differenze linguistiche, culturali e regionali. Viene citato a proposito questo passo in “Giovanni Gentile Educatore”: Organizzare lo stato, non solo come forma estrinseca meccanicamente imposta alla coscienza nazionale, ma come la stessa forma nativa di questa coscienza, come la stessa personalità reale ed attiva del popolo italiano”.

L’unità non deve coprire dunque le differenze ma unificarle nel senso biologico ed estrinseco del termine, esse non devono legarsi meccanicamente ma in modo “spirituale”, le distinzioni sono a questo punto un valore aggiunto per il tutto.

In questo anche la filosofia e la pedagogia devono essere scienze che collegano le parti in un tutto, sempre in divenire, appunto “in atto”, che non possono e non devono pietrificarsi in saperi dogmatici. Questo pensiero verrà applicato da Gentile anche in ambito pratico con la riforma della scuola durante il regime fascista che tenderà sempre di più a omogenizzare la scuola italiana per dar vita a un vero e proprio spirito italiano che teneva però in considerazione le differenze regionali. Negri, “Giovanni Gentile Educatore”.

L’intenzione di Gentile era quella di formare gli individui per essere persone libere, distinguendo però gli studenti delle varie tipologie di scuole, cosi infatti scrive in un saggio del 1902: “Formazione dello spirito, in generale, sono tutte le scuole; ma solo la primaria e la secondaria sono per loro natura chiamate a formare lo spirito preso nella sua integrità; la prima per una formazione iniziale, la seconda per una formazione compiuta (relativamente, s’intende). Esse soltanto sono scuole generali. Le altre, le tecniche, professionali o scientifiche, son tutte speciali, e indirizzate ciascuna a svolgere una parte, un momento singolo dello spirito. Di qui si vede la profonda differenza, a cui tengo, tra scuola classica e

scuola tecnica, per cui solo la prima è, a mio avviso, vera scuola media o scuola di cultura generale; laddove la seconda inizia ed avvia quella di specializzazione, che presuppone la formazione generale dello spirito (arrestarsi, nel caso della scuola tecnica, alla semplice istruzione elementare)”.

Gentile privilegia quindi la “scuola classica” che forma alla vita dello spirito, che non riesce invece a svilupparsi nelle scuole di specializzazione. La vera ricerca e il dispiegamento dello spirito devono essere liberi, non assillati da preoccupazioni materiali o economiche, dalla fretta o dalla concorrenza; il filosofo delinea una netta demarcazione tra chi poteva permettersi di seguire gli studi classici e chi non poteva, pur dando una possibilità, attraverso borse di studio per i migliori, anche a chi in partenza partiva svantaggiato. La scuola di Gentile era quindi meritocratica con la necessaria distinzione tra chi poteva studiare e prepararsi davvero alla libertà dello spirito e chi dopo le elementari invece doveva ripiegare sulle scuole professionalizzanti.

Questa distinzione era condivisa da moltissimi letterati e filosofi del passato, come Goethe che divideva la popolazione in due gruppi: una piccola parte che può studiare, e la massa che invece si dedica ai lavori manuali. Ma la massa, anche per Gothe, ha una sua dignità e riveste una parte fondamentale nella società. Per Gentile parimenti la professionalizzazione non è una declassamento o una punizione ma quasi una conseguenza naturale sia per chi non sia abbastanza portato a seguire lo studio classico sia per chi si deve dedicare necessariamente, inteso come necessità dell’animo, ad altro. Negri, “ Giovanni Gentile educatore.

Rimane così che solo il lavoro intellettuale è quello in cui l’uomo si può dispiegare la libertà del pensiero, il lavoro dell’ artista, del letterato, del filosofo ecc.. questi sono davvero gli uomini interi.

Il pensiero di Gentile è quanto mai critico nei confronti di un’ epoca nella quale la tecnologia e le industrie stanno espandendosi in misura via via maggiore, ma al tempo stesso ribadisce che la società ha bisogno anche di persone che si dedichino a lavori manuali: “ E per discendere a cose molto più umili, tutti abbiamo bisogno di calzature; ma è necessario che siano tutti calzolai? Che diamine! La divisione del lavoro non riguarda solo il lavoro meccanico o manuale; e senza questa divisione, che vuole dire specificazione, perfezionamento e potenziamento del lavoro, cioè dell’umanità dell’uomo, non c’è

ricchezza, ma non c’è neanche nessuna specie di bene umano”. Negri “Giovanni Gentile Educatore”.

La cultura superiore dunque non può e non deve essere per tutti, ma per chi è naturalmente portato a questo percorso, la scuola dunque è necessario che sia selettiva. Gentile tuttavia notava già a i suoi tempi che pur crescendo il numero dei diplomati e dei laureati, il livello della cultura tendeva ad abbassarsi, si verificava la cosiddetta volgarizzazione della cultura di cui parla anche Nietzsche, che avviene principalmente a causa della statalizzazione della scuola. Per Gentile la scuola deve essere aperta a tutti, ma in base alle attitudini e vocazioni di ciascuno.

Il filosofo, che in definitiva non prese mai una posizione decisa e distante nei confronti dello stato fascista, rimase comunque sempre espressione di una diversa educazione rispetto a quella dell’ideale fascista, quella di uno stato sopra agli individui che decide per essi e che tende a formare in modo dogmatico e metodico.

Per Gentile lo stato doveva essere dentro l’individuo stesso, doveva attuarsi in lui, non era pensabile uno stato che celebri se stesso al di fuori dei suoi cittadini. Gentile, “Filosofia e scuola”.

Nel documento Educazione, Filosofia e Pensiero Autonomo (pagine 120-124)