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L’Italia dal dopoguerra fino ad oggi:

Nel documento Educazione, Filosofia e Pensiero Autonomo (pagine 131-137)

Insegnante o facilitatore?

III.3. L’Italia dal dopoguerra fino ad oggi:

Con la fine della seconda guerra mondiale e l’avvento del Governo De Gasperi, l’Italia si avvia verso un nuovo e decisivo cambiamento: la nascita della Repubblica Italiana. Di conseguenza la scuola subisce necessari cambiamenti nella direzione contraria al ventennio fascista allontanandosi dal suo modo di concepire l’istruzione e l’educazione a partire dall’infanzia.

Con l’avvento della Repubblica perciò la prima istituzione oggetto del cambiamento è la scuola dell’infanzia, oltre alla scuola elementare viene istituita la scuola materna e prendono sempre più importanza in queste due fasce scolastiche la pedagogia e i metodi didattici più adatti da impiegare. Viene anche ridisegnata la scuola media che è stata al centro di dibattiti politici e sociali ed è stata istituita principalmente per cercare di dare ai bambini la possibilità di allungare il percorso di studi obbligatori ed avere così più coscienza nel prendere una decisione sugli studi futuri.

A partire dagli anni ‘60 la scuola diviene sempre più una scuola di massa, non rivolta quindi più all’alta borghesia e a precise e piccole fasce della società, ma alla totalità della società. Il numero degli insegnanti cresce sempre di più, si rinnovano i sistemi didattici con sempre più attenzione alla preparazione del corpo docenti non solo nella materia di studio ma anche in ambito pisco-pedagogico.

Il grande cambiamento avverrà poi a partire dagli anni ‘90 con la rivoluzione tecnologica e con l’adeguamento del nostro sistema scolastico agli standard europei prefissati. Gli obbiettivi principali perseguiti riguardano la preparazione degli insegnanti, la maggiore importanza da attribuire alle materie scientifiche, la disponibilità a creare ambienti confortevoli e adeguati per l’apprendimento, l’incentivazione dello studio delle lingue, gli scambi culturali e la cooperazione europea. Genovesi, “Storia della scuola Italiana dal settecento ad oggi”.

Dagli anni ‘90 ad oggi vorrei citare infine due leggi che hanno in parte modificato l’assetto della scuola italiana; la riforma Moratti che abolisce la precedente legge Berlinguer, e la riforma Gelmini. La riforma Moratti è stata varata nel 2003 e definisce la possibilità per i bambini di partecipare alla scuola dell’infanzia a partire dai 28 mesi d’età, l’iscrizione alla scuola primaria dai 5 anni compiuti e l’inserimento della lingua inglese e lezioni di informatica dal primo anno. L’ esame di stato per la terza media viene leggermente modificato e l’obbligo scolastico viene portato a 16 anni d’età.

La riforma Gelmini varata nel 2008, modifica e incrementa alcuni punti della legge Moratti, tra cui: l’inserimento di nuovi tipi di scuole superiori come il liceo delle scienze umane, il liceo musicale e quello economico e la modifica di alcune componenti del liceo artistico. L’insegnamento della lingua inglese viene reso obbligatorio per tutti i cinque anni di scuola superiore e viene potenziato l’apprendimento delle materie scientifiche. Vengono anche impostati numerosi investimenti in campo universitario, tra cui la nascita di nuove facoltà come scienze della formazione primaria abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia ed in quella primaria. Genovesi “Storia della scuola Italiana dal settecento ad oggi”.

Conclusioni

Ritengo che il tema dell’insegnamento al pensiero critico nella scuola, e di conseguenza la formazione al dibattito e alla libertà di pensiero ed opinione, rivestano una rilevante importanza non solo educativa ma anche sociale.

Infatti l’ impostazione della struttura di questa tesi segue uno schema che, partendo dall’esposizione delle teorie filosofiche e metodologiche dell’antichità riguardanti lo sviluppo dell’educazione e del pensiero, giunge sino ai giorni nostri, seguendo un filo logico che vede integrati anche aspetti pratici, che tra l’altro ho potuto verificare parzialmente grazie a una serie di attività svolte nel mondo della scuola nel corso dell’anno passato e di quello corrente.

Ho effettuato infatti dapprima una supplenza in una scuola elementare privata nella quale mi sono confrontata con diverse classi ( sono state brevi supplenze in classi di prima, seconda e quinta). Da gennaio di quest’anno invece ho effettuato il tirocinio universitario presso un Liceo privato di Milano nelle materie di mia competenza, cioè filosofia e storia. In entrambi i casi ho riportato esperienze molto positive, che mi hanno aiutato a calare nella pratica gli aspetti teorici relativi all’insegnamento, le differenze di approccio necessarie fra la prima infanzia e l’adolescenza, e contemporaneamente ho cominciato ad apprendere quali debbano essere le capacità e le competenze necessarie per svolgere in maniera adeguata questo lavoro.

La prima supplenza presso la scuola elementare si è rivelata veramente significativa e interessante per la mia tesi perché in tale scuola insegna una maestra che già da tempo cerca di far avvicinare i bambini alla filosofia, ho potuto quindi assistere ad alcune sue lezioni per cimentarmi poi in autonomia con la classe dove svolgevo la supplenza.

Pertanto alcuni argomenti che ho trattato e approfondito nella tesi sono stati consigliati proprio dalla maestra alle cui lezioni ho partecipato, altri li ho recuperati da una serie di letture tra cui per esempio il libro di Marietta McCarty “ Tutti i bambini sono filosofi”. Le lezioni di filosofia sono state per me un esperimento e una sorpresa: ho compreso la difficoltà di mettere i bambini a proprio agio, cercando di instaurare un clima sereno e di

fiducia, per introdurre concetti semplificati di filosofia, verso i quali è necessario un ambiente tranquillo e predisposto all’ascolto e alla discussione.

Una volta creato il giusto clima ho cercato di introdurre un tema come ad esempio il coraggio, la felicità, il tempo. Spesso per questi temi ho preso anche spunto da alcune vicende che sono avvenute in classe.

I bambini hanno sempre partecipato con grande entusiasmo e curiosità, tanto da dover essere guidati nella comprensione e ascolto reciproci con fermezza per evitare confusione nelle esposizioni. Spesso ho cercato di utilizzare anche strumenti didattici differenti come per esempio il disegno: per il tema del coraggio ogni bambino ha disegnato che cosa significava il coraggio per lui o quale fosse la persona che incarnava il coraggio più di altri. Tutti hanno dovuto spiegare alla classe perché consideravano quella persona coraggiosa e hanno dovuto discuterne con i compagni. Alcuni hanno cambiato la propria idea, alcuni si sono arrabbiati, altri offesi ma tutti hanno partecipato.

Ritengo che questo tipo di lavoro con i bambini della scuola elementare sia interessante e importante perché non solo insegna loro a riflettere ma li mette anche nella posizione scomoda di confrontarsi ed accettare critiche, esprimere le proprie idee, decidere se cambiarle oppure sostenerle con veemenza.

Questo tipo di esercizio, che è stato già introdotto in molte scuole, dal mio punto di vista ha un valore notevole, perché sono fermamente convinta che la scuola non debba essere semplicemente un luogo dove si apprendono nozioni e conoscenze specifiche, ma dove si impara a vivere, a confrontarsi civilmente con gli altri e in definitiva a crescere come persone consapevoli.

Con i bambini è naturalmente difficile gestire la classe, il rumore, le risate e i pianti possono scoppiare all’improvviso, i bambini sono facilmente entusiasmabili e per forza di cose la capacità di concentrazione è limitata rispetto agli adulti. Hanno però un aspetto davvero positivo: la curiosità e la voglia di mettersi in gioco.

I risultati di questo tipo di lavoro non è detto che siano subito soddisfacenti ma sul lungo periodo credo che siano molto utili allo sviluppo delle capacità critiche e di riflessione, attitudini che personalmente ritengo sempre più necessarie nei tempi che viviamo.

Nella seconda parte dell’anno invece ho affrontato il tirocinio formativo presso un Liceo scientifico privato di Milano e mi sono interfacciata con una terza e una quinta classe. Fondamentale è stato l’aiuto del professore assegnatomi come tutor che mi ha aiutata e mi ha fatto comprendere come preparare una lezione, come interrogare e correggere i compiti. Mi sono trovata subito bene con i ragazzi come alle elementari, anche se ovviamente il rapporto è diverso e il mio atteggiamento più distante e formale.

Ho preparato e tenuto molte lezioni sia di storia sia di filosofia, e non sono mancati neanche in questo caso dibattiti e domande.

Naturalmente il confronto con le classi del liceo mi ha consentito di fare un’esperienza molto differente da quella avuta alle elementari, ho capito la difficoltà nell’esporre la lezione e nel contempo dare spazio agli interventi dei ragazzi, avendo paura di perderne l’attenzione, o peggio perdere il tema centrale della lezione aprendo a temi non pertinenti. Sembra scontato dire che la preparazione e la competenza sono la prima e fondamentale caratteristica che deve possedere un insegnante ma allo stesso tempo uguale importanza rivestono le capacità di comprensione e di approccio con gli studenti, ognuno diverso dagli altri e per di più adolescenti.

Lasciare uno spazio alla discussione in classe è stata comunque un’ operazione che ho deciso di affrontare solo dopo un certo tempo, quando mi sono sentita di entrare in confidenza e sintonia con gli studenti. I ragazzi adolescenti, non sempre hanno la voglia e l’entusiasmo che invece possiedono naturalmente i bambini così come la capacità e il coraggio di dire quello che pensano.

Mi ritengo però molto soddisfatta di questi mesi di tirocinio che mi hanno non solo confermato il mio grande interesse per il mondo della scuola, ma dato finalmente anche una visione pratica di questo lavoro.

Scrivere questa tesi significa per me anche credere in questo progetto di insegnamento veramente formativo della persona, che non sempre può essere applicato alla lettera perché come ho potuto verificare nella pratica gli ostacoli sono tanti. E’ motivante avere come obiettivo l’insegnamento e la formazione finalizzate non solo a un risultato quantitativo, ma anche qualitativo. Significa aiutare nella crescita i bambini e i ragazzi, portandoli a una

migliore comprensione della vita e del prossimo, rispettandosi e dando spazio al proprio pensiero sulla base di un vero confronto.

Non è un’ impresa facile e sarebbe un’ utopia pensare che davvero si possa realizzare per ogni allievo questo percorso ma credo sia un dovere dell’insegnante provarci, anche solo per conseguire qualche piccolo risultato. Può essere che qualcosa ascoltato e interiorizzato da adolescente possa comunque essere utile in futuro.

Vorrei concludere augurandomi per il futuro una scuola e un’ università accessibili e gratuite per tutti, con la possibilità di avere insegnanti preparati e capaci anche di comprensione, selezionati in base a competenze non solo didattiche ma anche psicologiche e comportamentali.

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Nel documento Educazione, Filosofia e Pensiero Autonomo (pagine 131-137)